SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.



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A000951, 1 A000951 FONDAZIONE INSIEME onlus. SENTENZA N. 6078 DEL 18/03/2006 FAMIGLIA ADOZIONE INTERNAZIONALE DA PARTE DI SINGLE LIMITI DI AMMISSIBILITÀ La Cassazione conferma il principio secondo il quale l adozione internazionale è consentita, al pari di quella nazionale legittimante, secondo una interpretazione costituzionalmente corretta, solo alle coppie di coniugi, e non alle persone singole, le quali sono solo ammesse come chiarito dalla Corte costituzionale con l ordinanza n. 347 del 2005 alle <>, di cui all art. 44 della legge n. 184 del 1983, aventi effetti limitati. Chiamata a pronunciarsi sulla interpretazione della normativa vigente con riguardo al caso di una cittadina rumena, in possesso di cittadinanza italiana a seguito di matrimonio, la quale, dopo aver ottenuto da un tribunale rumeno una sentenza di adozione di una minore, ne aveva chiesto invano il riconoscimento in Italia, la Corte di legittimità ha ritenuto preclusa, alla stregua dell ordinamento nazionale, la possibilità del riconoscimento generalizzato dell adozione internazionale da parte del single. Una siffatta operazione è dunque di esclusiva spettanza del legislatore - tra l altro facoltizzato a ciò dall art. 6 della Convenzione di Strasburgo in materia di minori del 1967, ratificata dall Italia con legge n. 357 del 1974 che, solo, sarebbe in grado di provvedere ad un ampliamento dell ambito di ammissibilità dell adozione di minore da parte del single, ove tale soluzione sia giudicata più conveniente nell interesse del minore, salva, peraltro, come già avvertito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 183 del 1994, la previsione di un criterio di preferenza per l adozione da parte della coppia, determinata dalla esigenza di assicurare al minore stesso la presenza di entrambe le figure genitoriali. Sentenza n. 6078 del 18 marzo 2006 (Sezione Prima Civile, Presidente M. G. Luccioli, Relatore M. R. San Giorgio) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. DV, cittadina rumena in possesso anche di cittadinanza italiana per matrimonio, chiese al Tribunale per i minorenni di Roma il riconoscimento della sentenza di adozione emessa dal Tribunale di Costanza, in Romania, il 23/4/2003, relativa alla minore AIV, già (B), nata a Costanza il 15/9/2002, e l ordine all ufficiale di anagrafe del competente comune di procedere alla trascrizione. La istanza fu respinta osservandosi che la richiedente era coniugata e che il provvedimento straniero, essendo solo nei suoi confronti, era in contrasto con la normativa che disciplina l adozione internazionale nel nostro Paese. Il Tribunale ritenne altresì la inapplicabilità dell art. 36, comma 4, della Legge sull adozione, mancando la prova del soggiorno continuativo almeno biennale della richiesta in Romania. La DV propose reclamo avverso detto provvedimento, osservando che l adozione si era svolta nel rispetto della normativa vigente in Romania, Paese aderente alla Convenzione dell Aja del 1993; e, in alternativa, premesso di aver dato prova di aver soggiornato continuativamente in Romania per motivi di lavoro dall 8/10/2002 al 1/6/2003 e di avervi avuto la residenza nel 2001 e nel 2004, sostenne che, a norma dell art. 36/4, della L. n. 184/1983, come modificato dall art. 3 della L. n.476/1998, si deve ritenere sufficiente un soggiorno continuativo non quantificato ma significativo, oltre alla residenza anagrafica di due anni. Infine, dedusse la mancanza di motivazione del provvedimento

A000951, 2 impugnato in riferimento alla ritenuta non delibabilità della sentenza straniera perché pronunciata nei confronti della sola DV. La Corte d appello di Roma, con decreto in data 21/4/2005, rigettò il reclamo, rilevando anzitutto che, essendo la reclamante cittadina italiana, era soggetta alla legge italiana, che l art.6 stabilisce che l adozione è consentita ai coniugi e non alla persona singola; e che inoltre, in base alla stessa legge, i coniugi devono ottenere dal Tribunale per i minorenni del luogo di residenza un decreto di idoneità all adozione internazionale, e conferire poi l incarico ad un ente autorizzato per ulteriore corso della procedura all estero. Detta normativa sarebbe stata completamente pretermessa dalla reclamante. La circostanza richiamata dalla difesa, secondo la quale anche la Romania, come l Italia, è parte della Convenzione di L Aja del 1993, non modificherebbe i termini della questione: infatti, proprio in quanto vincolate dagli stessi impegni internazionali, la Autorità di detto Paese avrebbero dovuto prendere contatto con l Autorità centrale italiana per avere chiarimenti in ordine alla normativa vigente in Italia. In tal modo, esse avrebbero appreso che l adozione richiesta non poteva in nessun caso avere efficacia nel nostro Paese, in quanto l art.35/3 della L. n.184/1983 subordina l ordine di trascrizione del provvedimento straniero all accertamento, di competenza del Tribunale per i minorenni, dell autorizzazione all ingresso rilasciata dalla Commissione per le adozioni internazionali, ai sensi dell art.39/1-lett.h), mentre il comma6 dello stesso art.35 stabilisce che non può comunque essere ordinata la trascrizione quando il provvedimento straniero riguardi adottandi che non siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana, e neppure quando l adozione straniera si sia realizzata senza l intervento delle Autorità centrali e di un ente autorizzato. Né avrebbe alcun pregio, secondo la Corte d appello, l argomentazione della reclamante relativa alla erronea applicazione dell art. 36/4, del L.184 del 1983, che richiederebbe in modo chiaro un soggiorno continuativo congiuntamente alla residenza almeno biennale. Aggiunse la Corte che dal certificato del Comune di Roma del 23/6/2003 risulta che la reclamante era residente senza interruzioni a Roma dal 9/5/1992, mentre i due certificati del ministro rumeno delle finanze reperibili nel fascicolo di parte si riferivano a un domicilio fiscale ottenuto unicamente allo scopo di evitare la doppia imposizione. Avverso tale decreto ricorre per Cassazione ai sensi dell art. 111 cost. La DV sulla base di 2 motivi. MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e la falsa applicazione degli art. 35 e 36 della L. n.184/1983, come modificati dalla L. n. 476/1998. la Corte d appello non avrebbe

A000951, 3 tenuto conto che, se anche la L. n.184/1983, agli art. 35/6, e 39/1,lett.h), vieta il riconoscimento dell adozione pronunciata all estero di determinati requisiti, resta comunque salva la previsione di cui all art. 36/4, della stessa legge, secondo il quale il Tribunale per i minorenni deve riconoscere ad ogni effetto in Italia l adozione pronunciata dall autorità di un Paese straniero ad istanza di cittadini italiani che dimostrino al momento della pronuncia di avere soggiornato continuativamente nello stesso e do avervi avuto la residenza da almeno 2 anni. Nella specie, la ricorrente aveva prodotto una certificazione dalla quale risultava la sua residenza negli anni 2001 e 2002 in Romania, ove la stessa aveva soggiornato continuativamente per otto mesi. 2.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento. 2.2. Esso si fonda sull erroneo presupposto esegetico secondo il quale il comma4 dell art. 36 della L. n.184/1983, per il fatto di non aver quantificato il periodo di durata del soggiorno nel Paese nel quale sia stata pronunciata l adozione ad istanza di cittadini italiani, richiesto, congiuntamente all altro requisito della residenza biennale nello stesso Paese, ai fini del riconoscimento del provvedimento ad opera del Tribunale per i minorenni, debba essere interpretato nel senso che sia sufficiente un soggiorno almeno significativo: ciò che determinerebbe la ricomprensione del caso di specie nel quale la ricorrente aveva trascorso 8 mesi continuativi in Romania, dove aveva anche prestato attività lavorativa in detto periodo- nella previsione della norma in questione. 2.3. Vero è, invece, che, avuto anche riguardo alla nozione propria di residenza, deve escludersi che la formulazione letterale del comma4 dell art.36 consenta di ritenere che il periodo minimo di durata del soggiorno nel Paese in cui viene pronunciata l adozione sia inferiore al biennio imposto dalla stessa disposizione con riferimento alla residenza. Al contrario, è ipotizzabile, a fronte di detto biennio, la necessità di un periodo almeno uguale durata di soggiorno in quel Paese. Né la ratio della disposizione in esame, da ravvisarsi nella esigenza di un radicamento dell adottante nel luogo di dimora del minore, può indurre a differenze conclusione. 2.4. V è, poi, da aggiungere che nel decreto impugnatosi fa riferimento alla certificazione, prodotto dal Comune di Roma, dalla la ricorrente risulta ivi residente ininterrottamente dal 1992. detta certificazione, non contestata, è stata correttamente valorizzata dalla Corte d appello romana quale elemento concorrente alla formazione del convincimento della non configurabilità, nella specie, della situazione che, ai sensi del citato comma4 dellart.36 della L. n.184/1983, legittima il riconoscimento in Italia dell adozione pronunciata in un Paese straniero ad istanza ci cittadini italiani.

A000951, 4 3. Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell art.36, con riferimento anche all art.44, della L. n.184/1983, e falsa applicazione dell art.29bis della stessa legge, che stabilisce che, per promuovere un procedimento di adozione internazionale, le persone residenti in Italia debbono possedere i requisiti prescritti dall art.6 della stessa legge, che consente l adozione alle sole coppie, escludendola per le persone singole. Nell ordinamento vigente è ammessa dall art.44 della L.184 del 1984 l adozione da parte dei single: e se detta norma non prevede la possibilità di estendere la normativa italiana ai casi internazionali di adozione da parte di una persona singola, nemmeno essa la esclude: sicché in via interpretativa ed analogica, è rimessa al giudice la facoltà di trovare una soluzione idonea a risolvere il problema in presenza di un rapporto affettivo e genitoriale di fatto ormai consolidato, quale si configura nella specie. In proposito si rileva che la ricorrente è coniugata, e che la minore in questione ha instaurato un solido legame affettivo anche con il coniuge dell adottante. 4.1. Anche tale censura è destituita di fondamento. 4.2. Per vero, la legislazione nazionale conosce l adozione da parte dei single: trattasi, come, peraltro, sottolineato dalla stessa ricorrente, dell adozione <<in casi particolari>>, di cui all art.44 della L. n.184/1983 che ha effetti limitati rispetto all adozione legittimante- o nelle speciali circostanze di cui all art.25/4 e /5 comma, della stessa legge. Sono, peraltro, quelli appena citati, i soli casi nei quali il legislatore nazionale si è avvalso della facoltà, rimessa agli Stati dall art.6 della Convenzione europea in materia di adozioni di minori, firmata a Strasburgo il 24/4/1967 e ratificata dall Italia con la L. 22/5/1974, n.357 norma non auto applicativa, cioè direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi privati, occorrendo, a tal fine, l interposizione di una legge nazionale (v. Corte Costituzionale sent. n.183/1994)-, di prevedere l adozione da parte di persone singole. Al di fuori delle predette ipotesi, la citata norma patrizia non consente ai giudici italiani di concedere l adozione di minori a persone singole. Al contrario, il principio fondamentale al riguardo è quello, scaturente dall art.6 della L. n.184 del 1982, secondo il quale l adozione è permessa solo alla coppia di coniugi (uniti in matrimonio da almeno tre anni), e non ai singoli componenti di questa: principio, quello appena enunciato, applicabile, per effetto dell art. 29-bis della stessa legge introdotto dall art.3 della L. n.476/1998- anche alle adozioni internazionali. 4.3. E bensì vero che, secondo una interpretazione costituzionalmente corretta, queste ultime devono essere ritenute ammissibili negli stessi casi in cui è ammessa l adozione

A000951, 5 nazionale legittimante o quella in casi particolari (v. Cort.cost., ordinanza n.347/2005). Tuttavia, una siffatta esegesi, se induce alla conclusione della possibilità per i single di procedere all adozione internazionale nei casi particolari di cui all art.44 cit., non può certamente fondare il riconoscimento di una generalizzata ammissibilità di tale adozione da parte di persona singola: ammissibilità, del resto, esclusa in via generale, come so è già precisato, nell adozione nazionale, alla stregua del diritto vigente. Resta, ovviamente, fermo che, tanto più in presenza della disposizione convenzionale sopra menzionata (art.6 della Convenzione di Strasburgo del 1967), che ciò che facoltizza, il legislatore nazionale ben potrebbe prevedere -nel concorso di particolari circostanze, tipizzate dalla legge o rimesse di volta in volta al prudente apprezzamento del giudice- ad un ampliamento nell ambito di ammissibilità dell adozione di minore da parte di una singola persona, anche qualificandola con gli effetti dell adozione legittimante, ove tale soluzione sia giudicata più conveniente all interesse del minore, salva la previsione di un criterio di preferenza per l adozione da parte della coppia di coniugi, determinata dalla esigenza di assicurare al minore stesso la presenza di entrambe le figure genitoriali, e di inserirlo in una famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità (v. Cort.cost., sentenza n.183/1994, cit.). 5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non essendo stata spiegata attività difensiva dall intimato, non v è luogo a provvedimenti sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 31/1/2006.