(MODULO 3) LE CELLULE STAMINALI E LA CLONAZIONE CONCETTI FONDAMENTALI. Definizione di cellula staminale



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(MODULO 3) LE CELLULE STAMINALI E LA CLONAZIONE CONCETTI FONDAMENTALI Definizione di cellula staminale Le cellule staminali sono cellule che possono dare origine a una progenie. Più questa progenie è varia, più si dice che il potenziale della cellula staminale è alto. Sulla base del loro potenziale si definiscono: () cellule totipotenti, cioè che sono in grado di produrre qualsiasi cellula del nostro organismo, () cellule pluripotenti o multipotenti., cioè che possono dare origine ad un certo numero di tessuti. Esistono due tipi di cellule staminali: () staminali embrionali (CSE) () staminali dell adulto (CSA). Le CSE sono cellule che si ritrovano nell embrione ai primissimi stadi (morula, blastula). Esse sono totipotenti, in quanto sono in grado di dare origine a tutte le cellule dell organismo. Le CSA invece sono presenti nell adulto disperse in vari tessuti ed organi, ed il loro potenziale è più limitato. Il fenomeno per cui una cellula che si è differenziata secondo una certa linea può successivamente differenziarsi lungo un altra linea è detto transdifferenziazione. Ad esempio: una cellula neurale diventerebbe una cellula del sangue o una cellula muscolare o una cellula epiteliale. Nei mammiferi non sappiamo ancora se: (1) questo fenomeno avvenga in natura, (2) se non avvenga in natura, ma possa essere indotto in provetta mediante apposite manipolazioni e, nel caso, quanto frequente esso possa essere indotto. Si ritiene che durante lo sviluppo embrionale ed il differenziamento cellulare, il nucleo di ogni cellula vada incontro a delle modifiche a livello della cromatina. Questo processo si riteneva fondamentalmente irreversibile nel mammifero, cioè si riteneva che una cellula differenziata non potesse annullare queste modifiche e tornare ad essere in-differenziata. Tuttavia, la clonazione di dolly ha mostrato che almeno in certe condizioni questo fenomeno, che va sotto il nome di riprogrammazione può avvenire. CENNI STORICI Quello delle cellule staminali è un problema complesso che viene oggi ampiamente dibattuto sui media. Per comprendere bene le loro caratteristiche è necessario iniziare con un breve excursus storico, per passare poi ad esaminarne le potenzialità ed analizzare i risultati reali che sinora sono stati ottenuti. Qualche riflessione di carattere etico e sociale concluderà l esposizione. Tutto è cominciato nel topolino, il piccolo animale da esperimento che viene utilizzato in molte prove di manipolazione embrionale. Alla fine degli anni Settanta, nasce la tecnologia dei topi transgenici. Vari ricercatori riescono ad inserire un gene nell embrione murino al livello di una singola cellula e dimostrano che questo gene viene trasmesso a

tutte le cellule dell organismo che si sviluppa: nascono cioè animali che hanno tutte le cellule con un gene in più. Non solo, ma il gene produce una proteina che è in grado di funzionare anche in una specie diversa. Nel 1982 appare sulla rivista Nature un topo transgenico che è nettamente più grosso dei suoi simili non transgenici. Palmiter, Brinster e i loro colleghi hanno infatti inserito il gene dell ormone della crescita umano nel topo e lo hanno fatto produrre in eccesso, il che ha fatto sì che il topolino transgenico crescesse più della norma. Il risultato è sorprendente e serve come stimolo per altri esperimenti di embriologia sperimentale.

Abbiamo visto che dopo la fusione del nucleo dello spermatozoo e dell uovo, si forma un unica cellula che inizia a dividersi in maniera più o meno esponenziale fino a costituire un ammasso cellulare contenuto in una cavità: a questo stadio l embrione viene chiamato blastula o blastocisti. Nella figura sono illustrate queste prime fasi della divisione embrionale: la cellula uovo singola, l embrione a due cellule, la morula e infine la blastula. Nel 1981 Martin Evans in Inghilterra riuscì a dimostrare che se si mettevano le cellule della blastocisti in coltura, esse davano origine a linee di cellule che non morivano mai e che conservavano tutte le caratteristiche delle cellule embrionali: nascevano così le CSE, le cellule staminali embrionali. La figura illustra schematicamente la tecnica utilizzata da Evans, che consiste essenzialmente nel dissolvere la blastocisti in una piastra di coltura.

Totipotenza della CSE Perché staminali? Perché erano in grado di dare origine a tutti i tessuti. Infatti, se si prendono queste cellule in coltura e le si reimpianta nella blastocisti, esse crescono insieme alle cellule originarie della blastocisti e contribuiscono alla formazione di tutti i tessuti. Questo può venir facilmente dimostrato marcando le cellule in coltura in modo che possano essere seguite durante lo sviluppo embrionale: analizzando poi l animale adulto si potrà constatare che le cellule marcate si ritrovano in tutti i tessuti, compresi quelli della linea germinale. Siamo di fronte cioè ad animali chimerici, ad animali che sono formati da cellule con due genomi diversi e che per questo ricordano un po le chimere della mitologia greca. Naturalmente nel topo, la maniera più semplice per dimostrare che siamo di fronte ad una chimera è quella di usare CSE in coltura ottenute da topi con un determinato colore del pelo ed inocularle in blastocisti ottenuti da un ceppo che ha un diverso colore del pelo.

Come illustrato dalla figura, il topo che nascerà avrà un pelo a chiazze, perché alcune zone del suo pelo sono derivate dalle cellule della blastocisti originaria e altre dalle cellule coltivate in vitro. Il pelo pertanto è un indicatore semplice del fatto che siamo di fronte ad una chimera, ma quello che succede per la cute vale anche per tutti gli altri organi: pertanto le CSE coltivate in provetta conservano la loro totipotenzialità, sono cioè staminali al massimo grado perché possono dare origine a cellule di tutti i tessuti embrionari, comprese le cellule della linea germinale. In effetti, dalle chimere possono nascere progenie di topi che derivano dalle cellule in coltura, e questo apre la via alla creazione di animali modificati a piacere: infatti se si modificano le cellule in coltura, parte della progenie della chimera sarà costituita da animali anch essi modificati. Nasce in questo modo, alla fine degli anni Ottanta, la tecnologia dei topi knockout, su cui tuttavia non possiamo dilungarci ulteriormente. Quello che ci interessa sottolineare è che le CSE hanno un completo potenziale differenziativo, ma che per ottenerle è necessario dissolvere l embrione: questo particolare, che ovviamente non ha importanza quando si tratta di topi, diventa, come facilmente intuibile, assai problematico nel caso dell uomo. In realtà per quasi 20 anni, le CSE del topo rimasero le uniche cellule staminali embrionali disponibili per studi di modificazione genetica, ma nel 1998 Thompson e i suoi collaboratori all Università del Wisconsin riuscirono ad ottenere CSE umane. Si apriva così la possibilità di utilizzare queste cellule per produrre cellule di tessuti umani da utilizzare durante la terapia in tutti quei pazienti in cui un particolare organo avesse perso le sua naturale funzionalità.

POTENZIALITA, CELLULE STAMINALI EMBRIONALI E CELLULE STAMINALI DELL ADULTO Potenzialità delle staminali Vi sono molte situazioni in patologia umana in cui un particolare tessuto o organo vanno incontro a degenerazione, in quanto le cellule muoiono e non vengono più sostituite. Come esempi illustrativi possiamo citare: () l aplasia midollare, in cui le cellule del midollo osseo non vengono più prodotte; () il morbo di Parkinson, in cui le cellule della sostanza nigra scompaiono; () l infarto miocardio, in cui in seguito all anossia una parte di muscolo cardiaco viene distrutta e sostituita con tessuto cicatriziale. In tutte queste condizioni, se avessimo a disposizione cellule con cui ricreare i tessuti scomparsi, forse potremmo fare qualcosa per il malato. E il settore della medicina rigenerativa, che sinora può utilizzare solamente organi e tessuti presi da cadaveri o in casi più limitati, da donatori viventi. Un trapianto di cuore deve essere necessariamente da cadavere, mentre per alcuni tessuti, come il midollo osseo, si può ottenere materiale da un donatore vivente; nel caso della pelle o della cornea a volte è possibile ricorrere al malato stesso. In tutti i casi tuttavia la medicina rigenerativa ha due grossi problemi da risolvere: la scarsità di organi e il problema del rigetto. Possono le cellule staminali aiutare a risolvere questo problema? In teoria, certamente. Come funzionano le CSE In cosa consisterebbe questo approccio delle CSE? Come mostrato nella figura, le cellule della blastocisti vengono dissociate in una piastra da coltura e dopo alcuni giorni vengono stimolate con diversi fattori di

crescita che si pensa abbiano un ruolo nella differenziazione dei vari tessuti. A seconda del cocktail di fattori usati, si potrebbero ottenere i tessuti desiderati: () cellule delle isole pancreatiche per la cura del diabete, () cellule del muscolo cardiaco per l infarto miocardico, () cellule del sangue per trasfusioni, () cellule nervose per la cura del morbo di Parkinson o della malattia di Alzheimer, () cellule del midollo osseo per la cura di malattie come le immunodeficienze. Naturalmente siamo ancora molto lontani da queste applicazioni, perché lo studio delle CSE umane è appena cominciato tra mille difficoltà. Ma nel topo alcuni risultati sono stati ottenuti. Ma le CSE non sono le uniche cellule che potrebbero essere utilizzate in questo modo. Le CSE sono certamente le cellule più versatili, in quanto in grado di dare origine a tutti i tessuti dell organismo. Ma le cellule staminali con un potenziale un po più limitato esistono anche negli organismi adulti, e ovviamente anche nei feti. Non sarebbe possibile utilizzare queste ultime, così da evitare di dover dissolvere gli embrioni, passaggio attualmente indispensabile per ottenere le CSE? Vediamo allora più da vicino queste cellule staminali dell adulto che abbrevieremo con CSA. Come sappiamo, molti tessuti si rinnovano continuamente: la pelle ad esempio perde continuamente cellule dal suo strato corneo e per sostituirle ne produce altre a partire da uno strato più profondo. Questo significa che la cute possiede delle cellule in grado di produrne altre, e questo per tutta la vita dell organismo. Queste cellule sono appunto le CSA. Lo stesso avviene nel midollo osseo, che deve produrre cellule del sangue continuamente: anch esso possiede dunque delle CSA. E anche il fegato, se colpito da un insulto grave, può ricostruire il suo parenchima, cioè può mettersi a produrre nuove cellule del fegato. Non solo, è stato dimostrato che anche tessuti che venivano una volta ritenuti non in grado di replicarsi, come il tessuto muscolare e il tessuto nervoso, possiedono CSA. Non sarebbe possibile utilizzarle per ottenere i tessuti di cui abbiamo bisogno per affrontare il problema della scarsità di trapianti? Vediamo concretamente cosa può succedere con le cellule dell adulto, prendendo come esempio le CSA del midollo osseo. Nel midollo osseo vengono prodotte una grande quantità di cellule, tra cui tutte le classiche cellule del sangue: granulociti (cellule della serie mieloide), linfociti, globuli rossi (cellule della serie eritroide), piastrine; ma anche osteoclasti e osteoblasti che contribuiscono alla formazione delle ossa, e altre. E possibile pertanto prendere queste CSA e produrre a partire da esse cellule di tutti questi tipi tissutali? Certamente, ed in effetti è quello che si fa con il trapianto di midollo, una pratica terapeutica che viene utilizzata da decenni con risultati soddisfacenti: moltissimi pazienti che presentavano difetti nelle cellule prodotte dal midollo osseo sono stati curati in questo modo. In effetti, il cosiddetto trapianto di midollo è un trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Essendo le cellule del midollo facilmente ottenibili, la pratica del trapianto di midollo non ha il problema della scarsità di organi, ma mantiene purtroppo quello del rigetto, che ne limita di fatto l applicabilità. Ma altre CSA non sono facilmente ottenibili. Pensiamo alle cellule del sistema nervoso. Come abbiamo detto, anche il tessuto nervoso contiene cellule staminali che coltivate in provetta possono dare origine a cellule nervose e a cellule dellaglia. Ma queste non sono facilmente ottenibili, almeno per ora, perché sono contenute all interno della scatola cranica. Stesso discorso per il cuore: è probabile che anche il cuore abbia cellule in grado di produrre cardiomiociti, ma esse non sono facili da ottenere (entrambe queste cellule ovviamente potrebbero essere ottenute da cadaveri, ma in tal caso dovrebbero ancora

affrontare, ovviamente, il problema del rigetto). Ma siamo sicuri che non esistano nell adulto cellule staminali da poter produrre cellule di altri tessuti? Non potrebbero esserci nell adulto cellule che abbiano un potenziale simile a quello delle CSE? Per lungo tempo si è creduto di no, si pensava che nell individuo adulto esistessero solo CSA con un potenziale di rigenerazione limitato al tessuto in cui erano localizzate: da CSA del midollo osseo potevano derivare solo le cellule del sangue, dalle cellule della cute solo cellule della cute e così via. Ma recentemente questa limitazione è stata messa in dubbio. Alcuni ricercatori hanno portato dati che suggerivano che le CSA potessero in qualche modo ritornare sui loro passi e riprogrammarsi secondo i programmi differenziativi propri di altre cellule. In altre parole, si è suggerito che le cellule del midollo osseo potessero produrre anche cellule di altri tessuti. Questo fenomeno è stato inizialmente chiamato transdifferenziazione per indicare che una CSA poteva passare da un tipo di differenziazione ad un altro, ma è forse meglio indicarlo come plasticità. Se la plasticità fosse vera, sarebbe molto facile produrre tessuti di tutti i tipi, compresi quelli del cuore e del cervello, perché si potrebbe partire dalle CSA del midollo osseo e, tramite condizioni di coltura appropriate, ottenere tessuti a piacere, come mostrato nella figura, in cui si mostra come dalle cellule del sangue potrebbero essere derivate cellule del tessuto scheletrico, del cervello, del cuore ecc. Lo stesso si potrebbe dire per la pelle, un altro tessuto le cui staminali sono facili da ottenere. Purtroppo gli studi iniziali che avevano portato ad ipotizzare l esistenza della plasticità delle CSA sono stati ridimensionati. Oggi è molto dubbio che una plasticità delle CSA, sfruttabile a scopi terapeutici, esista realmente. Al momento vi sono scarsissime speranze di poter utilizzare questo supposto fenomeno nella cura dei pazienti. Ma il discorso è ancora aperto, la scienza ci ha abituato a molte sorprese e non è da escludere che in futuro una miglior conoscenza dei fenomeni differenziativi non ci possa consentire di riprogrammare le CSA in maniera tale da indirizzarle verso altri destini differenziativi. In fondo, la clonazione non è altro che una riprogrammazione del nucleo che avviene tramite il suo inserimento nel citoplasma di un uovo: perché non si dovrebbe essere in grado di conoscere questo fenomeno in maniera tale da utilizzarlo in altre situazioni? LA CLONAZIONE Nel febbraio 1997 il mondo intero venne scosso dalla pubblicazione della clonazione di un mite agnellino chiamato Dolly,

il primo mammifero clonato da una cellula di un adulto. Un individuo clonato da una cellula derivata da un adulto ha praticamente lo stesso genoma dell individuo da cui la cellula deriva e questo realizza quanto fino al 1997 era stato solamente ipotizzato nei libri di fantascienza. Il significato della clonazione di mammiferi per i biologi è tuttavia il seguente: il genoma di una cellula adulta è identico a quello delle cellule embrionali e non ha subito durante il processo di differenziamento modificazioni irreversibili, tanto che tutte queste modificazioni - per altro pochissimo conosciute - possono essere azzerate attraverso il trasferimento del nucleo (che contiene il genoma) in un oocita enucleato. Il nucleo, quindi, è come un computer che può essere resettato a piacimento. Come avviene tecnicamente la clonazione? Con la metodica del trasferimento nucleare in oocita enucleato. Un oocita (uovo) non fecondato viene privato del suo nucleo con una metodica meccanica illustrata nella figura, in cui si vede come una sottile pipetta di vetro penetri nell oocita e ne risucchi sia il pronucleo che il globulo polare (PB) che contiene il genoma di una precedente divisione dell oocita. A questo punto viene inserito il nucleo della cellula dell adulto che si vuole utilizzare. Nella procedura illustrata dalla figura la cellula intera, qui rappresentata da un fibroblasta (F), ma che in linea di principio potrebbe essere qualsiasi altro tipo di cellula, viene posta all interno della zona pellucida: le due cellule si fonderanno da sole e tramite appropriate stimolazioni, la nuova cellula formata comincerà di nuovo a dividersi. In alcuni casi, lo sviluppo di questa cellula giungerà allo stadio di blastocisti. Se la blastocisti verrà impiantata, l embrione potrà svilupparsi ulteriormente e giungere eventualmente al termine della gravidanza. Questa è la clonazione riproduttiva. Quindi, riassumendo, per clonazione riproduttiva si intende la produzione di un nuovo organismo identico ad un altro. Questo oggi viene generalmente compiuto attraverso la procedura del trasferimento del nucleo di una cellula originata da un organismo adulto in un uovo cui è stato tolto il nucleo.

Si può clonare un essere umano? Questa procedura è stata messa a punto inizialmente da Ian Wilmut e dai suoi colleghi del Roslin Institute di Edimburgo sulla pecora, ma si è ormai dimostrata possibile in una ventina di specie diverse di mammiferi, compreso il gatto, il cane, il topo, il bovino e il cavallo. Potrebbe essere possibile anche nell uomo? In teoria sì, in pratica, anche prescindendo dalle implicazioni etiche, le difficoltà da superare anche dal punto di vista tecnico sono al momento attuale notevolissime. La procedura della clonazione anche negli animali più studiati resta una procedura con un efficienza molto bassa e rischi notevolissimi: si andrebbe incontro a numerosi aborti e a nascite di bambini malformati. Pertanto attualmente nessun centro di ricerca pubblico persegue la clonazione riproduttiva nell uomo e l opinione pubblica, scienziati compresi, è contraria ad eseguirla nell uomo. La clonazione terapeutica La clonazione riproduttiva, cioè quella effettuata nel caso di Dolly, consiste quindi nella produzione di un organismo nuovo che contiene lo stesso genoma dell individuo da cui è stato ottenuto il nucleo (la cellula) usato per il trasferimento nucleare. Essa comunque va distinta da quella che impropriamente è stata poi chiamata clonazione terapeutica. In cosa si distingue la clonazione terapeutica da quella riproduttiva? Essenzialmente nel fatto che l embrione giunto allo stadio di blastocisti non viene reimpiantato ma viene dissolto e le sue cellule vengono poste in coltura per ottenere le cellule staminali come aveva fatto Martin Evans nel 1981 per gli embrioni murini. In pratica, nella clonazione terapeutica, il clonaggio, cioè il trasferimento di un nucleo di una cellula somatica adulta in un oocita cui è stato asportato un nucleo, viene utilizzato semplicemente come un artificio per ri-programmare il nucleo della cellula adulta che, così com è, non è in grado di essere utilizzata come cellula staminale. Il nucleo esposto a tutti i fattori contenuti nel citoplasma dell uovo subisce una serie di modificazioni, di cui non sappiamo quasi nulla, che cancellano tutte le programmazioni in corso e gli restituiscono lo status di cellula nondifferenziata, quale quello che è appannaggio delle CSE. Questa ri-programmazione d altro canto, non sembra un evento semplicissimo, dal momento che avviene solamente in una piccola porzione dei trasferimenti effettuati, e questa difficoltà nel ritornare allo stadio non programmato è alla base della scarsa efficienza della clonazione, sia essa riproduttiva o terapeutica.

Una volta che la riprogrammazione è avvenuta e che le cellule staminali sono state ottenute, noi siamo di fronte alla stessa situazione che avevamo con le CSE ottenute nella maniera classica. Pertanto, la procedura schematizzata nella figura ci mostra come le cellule staminali ottenute mediante la clonazione terapeutica possano poi venir indirizzate a produrre cellule dei tessuti desiderati, esattamente nella stessa maniera in cui possono venir utilizzate le CSE classiche. Ma con un evidente vantaggio: dal momento che queste cellule derivano da un adulto, esse saranno perfettamente compatibili con lui e pertanto non verranno rigettate. Quindi, la procedura della clonazione terapeutica consente di affrontare quello che è il secondo grande problema dei trapianti: il rigetto. Non solo, ma dal momento che, come abbiamo visto per le CSE del topo, le CSE sono geneticamente modificabili, è possibile, in linea teorica, correggere le CSE ottenute a partire da cellule di pazienti con malattie genetiche prima di utilizzarle per ottenere le cellule necessarie per la rigenerazione tissutale. Purtroppo, al momento attuale le CSE umane, siano esse ottenute con o senza la procedura della clonazione terapeutica, possono essere ottenute solamente da embrioni. Questi embrioni potrebbero venir creati all uopo oppure si potrebbe usare embrioni congelati che i genitori non intendono più utilizzare. In ambedue i casi, l embrione viene distrutto e questo ripugna molti. Per questo motivo si stanno studiando alternative alla produzione di CSE che non richiedano la dissoluzione dell embrione. Una di queste alternative potrebbe essere la biopsia dell embrione, da cui ottenere una o alcune cellule da cui ricavare linee di CSE: questa procedura, in teoria percorribile, presenta tuttavia due problemi. Il primo è che sinora nessuno è stato ancora in grado di ottenere CSE in questo modo, neanche nel topo; il secondo è che la biopsia dell embrione comunque non è scevra di rischi per l embrione stesso. Schema riassuntivo Al termine di queste considerazioni, può essere utile riassumere la strategia generale dell utilizzo di cellule staminali, siano esse dell adulto (CSA) o di origine embrionale (CSE). Un malato con una malattia degenerativa cerebrale, ad esempio il morbo di Parkinson, non ha più neuroni nella sua sostanza nigra. Si può tentare di trattarlo con due diversi approcci.

Nel primo caso (destra) possiamo cercare di ottenere con una biopsia cerebrale alcune CSA neurali, coltivarle per ottenerne un numero sufficiente di neuroni dopaminergici (che sono quelli carenti nel Parkinson) e poi inocularli nel cervello del malato. Oppure (sinistra) possiamo effettuare un trasferimento nucleare nell oocita enucleato, lasciarlo sviluppare fino allo stadio di blastocisti, ricavarne le cellule allo stadio di CSE, farle successivamente differenziare verso la linea neuronale dopaminergica e di nuovo inocularle nel cervello. Nella figura è illustrata anche la clonazione riproduttiva, che avrebbe luogo se si reimpiantasse la blastocisti nell utero di una donna. Vale la pena di precisare che al momento attuale la clonazione riproduttiva non è un obiettivo che la maggior parte degli scienziati intenda perseguire. LA SITUAZIONE ATTUALE DELLA MEDICINA RIGENERATIVA Vediamo ora quali risultati concreti siano stati ottenuti sinora con le cellule staminali embrionali. I risultati più notevoli sono per ragioni ovvie, stati ottenuti nel topo, in cui le CSE sono note da oltre 20 anni. In effetti, quello che sappiamo sulla biologia delle CSE lo si è appreso principalmente dal topo. Le CSE si sono in effetti dimostrate in grado di differenziarsi in vitro in vari tessuti e in grado, se inoculate nell animale, di contribuire alla guarigione di alcune malattie. Tuttavia presentano un problema: se inoculate direttamente in vivo possono causare la crescita di tumori, chiamati teratomi. Si tratta di tumori che presentano una differenziazione in vari tessuti, in accordo col potenziale differenziativo che hanno queste cellule. Il potenziale differenziativo delle CSE è tale che si è riusciti ad ottenere spermatozoi da CSE. Parimenti, si è pure riusciti ad ottenere oociti da CSE. Questi risultati dimostrano, come del resto atteso, che il potenziale delle CSE non si limita alle cellule somatiche, ma riguarda anche le cellule della linea germinale. Anche questo risultato apre nuove problematiche, in quanto le uova ottenute dalle CSE hanno potuto svilupparsi fino allo stadio di blastocisti. Sarebbe pertanto possibile, almeno in linea teorica, ottenere organismi interi a partire dalle CSE.

Ma forse il risultato più interessante ottenuto sinora nel topo è stato quello descritto dal gruppo di Jaenisch nel 2002. Questi ricercatori hanno simulato nel topo l intera procedura della clonazione terapeutica che potrebbe dimostrarsi utile anche nell uomo. Essi hanno preso un ceppo murino affetto da una nota malattia genetica, una SCID (immunodeficienza combinata grave) dipendente da un difetto in un gene chiamato RAG e hanno eseguito la procedura di trasferimento nucleare, trasferendo il nucleo di una cellula di un topo affetto da SCID in un oocita. L embrione così formato è stato poi lasciato svilupparsi fino allo stadio di blastocisti, da cui sono state ottenute CSE. A questo punto i ricercatori hanno utilizzato la procedura della ricombinazione omologa su queste CSE, correggendo quindi il difetto nel gene RAG. Le CSE così corrette sono poi state fatte differenziare verso la linea ematopoietica e sono state poi inoculate in un topo malato. Si è ottenuto un notevole miglioramento della malattia grazie alle cellule inoculate e, dal momento che le CSE erano geneticamente identiche a quelle del ricevente, non vi è stato nessun rigetto. Bisogna stare molto attenti però perché le procedure sono complesse e gli artefatti sono sempre dietro l angolo. Esaminiamo ad esempio questo caso. Il gruppo di Ronald Kay ha fatto differenziare le CSE verso la linea delle cellule delle isole di Langherans che sono quelle che producono insulina: si tratterebbe di un importantissimo progresso verso una futura cura del diabete. In effetti i ricercatori hanno ottenuto cellule che contenevano insulina in quanto reagivano con un anticorpo specifico per questa sostanza.

Ma quando altri ricercatori hanno cercato di riprodurre questi risultati, non sono stati in grado di dimostrare che nelle cellule fosse presente l mrna che produceva insulina. Come poteva esserci la proteina se la cellula non trascriveva il gene dell insulina? Resi sospettosi da questa anomalia, i ricercatori hanno eseguito appropriati controlli e hanno potuto dimostrare che l insulina non era prodotta dalle cellule ma veniva semplicemente assorbita dal terreno di coltura. Le cellule pertanto non si erano affatto differenziate lungo la linea desiderata. Questo esempio dimostra che la strada delle CSE, per quanto promettente, è ancora per molti versi inesplorata. Risultati con cellule dell adulto E nell uomo a che punto siamo? La ricerca qui è molto più lenta, per una serie di ragioni. In primo luogo vi sono problemi etici che rendono difficoltoso eseguire questi esperimenti in molte nazioni. In secondo luogo, vi sono poche linee di CSE umane e, in generale, la loro biologia è poco conosciuta. In terzo luogo, la procedura di clonazione terapeutica richiede degli oociti umani che sono molto difficili da ottenere. Per tutte queste ragioni i risultati sono scarsi. Bisogna tuttavia segnalare che un primo passo è stato eseguito da scienziati coreani che hanno ottenuto CSE attraverso la procedura di trasferimento nucleare in ben 11 pazienti affetti da varie malattie. Questi esperimenti sono stati molto dibattuti. Che dire invece delle cellule staminali dell adulto? Beh, innanzitutto bisogna dire che anche se il termine di CSA è abbastanza nuovo per il grande pubblico, esse sono state

ampiamente utilizzate in terapia umana nel caso del trapianto di midollo e del trapianto di cute. Il trapianto di midollo in fondo non è altro che un trapianto di cellule staminali ematopoietiche e viene usato in moltissime situazioni in cui le cellule del midollo non vengono prodotte o in cui sono difettose per un alterazione genetica. La SCID che abbiamo visto curata nel topo dal gruppo di Jaenisch tramite la clonazione terapeutica, viene abitualmente curata nell uomo mediante trapianto di midollo. In questo caso però vi è il problema del rigetto, per cui se un paziente non ha donatori compatibili le possibilità di successo sono scarse. D altro canto, con i metodi attuali non è facile correggere il difetto nelle CSA, per cui la clonazione terapeutica rimane una scelta che potrebbe avere dei vantaggi. Un altro tipo di risultati ottenuti con le CSA è, a guardar bene, anche il trapianto di organo. Infatti, quando si effettua un trapianto di rene, si trapiantano cellule mature ma anche CSA del rene. Se queste CSA non esistessero nel rene, dopo un po il rene si atrofizzerebbe perché le cellule dell organo vengono costantemente sostituite. Potranno le CSE o le CSA risolvere anche i problemi dei trapianti d organo? Qui il discorso è più complesso, perché anche se le CSE potessero venir indirizzate a produrre cellule renali o se le CSA renali venissero spinte a produrre tutti i tipi di cellule presenti in un rene, come potremmo fare per riformare la struttura tridimensionale dell organo? Il rene è un organo con una struttura così complessa che oggi come oggi non sapremmo da che parte cominciare. Quello della ricostituzione della struttura tridimensionale di un organo è uno dei problemi che inizia oggi ad essere affrontato. Non sappiamo quante difficoltà dovranno essere superate, anche se è probabile che queste difficoltà possano essere diverse a seconda dell organo: ad esempio porrebbe essere più facile costruire un osso che non un rene. E per quanto riguarda il cervello? Si sente molto parlare di cellule staminali per la cura di malattie degenerative come il morbo di Parkinson, la malattia di Alzheimer o la sclerosi multipla. In realtà il

Parkinson è stata la prima malattia neurodegenerativa in cui si è cercato di inoculare cellule per guarire il difetto prima ancora che tutto il dibattito attuale sulle cellule staminali cominciasse. La ragione della scelta di questa malattia è semplice: le cellule che degenerano sono relativamente poche e contenute in una specifica regione del cervello, relativamente ben conosciuta. La patogenesi del Parkinson infatti è dovuta alla morte dei neuroni che producono dopamina e che sono raccolti nella substantia nigra. Negli anni Novanta vari gruppi hanno inoculato cellule, ottenute dalla substantia nigra di feti, nel cervello di pazienti affetti da Parkinson con risultati incerti; l unico studio ben controllato, pubblicato qualche anno fa, ha mostrato che questa procedura non ha sortito alcun beneficio. Questo risultato pone dei dubbi in generale sull approccio dell inoculo di cellule staminali di vario genere nel cervello di malati affetti da malattie neurodegenerative o da gravi traumi cerebrali. La difficoltà da superare infatti è dovuta al fatto che ogni neurone ha un infinità di connessioni che vengono formate prima della nascita (anche se possono poi essere in parte modificate anche durante la vita postnatale) e che non è affatto chiaro come cellule inoculate possano riformarle tutte. Forse la sclerosi multipla, il cui difetto è di natura diversa da quella di Parkinson e Alzheimer, potrebbe giovarsi delle cellule staminali, come recentemente suggerito da uno studio nell animale da parte del gruppo di Gianvito Martino a Milano. Cellule staminali fetali Come abbiamo accennato precedentemente, i primi esperimenti sul Parkinson sono stati effettuati prelevando neuroni dopaminergici dalle substantiae nigrae di feti che erano stati abortiti spontaneamente. In generale, si tende a non utilizzare cellule di feti abortiti volontariamente perché vi sarebbe il pericolo che una gravidanza venisse iniziata al solo scopo di ottenere cellule per trattare i pazienti. Questo approccio fu scelto perché prima del 1998 non si parlava ancora di CSE o CSA neurali. D altro canto erano necessari parecchi feti per trattare un solo paziente, per cui comunque vi era un problema di scarsità di organi. Tuttavia oggi che le nostre conoscenze sulla coltura di cellule staminali sono più avanzate, vi è la possibilità di utilizzare cellule fetali per la medicina rigenerativa. I vantaggi sono molteplici, ma i più rilevanti sono due: () da un lato, non vi sono pregiudiziali etiche all uso di cellule fetali da aborti spontanei; () dall altro è probabile che la potenzialità delle cellule fetali sia comunque più elevata di quelle delle cellule staminali dell adulto. Ad esempio potrebbe essere relativamente facile ottenere cellule staminali fetali (CSF) di tipo neurale che nell adulto non sono di facile ottenimento. Per quanto riguarda le CSF ematopoietiche, potrebbe esservi un vantaggio ulteriore rispetto alle corrispondenti CSA, legato alla risposta immunologica. Infatti nel caso delle CSA ematopoietiche, oltre al classico problema del rigetto presente per tutti gli organi, in cui il ricevente rigetta i tessuti del donatore, vi è anche il problema della graft versus host disease (reazione del tessuto del donatore contro il ricevente) (GVHD) in cui le cellule del donatore non riconoscono quelle del ricevente: questo perché anche il donatore possiede dei linfociti che riconoscono le cellule dell ospite come non-proprie. Ma nel caso delle CSF potrebbe essere che i linfociti siano ancora immaturi e pertanto non ancora educati a riconoscere le cellule dell ospite come diverse da loro. Vale la pena di menzionare qui anche l uso delle cellule del cordone ombelicale. Al momento del parto rimane del sangue nel cordone ombelicale che in genere viene scartato. Si è però visto che tale sangue contiene un buon numero di cellule staminali ematopoietiche che originano dal feto, che possono essere sfruttate per trapianti successivi. Si è così iniziato ad implementare delle banche di sangue ombelicale e a

renderle disponibili alla comunità scientifica. Si tratta di un interessante possibilità, che richiede tuttavia uno sforzo economico non indifferente per la conservazione, la tipizzazione e la distribuzione di queste cellule. Vale la pena infine di menzionare un approccio alternativo al problema del rigetto. Studi nell animale hanno da tempo stabilito che l inoculo di cellule di un altro genotipo nei feti il cui sistema immunitario è ancora immaturo, non vengono rigettate ma vengono riconosciute come proprie dall organismo. In altre parole, si crea una tolleranza verso le cellule inoculate anche se queste hanno un sistema di istocompatibilità diverso da quello dell ospite. Pertanto, si potrebbe pensare di superare il problema del rigetto tramite l inoculo di cellule durante la vita fetale. Questo approccio potrebbe essere utile in tutte le malattie genetiche per le quali esista la possibilità di una diagnosi prenatale, ma è particolarmente importante in tutti quei casi in cui i segni della malattia sono già presenti alla nascita. Si tratta di un approccio che, anche se già utilizzato nell uomo, necessita di essere attentamente verificato per comprenderne pienamente le potenzialità. CONSIDERAZIONI ETICHE E LEGALI Il tema della clonazione, delle cellule staminali e della medicina rigenerativa non sarebbe completo senza una breve discussione delle implicazioni etiche, sociali e legali. Nel 2000, una Commissione di esperti voluta dall allora Ministro della Sanità Umberto Veronesi e presieduta da Renato Dulbecco, affrontava questi temi e emanava un rapporto. Si legge nel rapporto: La Commissione ha riconosciuto esenti da problemi etici irrisolvibili: () l uso delle cellule staminali adulte e da cordone ombelicale () l uso di cellule staminali da materiale abortivo () l uso di cellule staminali da trasferimento nucleare. purché non comporti lo sviluppo di embrioni umani. Queste frasi rappresentano i punti su cui la Commissione ha raggiunto un accordo, anche se sull ultima affermazione ci sono delle interpretazioni diverse. Si legge inoltre che: La Commissione ha lasciato aperto al dibattito etico i seguenti punti: () L uso di materiale da embrioni sovrannumerari. () L uso di singole cellule ottenute dalla blastocisti, durante la fase diagnostica preimpianto della fecondazione assistita () L uso di embrioni prodotti specificamente per scopi terapeutici. Queste frasi invece rappresentano i punti su cui non si è raggiunto un accordo. In realtà, oggi non vi è una legge specifica a proposito di clonazione e cellule staminali. Tuttavia nella legge emanata nel 2004 sulla procreazione assistita sono stati introdotte alcune frasi che sono di rilevanza in questi argomenti. L Art 12, comma 7 recita: Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un unica cellula di partenza, eventualmente identico ad un altro essere umano è punito con la reclusione da 10 a 20 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Questo comma vieta la clonazione riproduttiva.

L Art 13, comma 3 della stessa legge afferma: Sono comunque vietati: c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o scissione precoce dell embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa. Questo comma vieta anche la clonazione terapeutica. Conclusioni Le cellule staminali rappresentano uno strumento di grande interesse per la cura di numerose malattie, genetiche o acquisite, in cui le cellule di un particolare tessuto sono andate incontro a degenerazione e necessitano di essere sostituite. E difficile dire quale dei vari approcci che abbiamo qui brevemente esposto si rivelerà più efficace. La scelta dipenderà sia dai risultati concreti ottenuti con le diverse strategie che da considerazioni etiche.