UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA dipartimento di fisica e astronomia corso di laurea magistrale in fisica. Sebastiano Spinali



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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA dipartimento di fisica e astronomia corso di laurea magistrale in fisica Sebastiano Spinali VERIFICA DELLE PROPRIETÀ DELLO SPETTROMETRO HRS PER L ESPERIMENTO PREX-II tesi di laurea Relatori: Chiar.mo Prof. V. Bellini Dott. G.M. Urciuoli Dott. F. Tortorici anno accademico 2014/2105

Indice 1 Introduzione 3 2 Violazione di parità nella diffusione di elettroni e misura del raggio dei neutroni nei nuclei pesanti. 7 2.1 Generalità sulla violazione di parità nella diffusione di elettroni su bersaglio adronico................ 7 2.2 Densità dei neutroni e misura del raggio dei neutroni in un nucleo........................... 9 2.3 Violazione della parità nella diffusione elastica di elettroni su nuclei........................ 12 2.4 Diffusione elastica di elettroni su 208 Pb: l esperimento PREX............................. 14 3 Apparato sperimentale. 16 3.1 L acceleratore CEBAF e la Hall A............. 16 3.2 Lo spettrometro HRS.................... 19 3.3 Set-up sperimentale di PREX............... 22 3.3.1 Filtri Wien..................... 24 3.3.2 Setto magnetico................... 26 3.3.3 Collimatori..................... 27 3.3.4 Bersaglio....................... 28 3.3.5 Focal Plane Detector................ 29 3.3.6 VDC......................... 31 3.3.7 Polarimetro Compton................ 32 3.3.8 Polarimetro Möller................. 35 1

3.4 Risultati sperimentali di PREX.............. 37 4 Teoria generale del trasporto di particelle in campo magnetico. 42 4.1 Introduzione al trasporto.................. 42 4.2 Prime nozioni sul trasporto................ 43 4.3 Ottica geometrica...................... 49 4.4 Matrice del trasporto.................... 53 5 Trasporto di elettroni in HRS: simulazioni. 61 5.1 Il codice SNAKE...................... 61 5.2 Simulazione di traiettorie di elettroni in HRS senza setto magnetico.......................... 65 5.3 Simulazioni di traiettorie di elettroni per l esperimento PREX............................. 68 5.4 Stima dell accettanza.................... 76 6 Conclusioni 86 7 Ringraziamenti 88 Riferimenti bibliografici 89 2

1 Introduzione Negli ultimi 50 anni, dopo la scoperta della violazione della parità nel decadimento beta, Zel dovich [1] propose che vi dovesse essere violazione della parità anche nelle interazioni deboli di corrente neutra. Egli fece, inoltre, notare che se esiste un tale effetto, allora la violazione di parità si dovrebbe manifestare nella diffusione leptone-nucleone, dovuta all interferenza tra l ampiezza debole e quella elettromagnetica, da cui si può estrarre la corrente di accoppiamento debole elettrone-quark. Alla fine degli anni settanta la violazione della parità nella diffusione profondamente anelastica ( deep inelastic scattering ) di elettroni da nuclei di deuterio e da protoni, fu osservata per la prima volta a SLAC (Stanford Linear Accelerator Center - National Accelerator Laboratory, California, USA) [2]; questa misura costituì un importante test della teoria di Gauge delle interazioni elettrodeboli, SU(2)xU(1). Negli ultimi vent anni le tecniche sperimentali, introdotte per misurare l asimmetria violante la parità nella diffusione di elettroni, ovvero la differenza frazionaria della sezione d urto di diffusione di elettroni con elicità positiva e negativa, si sono sempre più affinate in modo da rendere gli errori sistematici e sperimentali inferiori ad una parte per milione. Scegliendo opportunamente il bersaglio e le variabili cinematiche, lo studio di tali asimmetrie ha permesso importanti misure in diversi ambiti, quali la fisica nucleare a molti corpi, la struttura del nucleone e le indagini sulla fisica al di là del modello standard. In particolare l esperimento PREX sta misurando il raggio R n dei neu- 3

troni, a sua volta strettamente legato alla distribuzione degli stessi, nel nucleo di piombo; mentre le densità di carica dei nuclei sono state accuratamente misurate con la diffusione di elettroni [3] [4], le densità dei neutroni,all interno dei nuclei, sono conosciute ancora approssimativamente poiché il neutrone ha una carica elettrica totale nulla. La nostra conoscenza delle densità dei neutroni nei nuclei viene essenzialmente dagli esperimenti di diffusione di adroni quali pioni [5], protoni [6] [7] o antiprotoni [8]. L interpretazione di tali esperimenti è, però, modello-dipendente, a causa delle incertezze teoriche sulle interazioni forti. La misura dell asimmetria violante la parità nella diffusione di elettroni permette viceversa una misura modello-indipendente delle densità dei neutroni. Questo accade perché la carica debole di un neutrone è molto più grande di quella di un protone e, quindi, il bosone Z 0, vettore della forza debole, si accoppia essenzialmente ai neutroni. L asimmetria violante la parità è funzione quindi del fattore di forma debole. Quest ultimo è strettamente legato alla trasformata di Fourier della densità dei neutroni, quindi la densità dei neutroni può essere estratta. Il nucleo 208 Pb, doppiamente magico, ha 44 neutroni in più rispetto ai protoni ed alcuni di questi neutroni sono attesi essere localizzati nella superficie, dove formano una pelle ricca di neutroni. Lo spessore di questa pelle è sensibile alla dinamica nucleare e fornisce informazioni fondamentali sulla struttura nucleare. L esperimento PREX sta misurando nella Hall A del Jefferson Laboratory di Newport News (Virginia - USA), l asimmetria violante la parità 4

nella diffusione di elettroni da 1.06 GeV su 208 Pb. La misura è effettuata tramite i grandi spettrometri HRS (High Resolution Spectrometers) della Hall A, che consentono di separare gli elettroni diffusi elasticamente da quelli diffusi inelasticamente, riducendo enormemente il fondo. PREX misura il raggio dei neutroni nel piombo con una precisione dell 1%. Il raggio dei neutroni del 208 Pb ha importanti implicazioni per l astrofisica perché determina la struttura delle stelle di neutroni. Vi è una forte relazione tra il raggio dei neutroni nel piombo, R n, e la pressione della materia ricca di neutroni a densità prossime a 0.1 fm 3. Pertanto, l equazione di stato (pressione in funzione della densità) della materia ricca di neutroni, riveste grande importanza in astrofisica. Una misura precisa di R n, ottenuta da PREX, avrà un forte impatto sulla teoria nucleare, sulla violazione della parità atomica oltre che sulla struttura delle stelle di neutroni. I modelli relativistici di campo medio tendono a favorire una pelle di neutroni più grande rispetto a quelli non relativistici, a causa di un valore maggiore dell energia di simmetria; la misura dell energia di simmetria, ad un valore ottimale di Q 2, può fissare R n ed aiutare ad eliminare una intera classe di modelli. Una prima fase dell esperimento PREX è avvenuta nel 2010 per 10 settimane, alla fine delle quali si è raggiunto un errore statistico del 9% nella misura dell asimmetria violante la parità corrispondente, a un errore del 3% di R n. Questa è stata la prima misura modello-indipendente di R n. Verrà effettuata nel 2017 una nuova fase di misure di PREX (chiamata PREX-II), allo scopo di acquisire ulteriore statistica per ottenere una misura di R n all 1%. 5

Il PAC del Jefferson Laboratory ha approvato un altro esperimento, CREX, che misurerà il raggio dei neutroni nel nucleo 48 Ca, utilizzando lo stesso apparato sperimentale di PREX ed elettroni incidenti di energia pari a 2.2 GeV. Il lavoro di questa tesi si focalizza essenzialmente sulla verifica delle proprietà dello spettrometro superconduttore ad alta risoluzione, HRS (High Resolution Spectrometer, QQDQ), posto nella Hall A del Jefferson Laboratory, utilizzato dall esperimento PREX, che sarà utilizzato anche da PREX-II [9]. La verifica è stata eseguita tramite simulazioni delle traiettorie in HRS deglielettronidiffusielasticamentedalnucleo 208 Pb. Latesiinizialmente presenterà la teoria della violazione di parità nell interazione elettrodebole, nella diffusione di elettroni e l apparato sperimentale della Hall A utilizzato per l esperimento PREX. Verranno illustrati, quindi, la teoria del trasporto di elettroni in campo magnetico e il codice SNA- KE, il software utilizzato per effettuare le simulazioni, per lo studio delle proprietà di HRS. Infine vengono presentati e discussi i risultati ottenuti per l ottimale focalizzazione del fascio di elettroni e per la determinazione dell accettanza angolare di HRS. 6

2 Violazione di parità nella diffusione di elettroni e misura del raggio dei neutroni nei nuclei pesanti. 2.1 Generalità sulla violazione di parità nella diffusione di elettroni su bersaglio adronico. Fin dallo sviluppo iniziale della QCD negli anni 70 si è visto che la struttura interna del nucleone è dovuta alla presenza di quarks, gluoni ed un mare di coppie quark-antiquark. Sebbene la carica elettrica del nucleone sia dovuta ai quark di valenza (come nel primo modello a quark di Gell-Mann e Zweig), nella QCD i gluoni sono critici per il confinamento dei quark, generando il 98% della massa del nucleone nel processo. I risultati degli esperimenti di deep inelastic scattering con polarizzazionedifascioe/obersaglio, condottineglianni 80e 90hanno mostrato che, contrariamente alle attese teoriche, lo spin del nucleone non origina dagli spin dei quarks. Ne risulta che il ruolo dei gluoni e delle coppie quark-antiquark nelle proprietà statiche del nucleone diventa rilevante, ma sebbene i gluoni siano responsabili di grossi effetti come il confinamento dei quark e la massa dei nucleoni, gli effetti delle coppie quark-antiquark (generate necessariamente dai gluoni nella QCD e quindi non nulli) sono più difficili da accertare. 7

Le coppie quark-antiquark strange sono di particolare interesse, poiché non ci sono quarks di valenza strange nel nucleone ed ogni processo sensibile ai quarks strange necessariamente sarà legato al mare. Nel 1988 Kaplan e Manohar [10], hanno proposto di studiare le coppie quark-antiquark strange mediante misure di neutral weak current matrix elements, per esempio negli esperimenti di scattering del neutrino. Nel 1989 McKeown e Beck [11] [12], hanno avanzato l ipotesi che la violazione di parità nella diffusione di elettroni possa offrire un metodo molto efficace per studiare questi elementi di matrice, generando un grande interesse e molte nuove proposte di esperimenti. Nei due decenni successivi notevoli lavori teorici e sperimentali hanno permesso di definire una grande mole di risultati che, per la prima volta, legano il contributo della coppie quark-antiquark ai fattori di forma elettrodeboli elastici del nucleone. Durante gli ultimi dieci anni, grossi sforzi internazionali sono stati compiuti per effettuare misure di asimmetrie di violazione di parità nella diffusione elastica di elettroni da nucleoni. Lo scopo principale di quel programma è stato quello di legare i contributi quark-antiquark strange ai fattori di forma elettrodeboli del nucleone, in funzione del momento trasferito. Per ottenere misure di violazione di parità molto accurate, da cui poter estrarre i fattori di forma, occorrono corrispettivamente fasci ed apparati sperimentali all avanguardia, che, grazie all elevata qualità delle proprietà della facility CEBAF, sono disponibili al Jefferson Laboratory, presso la Hall A. Dopo l esperimento SLAC E122, citato nell introduzione, seguì tutta una nuova serie di esperimenti misuranti 8

l asimmetria violante la parità. Mettendo in evidenza il contributo della parte debole del potenziale elettrodebole, nell interazione degli elettroni con nuclei, nucleoni e quark, la misura dell asimmetria violante la parità nella diffusione di elettroni ha permesso, dapprima, la misura dei parametri del modello standard, quindi, una volta stabilito il valore di questi, e grazie al perfezionamento delle tecniche sperimentali che hanno permesso misure di asimmetria sempre più piccole (e quindi a piccoli valori di Q 2 ), la misura del contributo quark-antiquark strange ai fattori di forma del nucleone. Un ulteriore affinamento delle tecniche sperimentali sta permettendo la misura del raggio di neutroni nei nuclei pesanti, mentre è già iniziato un programma, tramite la misura della carica debole del protone, in corso, e quella della carica debole dell elettrone, che avverrà tra qualche anno, per la verifica del modello standard e per le misure della fisica oltre il modello standard. 2.2 Densità dei neutroni e misura del raggio dei neutroni in un nucleo. Diversi modelli teorici sono stati introdotti per determinare il raggio dei neutroni in un nucleo pesante. I modelli più noti sono i modelli di campo medio ed i modelli che si basano sulle interazioni di Skyrme descritti in [13] [14]. 9

La fig. 1 mostra la differenza tra il raggio dei neutroni, R n e quello Figura 1: Differenza tra raggio dei neutroni e raggio dei protoni per diversi nuclei al variare del numero di massa A, per due differenti modelli teorici. dei protoni, R p, per un range di nuclei, basati su un modello di campo medio (fascia alta) e su un modello che tiene conto delle interazioni di Skyrme (fascia bassa). Lo spread fra le due previsioni può indicare in qualche misura l indeterminazione in R n. Si può vedere comunque come entrambi i modelli suggeriscono l esistenza di un neutron skin, ovvero di un raggio di neutroni più grande di quello dei neutroni dei nuclei medio-pesanti. Dal punto di vista sperimentale, sono state effettuate diversi tipi di misure per determinare la densità dei neutroni ed il raggio dei neutroni dei nuclei. Tra di essi possiamo citare, la misura delle sezioni d urto nelle reazioni 208 Pb(d,t) 207 Pb e 208 Pb(p,d) 207 Pb sensibili tuttavia solo alla coda degli stati neutronici vicini alla superficie di Fermi e non alla densità dei neutroni all interno del nucleo, che contribuisce significativamente a R n, e la diffusione elastica protone- 10

nucleo, che è sensibile sia alla densità del neutrone superficiale che a quella interna, ma la cui analisi dipende dal modello utilizzato. Un altra proposta è stata quella di estrarre la densità del neutrone da un confronto tra i dati provenienti dallo scattering elastico di pioni positivi e negativi; in seguito, però, si è capito che questo metodo non era direttamente sensibile alla densità del neutrone [5]. L esperimento PREX sta determinando R n tramite la misura dell asimmetria violante la parità nella diffusione elastica di elettroni su nuclei di 208 Pb (il 208 Pb è il nucleo stabile più pesante, con 82 protoni e 126 neutroni e, quindi, un rapporto N = 1,54). Z Tale asimmetria è funzione, come vedremo nei paragrafi successivi, del fattore di forma debole, che, poiché la carica debole del neutrone è molto più grande della carica debole del protone, é a sua volta connesso strettamente con la trasformata di Fourier della densità del neutrone, da cui si può estrarre R n. A differenza dei tipi di misura citati sopra, quella di PREX è una misura totalmente modello-indipendente. 11

2.3 Violazione della parità nella diffusione elastica di elettroni su nuclei. La diffusione di un elettrone da una targhetta adronica, come mostrato in fig. 2, comporta lo scambio di un fotone, associato a un ampiezza elettromagnetica M γ e lo scambio di un bosone Z 0, associato a un ampiezza debole M Z. La sezione d urto di diffusione è data dal modulo quadro della somma Figura 2: Diagrammi di Feynmann per lo scattering elettrone-adrone di queste ampiezze M γ +M Z 2. L elicità dell elettrone definita come: s p s p con s e p rispettivamente spin e impulso dell elettrone, è una quantità pseudoscalare. Questa fa si che, a causa della presenza dell ampiezza debole nell espressione della sezione d urto di diffusione, la sezione d urto stessa dipenda dall elicità dell elettrone. Le forze elettromagnetiche conservano la parità quindi la differenza (σ R σ L ) tra la sezione d urto 12

di diffusione di elettroni di elicità positiva (σ R ) e quella di elettroni di elicità negativa (σ L ) è proporzionale a [M γ M Z ]. La somma σ R + σ L è invece dominata dall ampiezza di scambio del fotone M γ 2. Quindi, l asimmetria violante la parità è data da: A PV = σ R σ L σ R +σ L [M γm Z ] M γ 2 (1) Nell approssimazione di Born l asimmetria violante la parità, per elettroni polarizzati longitudinalmente, elasticamente diffusi da un nucleo non polarizzato, A PV, è [15]: A PV σ R σ L G FQ 2 σ R +σ L 4πα F W (Q 2 ) 2F ch (Q 2 ) doveg F èlacostantedifermi, α lacostantedistrutturafine, F ch (Q 2 )è latrasformatadifourierdelladensitàdicaricaconosciutaef W (Q 2 )èil fattore di forma debole. Questo è strettamente legato alla trasformata di Fourier della densità dei neutroni del nucleo, da cui R n è derivata. 13 (2)

2.4 Diffusione elastica di elettroni su 208 Pb: l esperimento PREX. Dall equazione 2 del paragrafo precedente si vede come dall asimmetria violante la parità, per elettroni polarizzati longitudinalmente, elasticamente diffusi da un nucleo non polarizzato, è possibile ottenere il fattore di forma debole, che è la trasformata di Fourier della densità di carica debole, ρ W(r), (normalizzata a 1, F W (Q 2 = 0) = 1): F W (Q 2 ) = 1 Q W d 3 r sinqr qr ρ W(r), (3) dove Q W è la carica debole totale del nucleo. In un nucleo a spin zero possiamo trascurare con buona approssimazione lo scambio di mesoni e le correnti di spin orbita e possiamo scrivere: ρ W(r) = 4 d 3 r [G Z n( r r )ρ n (r )+G Z p(r r )ρ p (r )]. (4) dove G Z p(r) è la densità di carica debole in un singolo protone, G Z n(r) è la densità di carica debole in un singolo neutrone, ρ n (r) e ρ p (r) sono le densità dei neutroni e dei protoni. Da una misura di A PV possiamo determinare quindi F W (Q 2 ), da essa la densità di carica debole, da cui infine, tramite l equazione 4 il raggio dei neutroni nel nucleo. L esperimento PREX ha misurato per la prima volta un raggio del neutrone di un nucleo, il 208 Pb, mediante la diffusione di elettroni [16]. L approssimazione di Born, con cui è stata derivata l equazione 2, non è più valida per nuclei pesanti, come il piombo, ma tutti i concetti espressi in questo paragrafo sono validi dal punto di vista qualitativo. Nel 14

caso di diffusione da un nucleo pesante devono essere inclusi gli effetti di distorsione coulombiana, che si possono calcolare accuratamente perchè la densità di carica è ben nota [17]. Le distorsioni coulombiane sono dovute alle ripetute interazioni elettromagnetiche degli elettroni incidenti con il bersaglio, il 208 Pb, che rimane nel suo stato fondamentale. Poiché tutti i protoni presenti in un nucleo possono contribuire coerentemente, le correzioni della distorsione coulombiana sono dell ordine di Zα, pari al 20% dell asimmetria, nel caso di PREX [18]. π Il calcolo delle distorsioni coulombiane, è stato effettuato risolvendo numericamente l equazione di Dirac per un elettrone in moto in un potenziale coulombiano e debole vector-axial [17], e si è trovato che le correzioni per le distorsioni coulombiane sono maggiori degli errori sperimentali. Sono state, pertanto, calcolate le correzioni con un accuratezza significativamente migliore dell atteso errore sperimentale sulla simmetria violante la parità del 3%. 15

3 Apparato sperimentale. 3.1 L acceleratore CEBAF e la Hall A L esperimento esposto in questa tesi, ha avuto luogo al Thomas Jefferson Lab di Newport News. Il laboratorio è costituito da un acceleratore chiamato CEBAF (Continuous Electron Beam Accelerator Facility) e da tre sale sperimentali Hall A,B,C, cui se ne aggiungerà una quarta fra breve, ed ha come obiettivo scientifico l investigazione della struttura interna degli adroni e dei nuclei. L energia del fascio permette di investigare la fisica appena sotto la regione di libertà asintotica. Inoltre, la possibilità di avere un fascio di elettroni polarizzato, permette all apparato sperimentale di studiare interazioni dipendenti dallo spin e di investigare più a fondo la violazione di parità. Gli elettroni vengono accelerati facendo loro attraversare due superconduttori lineari, con un incremento di 600 Mev per ogni passaggio. Gli elettroni sono generati da un iniettore, nel quale un catodo di arseniuro di gallio (GaAs) è illuminato da un laser che opera a 780 nm, e la polarizzazione delle particelle viene misurata da un polarimetro Mott. La corrente massima prodotta é di 200 µa e si ha la possibilità di avere simultaneamente in ogni sala sperimentale la massima energia di fascio. 16

Figura 3: Jefferson Laboratory dopo l upgrading di CEBAF E possibile raggiungere un grado di polarizzazione del fascio di circa l 85%. L acceleratore CEBAF fu originariamente progettato per accelerare elettroni fino a 4 GeV. Un primo upgrade ha aumentato l energia massima degli elettroni a 6 GeV; verso la fine del 2009 sono iniziati i lavori per portare l energia massima degli elettroni a 12 GeV. Per questo upgrade verranno effettuate le seguenti modifiche: 1. il LINACs verrà portato da 0.6 a 1.1 GeV, con la distribuzione di un fascio da 10.9 GeV alle Hall A, B C. 2. verrà aggiunto un arco al fine di mandare un fascio da 12 GeV in 17

una nuova sala (Hall D). Si è deciso di mantenere il limite della potenza del fascio di 1 MW, con una somma di correnti di 85 µa per le Hall A, B e C e di 5 µa per la Hall D. Uno schema del nuovo CEBAF viene mostrato in fig- 3. L upgrade a 12 GeV permetterà di sviluppare i seguenti campi di ricerca: ricerca di mesoni esotici nell esperimento GlueX della Hall D, con lo scopo di comprendere il confinamento dei quark. studi sulla struttura di protoni e neutroni. studi sulla struttura dei nuclei. misure ad alta precisione sulla violazione della parità e test su simmetria ed anomalie chirali. La sala sperimentale in cui ha avuto luogo la prima fase dell esperimento PREX e che vedrà l esecuzione anche di PREX-II è la Hall-A, la cui strumentazione, come illustreremo in seguito, è adatta allo studio delle reazioni, indotte da elettroni, richiedenti alte luminosità e ottime risoluzioni spaziali e angolari. Nell esperimento PREX gli elettroni diffusi elasticamente ad un angolo medio di 5 attraversano un setto magnetico che devia la loro traiettoria di 7.5 in modo da poter essere rivelate da due spettrometri superconduttori ad alta risoluzione HRS (High Resolution Spectrometer) in grado dai rivelare particele diffuse ad un angolo maggiore o uguale di 12.5. Gli spettrometri HRS focalizzano le traiettorie su due rivelatori a quarzo. A 3.57 m dall ultimo 18

elemento di ciascun HRS sono dislocate camere a deriva verticale VDC (Vertical Drift Chamber). Gli spettrometri HRS sono i componenti centrali della Hall A, hanno una risoluzione relativa in impulso migliore di 2 10 4, e una risoluzione angolare migliore di 2 mrad, e possono rivelare particelle d impulso fino a 4 GeV c. Nell esperimento PREX la polarizzazione del fascio viene misurata da due polarimetri, un polarimetro Compton ed un polarimetro Möller. Lo schema di base della Hall-A è mostrato in fig. 5. Figura 4: Hall-A 3.2 Lo spettrometro HRS Il core della Hall-A è costituito da due spettrometri(hrs left e HRS right), pressochè identici.[19] Ciascun HRS è costituito da due quadrupoli, un dipolo lungo 6.6m, e un quadrupolo, tutti superconduttori, 19

Figura 5: sezione schematica della Hall-A come mostrato in fig. 6. I quadrupoli focalizzano o defocalizzano il fascio mentre il dipolo piega il fascio verticalmente di 45. I primi due quadrupoli focalizzano il fascio nel dipolo, mentre il terzo quadrupolo focalizza il fascio sul piano focale, dove è pure situato il rivelatore. Il disegno di HRS è stato fatto prendendo in considerazione diverse richieste, che includono, un grande range d impulso centrale, da 0.8 a 4 GeV, sufficientemente larga accettanza in entrambi gli angoli e nell impulso, buona risoluzione spaziale e angolare, e un largo range angolare. c Il quadrupolo dopo il dipolo permette di avere ragionevolmente buona posizione orizzontale e buona risoluzione angolare. In fig. 7 sono riportate le caratteristiche principali dei due spettrometri HRS. 20

Figura 6: sezione schematica di HRS Figura 7: tabella caratteristiche spettrometro 21

3.3 Set-up sperimentale di PREX L esperimento PREX [16], come gia detto, ha misurato per la prima volta il raggio dei neutroni in un nucleo attraverso la diffusione di elettroni. La scelta di un nucleo pesante come il 208 Pb è dovuto al fatto che in essi è massima la differenza (uguale a 44) del numero di neutroni rispetto a quello dei protoni per cui è massima anche l estensione dello strato ricco di neutroni sulla superficie del nucleo. La differenza tra il raggio dei neutroni (R n ), e il raggio dei protoni (R p ), ci da proprio lo spessore di questo strato ricco di neutroni. Una misura accurata del raggio dei neutroni nel piombo ha diverse conseguenze; infatti, misurando R n si ottengono maggiori vincoli sull equazione di stato(eos) della materia ricca di neutroni, con importanti ripercussioni sulla conoscenza delle proprietà delle stelle di neutroni, quali spessore della loro crosta, modalità di raffreddamento e possibile esistenza al loro interno di stati esotici della materia [20]. Inoltre l estensione dello strato ricco di neutroni è legata alla dinamica nucleare e quindi ci fornisce informazioni sulla struttura nucleare. In aggiunta essendo il valore del raggio dei neutroni nel piombo strettamente connesso con l energia di simmetria, anche la fisica degli ioni pesanti ha interesse a misure accurate di questo tipo [21] [22]. L esperimento PREX un fascio di elettroni aventi un energia di 1.06 GeV, in onda continua, con corrente compresa tra 50 e 70 µa. Gli elettroni sono polarizzati longitudinalmente. L elicità degli elettroni viene determinata dal segno della polarizzazione circolare del laser che illumina il catodo di arseniuro di gallio che rimane costante per un periodo di 8.33 ms. 22

La tecnica sperimentale usata da PREX, può essere concettualmente descritta come segue: l elicità degli elettroni primaria è rapidamente, e in maniera random, variata al fine di creare una sequenza temporale pseudorandom di coppie di finestre di elicità. Nelle due finestre di ciascuna coppia l elicità del fascio di elettroni è opposta. Il cambiamento veloce e random dell elicità assicura che l influenza delle variazioni del set-up sperimentale è minimizzata quando viene calcolata la differenza frazionaria nella risposta del rivelatore nelle due componenti di ciascuna coppia di finestre. L elicità degli elettroni di fascio è determinata dalla polarità del voltaggio applicato ad un cella di Pockels [23], che è essenzialmente una piastra di ritardo controllabile tramite una differenza di potenziale applicata ad esso. La cella di Pockels converte la luce laser utilizzata per produrre il fascio di elettroni primari da polarizzata linearmente a polarizzata circolarmente. La polarità della differenza di potenziale, applicata alle facce della cella di Pockels determina l elicità del fascio laser all uscita della cella stessa. La luce polarizzata circolarmente esce dalla cella di Pockels e illumina il fotocatodo di GaAs producendo elettroni polarizzati il cui stato di elicità dipende dall elicità del fascio laser. La polarizzazione del fascio, misurata da un polarimetro Compton e da un polarimetro Möller, è risultato essere pari a 89.2 ± 1.0%; il valore di Q 2 é 0.00880 ± 0.00011( GeV c ) 2. Il bersaglio consiste in un foglio di piombo-208 spesso 0.55mm, molto denso e puro, messo in sandwich tra due sottili strati di carbonio. Il tutto, si trova all interno in un telaio di rame raffreddato a 20 K con elio criogenico. 23

Gli elettroni diffusi elasticamente, sono focalizzati dagli spettrometri magnetici HRS sui rivelatori di quarzo. L alta risoluzione in impulso assicura che solo gli elettroni diffusi elasticamente vengano focalizzati nei rivelatori di quarzo. La luce Cherenkov proveniente dai rivelatori di quarzo viene condotta attraverso guide di luce ai fotomoltiplicatori. 3.3.1 Filtri Wien PREX usa un doppio filtro Wien per invertire l elicità degli elettroni con frequenza settimanale. L inversione, mostrata in fig. 8, con i doppi filtri Wien è eseguita in tre passi: 1. Il primo solenoide e il filtro Wien verticale sono usati per orientare la polarizzazione del fascio verticalmente. 2. il secondo solenoide è usato per ruotare la polarizzazione del fascio di ±90. 3. Il filtro Wien orizzontale infine, ottimizza l orientamento della polarizzazione del fascio per la misura da effettuare in sala sperimentale. 24

Questa inversione d elicità è chiamata lenta per contraddistinguerla da quella ottenuta invertendo la differenza di potenziale applicata alle facce della cella di Pockels, ed è utilizzata per invertire l elicità senza modificare gli altri parametri del fascio di elettroni. Figura 8: filtri Wien 25

3.3.2 Setto magnetico Come descritto nel paragrafo 3.1, si è fatto uso di un setto (piccolo dipolo) magnetico per deviare le traiettorie degli elettroni diffusi a ±5 di ±7.5 e poter essere cosi rivelate dagli spettrometri HRS, posizionati in modo tale da poter rivelare particelle diffuse ad angoli uguali a ±12.5. Il setto è posizionato tra il bersaglio e il primo quadrupolo dei due HRS. Una sua fotografia è riportata in fig. 9. Figura 9: setto magnetico 26

3.3.3 Collimatori Per sopprimere il background sono stati introdotti due collimatori di piombo posti all ingresso del primo quadrupolo di ciascun HRS come mostra la fig. 10. Gli elettroni diffusi elasticamente attraversano le coperture semicircolari dei due collimatori, mentre la gran parte del background viene bloccato dai collimatori stessi. Figura 10: collimatori 27

3.3.4 Bersaglio PREX usa bersagli di 208 Pb, spessi 0.5mm é isotopicamente puri. Ogni bersaglio è inserito in mezzo a due strati di carbonio di 0.15mm, applicando un piccolo strato di grasso per vuoto tra il piombo e gli strati di carbonio. I sistemi cosi formati sono fissati su un telaio di rame avvitando manicotti di rame in perfetta aderenza con il telaio. Per migliore la conducibilità termica è applicata una pasta a base di argento tra il rame e i fogli di carbonio. Diversi bersagli di piombo sono montati su un unica cornice di rame. Figura 11: Bersaglio 28

3.3.5 Focal Plane Detector Il gruppo di rivelatori utilizzati durante l esperimento PREX consiste di due rivelatori in ogni braccio di HRS, disposti entrambi nel piano focale. Ogni rivelatore di quarzo, ha una superficie di 3.5 14.0 cm 2, ed è connesso alle guide di luce, che trasportano la radiazione Cherenkov, generatadaglielettroniincidentisulquarzosudiunafinestradi 5cm di un fotomoltiplicatore R7723. I rivelatori sono in grado di resistere al danneggiamento da radiazioni causato dall alto flusso di elettroni diffusi, e danno una risposta sufficientemente uniforme, indipendentemente dal punto di impatto. I rivelatori sono montati su di una piattaforma motorizzata che permette l allineamento da remoto del rivelatore su di un piano. I rivelatori misurano il flusso degli elettroni diffusi elasticamente, e sono stati disposti uno sopra l altro. Questi rivelatori sono montati parallelamente alla VDC (Vertical Drift Chamber) cosicché gli elettroni incidono su di esso con un angolo di 45 (vedi par. 3.3.6). Questa orientazione ottimizza la produzione della radiazione Cherenkov nel quarzo e la sua raccolta all interno dei fotomoltiplicatori (PMTS). Lo spessore del quarzo del rivelatore, più vicino alle VDC, é 5 mm, quello sopra di lui 1 cm. Le dimensioni ridotte dei rivelatori fanno si che essi rivelino i solo elettroni diffusi elasticamente. Infatti, grazie al potere focalizzante di HRS, la posizione del punto d impatto di una traiettoria, sul piano focale, dipende, in prima approssimazione, solo dall energia dell elettrone corrispondente. I rivelatori vengono cosi posizionati sul piano focale nella posizione corrispondente all energia degli elettroni diffusi elasticamente e la loro dimensione ridotta assicura che 29

essi non si estendano fino alla posizione del piano corrispondente alle energie degli elettroni diffusi inelasticamente. Figura 12: rivelatori sul piano focale Figura 13: piano focale 30

3.3.6 VDC Ci sono due vertical drift chamber (VDC) in ogni HRS che ricostruiscono le coordinate del punto d impatto delle traiettorie degli elettroni su di esse e la direzione delle traiettorie stesse. Dalle coordinate e dalla direzione delle traiettorie è possibile ricostruire il momento e gli angoli di diffusione verticale e orizzontale degli elettroni. In PREX le VDC, vengono utilizzate essenzialmente per calibrare l apparato, determinando le caratteristiche delle traiettorie degli elettroni che colpiscono il piano focale nella posizione dove sono localizzati i rivelatori. Lo schema generale delle VDC è visibile in fig. 14. Ogni camera misura 2118 288 mm 2, e ha due piani di fili che sono orientati di 90 l uno rispetto all altro in modo da formare una matrice bidimensionale. Le VDC sono riempite con una mistura di argon e metano e operano con una differenza di potenziale di - 4 KV. Cosicché i due piani sono paralleli al piano focale e poiché quest ultimo forma un angolo di 45 rispetto alla direzione degli elettroni uscenti da HRS (vedi fig. 6), gli elettroni arrivano sulle VDC con un angolo di 45. 31

Figura 14: Vertical drift chamber 3.3.7 Polarimetro Compton Per misurare il raggio dei neutroni nel piombo con una precisione dell 1%, PREX ha bisogno di misurare la polarizzazione degli elettroni con una precisione inferiore all 1%. Ha raggiunto questo obiettivo utilizzando e sottoponendo a sostanziali modifiche il polarimetro Compton e il polarimetro Möller esistenti nella Hall-A. Un polarimetro Compton misura la polarizzazione di un fascio di elettroni facendolo interagire con fotoni e rivelando il fotone e/o l elettrone dello stato finale. Cambiando la polarizzazione dei fotoni interagenti, si misura l asimmetria (differenza frazionaria), tra la sezione d urto con fotoni di elicità positiva e la sezione d urto con fotoni di elicità negativa. Tale asimmetria è proporzionale al prodotto della polarizzazione dei fotoni interagenti e degli elettroni e quindi una sua misura permette di determinare la polarizzazione degli elettroni. 32

Prima del periodo di presa dati di PREX, la Hall-A faceva uso di un polarimetro Compton che utilizzava come sorgente di fotoni interagenti, un laser infrarosso di lunghezza d onda pari a 1064 nm, (1.16 ev). Questo permetteva misure di polarizzazione del fascio di elettroni dell 1.5% quando l energia degli elettroni era dell ordine di 4.5 GeV. Poiché, tuttavia, la figura di merito di un polarimetro Compton, calcolata come sezione d urto per l asimmetria al quadrato, è proporzionale al quadrato dell energia degli elettroni e al quadrato dell energia dei fotoni interagenti, il polarimetro sino ad allora in uso in Hall-A non era sufficiente a ottenere una misura precisa dell 1% per l esperimento PREX in cui l energia degli elettroni è 1.06 GeV. Il polarimetro standard della Hall-A è stato quindi modificato in modo da utilizzare un laser verde (lunghezza d onda 533 nm corrispondente ad un energia di 2.33 ev) aumentando inoltre la potenza nella cavità Fabry-Perot dove l intensità del laser viene incrementata da 1.5 KW a 3.5 KW. Si è potuto cosi ottenere una misura di polarizzazione del fascio dell ordine dell 1%. [24] [25]. 33

Figura 15: funzionamento del polarimetro Compton Figura 16: layout di base del polarimetro Compton 34

3.3.8 Polarimetro Möller Una misura della polarizzazione del fascio di elettroni complementare a quella ottenuta con il polarimetro Compton è stato ottenuta nell esperimento PREX facendo uso di un polarimetro Möller. Un polarimetro Möller misura la polarizzazione degli elettroni primari facendoli incidere su un bersaglio ferromagnetico immerso in un campo magnetico e rivelando, tramite uno spettrometro, gli elettroni diffusi dagli elettroni del bersaglio (diffusione Möller). L asimmetria misurata, è proporzionale alla polarizzazione del fascio e alla polarizzazione del bersaglio. Conoscendo la polarizzazione del bersaglio, si può derivare quindi la polarizzazione degli elettroni primari. PREX ha utilizzato un polarimetro Möller innovativo in cui il bersaglio è stato immerso in un campo di 3 Tesla con conseguente polarizzazione del bersaglio del 100% e diminuzione dell incertezza sulla polarizzazione del bersaglio, la maggiore fonte di errori sistematici fino allora nella polarimetria Möller. I precedenti campi magnetici usati per polarizzare i bersagli, nei polarimetri Möller, erano dell ordine dei 24 mt. Il polarimetro Möller utilizzato da PREX ha permesso di ottenere una misura di polarizzazione il cui errore sistematico è stato inferiore all 1%. 35

Figura 17: layout di base del polarimetro Möller 36

3.4 Risultati sperimentali di PREX Come è stato visto nel capitolo precedente l asimmetria violante la parità è definita come: A = σ R σ L σ R +σ L A causa dell enorme flusso di elettroni diffusi, l esperimento PREX integra la risposta del rivelatore per ogni finestra temporale in cui l elicità degli elettroni incidenti è fissata piuttosto che contare individualmente gli elettroni diffusi. PREX misura cosi la differenza frazionaria nella risposta del rivelatore per ogni coppia di finestre di elicità, (vedi par. 3.3): A = N R N L N R +N L (5) dove N R e N L sono la risposta del rivelatore per elettroni incidenti destrogiri e levogiri. Per ogni run è calcolato il valore medio dell asimmetria pesato per la corrente del fascio, wk A k < A >= (6) wk dove w k è la corrente del fascio nella k-esima coppia di finestre. Spessol interogruppodidatièdivisoinncampioniperottenerenvalori medi di < A >, ognuno con il proprio errore, stimato dalla grandezza della distribuzione. Il valore finale dell asimmetria si ottiene come valore medio degli n campioni pesati con il proprio errore statistico. Particolare cura è stata impegnata per tenere sotto controllo gli errori sistematici dipendenti dall elicità del fascio che genera false asimmetrie. Particolari sforzi sono stati impiegati per rendere il più possibile 37

indipendenti dall elicità parametri come energia, intensità, posizione e direzione del fascio. Per eliminare i residui contributi al valore misurato dell asimmetria, della dipendenza dell elicità dei parametri del fascio di elettroni primari, si è utilizzata la formula: dove < A > cor =< A > < A >, (7) < A >= < a j > <B j >, (8) dove j indica uno dei parametri del fascio, B j è la differenza media del parametro j-esimo tra elettroni a elicità positiva e negativa, e aj è definita da: a j = d B j 2 < d >, (9) dove < d > è il segnale medio normalizzato del rivelatore. Dopo aver sottratto quindi i contributi derivanti dal background all asimmetria misurata e diviso l asimmetria misurata per il valore della polarizzazione del fascio si è ottenuto un valore sperimentale per l asimmetria violante la parità di: A = 656±60(stat)±14(syst) ppb. (10) dove il primo errore è statistico, il secondo è sistematico e ppb indica parti per miliardo. Per determinare R n dall equazione 10, é stata calcolata l asimmetria violante la parità usando sette diversi modelli di campo medio relativistici. Per ogni modello è stata risolta la relativa equazione di Dirac di un elettrone diffuso dalla densità di carica debole teorica (ρ W ) predetta dal modello e dalla densità di carica nota sperimentalmente (ρ ch ). La risultante asimmetria, dipendente dall angolo 38

di diffusione degli elettroni, è stata integrata su tutta l accettanza dell esperimento e, come mostrato in fig. 18, si è ottenuta una dipendenza del raggio dei neutroni nel piombo [16], in funzione dell asimmetria violante la parità data da: R n = 6.156+1.675 < A > 3.420 < A > 2 fm, (11) con < A > in parti per milione. Inserendo nella 11 il valore misurato dell asimmetria violante la parità dato dalla 10 si è ottenuto per il raggio dei neutroni nel 208 Pb: R n = 5.78 +0.16 0.18f m. (12) Sottraendo al raggio dei neutroni ottenuto quello noto dei protoni Figura 18: valore dell asimmetria violante la parità in funzione del raggio dei neutroni nel piombo come predetto dai modelli NL3m05, NL3p06, NL3 da [26], FSU da [27], SIII da [13], SLY4 da [14], SI da [28]. 39

pari a 5.45fm [29], corrispondente al raggio di carica misurato pari a 5.50fm [30], si ottiene per la pelle di neutroni il valore: R n R p = 0.33 +0.16 0.18 (13) Sia pure solo con un livello di affidabilità 1.8σ, è stata quindi per la prima volta accertata l esistenza di una pelle di neutroni nel 208 Pb in una misura modello indipendente. Dalla misura dell asimmetria violante la parità espressa dall equazione 10 si é ottenuto il valore del raggio dei neutroni nel 208 Pb, anche con un secondo metodo complementare al primo sebbene più dipendente dal modello usato nell analisi. Dalla misura dell asimmetria nell equazione 10 otteniamo il fattore di forma debole F W (q) definito come la trasformata di Fourier della densità di carica debole [31] : F W (q) = 0.204±0.028(exp)±0.001(mod). (14) dove q =< Q 2 > 1 2= 0.475±0.003 fm 1. Il primo errore, (exp), è l errore sperimentale ottenuto sommando gli errori sistematici e statistici in quadratura. Il secondo errore, (mod), invece è dovuto alla dipendenza del modello da ρ w (r). Dall equazione 14 possiamo ricavare il valore del raggio debole R W, che è il raggio quadratico medio della densità di carica debole: R W = 5.826±0.181(exp)±0.027(mod) fm, (15) Escludendo correnti di spin-orbita o correnti dovute a scambio di mesoni, otteniamo quindi per il raggio dei neutroni nel 208 Pb, e per la pelle 40

di neutroni, i seguenti valori: R n = 5.751±0.175(exp)±0.026(mod)±0.005(str) fm, (16) R n R p = 0.302±0.175(exp)±0.026(mod)±0.005(str) fm (17) dove il terzo errore é dovuto ad un possibile contributo dei quark strani. La discordanza tra i valori definiti nelle ultime due relazioni e i valori di R n e R n R p dati dall equazione 12 e dall equazione 14 è dovuta alla dipendenza dal modello; tuttavia le 4 equazioni in esame sono in accordo entro gli errori. 41

4 Teoria generale del trasporto di particelle in campo magnetico. 4.1 Introduzione al trasporto In questa tesi verrà usato il formalismo matriciale per lo studio del trasporto di particelle cariche in un campo magnetico [32]. La notazione introdotta da John Streib [33] è molto utile al fine di applicare i principi fondamentali che dettano la progettazione dei sistemi di trasporto di fascio. In particolare le informazioni relative alla risoluzione e dispersione dell impulso e le condizioni necessarie e sufficienti per avere zero dispersione, acromaticità e isocronicità possono essere espresse come semplici integrali di particolari traiettorie al primo ordine (elementi di matrice) che caratterizzano il sistema. Questa formulazione fornisce una visione diretta della fisica dei sistemi di trasporto e nei sistemi spettrometrici di particelle cariche. In generale la teoria del trasporto matriciale è ottenuta sviluppando in serie di Taylor il campo magnetico attorno alla traiettoria centrale caratterizzante il sistema. In questa espansione il primo termine (termine di dipolo) risulta essere proporzionale all intensità del campo, mentre il secondo termine (termine di quadrupolo) è proporzionale alla derivata prima di esso. L effetto del termine dipolare sulle particelle è quello di curvarle sul 42

piano di simmetria e quindi di allargare il fascio, il che implica un dispersione dell impulso al primo ordine del sistema, mentre quello del termine quadrupolare è di generare un imaging al primo ordine. I termini superiori al secondo, dell espansione multipolare in serie di Taylor del campo magnetico attorno alla traiettoria centrale, descrivono le componenti sestupolari, ottupolari ecc., del campo. Essendo HRS costituito da soli dipoli e quadrupoli, la loro intensità in HRS è dovuta alle aberrazioni. In questo paragrafo, essi non verranno trattati, essendo la loro derivazione concettualmente identica a quella dei termini dipolari e quadrupolari. 4.2 Prime nozioni sul trasporto Una teoria generale del trasporto ha come obiettivo lo studio delle traiettorie descritte dalle particelle che attraversano campi magnetici. Una particella carica che si muove in un campo magnetico statico, risente della forza di Lorentz che è una forza perpendicolare alla direzione istantanea del moto. La forza di Lorentz non compie lavoro, cosicché se la particella si muove inizialmente perpendicolarmente al campo, effettuerà un moto circolare uniforme la cui forza centripeta è data dalla forza di Lorentz. 43

Cosicché abbiamo: e, con le opportune sostituzioni: dove: B ρ P q qvb = mv2 ρ (18) P = qbρ (19) Bρ = 3.3356P Campo magnetico (T). raggio di curvatura (m). impulso ( GeV c ). carica della particella (C). Questa equazione non è altro che l esempio più classico di moto in un campo magnetico. Per una particella relativistica invece abbiamo: d dt P = γm d v = q(v B) (20) dt Trasformiamo questa equazione in un altra indipendente dal tempo, e dipendente solo dalle coordinate spaziali, introducendo le coordinate curvilinee con T, la distanza di arco misurata lungo la traiettoria centrale, cosi come mostrato in figura 19. Risulta utile esprimere le coordinate curvilinee nel seguente modo [34], θ = dx dz = x z = x 1+hx 44 (21)

con Se adesso indichiamo con: e v P T B T φ = dy dz = y z = y 1+hx x = dx dt, y = dy dt, z = dz dt Figura 19: Sistema di coordinate curvilinee carica della particella. velocità particella. impulso particella. vettore posizione. campo magnetico. la distanza attraversata. 45 (22)

Se il vettore, di modulo unitario, tangente alla traiettoria è dt dt allora avremo rispettivamente per la velocità e per l impulso v = ( dt )v e P = (dt)p (23) dt dt cosicché l equazione del moto si trasforma in: P d2 T dt 2 + dt dt (dp dt ) = e(dt B) (24) dt L impulso P è una costante del moto, poiché la forza magnetica di un campo magnetico statico è sempre perpendicolare alla velocità del moto, per cui In definitiva abbiamo: dp dt = 0 d 2 T dt 2 = e P (dt B) (25) dt Nelle regioni in cui non è presente densità di corrente il campo magnetico può essere espresso in termini del potenziale scalare φ, cioè: B = Φ (26) Lo studio delle traiettorie è semplificato di molto se esiste una simmetria di midplane [35] [36], ovvero il potenziale scalare è una funzione dispari sulla coordinata perpendicolare a quella in cui è contenuta la traiettoria centrale, cioè: Φ(x,y,T) = Φ(x, y,t) (27) 46

Del potenziale possiamo fare l espansione in serie di Taylor in coordinate curvilinee attorno alla traiettoria centrale, e ricordando il sistema di riferimento usato, dove x è la distanza normale esterna nel piano di mezzo lontano dalla traiettoria centrale, y è la distanza perpendicolare dal piano mediano, t è la distanza lungo la traiettoria centrale e h=h(t) è la curvatura della traiettoria centrale. L equazione del moto della traiettoria centrale è espressa come: B y (0,0,T) = hp 0 e (28) La più generica espansione per un campo scalare φ dispari, dovuto alla presenza della simmetria di midplane, sarà della forma: x n y 2m+1 φ(x,y,t) = A 2m+1,n n! (2m+1)! m=0 n=0 (29) con T, x, e y definiti dalla fig. 19 e i coefficienti A 2m+1,n funzioni di T. L elemento lineare differenziale sarà dato quindi da: dt 2 = dx 2 +dy 2 +(1+hx) 2 (dt) 2 In generale le componenti del campo magnetico espresse in funzione del potenziale scalare sono: B x = φ x = B t = m=0 n=0 A x n 2m+1,n+1 B y = φ y = m=0 n=0 A 2m+1,n 1 (1+hx) Dalla equ. 30 si ottiene: x n n! φ t = 1 (1+hx) m=0 y 2m+1 n! (2m+1)! y 2m (2m)! n=0 A 2m+1,nx n n! y 2m+1 (2m+1)! (30) B y (x,0,t) = A 10 +A 11 x+ 1 2! A 12x 2 + (31) 47

e, B y (x,0,t) x=0,y=0 = B y + B y x + 1 2! 2 B y + (32) x2 Esprimendo il campo di midplane in termini delle quantità adimensionate n(t), β(t), tali che: B y (x,0,t) = B y (0,0,t)[1 nhx+βh 2 x 2 +γh 3 x 3 + ] (33) dove, come prima, h(t) = 1 ρ 0, e n, β, γ, sono funzioni di t; paragonando l equ. 33 con la 30 e 31 otteniamo: A 10 = B y (0,0,t) = h A 11 = B y x = nh2 ( P0 ( P0 ) e) (34) dove il primo termine è il termine dipolare, mentre il secondo è il termine quadrupolare. Per un quadrupolo puro il potenziale scalare è dato da: φ = B 0 xy a con B 0, campo magnetico alla posizione del polo, e con a, l apertura quadrupolare. L elemento A 11 risulta quindi essere: e B y x = B 0 a = nh2 ( P 0 e ) (35) da cui possiamo definire la quantità K 2 q nel seguente modo: K 2 q = nh 2 = ( B 0 a )( e P 0 ) = ( B o a )( 1 Bρ ) (36) dove n e K verranno utilizzati successivamente. 48

4.3 Ottica geometrica Per mettere in relazione l ottica magnetica con l ottica geometrica partiamo da alcune semplici considerazioni sulle lenti [37]. Una lente sottile soddisfa sempre l equazione: Figura 20: lente sottile 1 p + 1 q = 1 f la cui corrispettiva trasformazione matriciale è: [ ] x1 = 1 0 ] 1 [ x0 θ 1 1 θ 0 f (37) (38) Il determinante della matrice di trasformazione risulta uguale a 1, che è una conseguenza del teorema di Liouville sulla conservazione dello spazio delle fasi. Questo vale anche nel caso di deriva lungo un tratto L, vedi fig. 21 la cui trasformazione matriciale è: [ ] [ ][ ] x1 1 L x0 = 0 1 θ 1 θ 0 (39) Se invece consideriamo una lente spessa come in fig. 22, in genera- 49

Figura 21: drift Figura 22: lente spessa le non vale l equazione delle lenti sottili. Tuttavia è sempre possibile introdurre due nuovi piani posizionati a una distanza z 1 e z 2 dalle superficie delle lenti tali che l equazione risulti valida. Questi piani sono chiamati piani principali e si usano indicare con P 1,P 2. La loro posizione, mostrata in fig. 22, rispetto a L 1, distanza tra l oggetto e la faccia della lente, ed a L 2,distanza tra l altra faccia della lenti e l immagine dell oggetto, è data da: in generale: tuttavia P 1 = p = L 1 +z1 P 2 = q = L 2 +z2 1 L 1 + 1 L 2 1 f 1 P 1 + 1 P 2 = 1 f 50 (40) (41) (42)

La trasformazione matriciale della lente spessa sarà data dal confronto tra l equ. 38 e l equ. 39 [ ] R1,1 R 1,2 = R 2,1 R 2,2 [ 1 z2 0 1 ] 1 0 ] [ 1 1 z1 1 0 1 f da cui otteniamo per i piani principali le equazioni seguenti: z 1 = R 2,2 1 R 2,1, z 2 = R 1,1 1 R 2,1 (43) Con questo metodo possiamo trovare i piani principali di ogni sistema di lenti, indipendentemente dal numero di elementi coinvolti tra l oggetto e l immagine, se p e q sono misurati rispetto ai piani principali, infatti sarà sempre valida l equazione delle lenti sottili. Per collegare l ottica magnetica con quella geometrica basta prendere in considerazione due situazioni fisiche collegate ai due diversi tipi di lenti. Iniziamo da un semplice modulo magnetico con campo uniforme, come mostrato in figura 23; poiché gli assi ottici sono perpendicolari Figura 23: campo magnetico statico a forma di cuneo al polo magnetico, i piani principali si trovano anch essi al centro 51

del magnete, il che implica che il magnete può essere assimilato a una lente sottile. Se prendiamo in considerazione invece un coppia di quadrupoli cosi Figura 24: quadrupolo lungo x Figura 25: quadrupolo lungo y come si può vedere dalle figure 24 e 25 notiamo che i piani principali si trovano o prima o dopo la coppia di quadrupoli in base alla geometria selezionata, e per ogni coordinata del sistema il corrispettivo ingrandimento sarà maggiore o minore di uno in maniera tale che il rapporto tra M y M x ci darà una prima stima della distorsione dell immagine al primo ordine. Tipici rapporti per una coppia di quadrupoli si assestano su un valore di circa 20:1. 52

4.4 Matrice del trasporto Poiché siamo interessati alla focalizzazione del fascio, e al formalismo matriciale del trasporto al primo ordine, introduciamo la matrice del trasporto 3x3 per una esatta stima della dispersione al primo ordine e, poiché essa dipende dall impulso delle particelle, prendiamo in considerazione due particelle di impulso P 0 and P o + p che passano attraverso il midplane del campo magnetico cosi come in figura 26. La matrice del trasporto da A a B, può essere espressa nel seguente modo: Figura 26: dispersione dell impulso dove indichiamo con: δ = p P 0 d d centrale. x 1 θ 1 δ R 1,1 R 1,2 d = R 2,1 R 2,2 d 0 0 1 x 0 θ 0 δ 0 (44) il rapporto tra variazione d impulso rispetto al valore la dispersione spaziale dell impulso. la derivata prima della dispersione. 53

Il determinante di questa matrice é uguale a uno, come conseguenza del teorema di Liouville. Consideriamo adesso un sistema magnetico con raggio di curvatura lungo x. La matrice di trasformazione generica per la coordinata x corrispondente ad una trasformazione da un punto τ = 0, ad un punto finale τ = t, misurati lungo la traiettoria centrale di riferimento sarà [38]: x 1 c x (t) s x (t) d x (t) x 0 θ 1 = c x(t) s x(t) d x (t) θ 0 (45) δ 0 0 1 δ Estendendo il formalismo matriciale, oltre che all asse x, corrispondente alla direzione del moto, anche alle y, l asse perpendicolare al moto delle particelle, avremo al primo ordine un equazione matriciale del tipo: x i (t) = 6 R i,j x j (0) (46) j=1 dove: x 1 = x, x 2 = θ, x 3 = y, x 4 = φ, x 5 = l, x 6 = δ che in forma estesa, considerando sempre un campo magnetico statico simmetrico rispetto al midplane, risulta essere una matrice 6x6 del seguente tipo [39]: x(t) R 1,1 R 1,2 0 0 0 R 1,6 x 0 θ(t) R 2,1 R 2,2 0 0 0 R 2,6 θ 0 y(t) φ(t) = 0 0 R 3,3 R 3,4 0 0 y 0 0 0 R 4,3 R 4,4 0 0 φ 0 l(t) R 5,1 R 5,2 0 0 1 R 5,6 l 0 δ(t) 0 0 0 0 0 1 δ 0 dove x, θ, δ definite in precedenza. y spostamento trasversale rispetto alla traiettoria centrale assunta. 54

φ angolo trasverso del raggio rispetto alla traiettoria centrale assunta. l differenza di lunghezza di cammino rispetto al cammino lungo la traiettoria centrale. Gli zeri presenti negli elementi R 1,3, R 1,4, R 2,3, R 2,4, R 3,1, R 3,2, R 4,1, R 4,2, R 3,6, R 4,6 della matrice di trasformazione sono una diretta conseguenza della simmetria di midplane. Le condizioni iniziali per gli elementi di matrice nell equ. 45 sono: s(0) = 0, s (0) = 1 c(0) = 1, c (0) = 0 dove s (T) = ds(t) dt dove c (T) = dc(t) dt Per un magnete ideale, ovvero un campo costante lungo tutto la traiettoria, risolvendo l equ. 25 otteniamo: ( 1 c x (t) = cosk x t, s x (t) = dove, per un dipolo, ed: k x ( 1 c y (t) = cosk y t, s y (t) = k y ) sink x t (47) ) sink y t (48) k 2 x = (1 n)h 2, k 2 y = nh 2, h = 1 ρ 0 (49) k 2 x = nh 2, k 2 y = nh 2, k 2 x = k 2 q = k 2 y (50) per un quadrupolo. Equazioni ottenute confrontando l equ. 34 con l equ. 36. 55

Figura 27: funzione seno nel midplane magnetico Figura 28: funzione coseno nel midplane magnetico 56

Figura 29: funzione seno nel piano ortogonale al midplane magnetico Figura 30: funzione coseno nel piano ortogonale al midplane magnetico Possiamo adesso definire i termini dispersivi dx(t) e d x(t), derivando il tutto dall equazione differenziale del moto di una particella carica in un campo magnetico statico. quindi avremo: d x (t) = s x (t) d x(t) = s x(t) t c x (τ)dα c x (t) t 0 0 t t c x (τ)dα c x(t) 0 0 57 s x (τ)dα (51) s x (τ)dα (52)

dove, dα = dτ ρ o (τ) è l angolo differenziale di curvatura. (53) Riportiamo di seguito la matrice per un modulo di drift, un dipolo Figura 31: funzione di dispersione nel midplane magnetico ideale e un quadrupolo ideale [40]. x(t) 1 L 0 0 0 0 x 0 θ(t) 0 1 0 0 0 0 θ 0 y(t) φ(t) = 0 0 1 L 0 0 y 0 0 0 0 1 0 0 φ 0 l(t) 0 0 0 0 1 0 l 0 δ(t) 0 0 0 0 0 1 δ 0 per un modulo di drift. (54) 1 h cosk xt sink xt 0 0 0 x(t) k x k 2 (1 cosk xt) x h x 0 θ(t) k xsink xt cosk xt 0 0 0 sink xt θ 0 y(t) k x = 1 y 0 φ(t) 0 0 cosk yt sink yt 0 0 φ l(t) k 0 y 0 0 k y sink yt cosk yt 0 0 l 0 δ(t) 0 0 0 0 1 0 δ 0 0 0 0 0 0 1 (55) 58

per un dipolo. 1 cosk q(t) sink qt 0 0 0 0 x(t) k q x 0 θ(t) k q sink qt cosk qt 0 0 0 0 θ 0 y(t) 1 = 0 0 coshk qt sinhk qt 0 0 y 0 φ(t) k l(t) q φ 0 0 0 k q sinhk qt coshk qt 0 0 l 0 δ(t) 0 0 0 0 1 0 δ 0 0 0 0 0 0 1 Per un quadrupolo. A questo punto siamo in grado di definire diversi sistemi magnetici. Un sistema si dice: acromatico se, R 1,6 = R 2,6 = 0, cioè: isocronico se, t R 5,1 = R 5,2 = R 5,6 = 0, cioè: t 0 0 c x (τ)h(τ)dτ = s x (τ)h(τ)dτ = t 0 t 0 s x (τ)h(τ)dτ = c x (τ)h(τ)dτ t inoltre si ha una focalizzazione point to point se: per l asse x R 1,2 = s x (t) = 0 per l asse y R 3,4 = s y (t) = 0 o una focalizzazione parallel to point se: c x (t) = R 1,1 = 0 per l asse x c y (t) = R 3,3 = 0 per l asse y 59 0 d x (τ)h(τ)dτ (56)

parallel to parallel se: c x(t) = R 2,1 = 0 asse x c y(t) = R 4,3 = 0 asse y e infine una focalizzazione point to parallel se: s x(t) = R 2,2 = 0 s y(t) = R 4,4 = 0 Inoltre gli elementi di matrice R 2,1 e R 4,3 corrispondono fisicamente all inverso della lunghezza focale lungo l asse x e lungo l asse y: c x(t) = R 2,1 = 1 e, c f y(t) = R 4,3 = 1 x f y mentre gli elementi R 1,1 e R 3,3 sono rispettivamente l ingrandimento lungo l asse x e l ingrandimento lungo l asse y. 60

5 Trasporto di elettroni in HRS: simulazioni. 5.1 Il codice SNAKE Le traiettorie degli elettroni diffusi elasticamente in HRS sono state simulate tramite il codice di calcolo del moto di particelle in campo magnetico, denominato SNAKE. SNAKE utilizza come input un file che descrive i campi magnetici dei singoli moduli componenti lo spettrometro in studio, nonché le loro posizioni e le loro reciproche distanze. Nel caso di HRS è stata utilizzata una descrizione che in termini matriciali corrisponde all equazione: con: R HRS =R drift3 R Q3 exit R Q3 entr R overlapd Q3 R Dipolo R overlapd Q2 R Q2 exit R Q2 entr R overlapq1 Q 2 R Q1 exit R Q1 entr R Drift2 R Septum R Drift1 R HRS matrice descrivente tutto HRS; R Dipolo matrice descrivente il dipolo di HRS; (57) R Qi entr(i = 1,3) matrice descrivente la metà anteriore (nel senso degli elettroni diffusi) dell i-esimo quadrupolo; 61

R Qi exit(i = 1,3) matricedescriventelametàposterioredell i-esimoquadrupolo; R overlapd Qi (i = 1,3) matrice descrivente lo spazio tra il dipolo di HRS e l i-esimo quadrupolo; R Drifti gli spazi tra bersaglio e setto magnetico, tra setto magnetico e quadrupolo Q 1 e tra il quadrupolo Q 3 e il piano di rivelazione degli elettroni diffusi; R Septum matrice descrivente il setto magnetico. Descrivendo la traiettoria degli elettroni in HRS, dal bersaglio dove avviene l interazione sino al piano dove è situato il rivelatore, con il formalismo matriciale, possiamo, quindi, scrivere, (vedi paragrafo 4.4): X X 0 θ θ 0 Y φ = R HRS Y 0 φ 0 (58) l l δ δ dove X 0,Y 0, sono le coordinate, nel piano normale alla direzione di diffusione, del punto d interazione dell elettrone primario nel bersaglio, θ 0 è l angolo di diffusione verticale e φ 0 l angolo di diffusione orizzontale dell elettrone dopo l interazione nel bersaglio, δ è la differenza percentuale tra il momento dell elettrone diffuso e il momento della traiettoria centrale in HRS, X e Y sono le coordinate cartesiane del punto d impatto dell elettrone diffuso nel piano contenente il rivelatore, θ e φ sono gli angoli definenti le direzioni nel piano verticale e in quello orizzontale 62

della traiettoria dell elettrone, quando colpisce il piano di rivelazione ed l è il cammino ottico dell elettrone entro HRS fino al piano di rivelazione (X,δ,Y,φ e l sono misurati rispetto ai corrispondenti valori della traiettoria centrale). All inizio dell esecuzione di SNAKE è possibile, tramite un opzione fornita dal programma, moltiplicare i campi magnetici descritti nel file di input per un fattore arbitrario, rendendo possibile, così, ottenere risultati anche per momenti centrali degli elettroni diffusi diversi da quelli corrispondenti al file di input, senza modificare il file di input stesso. Se, per esempio, il file di input di SNAKE corrisponde a un momento della traiettoria centrale di 2 GeV c, sarà possibile, con l opzione descritta sopra, moltiplicando i campi magnetici descritti nel file di input per 0.5, ottenere i risultati corrispondenti a una traiettoria centrale degli elettroni diffusi di momento pari a 1 GeV c. SNAKE traccia le traiettorie attraverso una serie di elementi chiamati free boxes, ognuno dei quali ha il proprio sistema di coordinate relativo e corrisponde a uno dei moduli costituenti HRS (ovvero a una delle matrici nella parte destra dell equazione 57). In ognuno di queste free boxes è possibile definire uno o più piani finali ( end-plane nel seguito), con cui si possono definire eventuali collimatori e per i quali SNAKE può, a richiesta dell utilizzatore, produrre, in un file di output, insieme alle coordinate X 0,θ 0,Y 0,φ 0 e δ definite sopra, le coordinate X f,θ f,y f,φ f e l f (misurate rispetto alle corrispondenti coordinate della traiettoria centrale), dei punti d impatto delle traiettorie degli elettroni diffusi sull end-plane. Per quanto detto sopra e nel capitolo 4, 63

X f,θ,y f,φ f e l f sono date dall equazione: X f θ f Y f φ f l f δ = R X 0 θ 0 Y 0 φ 0 l 0 δ (59) dove, R è la matrice descrivente il sistema magnetico di HRS dal bersaglio sino all end-plane. Si possono definire fino a 35 end-plane nel file di input, variamente distribuiti nelle free-boxes. SNAKE calcola le traiettorie degli elettroni diffusi dal bersaglio dopo che ad esso sono stati forniti, per ogni traiettoria, i valori dei parametri X 0,θ 0,Y 0,φ 0 e δ di diffusione dell elettrone corrispondente. Questi parametri possono essere forniti sia singolarmente, traiettoria per traiettoria, sia definendo per ogni parametro un valore minimo e massimo e scegliendo entro questi due valori il valore del parametro casualmente (modalità random), oppure a passo fisso partendo dal valore minimo fino ad arrivare al valore massimo (modalità loop). Poiché il bersaglio utilizzato nell esperimento PREX è pressoché puntiforme, nella definizione delle traiettorie si è sempre posto, con buona approssimazione, X 0,= 0, Y 0 = 0 e le traiettorie sono state definite variando θ 0,φ 0 e δ entro valori che non eccedevano i limiti di accettanza per queste variabili elencate in Fig. 7. 64

5.2 Simulazione di traiettorie di elettroni in HRS senza setto magnetico Per studiare le caratteristiche ottiche dello spettrometro HRS sono state inizialmente simulate traiettorie nello spettrometro HRS senza l introduzione del setto magnetico. Le fig. 32 e 33 mostrano i risultati ottenuti per un end-plane posizionato in corrispondenza delle VDC (grafici in rosso), dove è posizionato il piano focale, e a 100 cm dopo le VDC, lungo la traiettoria centrale (grafici in verde). I grafici di entrambe le figure sono stati ottenuti variando θ 0 e φ 0 negli intervalli: 0.05 < θ 0 < 0.05 rad 0.025 < φ 0 < 0.025 rad mentre i grafici di fig. 32 sono stati ottenuti con 4.24% < δ < 4.24% e i grafici di fig. 33 sono stati ottenuti con δ = 0 per tutte le traiettorie. IgraficiinrossodiFig. 32mostranoche, nelpianofocale, δ èconbuona approssimazione una funzione lineare di X f ed è indipendente da Y f, mentre Y f è pressoché indipendente da θ 0, come atteso considerando che HRS focalizza le traiettorie nel piano verticale e che HRS è dotato di un piano di simmetria e che quindi al primo ordine, le coordinate nel piano verticale sono indipendenti da quelle nel piano orizzontale. Il grafico in rosso δ vs X f di Fig. 33 mostra che, nel piano focale, la variazione di X f è molto piccola, come deve essere considerando che, per uno spettrometro perfettamente focalizzante, essendo in questo caso i momenti degli elettroni diffusi tutti uguali tra loro, questo grafico dovrebbe ridursi a un punto, mentre il grafico in rosso X f vs θ 0 mostra 65

che X f è praticamente indipendente da θ 0 (a parte leggere aberrazioni al secondo ordine e agli ordini successivi), come atteso. Tutte le caratteristiche elencate sopra per i grafici in rosso di Fig. 32 e 33, sono, nel caso dei corrispondenti grafici in verde, molto meno accentuate o addirittura inesistenti. Figura 32: Da sinistra a destra: grafico di δ vs X f, θ 0 vs X f, φ 0 vs Y f, δ vs Y f, θ 0 vs Y f, Y f vs X f per δ variabile e per il piano dove sono localizzate le VDC (piano focale, grafici in rosso) e per un piano localizzato a 100 cm dalle VDC (grafici in verde), nello spettrometro HRS senza setto. 66

Figura 33: da sinistra a destra: grafico di δ vs X f, θ 0 vs X f, φ 0 vs Y f, δ vs Y f, θ 0 vs Y f, Y f vs X f per δ = 0 e per il piano dove sono localizzate le VDC (piano focale, grafici in rosso) e per un piano localizzato a 100 cm dalle VDC (grafici in verde), nello spettrometro HRS senza setto. 67

5.3 Simulazioni di traiettorie di elettroni per l esperimento PREX. L esperimento PREX misura l Asimmetria Violante la Parità nella diffusione, ad un angolo centrale di 5, di elettroni di 1.06 GeV c su un nucleo di Piombo. Poiché HRS è in grado di rivelare elettroni diffusi ad un angolo non inferiore a 12.5, è stato necessario aggiungere ad HRS un setto magnetico, che deviasse di 7.5 le traiettorie degli elettroni diffusi con un angolo di 5 in modo da permetterne la rivelazione da parte di HRS. Con l introduzione del setto, la posizione del bersaglio è stata spostata di 105 cm upstream (ovvero in direzione opposta a quella del fascio primario di elettroni). Come descritto nel Capitolo 2, nell esperimento PREX, l elevatissimo flusso di elettroni diffusi nell unità di tempo impedisce la rivelazione, tramite le VDC, delle singole tracce degli elettroni diffusi. Per misurare l Asimmetria Violante la Parità, si fa, quindi, uso di rivelatori che integrano il segnale generato in esso dagli elettroni diffusi in ogni singola finestra temporale, in cui il fascio primario ha elicità definita. Per questo motivo non è più desiderabile avere la posizione del piano focale coincidente con quelle delle VDC, per poter determinare, invertendo l equ. 58, per ogni singola traccia, le coordinate θ 0,φ 0 e δ dalla misura delle coordinate e angoli X, θ, Y, φ, ottenute tramite le VDC. Si è preferito, invece, avere il piano focale a una certa distanza dalle VDC, dove le condizioni sperimentali rendono preferibile collocare i rivelatori. Nella prima fase dell esperimento PREX, la posizione ottimale del piano focale è stata posta ad una distanza di 1.43 m dalle VDC, lungo la 68

direzione del fascio degli elettroni diffusi. La necessità di collocare il piano focale in una posizione non più coincidente con quella delle VDC e il fatto che, comunque, sono stati introdotti due nuovi elementi nell ottica di HRS (il setto magnetico e lo spazio tra la nuova posizione della targhetta e il setto magnetico) fa sì che, a parità d impulso della traiettoria centrale, i valori dei campi dei quadrupoli Q 1, Q 2 e Q 3 siano, nel caso dell esperimento PREX, differenti rispetto ai corrispondenti valori degli esperimenti che hanno usato lo spettrometro HRS senza il setto magnetico. L input per il programma SNAKE descrivente lo spettrometro HRS + setto magnetico, inclusi i valori dei campi di Q 1, Q 2 e Q 3 che la collaborazione PREX supponeva essere quelli che posizionavano il piano focale a 1.43 m dalle VDC, era il file prex Rn dir.dat. Utilizzandolo come file di input di SNAKE, abbiamo verificato la posizione effettiva del piano focale. Tale verifica è avvenuta definendo un end-plane a 1.43 metri dalle VDC, simulando con SNAKE traiettorie di elettroni tutti con impulso e angolo di diffusione orizzontale uguali a quelli della traiettoria centrale (ovvero con δ = φ 0 = 0) e producendo quindi l istogramma delle coordinate X f dei punti d impatto delle traiettorie degli elettroni diffusi con l end-plane. Per uno spettrometro perfettamente focalizzante, nel caso in cui il piano focale coincida con l end-plane, questo istogramma sarebbe una delta di Dirac, posizionata a X f = 0. Si è notato, invece, che l istogramma presentava due picchi, a indicare che i valori dei campi magnetici dei componenti costituenti HRS registrati nel file prex Rn dir.dat non era- 69

no tali da posizionare il piano focale a 1.43 m di distanza dalle VDC. È stata quindi compiuta una ricerca su quale fosse il valore del campo del quadrupolo Q 3 adatto a localizzare il piano focale nella posizione desiderata (Q 3 è l elemento di HRS che focalizza il fascio degli elettroni diffusi nella regione a valle del dipolo). Questa ricerca è stata eseguita effettuando simulazioni in cui il valore del campo di Q 3 è stato variato di ±8% rispetto al valore registrato nel file prex Rn dir.dat. I risultati di questa ricerca sono mostrati in fig. 34, che evidenzia, in funzione del campo del quadrupolo Q 3, l istogramma della coordinata verticale X f del punti d impatto delle traiettorie degli elettroni diffusi, con l endplane situato a 1.43 m dalle VDC. Tutti i grafici di fig. 34 sono ottenuti variando, nelle traiettorie degli elettroni diffusi, il solo angolo di diffusione verticale θ 0 e ponendo quindi, per tutte le traiettorie, δ = φ 0 = 0. Dalla fig. 34 si evince che il corretto valore del campo di Q 3 che posiziona il piano focale a 1.43 m dalle VDC, ovvero per il quale nel corrispondente istogramma è presente un singolo picco la cui altezza è massima e la cui larghezza è minima, rispetto ai picchi degli altri istogrammi, è 0.2564 Tesla (valore del campo al polo), un valore circa il 4.5% superiore rispetto al valore di 0.2553 Tesla registrato nel file prex Rn dir.dat. Una verifica ulteriore del corretto posizionamento del piano focale a 1.43 m dalle VDC, con questo nuovo valore del campo magnetico di Q 3, è stata ottenuta creando, nel file di input prex Rn dir.dat una serie di end-plane a varie distanze dalle VDC e riportando per ognuno di questi piani, l istogramma della coordinata verticale X f dei punti d im- 70

patto di traiettorie con δ = φ 0 = 0 e con angolo di diffusione verticale θ 0 variabile tra -0.053 e 0.053 rad. Gli istogrammi ottenuti ponendo il valore del campo di Q 3 pari a 0.2564 Tesla sono mostrati in figura 35 e mostrano che l istogramma che più si avvicina a una delta di Dirac è situato a 1.43 metri dalle VDC. La figura 36 mostra gli stessi istogrammi ottenuti con il valore del campo di Q 3 pari a 0.2553 Tesla (il valore originario nel file prex Rn dir.dat) e mostrano che la posizione del piano focale corrispondente alla configurazione dei campi magnetici del file originario prex Rn dir.dat è situata a 0.7 m dalle VDC. Figura 34: istogrammi, ottenuti a vari valori del campo magnetico del quadrupolo Q 3, della coordinata verticale X f del punti d impatto, su un piano situato a 1.43 m di distanza dalla VDC, delle traiettorie di elettroni diffusi con momento e angolo di diffusione orizzontale uguali a quelli della traiettoria centrale di HRS e con angolo di diffusione verticale variabile. I valori del campo magnetico sono quelli alla posizione del polo di Q 3 e sono espressi in Tesla. I valori del campo magnetico si riferiscono a un momento della traiettoria centrale pari a 4.79 GeV c. Per normalizzarli al momento 1.06 GeV c degli elettroni diffusi nell esperimento PREX bisogna moltiplicarli per 0.2215. 71

Figura 35: Istogramma della coordinata verticale delle traiettorie in HRS in funzione della distanza dalle VDC con il campo magnetico di Q 3 pari a 0.2564 Tesla. Figura 36: Istogramma della coordinata verticale delle traiettorie in HRS in funzione della distanza dalle VDC con il campo magnetico di Q 3 pari a 0.2553 Tesla. 72