Le relazioni economiche fra Italia e Balcani. Quali opere infrastrutturali e quando potranno favorire lo sviluppo del Mezzogiorno?



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Transcript:

Ministero dell Economia e delle Finanze Dipartimento per le Politiche di Sviluppo Le relazioni economiche fra Italia e Balcani. Quali opere infrastrutturali e quando potranno favorire lo sviluppo del Mezzogiorno? Roma, 15 dicembre 2004 Studio finanziato con delibera CIPE n. 17 del 9 maggio 2003 nell ambito del Programma Diffusione delle conoscenze 2004 a cura dell Unità di Valutazione e del Servizio Relazioni con i Paesi Terzi Presentazione ISDEE (Trieste) in collaborazione con CERPEM (Bari)

I paesi dell area balcanica presentano indiscutibili prospettive di crescita, già in parte visibili negli anni più recenti, legate ai processi di trasformazione strutturale in corso e alla loro piena integrazione nell economia europea. La loro concretizzazione dipenderà da una pluralità di fattori, che differenziano i paesi dell area, ed in particolare: dalla dotazione di fattori produttivi, di tecnologie, di infrastrutture; dai livelli di reddito esistenti a fine anni Ottanta, che distinguono fra paesi che devono recuperare livelli di sviluppo già raggiunti (Serbia e Montenegro) e paesi in uscita da livelli di sviluppo molto contenuti (per es. Albania); dal permanere di fenomeni di instabilità politica e istituzionale (maggiori per Bosnia ed Erzegovina e Serbia e Montenegro); dalla velocità dell integrazione nell Unione Europea (alta per Romania, Bulgaria e Croazia; probabile per Macedonia; difficile da definire per gli altri) e dai riflessi che questa differente velocità può avere sugli assetti interni all area; dalla realizzazione dell area di libero scambio. I processi di crescita saranno verosimilmente assai differenziati per aree e regioni interne ai singoli paesi, a seconda: dei processi di ristrutturazione e di privatizzazione delle imprese industriali già esistenti (che stanno creando aree di forte deindustrializzazione); della assai diversa collocazione geografica e della dotazione infrastrutturale; della presenza di nodi urbani; delle prospettive delle aree a maggiore vocazione agro-industriale; dei processi di decentramento amministrativo e fiscale in atto in questi paesi. I processi di crescita saranno altresì significativamente differenziati per settore: la struttura produttiva è evoluta e sta evolvendo profondamente dalla situazione di inizio anni Novanta verso un assetto completamente nuovo e non semplice da prevedere, a seconda degli effetti dello sviluppo agricolo (per es. Vojvodina) e turistico (per es. Dalmazia, forse Macedonia), della deindustrializzazione, degli investimenti esteri (anche per decentramento, per es. Banato) e della crescita del settore dei servizi, specie nelle aree urbane (Belgrado, Bucarest). Si sta cercando dunque di integrare le previsioni di crescita a livello di paesi con un insieme di dati ed informazioni di dettaglio molto maggiore, tratte sia da fonti statistiche ufficiali (per es. Censimenti, agenzie per le privatizzazioni) sia da analisi settoriali (per es. Unicredito) sia dalle interviste con esperti locali e con operatori italiani. 2

La presenza commerciale italiana in questi paesi è straordinariamente forte. Le quote di mercato italiane (import dall Italia su import totale) sono eccezionalmente alte - circa 4 volte le quote medie italiane nel mondo e molto superiori a quelle nei paesi dell Europa Centro-Orientale; sono crescenti, a differenza dell andamento medio. Concorrenti più forti sono le imprese tedesche, ben collocate in tutti i paesi; su scala minore, le imprese austriache, greche, ungheresi e slovene. Molto più debole la presenza di Francia, Regno Unito e Stati Uniti. La presenza italiana è forte tanto nei settori interessati a forme di decentramento internazionale quanto nei settori fornitori dei mercati locali, in particolare nell insieme delle meccaniche, nei beni per la casa, nei materiali da costruzione. La presenza italiana è influenzata dal ricostituirsi di legami commerciali molto consolidati nel passato (per es. eccezionalmente forti in Albania, ma molto sensibili anche in tutte le repubbliche della ex- Iugoslavia e in Romania); dalla propensione di alcun di questi paesi (per es. Serbia e Montenegro; meno la Croazia) ad individuare nelle imprese italiane interlocutori privilegiati; dalla disponibilità di collegamenti di trasporto. Assai meno sensibile è invece la presenza italiana sotto forma di investimenti diretti. Complessivamente si può stimare che l Italia pesi per il 7% dello stock totale di investimenti esteri nei Balcani, quinto investitore dietro Austria, Germania, Olanda e Stati Uniti, e appena davanti alla Grecia. L investimento italiano si concentra però in Albania (primo investitore), Bulgaria e Romania, ed è limitato negli altri paesi (anche se l Ufficio ICE di Zagabria ritiene che i dati ufficiali croati sottostimino notevolmente l investimento italiano). Quanto alle tendenze, i dati sembrano indicare un trend di più veloce crescita fra 1998 e 2001 e un rallentamento successivo (specie in Romania, ma non in Croazia), anche se la qualità delle informazioni statistiche disponibili suggerisce cautela nelle interpretazioni, e integrazioni con altre fonti (per es. privatizzazioni). Evidente comunque l espansione delle altre imprese europee: in primo luogo austriache, ma anche greche (specie in Albania, Bulgaria e Serbia) e poi slovene. D altronde l Italia è tradizionalmente paese che investe relativamente poco all estero; il recentissimo Rapporto ICE-R&P mostra poi un evidente, complessivo, calo degli investimenti diretti all estero nell ultimo triennio. Sono chiaramente da distinguere gli investimenti legati ad operazioni di decentramento dagli altri. I primi sono sicuramente assai consistenti come numerosità delle operazioni; assai meno come capitale investito. Sono difficili da quantificare per più motivi: per la ridotta consistenza media; per 3

il desiderio delle imprese di evitare che ad essi sia data pubblicità; perché i flussi talora non sono registrati come italiani nelle bilance dei pagamenti provenendo da holding in paesi terzi; perché in parte sono connessi ad esportazione di imprenditori - che perdono legami con strutture produttive in Italia - più che ad investimenti diretti propriamente detti (che andranno analizzati); perché in parte sono realizzati attraverso operazioni di subfornitura e/o cessione di licenze internazionali, quindi ad operazioni senza trasferimento di capitale (non equity). La loro rilevanza può essere indirettamente colta dai flussi di commercio internazionale che da essi scaturiscono: essi mostrano come il commercio totale che ne deriva sia di grande dimensione (stimabile intorno ai 7 miliardi di euro), in misura nettamente prevalente con la Romania (4,5 miliardi), seguita da Bulgaria, Croazia e Albania. Essi tendono a concentrarsi in specifiche aree geografiche, soprattutto in relazione alla disponibilità di forza lavoro relativamente qualificata a basso costo e alle connessioni di trasporto (esepio evidente il Banato romeno). Gli effetti di lungo periodo del decentramento vanno attentamente valutati. Opinione generale degli studiosi del fenomeno è che esso possa determinare scenari virtuosi: aumentare la competitività delle imprese italiane e allo stesso tempo innescare possibili processi di industrializzazione endogena nelle aree di insediamento. Tali effetti non sono però - né gli uni né gli altri - scontati. Essi dipendono da quanto il sistema paese riesca ad avere una strategia che accompagni il decentramento: di essa, oltre a politiche industriali e del lavoro nelle aree d origine, fanno necessariamente parte forme di collaborazione a politiche di sviluppo locale e interventi sulle infrastrutture e sulla logistica verso le aree di destinazioni (attuali e potenziali). Meno rilevanti sono gli altri investimenti. L Italia sconta le sue debolezze in molti settori del terziario, in cui si concentra la maggior parte degli investimenti esteri nei Balcani: le telecomunicazioni (in cui ha lasciato campo libero ad operatori di altri paesi, a cominciare da austriaci, ungheresi e greci); gli insediamenti turistici (con qualche eccezione in Croazia); la distribuzione (con l eccezione COOP in Croazia); le attività immobiliari; le utilities (con l eccezione di alcuni investimenti Enel). Cruciale il settore bancario: l Italia è primo protagonista in Croazia, interessato alle privatizzazioni in Serbia, ma relativamente poco presente in altri paesi, a cominciare dall Albania (dove la principale banca è stata acquisita da un istituto austriaco). Andranno attentamente verificate le strategie delle principali banche italiane - con colloqui diretti - sia per verificarne le intenzioni di investimento sia le strategie commerciali e quindi il supporto che esse stanno dando e vorranno dare sia alle imprese italiane sia allo sviluppo locale. Vi sono alcuni investimenti manifatturieri market oriented (es. SOL, Italcementi), mentre andrà verificato e 4

chiarito il ruolo delle imprese italiane sul mercato edilizio balcanico, tanto per la residenza quanto per le opere pubbliche. Questo intero quadro è fortemente differenziato per le regioni italiane. Forte è la presenza del Nord-Est (a cominciare dal Veneto) negli scambi commerciali e nel decentramento; fra gli investitori predominano nettamente imprese del Nord-Ovest e del Nord-Est. La presenza delle imprese meridionali però non è trascurabile, tanto nel decentramento (oltre 600 milioni di euro di valore dell interscambio) tanto nell export per il mercato locale. E però quasi del tutto limitato alla Puglia (in misura minore Abruzzo e Campania). Ed è fortemente concentrato nelle aree costiere adriatiche: in primo luogo in Albania, dove pesa per il 50% dell interscambio con l Italia; poi in Montenegro (cosa che andrà quantificata con dati statistici locali) e in misura minore in Croazia. In queste aree la presenza delle imprese meridionali è però diversificata settorialmente (con interessanti presenze nelle meccaniche, nell alimentare, nei materiali da costruzione) e si accompagna ad investimenti diretti. Le attuali problematiche della presenza delle imprese italiane nei Balcani e in particolare di quelle meridionali trovano alcune conferme, da un lato, nell analisi dello sviluppo dell interscambio per modi di trasporto, dall altro, nell evidenziazione dei principali colli di bottiglia che rendono difficile l accesso dell Italia a questi mercati. Dal punto di vista del trasporto delle merci, lo sviluppo dell interscambio dell Italia con i Balcani (volume complessivo = 14,8 milioni di tonnellate, di cui 67,9% in importazione) si distribuisce attualmente, per modalità di trasporto (limitatamente ai modi: strada, ferrovia, mare), secondo le seguenti proporzioni: mare 61,8%; strada 32,0%; rotaia 6,2%. Il tasso di sviluppo delle tre modalità, nel periodo 1999-2003, registra tuttavia una notevole differenziazione: a fronte di un aumento complessivo dell interscambio del 31,7% (incremento medio annuo: 7,12%), il trasporto su strada è aumentato del 75,2% (incremento medio annuo del 15,0%). Le direttrici di trasporto lungo le quali tale interscambio si sviluppa sono costituite, da un lato, dai collegamenti via mare con la costa adriatica orientale, lo Ionio, l Egeo e il Mar Nero, dall altro, dai collegamenti via terra a) sulla direttrice a Nord delle Alpi, attraverso l Austria, per poi proseguire a Est-Sud-Est e b) sulla direttrice a Sud delle Alpi, attraverso la Slovenia. 5

In quest ultimo caso, l esame degli itinerari evidenzia come, rispetto ai competitori dell Europa Occidentale che utilizzano la direttrice attraverso l Austria (completa da un punto di vista autostradale e discreta quanto a efficienza del trasporto ferroviario), il percorso più diretto di accesso ai Balcani a disposizione delle nostre imprese (a Sud delle Alpi) sia caratterizzato da alcune gravi carenze, con un gap ormai decennale, rispetto agli itinerari dei concorrenti, che si protrarrà, in mancanza di interventi, per più di un quinquennio. Queste carenze riguardano: a) per le direttrici stradali: 1) il mancato completamento del percorso autostradale in territorio sloveno (Corridoio V e Lubiana-Zagabria) e in territorio ungherese (Corridoio V) per gli itinerari con la Romania; 2) l assenza di qualsiasi progetto di collegamento autostradale, sempre in territorio sloveno, sulla Trieste-Fiume, primo segmento dell autostrada adriatico-ionica in costruzione; b) per le direttrici ferroviarie: 1) i limiti dell attuale linea Venezia-Trieste-Lubiana; 2) le carenze del nuovo collegamento diretto Slovenia-Ungheria non ancora elettrificato per circa 90 km in territorio sloveno, mentre sono già in corso i lavori di elettrificazione sulla stessa linea in territorio ungherese. Rispetto alla situazione descritta, del tutto peculiare risulta la posizione del Mezzogiorno d Italia (Sud+Isole), per la sua collocazione geografica. Il suo interscambio con i Balcani (che rappresenta il 10% del valore complessivo dell interscambio italiano con la stessa area e in termini di quantità trasportate via mare, strada e ferrovia il 20%), è infatti svolto quasi esclusivamente via mare (93%) e, per la parte restante, praticamente solo su strada. Le quantità trasportate riguardano soprattutto due paesi adriatici: Croazia e Albania (61,5%) e due del Mar Nero: Romania e Bulgaria (25,0%), seguiti poi in ordine di importanza da Serbia e Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia. In sostanza, i flussi di traffico avvengono (al di là dei collegamenti con il Mar Nero), attraverso l Adriatico, ma prevalentemente con i paesi balcanici rivieraschi e solo limitatamente alle loro aree nazionali. I traffici con la Serbia e la Macedonia, essendo per ora poco agevole l utilizzo dei porti dell Adriatico Orientale per i collegamenti con l interno dell area balcanica, avvengono attraverso più direttrici mare/terra, con utilizzo prevalente dei porti greci. La quota di interscambio in valore del Mezzogiorno con la Serbia e Montenegro rispetto al totale scambiato con l intera area balcanica rappresenta solo la quinta in ordine di importanza (12,7%,), preceduta da Albania, Romania, Croazia e Bulgaria (insieme: 82,7%), il che fa presumere 6

che non si tratti di un minore interesse del Mezzogiorno per il mercato serbo ma di una difficoltà di relazioni/comunicazioni che esistono molto meno con altri partner. Se per l Italia Centro-Settentrionale il problema principale sotto il profilo dei trasporti con i Balcani (e della competizione con i partner europei) appare quello di poter usufruire di collegamenti efficienti via terra lungo il Corridoio V e X, per le relazioni tra il Mezzogiorno e i Balcani uno degli aspetti cruciali appare essere quello di non dover limitare le sue relazioni economiche ai paesi rivieraschi ma di poter attivare collegamenti mare-terra dai porti dell Adriatico Orientale alle aree interne dei Balcani per raggiungere direttamente la Serbia (eventualmente alcune aree della Romania e dell Ungheria), la Macedonia ed eventualmente la Bulgaria. Nel caso del Mezzogiorno (ma vi è un interesse anche per le regioni del Centro Italia) le successive analisi saranno concentrate sulle direttrici esistenti o in progetto tra l area adriatica e i Balcani: il Corridoio VC da Ploče (Bosnia ed Erzegovina, Ungheria); la direttrice Bar-Belgrado (Serbia, Ungheria, Romania); il Corridioio VIII da Durazzo (Macedonia-Bulgaria) e le connessioni orizzontali da Durazzo a Podgorica. Si tratterà di valutare, per questi itinerari (come come nel caso delle vie terrestri di accesso dall Italia Centro-Settentrionale ai Balcani), quali possano essere le priorità su cui l Italia dovrebbe concentrare la propria azione, tenendo conto: 1) delle potenzialità di sviluppo dei mercati menzionati, 2) della funzione complessiva di queste infrastrutture quali vie di relazioni bilaterali e multilaterali alimentando anche un traffico di transito, 3) dell interesse economico delle aree attraversate da queste direttrici, 4) dei costi finora valutati per la riabilitazione/costruzione delle infrastrutture, 5) delle risorse disponibili, e di quelle attivabili a livello europeo, 6) dei tempi di riabilitazione/realizzazione delle infrastrutture, 7) dei costi di trasporto ipotizzabili, per ora attraverso simulazioni, e di quelli di percorsi alternativi. In questo quadro, infine, una prima valutazione sarà effettuata circa le possibilità di un approccio di cooperazione bilaterale (o multilaterale) riguardante non solo il settore della riabilitazione e costruzione delle infrastrutture ma anche quello della gestione e ove possibile dell organizzazione logistica dei traffici. 7

Attualmente l accesso ai Balcani dei principali competitori (Germania, Austria, Francia, ecc.), attraverso le direttrici terrestri, sta avvenendo con la realizzazione di una crescente organizzazione logistica che tende già ad essere controllata da grandi società del Nord Europa. Accanto al problema di rafforzare la logistica nelle nostre aree settentrionali sarà quindi interessante valutare, una volta individuate le priorità nei collegamenti con i Balcani, quali basi esistano per una organizzazione logistica nelle aree meridionali, legata ai traffici di cabotaggio e al trasferimento delle merci dall Adriatico Orientale all interno dei Balcani. Per inquadrare le valutazioni oggetto della seconda parte della ricerca, sul problema dei collegamenti di trasporto, per le aree interessate (e per quelle a cui questi collegamenti offrono accesso, come Romania, Bulgaria) è in corso una valutazione: dell attuale presenza commerciale e produttiva italiana (incluso il decentramento), il più possibile mappata geograficamente sul territorio; delle caratteristiche economiche e settoriali dei paesi e delle regioni (per es. specializzazioni produttive, potenzialità di privatizzazioni, crisi industriali); delle prospettive di sviluppo economico dei paesi e, per quanto possibile, di regioni e aree subregionali; delle iniziative, in corso o potenziali di collaborazione a strategie di sviluppo locale (che non possono non rappresentare un indispensabile complemento per gli interventi infrastrutturali); delle potenzialità geosettoriali che si aprirebbero per le imprese italiane, anche rispetto alla concorrenza internazionale. Andrà naturalmente tenuto presente l impatto di queste connessioni sulle relazioni economiche e commerciali interne all area, che costituiscono un ingrediente assolutamente essenziale dei complessivi percorsi di sviluppo. Le stesse potenzialità delle relazioni con l Italia potranno realizzarsi solo in un quadro di effettivo superamento del relativo isolamento delle economie balcaniche. Quindi i collegamenti andranno valutati anche in quest ottica. Occorre altresì considerare che la difficile accessibilità dal Mezzogiorno alle aree più interne dei Balcani, da un lato vale anche per alcune delle regioni dell Italia Centrale, a cominciare dalle Marche e dalla Toscana, dall altro influenza anche le relazioni economiche, assai modeste, con 8

l Ucraina e la Russia e, per quanto riguarda il Mezzogiorno, anche con l Ungheria. Questo effetto sarà quantificato attraverso l utilizzo di un modello gravitazionale di commercio internazionale (quasi ultimato) che consentirà di stimare l effetto della riduzione dei costi di trasporto sull interscambio fra le singole regioni italiane e i paesi dell area, per fornire una misura, per quanto grossolana, delle potenzialità. 9