Corso Governance Prof. Alberto Nobolo, Prof.Daniele Bernardi. Università degli studi d i Milano Bicocca- Dott. Daniele Bernardi



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Transcript:

Corso Governance Prof. Alberto Nobolo, Prof.Daniele Bernardi 1 NORMATIVA A D.LGS. 231/01 Modello Organizzativo - Codice Etico- Organismo di Vigilanza

Agenda 2 DEFINIZIONE D.LGS. 231/2001 SOGGETTI COINVOLTI PRESUPPOSTO OGGETTIVO: reato commesso nell interesse o a vantaggio dell ente PRESUPPOSTO SOGGETTIVO: reato commesso da soggetto apicale o da un suo subordinato MODELLI ORGANIZZATIVI ORGANISMO DI VIGILANZA REGIME SANZIONATORIO

Decreto Legislativo 231/01 3 Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell art. 11 della Legge 29 settembre 2000 n. 300 Il presente decreto disciplina la responsabilità degli Enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. 3

Decreto Legislativo 231/01 4 NUOVA LETTURA DELL ART. 27 DELLA COSTITUZIONE (1 comma): la responsabilità penale è personale SUPERAMENTO DEL PRINCIPIO EREDITATO DAL DIRITTO ROMANO: SOCIETAS DELINQUERE NON POTEST 4

D.LGS.231/01 5 Il decreto ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale degli enti, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha materialmente realizzato il fatto illecito. L ampliamento della responsabilità mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli enti e, in definitiva, gli interessi economici dei soci, i quali, fino all entrata in vigore della legge in esame, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi, con vantaggio della società, da amministratori e/o dipendenti.

ART. 1 - SOGGETTI 6 QUALI ENTI RISPONDONO? TUTTI GLI ENTI DOTATI DI PERSONALITA GIURIDICA; SOCIETA ED ASSOCIAZ IONI ANCHE PRIVE DI PERSONALI TA GIURIDICA. QUALI ENTI SONO ESCLUSI? LO STATO; GLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI GLI ENTI PUBBLICI ECONOMICI GLI ENTI CHE SVOLGONO FUNZIONI DI RILIEVO COSTITUZIONALE 6

ART. 1 - SOGGETTI 7 NON RILEVANO FORMA SOCIETARIA DIMENSIONE DEL SOGGETTO TIPO DI ATTIVITA SVOLTA SONO ESCLUSE LE IMPRESE INDIVIDUALI

PRESUPPOSTI RESPONSABILITA EX D.LGS.231/2001 8 PRESUPPOSTI OGGETTIVI PRESUPPOSTI SOGGETTIVI

PRESUPPOSTO OGGETTIVO 9 QUANDO L ENTE PUO ESSERE CONSIDERATO RESPONSABILE AI SENSI DEL D.LGS. 231/01(art.5)? L ENTE E RESPONSABILE PER I REATI COMMESSI NEL SUO INTERESSE O A SUO VANTAGGIO: - SIA DA PERSONE CHE SONO IN UNA POSIZIONE APICALE (persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, o di direzione dell Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale); - SIA DA PERSONE SOTTOPOSTE, NELL AMBITO DELL ENTE, ALLA DIREZIONE O VIGILANZA DI UNA DELLE PERSONE DI CUI SOPRA. 9

PRESUPPOSTO OGGETTIVO 10 INTERESSE: implica la finalizzazione di un reato all acquisizione di una utilità economica per l ente, senza peraltro richiedere che questa venga effettivamente conseguita VANTAGGIO: fa riferimento alla concreta acquisizione di un utilità economica da parte dell ente. L ENTE E QUINDI RESPONSABILE PER I REATI COMMESSI NEL SUO INTERESSE O A SUO VANTAGGIO. 10

PRESUPPOSTO OGGETTIVO La responsabilità dell ente sussiste anche quando (art.8): a) l autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) Il reato si estingue per una causa diversa dall amnistia: ad esempio per la morte della persona fisica che lo ha compiuto. 11

PRESUPPOSTO OGGETTIVO 12 LA RESPONSABILITA DELL ENTE E SEMPRE ESCLUSA QUANDO LE PERSONE FISICHE (appartengano alla categoria dei soggetti apicali o a quella dei sottoposti) HANNO AGITO NELL INTERESSE ESCLUSIVO PROPRIO O IN QUELLO DI SOGGETTI TERZI RISPETTO ALL ENTE. 12

PRESUPPOSTO OGGETTIVO 13 ELENCAZIONE ESPRESSA REATI RILEVANTI PROGRESSIVO AMPLIAMENTO DELL ELENCO

ELENCO REATI PRESUPPOSTO 14 ART.24 D.LGS.231/2001=> indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico ART.25 D.LGS. 231/2001=> concussione e corruzione ART.25 BIS D.LGS. 231/2001=> falsità in monete, in carte di credito e in valori di bollo ART. 25 ter D.LGS.231/2001=> reati societari ART. 25 quater D.LGS. 231/2001=> delitti con finalità di terrorismo o di eversione all ordine democratico previsti dal codice penale e da leggi speciali.

ELENCO REATI PRESUPPOSTO 15 ART. 25 quater 1D.LGS. 231/2001=> pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili ART. 25 quinquies D.Lgs 231/2001=> delitti contro la personalità individuale ART. 25 sexies D.Lgs. 231/2001=> abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato ART. 25 septies D.Lgs. 231/2001=> omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commesse in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell igiene e della salute sul lavoro ART. 25 octies D.Lgs. 231/2001=> ricettazione, riciclaggio, impiego di beni o denaro di provenienza illecita 15

I REATI SOCIETARI Contravvenzione di false comunicazioni art. 2621 c.c. 16 Delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori art. 2622 primo/terzo comma c.c. Contravvenzione di falso in prospetto art. 2623 primo e secondo comma c.c. Contravvenzione/delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione art.2624 primo-secondo comma c.c. Delitto di impedito controllo art. 2625 sec. Comma c.c. Delitto di formazione fittizia del capitale art.2632 c.c. Delitto di indebita restituzione dei conferiment i art. 2626 c.c. Contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve art. 2627 c.c.

I REATI SOCIETARI 17 Delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante art.2628 c.c. Delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori art. 2629 c.c. Delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori art. 2633 c.c. Delitto di illecita influenza sull assemblea art. 2636 c.c. Delitto di agiotaggio, delitto di omessa comunicazione del conflitto di interessi art. 2637 c.c. art. 2629 bis c.c. Delitti di ostacolo all esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza art. 2638 primo comma c.c.

PRESUPPOSTO SOGGETTIVO REATO COMPIUTO DA SOGGETTI IN POSIZIONE APICALE (art.6) 18 Per i reati commessi nell interesse o a vantaggio dell Ente da soggetti in posizione apicale il comma 1 dell art. 6 prevede che l ente non risponde se prova che: a) l organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) Il compito di vigilare sul funzionamento e l osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo; c) Le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) Non vi è stata omessa o insufficienza vigilanza da parte dell organismo di cui alla lettera b). 18

PRESUPPOSTO SOGGETTIVO : REATO COMPIUTO DA SOGGETTI SOTTOPOSTI ALL ALTRUI DIREZIONE (art.7) 19 Per i reati commessi da soggetti sottoposti all altrui direzione l ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza. In ogni caso è esclusa l inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l ente, prima della commission e del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. 19

POSSIBILITA DI ESCLUDERE LA RESPONSABILITA DELL ENTE ATTRAVERSO 20 ADOZIONE P RE V ENTIVA D I UN M ODEL L O DI O RG ANIZZA ZI ON E E GE STION E I D ONEO A PREVENIRE I REATI; INCARI C O D I V IGIL A RE S U L FUNZION A MENTO E AG GI O RNAMENTO D EI MODE L LI A UN O R GANISMO DI VIGILANZA.

MODELLO ORGANIZZATIVO 21 Sia per i reati commessi da soggetti in posizione apicale, che da soggetti sottoposti all altrui direzione, il MODELLO ORGANIZZATIVO assume un ruolo di estremo rilievo, in quanto dalla sua efficace adozione dipende la possibilità di positiva difesa, della società o dell ente, in sede di procedimento penale, al fine di non incorrere nelle sanzioni previste. ATTENZIONE : VA SOTTOLINEATO CHE L ESONERO DALLE RESPONSABILITA DELL ENTE PASSA ATTRAVERSO IL GIUDIZIO D IDONEITA DEL SISTEMA INTERNO DI ORGANIZZAZIONE E DI CONTROLLI, CHE IL GIUDICE PENALE E CHIAMATO A FORMULARE IN OCCASIONE DEL PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DELL AUTORE MATERIALE DEL FATTO ILLECITO. 21

MODELLO ORGANIZZATIVO 22 E opportuno precisare che la legge prevede l adozione del modello di organizzazione, gestione e controllo in termini di FACOLTATIV ITA e non di obbligatorietà. La mancata adozione non è soggetta perciò ad alcuna sanzione, ma espone l ente alle responsabilità per gli illeciti realizzati da amministratori e dipendenti. Pertanto di fatto l adozione del modello diviene obbligatoria se si vuole beneficiare dell esimente. Facilita l applicazione dell esimente, soprattutto in termini probatori, la documentazione scritta dei passi compiuti per la costruzione del modello.

23 MODELLO ORGANIZZATIVO L ADOZIONE DI ADEGUATI PRESIDI ORGANIZZATIVI STA DIVENTANDO SEMPRE PIU REQUISITO INDISPENSABILE PER L IMPRESA ATTIVA NEI DIVERSI AMBITI, DALL IMMOBILIARE AL FINANZIARIO. LO DIMOSTRANO LE RECENTI LEGGI ADOTTATE DALLA MAGGIOR PARTE DELLE REGIONI ITALIANE CHE IMPONGONO ALLE AZIENDE CHE PARTECIPANO A GARE D APPALTO DI ESSERE A NORMA 231. NON SOLO ANCHE LA BORSA ITALIANA E LA RECENTE NUOVA NORMATIVA ANTIRICLAGGIO INDIVIDUANO NELL ADOZIONE DEL MODELLO 231 UN REQUISITO ORMAI ESSENZIALE PER POTER QUALIFICARE A BASSO RISCHIO L IMPRESA CHE INTENDE QUOTARSI O AVVIARE UN RAPPORTO BANCARIO. (Italia Oggi 16 ottobre 2008) 23

COSTRUZIONE 24 MODELLO ORGANIZZATIVO SU MISURA PER LE DIVERSE REALTA ECONOMICHE Anche sulla base di codici di comportamento elaborati dalle associazioni di categoria LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA 24

25 MODELLO ORGANIZZATIVO I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti. Sulla base di questa disposizione sono state adottate da Confindustria le Linee Guida per la costituzione dei modelli di organizzazione e gestione ai sensi del D. Lgs. 231/01; anche l Associazione Bancaria Italiana e l Associazione italiana per il factoring hanno formulato proprie linee guide per l adozione dei modelli organizzativi sulla responsabilità amministrativa delle banche e dei factor. 25

COME SI COMPONE IL MODELLO 26 ORGANIZZATIVO (art. 6 co.2) I modelli di organizzazione e controllo idonei a prevenire i reati (artt. 25 e seguenti D.lgs. 231/01) devono rispondere alle seguenti esigenze: a) Individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) Prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l attuazione delle decisioni dell ente in relazione ai reati da prevenire; c) Individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati d) Prevedere obblighi di informazione nei confronti dell organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l osservanza dei modelli e) Introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 26

MODELLO ORGANIZZATIVO 27 L art. 6 comma 2 del D. Lgs. 231/01 indica le caratteristiche essenziali per la costruzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo. In particolare le lettere a) e b) della citata disposizione si riferiscono espressamente, sebbene con una terminologia differente, ad un tipico sistema di gestione dei rischi (RISK MANAGEMENT). 27

PROCESSO DI RISK MANAGEMENT 28 1. MAPPATURA PROCESSI A RISCHIO 2. ELENCO RISCHI POTENZIALI 3. ANALISI DEL SISTEMA DI CONTROLLO PREVENTIVO ESISTENTE (PROTOCOLLI) 4. VALUTAZIONE DEI RISCHI RESIDUI NON COPERTI DAI CONTROLLI PREVENTIVI RISCHIO ACCETTABILE?

RISCHIO ACCETTABILE Un concetto assolutamente nodale nella costruzione di un sistema di controllo preventivo è quello di rischio accettabile. LA SOGLIA DI ACCETTABILITA E RAPPRESENTATA DA UN: SISTEMA DI PREVENZIONE TALE DA NON POTER ESSERE AGGIRATO SE NON FRAUDOLENTEMENTE 29 29

30 RISCHIO ACCETTABILE? SI RISULTATO: SISTEMA DI CONTROLLO IN GRADO DI PREVENIRE I RISCHI

31 RISCHIO ACCETTABILE? NO RISULTATO: ADEGUAMENTO SISTEMA DI CONTROLLO PREVENTIVO ( protocolli )

COMPONENTI DEL SISTEMA DI CONTROLLO PREVENTIVO 32 Codice Etico => costituisce la base su cui impiantare il sistema di controllo preventivo (vedi slides successive) Sistema organizzativo => dovrà essere sufficientemente formalizzato e chiaro soprattutto per quanto attiene all attribuzione di responsabilità, alle linee di dipendenza gerarchica ed alla descrizione dei compiti, con specifica previsione di principi di controllo quali ad esempio, la contrapposizione di funzioni. Procedure manuali ed informatiche di controllo => tali da regolamentare lo svolgimento delle attività prevedendo gli opportuni punti di controllo. In questo campo specifico interesse ricopre l area della gestione finanziaria, dove il controllo procedurale si avvale di strumenti consolidati nella pratica amministrativa, fra cui abbinamento firme, riconciliazioni frequenti, supervisione, separazione di compiti. 32

COMPONENTI DEL SISTEMA DI CONTROLLO PREVENTIVO 33 Assegnazione poteri autorizzativi e di firma=> devono essere assegnati in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali definite, prevedendo quando richiesto, una puntuale indicazione delle soglie di approvazione delle spese. Sistemi di controllo di gestione=> devono essere in grado di fornire tempestiva segnalazione dell esistenza e dell insorgere di situazioni di criticità generale e/o particolare. Funzionale a questo è la definizione di opportuni indicatori per le singole tipologie di rischio rilevato ed i processi di risk assessment interni alle singole funzioni aziendali. Comunicazione e formazione del personale=> la comunicazione deve riguardare il codice etico, i poteri autorizzativi, le linee di dipendenza gerarchica, le procedure, i flussi di informazione Accanto alla comunicazione deve essere tarato un programma di formazione rivolto al personale delle aree a rischio che illustri le ragioni opportunità, oltre che giuridiche che ispirano le regole e la loro portata.

PRINCIPI DI CONTROLLO 34 Le componenti di un sistema di controllo preventivo devono integrarsi in un architettura di sistema che rispetti una serie di principi di controllo, fra cui: 1. OGNI OPERAZIONE, TRANSAZIONE, AZIONE DEVE ESSERE: verificabile, documentata, coerente e congrua=> per ogni operazione vi deve essere un adeguato supporto documentale su cui si possa procedere in ogni momento all effettuazione di controlli che attestino le caratteristiche e le motivazioni dell operazione ed individuino chi ha autorizzato, effettuato, registrato, verificato l operazione stessa.

PRINCIPI DI CONTROLLO 35 2. NESSUNO PUO GESTIRE IN AUTONOMIA UN INTERO PROCESSO => il sistema deve garantire l applicazione del principio di separazione di funzioni, per cui l autorizzazione all effettuazione di un operazione deve essere sotto la responsabilità di persona diversa da chi contabilizza, esegue operativamente o controlla l operazione. Inoltre occorre che a nessuno vengano attribuiti poteri illimitati: - I poteri e le responsabilità devono essere chiaramente definiti e conosciuti all interno dell organizzazione; - I poteri autorizzativi e di firma devono essere coerenti con le responsabilità organizzative assegnate.

PRINCIPI DI CONTROLLO 36 3. DOCUMENTAZIONE DEI CONTROLLI=> occorre applicare il principio da sempre noto nella prassi di auditing che se i controlli non sono adeguatamente documentati non è possibile affermarne l esistenza.

COME FORMALIZZARE 37 IL MODELLO IN LINEA GENERALE IL MODELLO ORGANIZZATIVO PUO ESSERE SUDDIVISO: - IN UNA PARTE GENERALE nella quale si fissano le regole di condotta e le procedure che l ente deve osservare nella propria operatività generale: dopo un primo richiamo ai principi generali del d.lgs 231 si illustrano le componenti essenziali del modello, con particolare riferimento all Organismo di Vigilanza, alla formazione del personale ed alla diffusione del modello nel contesto dell ente, al sistema disciplinare e alle misure da adottare in caso di mancata osservanza delle prescrizioni del modello; - UNA O PIU PARTI SPECIALI ciascuna dedicata alle singole fattispecie di reati previste dal decreto che più possono verificarsi nel concreto ambito di operatività dell ente 37

COME FORMALIZZARE 38 IL MODELLO Il modello deve essere approvato dal massimo livello decisionale dell ente, considerata la struttura di governance in concreto operante: in generale si tratta del Consiglio di Amministrazione o dell Amministratore Unico. - In merito al numero di documenti da predisporre è in genere opportuno separare i principi etici dai restanti elementi del modello, raccogliendoli in un CODICE ETICO, che diventerebbe una sorte di carta costituzionale dell ente e come tale destinata ad essere modificata solo al verificarsi di eventi di notevole rilevanza. 38

CODICE ETICO 39 In Termini generali i CODICI ETICI sono documenti ufficiali dell ente che contengono l insieme dei diritti, doveri e delle responsabilità dell ente nei confronti dei portatori d interesse (dipendenti, fornitori, clienti, P.A., azionisti..). Tali codici mirano a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti, al di là ed indipendentemente da quanto previsto a livello normativo e possono prevedere sanzioni proporzionate alla gravità delle eventuali infrazioni commesse. Sono documenti voluti ed approvati dal massimo vertice dell ente.

CONTENUTO MINIMO DEL CODICE ETICO 40 L ente ha come principio imprescindibile il rispetto di leggi e regolamenti vigenti in tutti i paesi in cui esso opera (ogni dipendente dell ente deve impegnarsi al rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti in tutti i paesi in cui opera) Ogni operazione e transazione deve essere correttamente registrata, autorizzata, verificata, legittima, coerente e congrua. (Tutte le azioni e le operazioni dell ente devono avere una registrazione adeguata e deve essere possibile la verifica del processo di decisione, autorizzazione e di svolgimento)

Contenuto minimo del Codice Etico 41 Principi base relativamente ai rapporti con gli interlocutori dell ente: Pubblica Amministrazione, pubblici dipendenti, e interlocutori commerciali privati (occorre qui specificare che alcuni comportamenti rientranti nella normale prassi commerciale possono essere ritenuti inaccettabili. non è consentito offrire denaro o doni ai dirigenti, funzionari o dipendenti della P.A. o a loro parenti, sia italiani che di altri paesi Qualsiasi violazione commessa dall ente o da terzi va segnalata tempestivamente alle funzioni interne competenti)

PER LE PMI 42 VALGONO LE STESSE REGOLE SULLA RESPONSABILITA E SULLE ESIMENTI I MODELLI ORGANIZZATIVI POSSONO ESSERE SEMPLIFICATI ED ADATTATI ALLE SINGOLE REALTA L ODV PUO ESSERE L ORGANO DIRIGENTE

ORGANISMO 43 DI VIGILANZA MONOCRATICO O COLLEGIALE ADEGUATO ALLA REALTA SOLO INTERNO O ANCHE COMPONENTI ESTERNI 43

CARATTERISTICHE DELL ORGANISMO 44 DI VIGILANZA AUTONOMIA E INDIPENDENZA PROFESSIONALITA (capacità e poteri) CONTINUITA D AZIONE NO COLLEGIO SINDACALE NO DIPENDENTI OPERATIVI SI INTERNAL AUDIT O ORGANO APPOSITAMENTE COSTITUITO 44

REQUISITI ODV 45 AUTONOMIA E INDIPENDENZA=> la posizione dell odv nell ambito dell ente deve garantire l autonomia dell iniziativa di controllo da ogni forma d interferenza e/o di condizionamento da parte di qualunque componente dell Ente. All odv non devono essere attribuiti poteri operativi. PROFESSI ONALITA => bagaglio di strumenti e tecniche che l Organismo deve possedere per poter svolgere efficacemente l attività assegnata. Si tratta di tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività ispettiva, ma anche consulenziale di analisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico. CONTINUITA D AZIONE=> si rende necessaria la presenza di una struttura dedicata esclusivamente ed a tempo pieno all attività di vigilanza sul modello

COMPOSIZIONE ODV 46 Attribuzione del ruolo di organismo di vigilanza al COMITATO PER IL CONTROLLO INTERNO, ove esistente, purchè composto esclusivamente da amministratori non esecutivi o indipendenti; Attribuzione del ruolo di organismo di vigilanza alla funzione di INTERNAL AUDITING, ove esistente; Creazione di un ORGANISMO AD HOC a composizione monosoggettiva o plurisoggettiva, costituito in questo ultimo caso da soggetti dell ente (es. responsabile internal audit, della funzione legale..) e/o da soggetti esterni (consulenti, esperti) Per gli enti di piccole dimensioni attribuzione del ruolo di organismo di vigilanza all ORGANO DIRIGENTE.

47 COMPITI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA VIGILA SULL EFFETTIVITA DEL MODELLO=> verifica della coerenza tra i comportamenti concreti ed il modello istituito; DISAMINA IN MERITO ALL ADEGUATEZZA DEL MODELLO=> ossia della sua reale capacità di prevenire in linea di massima i comportamenti non voluti; ANALISI CIRCA IL MANTENI MENTO NEL TEMPO DEI REQUISITI DI SOLIDITA E FUNZIONALITA DEL MODELLO CURA DEL NECESSARIO AGGIORNAMENT O IN SENSO DINAMICO DEL MODELLO, NELLE IPOTESI IN CUI LE ANALISI OPERATE RENDANO NECESSARIO EFFETTUARE CORREZIONI E ADEGUAMENTI. 47

COMPITI DELL ORGANISMO DI VIGILANZA 48 Formulazione delle proposte all organo dirigente per gli eventuali aggiornamenti ed adeguamenti del Modello Organizzativo adottato da realizzarsi mediante le modifiche e/o integrazioni che si dovessero rendere necessarie in conseguenza di: - Significative violazioni delle prescrizioni del Modello Organizzativo; - Significative modificazioni dell assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività di impresa; - Modifiche normative; Segnalazione all organo dirigente, per gli opportuni provvedimenti, di quelle violazioni accertate del Modello Organizzativo che possano comportare l insorgere di una responsabilità in capo all Ente; Predisposizione di una relazione informativa, su base almeno semestrale per l organo dirigente e in particolare, per la sua eventuale articolazione organizzativa costituita dal Comitato per il controllo interno, quando esso non sia investito della funzione di OdV, in ordine alle attività di verifica e controllo compiute ed all esito delle stesse e trasmissione al Collegio Sindacale.

SISTEMA DELLE SANZIONI 49 LA SEZIONE II DELLO SCHEMA DI DECRETO DETTA LA DISCIPLINA DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE APPLICABILI AGLI ENTI. - SANZIONI AMMINISTRATIVE - SANZIONI INTERDITTIVE - CONFISCA