AGGRESSIVITA E VIOLENZA: QUALI POSSIBILITA?



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AGGRESSIVITA E VIOLENZA: QUALI POSSIBILITA? I fatti di cronaca di portano ad affermare che la violenza è ovunque. Spesso si ha l impressione di non potersi sentire al riparo dai suoi effetti. Possiamo sperimentarla nell intimità delle nostre case, possiamo aspettarcela per strada: siamo quotidianamente bombardati da notizie di terrorismo, guerra, omicidi, stupri, torture, disastri ecologici causati dall uomo. Siamo i figli dei sopravvissuti a due guerre mondiali, eppure ci confrontiamo ogni giorno con il neonazismo, razzismo, nazionalismo, integralismo. Ognuno di noi sa che siamo capaci di distruggerci. Ma forse la realtà e le prospettive non sono così drammatiche. Ci sono tanti modi diverso di concepire l origine della violenza umana, ma ancora non siamo in grado di comprendere perché siamo la specie più crudele e più spietata che sia mai comparsa sulla faccia della terra (Storr). Sembra, secondo alcune teorie, che l aggressività umana e la crudeltà siano basate sui nostri istinti ereditari non controllati. Molte ricerche e studi sulle relazioni e sul comportamento umano, dall altra parte, hanno mostrato che l uomo non è intrinsecamente distruttivo, che non ha bisogno di uccidere e tormentare. Molti lavori sottolineano che l essere umano è per sua natura un animale socialmente cooperativo. Ciò ha permesso a Bowlby di concludere: I piccoli dell uomo sono preprogrammati per lo svilupparsi in modo socialmente cooperativo, che poi lo facciano o meno dipende in gran misura da come vengono trattati (Bowlby, 1988). www.studiobaruzzo.it 1

Nel corso dello sviluppo si manifesta un forte bisogno fisico e psicologico dell altro, con particolare riferimento al comportamento di attaccamento. Gli effetti della perdita e della deprivazione dell attaccamento sono molto importanti nell insorgenza del comportamento violento: la violenza può essere considerata come il risultato del fallimento dell accudimento. Secondo i modelli psicologici dell attaccamento e della distruttività, deprivazione, perdita e abuso possono minacciare il Sé del l individuo a tal punto che difenderlo diventa di capitale importanza, non importa a quale costo per l altro. L aggressività ha una funzione determinante nella lotta per la sopravvivenza e per l autoaffermazione dell individuo. Viene considerata un sentimento negativo quando il versante distruttivo prevale su quello costruttivo nell esercizio dell aggressività stessa, producendo emozioni di dolore sia in chi la subisce, sia in chi la agisce. L aggressività viene sollecitata da una gamma di vissuti, contenuti e repressi, quali il senso dell ingiustizia, dell incomprensione, della frustrazione, che si stratificano e si accumulano fino a diventare una reazione esplosiva. La frustrazione, soprattutto, se a lungo sopportata e negata, dà luogo a un aggressività che può manifestarsi anche in forma violenta, magari per un evento banale, di per sé scarsamente significativo per giustificarne l esito. La frustrazione è lo stato d animo che si instaura quando non si riesce a realizzare un progetto, o a soddisfare un desiderio. Frustrato è chi non riesce a raggiungere i propri obiettivi o a esprimere i propri sentimenti. Ma oltre alla frustrazione, altre forme di pressione www.studiobaruzzo.it 2

od oppressione possono provocare una reazione violenta: tutte le situazioni che dall esterno impediscono al soggetto di agire ed esprimersi come vorrebbe. L aggressività è dunque una violenza che in primo luogo viene subita e poi restituita. Ogni forma di aggressività può essere elaborata in modo positivo, quando si riconosce nell altro un tramite che ci permette di esprimere il nostro malessere: nel dialogo si prende coscienza del proprio disagio, si comunica la propria disponibilità al cambiamento. Viene utilizzata positivamente quando si cercano le strade costruttive per affermare le proprie idee, le proprie esigenze nel rispetto dell altro (assertività). L aggressività agita, invece, annulla qualsiasi tentativo di mediazione e di elaborazione, e denuncia l incapacità di contenere i propri sentimenti aggressivi. L esplosione aggressiva non è mai liberatoria, poiché comporta comunque sensi di colpa che a loro volta vengono repressi. Inoltre se si cerca con la violenza il riconoscimento del Sé, si rimane delusi poiché l aggressione nega la possibilità di riconoscimento e di dialogo, creando fratture. L aggressività agita quindi è dovuta da un difetto di comunicazione ed aumenta l incapacità di comunicare. www.studiobaruzzo.it 3

QUANDO L AGGRESSIVITA SI IMPARA 1. DI FRONTE ALLA TV Secondo alcune ricerche si stima che un bambino, prima di aver terminato le scuole elementari, abbia già assistito a più di 100.000 scene di violenza e visto circa 8.000 omicidi. E ormai risaputo che la televisione con la sua rappresentazione continua della violenza, sia quella prodotta nella finzione filmica, sia quella registrata quotidianamente dalla cronaca, non solo può spaventare i bambini, ma può anche aumentare la probabilità della comparsa di un comportamento violento. I bambini sono più vulnerabili dell adulto: soprattutto nei primi stadi dello viluppo della personalità, l identificazione con l eroe protagonista della storia è molto facile. L eccessiva esposizione a scene di violenza può far aumentare la paura della realtà, l idea che la violenza sia un fatto comune e perciò lecito, e può indurre all imitazione. La frequenza elevata di programmi contenenti scene di violenza, a volta gratuita, può costituire una sollecitazione all aggressività: ci si può creare l idea che per vivere sia necessario adattarsi alla violenza e che le azioni spettacolari dei protagonisti siano riproducibili nella realtà. www.studiobaruzzo.it 4

Che fare? Forse può essere difficile evitare che le immagini violente invadano la mente dei bambini. Ma una possibilità c è: consiste nell imparare la tv come dice Anna Oliverio Ferrarsi. Si tratta di analizzare insieme con i figli le scene di violenza e i contenuti aggressivi che vengono proposti. Per esempio sottolineando come la violenza sia spesso un mezzo sbrigativo per risolvere apparentemente i problemi, facendo vedere che la realtà è assai più complessa della finzione e che le aggressioni e la violenza (sia fisica che verbale) di solito non risolvono i conflitti; facendo presente, soprattutto ai più piccoli, che si tratta di finzioni filmiche Rimane sempre importante ricordare che da un atto di violenza scaturiscono conseguenze gravi e di ampia portata. In questo modo si può contenere la pericolosità del messaggi violenti e aiutare i bambini a sviluppare il loro senso critico, imparando a difendersi e a fronteggiare la violenza. 2. LA GESTIONE DELLA RABBIA La rabbia è un emozione naturale, legittima, utile. E una risposta difensiva, è un meccanismo di protezione che permette all individuo di definire i propri diritti e permette di comunicare le paure che sta vivendo, le angosce che lo stanno tormentando.tra le emozioni forti che un bambino può provare vi è la rabbia. Spesso da modo con cui la rabbia viene gestita ed elaborata dipendono altre emozioni e sentimenti. Il problema è che questo sentimento è difficile da accettare e da controllare: ci spaventa, ci preoccupa, la comprimiamo, spesso la soffochiamo. Così accade che molti genitori reprimano www.studiobaruzzo.it 5

sul nascere le manifestazioni di rabbia dei loro figli. Altri li considerano capricci. Altri si allontanano per non affrontarla. Per un genitore è importante ascoltare questa rabbia. E fondamentale che lui sia in grado di tollerarla, di accettarla come una comunicazione, seppure a volte inadeguata, di qualcosa che sta facendo soffrire il bambino. La rabbia è la prima risposta al non sentirsi capiti, a un ingiustizia subita, all essere o sentirsi emarginati, al non essere ascoltati e presi in considerazione seriamente. La rabbia potrebbe essere interpretata come espressione di una domanda: Perché non stai con me e non mi ascolti? Perché non cerchi di capirmi prima di sgridarmi o punirmi? In altre parole si tratta di accuse che i bambini ci fanno. Se consentiamo la bambino di manifestare le sue emozioni e i suoi sentimenti anche quelli più imbarazzanti, gli insegniamo a non reprimerli, gli insegniamo a gestirli, a dialogare. La rabbia repressa, non accettata, non consentita, può trasformarsi in risentimento, in aggressività distruttiva verso le cose, verso gli altri o verso di sé. Riconoscere e accettare queste emozioni significa aiutare il bambino a gestirle e contenerle. Significa permettere la comunicazione e la relazione. 3. QUANDO LA VIOLENZA SI IMPARA IN FAMIGLIA Numerose ricerche hanno dimostrato uno stretto legame tra esperienze traumatiche e violenza: molto spesso comportamenti ostili ed aggressivi sono le manifestazioni di un www.studiobaruzzo.it 6

sistema di attaccamento danneggiato: la violenza può essere vista come un attaccamento andato male. Esiste uno stretto legame tra maltrattamento subito e violenza agita. Per capire questo collegamento è utile prendere in considerazione le due dimensioni nella manifestazione della violenza umana: la prima è il Sé, che deriva da una matrice di relazioni di attaccamento interiorizzate, sostenute da meccanismi di difesa (negazione, rimozione, dissociazione, proiezione); la seconda comprende le basi neurofisiologiche del comportamento violento. (I processi fisiologici che attivano le reazioni automatiche di attacco e fuga vengono attivati da situazioni traumatiche, che se ripetute sono memorizzate con il nuovo assetto omeostatico che regola i neurotrasmettitori -serotonina ed altri; in caso di situazioni fortemente spiacevoli subito si attiva automaticamente il nuovo assetto omeostatico per superare lo stress; in questo caso la vittima tende a rispondere con l azione di attacco e fuga piuttosto che con il pensiero). Entrambe queste entità sono coinvolte nelle origini della violenza, che può essere vista come un estrema manifestazione della rabbia dovuta a insopportabili ferite narcisistiche e ad un alto livello di attaccamento danneggiato. Il maltrattamento può essere fisico e psicologico, sotto forma di trascuratezza, incuria, indifferenza, freddezza emotiva, scarsa attenzione. E maltrattamento quando il bambino viene educato con metodi troppo rigidi e punitivi che comprendono eccessivi messaggi negativi, frustrazioni, umiliazioni. Con queste si mortifica la fiducia in se stessi, si riduce l autostima, si sviluppa senso di inferiorità. www.studiobaruzzo.it 7

E maltrattamento anche il clima di tensione continua, costante, esasperata all interno della coppia sommersa da conflitti e lacerazioni affettive. Il perdurare di queste condizioni per lungo tempo finisce col riflettersi sui bambini alterando il loro equilibrio. Padri e madri maltrattanti hanno spesso una buona dose di immaturità. Spesso si tratta di individui che hanno affrontato la maternità e la paternità quando ancora non erano pronti per farlo. L inesperienza, unita all impegno richiesto, alle fatiche del vivere quotidiano, alle possibili difficoltà economiche, alle necessarie rinunce, rivestono un ruolo fondamentale per quanto concerne l utilizzo di comportamenti violenti in famiglia. Tra i genitori che non controllano i loro sentimenti negativi e la loro aggressività ve ne sono molti che non erano pronti a diventare genitori o che hanno alle spalle una storia di maltrattamenti, violenze, soprusi. Questi genitori non sono in grado di controllare i loro impulsi, né gestire le loro emozioni, soprattutto quelle negative, non tollerano le rinunce e reagiscono in modo esagerato alle situazioni di stress. Spesso vi è alla base una mancanza di affettività: genitori elusivamente centrati su di sé, tesi a soddisfare solo le proprie esigenze. Per molti si tratta di vuoti affettivi mai superati. www.studiobaruzzo.it 8

BIBLIOGRAFIA F. DE ZULUETA, Dal dolore alla violenza le origini traumatiche dell aggressività, R. Cortina Editore, 2009. A. MARCOLI, Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili, Oscar Saggi Mondatori, 1996. G. PIETROPOLLI CHARMET, I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte a una sfida, R. Cortina Editore, 2000. S. VEGGETTI FINZI A.M. BATTISTIN, L età incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori Editore, 2000. A. PHILLIPS, I no che aiutano a crescere, Edizioni Feltrinelli, 2001. S. PORCELLUZZI, Vivere bene insieme: genitori e figli, Editrice Elledici, 2000. G. MAIOLO, L occhio del genitore. L attenzione ai bisogni psicologici dei figli, Edizioni Erickson, 2000. P. CREPET, Non siamo capaci di ascoltarli riflessioni sull infanzia e l adolescenza, Einaudi Editore, 2001. V. SLEPOJ, Capire i sentimenti per conoscere meglio se stessi e gli altri, A. Mondatori Editore, 1996. S. SHARP P.K. SMITH, Bulli e prepotenti nella scuola. Prevenzione e tecniche educative, Edizioni Erickson, 1995. www.studiobaruzzo.it 9