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Famiglia: Asteraceae Etimologia: Il termine del genere si fa derivare dal greco "krepís", calzatura, sandalo. Plinio usava questo nome per una pianta non bene individuata, forse con il significato di pantofola, ciabatta per via della forma delle foglie. Non sembra che Vaillant, che individuò questo genere, abbia dato una qualche spiegazione dell'uso del termine. Nomi comuni in Italiano: Le Crepis vengono chiamate in italiano dai botanici radicchiella, con l'aggiunta di qualche aggettivo a seconda della specie. Innumerevoli ovviamente, trattandosi di numerose specie comuni, i nomi locali e dialettali. Frequente è tuttavia l'inclusione delle raddicchielle nel più ampio termine di insalata matta, insalata amara, radicchio, cicoria, ecc. - termini con cui in area padana si individuano genericamente l'insieme delle asteracee commestibili - senza particolare individuazione di una specie dall'altra, e similmente in area centrale in quell insieme di erbe amare per le quali si usa il termine grugni o altri simili. In alcune aree del Sud sono particolarmente apprezzate per i loro toni amari e individuate anche qui con diversi termini (in Basilicata si usa il fitonimo maroglia [6]). Somiglianze e varietà: Le specie del genere sono numerose (una quarantina in Italia)e le somiglianze si sprecano. Spesso si tratta anche di piante polimorfe, soprattutto nelle foglie. Le specie prese in considerazione in questa scheda sono quelle che la letteratura riporta come utilizzate a scopi alimentari con maggiore frequenza, insieme ad altre citate solo da qualche autore. Le radicchielle Le radicchielle sono piante per lo più a ciclo biennale ma anche perennanti, con gemme poste a livello del terreno (emicriptofite scapose). Diverse delle specie più utilizzate a scopo alimentare sono polimorfe in misura accentuata e non è sempre facile il riconoscimento, potendosi confondere, soprattutto allo stadio di rosetta, sia con altre piante mangerecce comuni come cicoria e tarassaco che con altre asteraceae. Proliferano del resto negli habitat più vari, pur prediligendo terreni stabili e calcarei: negli incolti, nei coltivi, lungo i margini delle strade di campagna ma anche di città, sulle rive dei luoghi umidi.

Presentano foglie a rosetta nello stadio giovanile, a seconda della specie a volte intere ma anche lobate o pennatosette, e successivamente un asse fiorale allungato o un fusto più o meno lignificato, alto da poche decine di centimetri a oltre il metro, in genere eretto e ramoso, per lo più munito di peli ispidi, con foglie cauline sempre più ridotte, sessili o amplessicauli. I fiori ligulati sono capolini gialli di dimensioni e numero variabili in base alla specie. I frutti sono acheni costolati con pappo. Crepis capillaris Uso delle radicchielle Le radicchielle hanno proprietà e sapore simili a molte erbe amare. Hanno toni di amaro variabili a seconda delle specie, ma sicuramente si tratta di erbe fra le più amare fra quelle usate in cucina, e certamente più di cicoria e tarassaco. Come a queste ultime, anche alle radicchielle si attribuiscono proprietà disintossicanti e depurative del sangue, ma non mancano di altre proprietà terapeutiche, che vanno da quelle diuretiche a quelle antiossidanti nei confronti dei radicali liberi, compresa la prevenzione delle patologie tumorali [6]. Le radicchielle in cucina Le radicchielle trovano in cucina utilizzi simili a quelle della altre asteracee amare più comuni: cicoria, crespigno, tarassaco, ecc.. Si usano pressoché esclusivamente le rosette basali, che si aggiungono alle misticanze d'erbe primaverili, crude (solo alcune specie, dal sapore più delicato) o cotte, insieme ad altre erbe che ne mitigano l amaro. Da sole o in misticanze si possono lessare e poi utilizzare per contorni, condite con olio e limone o variamente ripassate in padella ma sono anche buone per ripieni e altre preparazioni. A volte si possono trovare sui banchi dei mercati che offrono erbe spontanee. Prendiamo qui in considerazione le radicchielle che la letteratura riporta con maggiore frequenza per gli utilizzi alimentari.

Crepis vesicaria L. (Sin.: Crepis scariosa Willd., Barkhausia purpurea Bivona, Crepis purpurea Strudel), chiamata dai botanici radicchiella vescicosa ma comunemente e più spesso con molti altri termini locali. Insieme ad alcune sue sottospecie, con cui talvolta si può confondere, è tra le specie più diffuse e utilizzate a scopo alimentare - le rosette di solito si usano lesse - e si riconosce perché allo stadio giovanile presenta i boccioli racchiusi su se stessi in un caratteristico involucro scarioso (da cui anche il termine del sinonimo) e poi capolini raccolti in un racemo corimboso con numerose corolle ligulate gialle, talvolta venate di Crepis vesicaria rossastro. È fra le radicchielle che raggiungono le maggiori dimensioni ed è presente in tutta Italia - comune in alcune aree centrali vegetando soprattutto negli incolti e in ambienti freschi e umidi. È facilmente reperibile e utilizzabile anche in inverno. Crepis vescicaria L. subsp. taraxifolia (Thuill.) Thell, (Sin.: Crepis vesicaria subsp. haenseleri (Boiss.) Sell, Crepis rutilans Lacaita), dai botanici chiamata radicchiella a foglia di tarassaco. Confondibile allo stadio di rosetta con l altra sottospecie, con la cicoria e certe varietà di tarassaco, con la Crepis biennis e anche con qualche brassicacea, soprattutto in considerazione che anche queste specie presentano una significativa polimorfia foliare. La confusione è però senza nessuna conseguenza, data la comune commestibilità e la bassa tossicità di queste piante. È assai diffusa in area padana. Ha foglie basali ispide e decisamente lobate, più coriacee di altre specie, per cui si consuma cotta. Crepis. vesicaria L. subsp. vesicaria, la stirpe forse più diffusa, anch essa chiamata radicchiella vescicosa ma nota con molti altri termini locali. Crepis leontodontoides All., detta radicchiella italica ma conosciuta anche con termini che richiamano il suo habitat preferito (es.: spaccamuro a Fivizzano), dato che cresce dalla pianura alla montagna in luoghi preferibilmente assolati o sassosi. Diffusa in Piemonte, Liguria e nelle altre regioni sotto il Po, è pianta più delicata e in cucina le foglie delle rosette basali possono essere utilizzate anche fresche nelle

insalate. Si usa in zuppe d'erbe ed è citata negli erbi carraresi o garfagnini o nella vicina cucina massese. Crepis biennis L., radicchiella dei prati. Si utilizzano qui e là in tutta la Penisola le parti aeree più tenere in insalate, zuppe e misticanze. Crepis capillaris (L.) Wallr. (Sin.: Crepis virens L., Lampsana capillaris L.), detta radicchiella capillare, diffusa al Centro-nord della Penisola e conosciuta anch essa con diversi nomi locali (fra i quali tasselle, casselle, cassellore, tutti termini utilizzati in realtà anche per altri generi e specie simili). Le foglie basali si usano crude o cotte, come le altre, ed entrano nella composizione delle più conosciute minestre d'erbe. Crepis bursifolia L., radicchiella tirrenica. Utilizzabile già in inverno, mostra una fitta rosetta da cui in primavera emerge uno scapo gracile ma con molti capolini. Le foglie basali profondamente dentate hanno una lamina increspata e denti mucronati all apice dei denti. È particolarmente apprezzata per l alimentazione in alcune aree etnee (quasi endemica in Sicilia, è chiamata anche ricuttella, probabilmente per via dell abbondante latice), dove viene raccolta e consumata in abbondanza insieme alla radicchiella italica (32). Crepis setosa Crepis neglecta L. (Sin.: Crepis cernua Ten.), detta radicchiella minore, specie di ridotte dimensioni, presente soprattutto negli incolti delle regioni costiere. Usata cotta entra nella preparazione della foja mmisca salentina. Crepis sancta (L.) Babc. (Sin.: Crepis nemausensis Gouan, Hieracium sanctum L., Lagoseris nemausensis Koch, Lagoseris sancta Maly, Pterotheca nemausensis Cass.), detta radicchiella di Terrasanta, ma nota anche come speragne in area centrale, erba piatta o ciocapiat in area bolognese (3), probabilmente perché presenta una rosetta appressata al suolo. Comune nei prati e negli incolti di alcune aree anche nel periodo invernale, ha un sapore meno amaro di altre congeneri e in cucina si usa sia cruda in insalata che lessata.

Crepis setosa Haller fil., detta radicchiella cotonosa per vie delle setole presenti su tutta la pianta. Fra le radicchielle più conosciute, ampiamente presente nei luoghi erbosi, coltivati o incolti che siano, è chiamata anche erba mora e viene utilizzata qui e là in primavera sia in insalata che cotta. Crepis aurea (L.) Cass., radicchiella aranciata. È presente un po in tutta Italia, ad eccezione delle isole maggiori, a quote montane, e viene utilizzata in queste aree. Affine al tarassaco, si utilizza cruda o cotta. I fiori vengono utilizzati in Svizzera per il tè o per colorare il formaggio [6]. E inoltre: Crepis pulchra L., radicchiella dolce, presente nel Centro-Nord, fino alle prime regioni meridionali; Crepis apula (Fiori) Babc., radicchiella pugliese, presente in Puglia, Basilicata e Calabria; Crepis foetida L., radicchiella selvatica, presente in tutta Italia, segnalata per il consumo anche dal Mattirolo in area piemontese [2]. Note Per ciò che qui ci può riguardare maggiormente, in linea di massima anche altre specie di Crepis sono quasi tutte commestibili. Segnaliamo però come pericolosamente tossica la Crepis lacera Ten. (sin. Crepis latialis Sebast.), radicchiella laziale o lattugaccio selvatico, che è diffusa in ambiente montano e submontano ed è morfologicamente riconoscibile dalle più comuni.