I numeri degli avvocati italiani e il PIL dell avvocatura Avv. Paolo Rosa Presidente Cassa Forense Bologna 13 16 novembre 2008 L AVVOCATURA ITALIANA Dal 1980 ad oggi si è assistito ad una strepitosa crescita del numero degli avvocati italiani che si sono moltiplicati per quattro in poco meno di trent anni passando da circa 45.000 a oltre 200.000 nel 2008 200.000 160.000 120.000 80.000 40.000 0 1981 1986 1992 1994 1996 1998 2000 2004 2007 N avvocati
L AVVOCATURA ITALIANA Nello stesso periodo anche la popolazione italiana è cresciuta ma gli avvocati sono cresciuti più velocemente passando da 0,8 avvocati ogni mille abitanti nel 1980 a 3,1 avvocati ogni mille abitanti nel 2007 NUMERO AVVOCATI OGNI MILLE ABITANTI 4,5 3 3,1 1,5 0,8 0 1980 2007 L AVVOCATURA ITALIANA Nello stesso periodo anche la quota di ricchezza prodotta dall avvocatura ha avuto m aggiore peso sull intero paese Italia: se nel 1980 dei 203 miliardi di euro di Pil nazionale lo 0,1% era attribuito all avvocatura, nel 2007 dei 1.536 miliardi di euro di Pil nazionale lo 0,6% è prodotto dall avvocatura 1980 2007 gli avvocati producono lo 0,1% del PIL nazionale gli avvocati producono lo 0,6% del PIL nazionale Benchè tutti abbiano la percezione che la grandezza fondamentale della macroeconomia sia il PIL, a volte si perde la dimensione di ciò che il medesimo esprima nella vita di tutti i giorni. Il PIL è il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un Paese in un dato periodo di tempo.
Il PIL include ciò che è prodotto da soggetti esteri in Italia ed esclude ciò che è prodotto da soggetti italiani all estero. Il PIL non misura la salute dei cittadini, ma Paesi con un PIL elevato possono permettersi una migliore assistenza sanitaria. Il PIL non misura la qualità dell istruzione, ma Paesi con PIL più elevato hanno generalmente istruzione di qualità più elevata. Il PIL non misura il grado di Welfare dei cittadini, ma paesi con un PIL più elevato hanno generalmente un maggior grado di protezione previdenziale ed assistenziale. D altra parte la crescita del PIL può comportare una riduzione del tempo libero, della qualità dell ambiente e non comprende le attività svolte all interno della famiglia. Quindi il PIL è solo una misura approssimativa del benessere di un Paese, ma si tratta di un approssimazione accettabile e, di fatto, accettata. L AVVOCATURA ITALIANA Il fatturato complessivamente prodotto dall avvocatura italiana negli ultim i dieci anni è più che raddoppiato passando da circa 4 miliardi di euro del 1996 a oltre 9 miliardi nel 2006. L avvocatura è più ricca? Cosa è accaduto a livello di singolo avvocato?
LA RICCHEZZA PRODOTTA DALL AVVOCATURA ANNO 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 IVA TOTALE 4.038.800 4.552.524 4.917.381 5.283.889 5.760.513 6.267.623 6.971.502 7.473.663 8.044.211 8.414.749 9.210.921 AUMENTO % ANNUO IVA 12,7% 8,0% 7,5% 9,0% 8,8% 11,2% 7,2% 7,6% 4,6% 9,5% IVA MEDIO 60,1 61,4 62,3 62,7 65,2 68,1 70,8 70,9 70,2 70,6 71,6 AUMENTO % ANNUO IVA MEDIO 2,3% 1,4% 0,6% 4,1% 4,3% 4,0% 0,1% -1,1% 0,6% 1,4% IVA MEDIO RIVALUTA TO 73,9 74,4 74,1 73,4 74,4 75,6 76,8 75,0 72,8 72,0 71,6 Valori espressi in m igliaia di euro IL PIL DELL AVVOCATURA ITALIANA Il PIL dell avvocatura a livello di singolo avvocato si riduce, segno che la torta delle opportunità professionali offerte dal mercato è da dividere tra un numero sempre più numeroso di commensali
IL PIL DELL AVVOCATURA ITALIANA Q uali soluzioni? Ricerca di nuovi spazi professionali Già nel ventisettesimo Congresso Nazionale Forense tenutosi a Palermo dal 2 al 5 ottobre 2003 l avv. Paolo Giuggioli, Presidente dell Ordine di Milano, presentò una mozione ribadendo che la tutela effettiva dei diritti si realizza non solo nella difesa giudiziale ma anche con l attività di consulenza e assistenza giuridica sul presupposto che sia dovere dello Stato garantire che tali attività vengano fornite ai cittadini esclusivamente da soggetti dei quali siano verificati e verificabili i livelli di preparazione tecnica, di professionalità, di responsabilità e di tenuta deontologica. Quella mozione, sempre più attuale, affermava che gli iscritti agli Albi professionali degli avvocati, notai e commercialisti, ciascuno nell ambito della propria aerea di competenza, sono allo stato gli unici legittimati a svolgere adeguatamente tale funzione. Se vanno stigmatizzate le incursioni cannibalistiche nei confronti di altre professioni, si dovrà cercare di creare nuovi spazi e nuove opportunità di lavoro finalizzate da un lato a garantire al cittadino un servizio caratterizzato da maggiore professionalità con inevitabile ricaduta in aumento sul PIL dell Avvocatura.
LE DONNE AVVOCATO Le donne trovano maggiori ostacoli a svolgere la professione di avvocato LE DONNE AVVOCATO abbandonano la professione più facilmente dei loro colleghi uomini ANZIANITA PROFESSIONALE da 0 a 5 anni da 6 a 10 anni da 11 a 15 anni da 16 a 20 anni da 21 a 25 anni da 26 a 30 anni TOTALE NUMERO ABBANDONI PER UNA GENERAZIONE DI MILLE AVVOCATI DONNE 117 68 37 25 21 10 277 UOMINI 68 36 20 22 20 11 176
LE DONNE AVVOCATO guadagnano molto meno dei loro colleghi uom ini CLASSE DI ETA minore di 35 35-44 45-54 55-64 >= 65 anni TOTALE REDDITO PROFESSIONALE MEDIO DONNE UOMINI 15.099 23.507 26.328 51.049 42.836 84.024 63.043 107.401 42.388 76.193 26.464 63.849 LE DONNE AVVOCATO uno sguardo oltre i confini nazionali U.S.A. il 31% delle donne avvocato abbandona la professione contro il 18% dei colleghi uomini le donne guadagnano il 50% in meno dei loro colleghi uomini
LE DONNE AVVOCATO come intervenire per equilibrare le opportunità tra uomini e donne? Cambiamento mentalità M aggiore flessibilità nell organizzazione degli studi professionali M aggiore e più funzionale offerta di servizi sociali di sostegno alla famiglia e tutela della maternità Nuovi interventi, anche di natura economica, in favore della madri avvocato da parte del proprio ente previdenziale Sul numero di novembre della rivista Il lavoro nella giurisprudenza, pag. 1103 1114, è stato pubblicato un interessate fondo della Prof. Piera Fabris, professore di diritto del lavoro all Università di Ferrara, la quale affronta la medesima tematica. Ivi si legge che l azione positiva verso la donna per incentivarne la partecipazione alla vita lavorativa appare abbastanza deludente e, in ogni caso, il risultato è perverso: il tasso di occupazione delle donne aumenta, a prezzo però di condannarle, il più delle volte, a dividersi tra casa e lavoro, utilizzando appunto contratti ed orari flessibili quando non sommersi con conseguente emarginazione e segregazione in qualifiche si scarso contenuto professionale. È ovvio che queste conseguenze colpiscono prevalentemente i ceti meno abbienti della società perché le donne appartenenti a classi sociali medio alte possono giovarsi, almeno entro certi limiti ed in proporzione al grado di disponibilità
economiche di aiuti esterni, a pagamento, che ne agevolano sostanzialmente la gestione. Secondo l illustre docente occorre veramente un cambio di passo per affrontare efficacemente il problema della conciliazione tra vita professionale e vita familiare dei lavoratori, ma non nell impostazione asfittica accolta dalla comunità europea e dalle diversi leggi nazionali di attuazione delle direttive e programmi della medesima (rapporto sullo stato di attuazione del piano nazionale di riforma presentato dal Governo italiano secondo le procedure delle strategie di Lisbona alla Commissione europea per l anno 2008): è necessario infatti affrontare il problema nella sua essenziale complessità della quale la disuguaglianza di fatto della donna rispetto all uomo è soltanto una delle componenti che, in quanto tale, non ne esaurisce la portata. Il Cnel nel suo recente rapporto sulle politiche familiari: bisogni sociali, servizi innovati, modelli di sostegno, osservazioni e proposte, 2007 considera la posizione della famiglia nella società e nella legislazione a larghissimo raggio, con riferimento al sistema di fiscalità della politica della casa, delle misure a sostegno della famiglia e dei servizi soprattutto dopo i recenti mutamenti costituzionali ed i più recenti mutamenti del Legislatore (legge 328/2000 sui servizi integrati, legge n. 53/2000 e Finanziaria 2007). La scarsità delle politiche di sostegno in Italia il 4,4% della spesa sociale contro una media UE del 7,8% - testimonia che la famiglia è ancora pensata nella funzione di supplenza piuttosto che di investimento e di risorsa imprescindibile e punto di riferimento attivo e promozionale di politiche sociali innovative improntante sulla sussidiarietà orizzontale.
Tale carenza è aggravata inoltre dalla confusione, in termini culturali, tra politiche specifiche per la famiglia e politiche di contrasto alla povertà che rimangono, peraltro, carenti. Più in generale, ed in estrema sintesi, il Cnel auspica la promozione delle risorse negli aspetti fondamentali dell essere famiglia: l assunzione di responsabilità, l affermazione del ruolo genitoriale, la cura e l accudimento dei figli, ritenendo che anche i pur significativi provvedimenti introdotti recentemente dalla Finanziaria 2007, potenziati poi dalla Finanziaria 2008 rappresentino soltanto un inizio, soprattutto se rapportati al rilevante costo economico dei figli in relazione agli investimenti che la famiglia fa in formazione, studi, ecc... per renderli competiti sul mercato del lavoro comunitario e internazionale. Se la donna non deve essere l unica figura sulla quale caricare il peso di cura familiare occorre predisporre un sistema di Welfare avanzato che affianchi alla famiglia tutta una completa rete di servizi idonei a creare un efficiente sistema di protezione sociale che consenta, però, di distribuire il carico equamente tra i soggetti coinvolti e la società. Il 2007 è stato l anno europeo delle pari opportunità per tutti. Sarà necessario eliminare gli stereotipi di genere nell istruzione, nella formazione, nella cultura, nel mercato del lavoro, nei mezzi di comunicazione promuovendo orari di lavoro più flessibili per donne e uomini, aumentare i servizi di custodia dei figli minori, perseguire migliori politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare per donne e uomini. Cassa Forense potrà considerare e studiare come rendere il regime previdenziale più favorevole all occupazione della donna avvocato.