Università degli Studi Verona Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche A.A.

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Università degli Studi Verona Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche A.A. 2011/12 L ipotermia terapeutica nel post arresto cardiaco è una pratica efficace in termini di sopravvivenza e di neuroprotezione, è sicura e di facile applicazione? Studente: Silvia Albanese

PREMESSA L incidenza dell arresto cardiaco extra-ospedaliero (out-of-hospital cardiac arrest, OHCA) è stimata in un report della World Health Organization tra i 36 ed i 128 casi per 100000 individui per anno (WHO, 2002). In tale popolazione i tentativi di rianimazione cardiopolmonare compiuti si aggirano attorno all 86% ed una ripresa di circolo spontaneo (return of spontaneus circulation, ROSC) può essere raggiunta in un range compreso tra il 17% ed il 49% (Holzer et al., 2003). In Italia i dati Istat evidenziano circa 45.000 morti improvvise ogni anno. Tra i pazienti inizialmente rianimati con successo, il danno anossico cerebrale è la principale causa di morbidità e mortalità. Almeno l 80% dei pazienti che inizialmente sopravvive ad una arresto cardiaco rimane in coma post-anossico per periodi più o meno prolungati, circa il 40% entra in uno stato vegetativo persistente e la mortalità ad una anno è pari all 80% (Madl et al., 2000). Nonostante il costante aggiornamento delle linee guida internazionali sulla rianimazione cardiopolmonare e sull advanced cardiac life support il tasso di sopravvivenza per gli arresti cardiaci extraospedalieri non è comunque migliorato negli ultimi anni. Le linee guida infatti si focalizzano principalmente sul trattamento fino al return of spontaneus circulation, vista la scarsità di studi relativi all immediato periodo post-rianimatorio. Il completo recupero delle funzioni cerebrali è purtroppo ancora un evento raro. Anche in pazienti selezionati con evento testimoniato ed un intervallo tra arresto cardiaco e inizio delle manovre di Advanced Cardiac Life Support inferiore a 15 minuti, la mortalità a 6 mesi è compresa tra il 40 ed il 55% (HACAG, 2002). Una volta ottenuto un ritorno di circolo spontaneo a seguito di una efficace rianimazione cardiopolmonare si verificano a livello cerebrale complessi meccanismi che portano ad un danno secondario da riperfusione con ulteriore perdita neuronale ed un conseguente peggioramento dell outcome cerebrale (Safar et al., 2002). Molto lavoro è stato speso per migliorare il trattamento di questa patologia nella fase extraospedaliera con lo sviluppo del concetto di catena della sopravvivenza, con la diffusione del concetto di early defibrillation e con la diffusione nella popolazione della cultura e dei concetti della rianimazione cardiopolmonare. La ricerca si è concentrata successivamente sugli aspetti fisiopatologici del danno cerebrale secondario dovuto alla sindrome da ischemia-riperfusione individuata per la prima volta dallo studioso Negovsky nel 1972. Gli ultimi vent anni hanno visto aumentare l attenzione per l ipotermia terapeutica nel trattamento dei pazienti vittime di ACR extra-ospedaliero. Gli studi pubblicati hanno provato in maniera statisticamente significativa l efficacia di tale pratica nel ridurre il danno post anossico cerebrale (Arrich et al., 2012). Tale pratica risulta utile anche per coloro che non hanno avuto un ritmo di esordio defibrillabile come la FV o la TV (Takemoto et al., 2012) e per i pazienti colpiti da danno cerebrale traumatico, da stroke, da febbre (pazienti con problemi neurologici), nell intraoperatorio e nei neonati affetti da encefalopatia ipossico ischemica, nell infarto miocardico (Kees, 2008). Il maggiore effetto protettivo dell ipotermia deriva dalla riduzione globale dei danni a livello cerebrale attraverso diverse vie precoci legate al rallentamento del metabolismo cerebrale (6-10% / C sotto i 37 C), riduzione del danno e disfunzione mitocondriale, riduzione delle disfunzioni della pompa ionica con limitazione dell effetto del Ca++ nella cellula e limitazione dello stimolo neurotossico (produzione dopamina e glutammato), calo della permeabilità della membrana, dell edema citotossico e dell acidosi intracellulare e il contenimento nella produzione di radicali liberi come NO2,O2, H2O2,OH- e vie più tardive come la limitazione del danno da riperfusione e la soppressione dell attività epilettica, il calo di produzione di endotelina e TxA2 e l aumento di prostaglandine, l aumento della tolleranza all ischemia e diminuzione della risposta immunitaria e dell infiammazione cerebrale, riduzione dell attività coagulativa e della formazione di microtrombi, protezione della permeabilità della barriera ematoencefalica e della formazione di edema, depressione diffusa della depolarizzazione, attivazione di geni protettivi precoci, diminuzione della permeabilità vascolare e dell edema, diminuzione del controllo della temperatura da parte del sistema nervoso e dell ipertermia locale, miglioramento del 2

metabolismo cerebrale e riduzione dell acidosi e delle tossine, riduzione dell apoptosi, della proteolisi e del danno al DNA(Mohi et al., 2009). L ipotermia inoltre ha effetti benefici anche a carico di altri distretti come a livello cardiaco con riduzione del consumo di ATP, riduzioni del danno istologico e riduzione del processo apoptotico (Kees, 2009). Il concetto di ipotermia non è di certo recente. L utilità dell ipotermia in medicina è stata riconosciuta fin dall antichità. Ippocrate promuoveva l utilizzo di applicazioni di ghiaccio e neve sugli arti feriti dei soldati. Testimonianze dell epoca napoleonica del chirurgo Barron Larrey evidenziano come gli ufficiali feriti tenuti vicino al fuoco dopo l intervento sopravvivessero meno rispetto ai soldati di fanteria che venivano lasciati in ambiente freddo. Il primo articolo medico sull ipotermia risale al 1945 e si focalizza sugli effetti di essa in pazienti colpiti da importanti lesioni alla testa. Negli anni 50 l ipotermia si diffonde nell ambito della chirurgia degli aneurismi cerebrali permettendo delle zone di arresto del flusso sanguigno. Nello stesso periodo quattro case report dimostrarono i benefici dell ipotermia terapeutica anche nei pazienti dopo un arresto cardiaco (Williams and Spencer, 1958; Benson, 1959) e viene raccomandata come pratica importante nell assistenza post rianimazione negli studi di Peter Safar e Rosomoff nei primi anni 60 (Nikolaos, 2012) Utilizzando campioni ristretti e temperature estreme, tali studi non furono in grado di dimostrare la sicurezza di tale pratica, e l ipotermia fu abbandonata per la difficoltà nella gestione e per gli importanti effetti collaterali come aritmie, disordini coagulativi e polmoniti. Dopo alcuni studi negli anni Ottanta sull efficacia dell ipotermia media su animali, si deve attendere Bernard (2002) per trial randomizzati controllati per la conferma di un significativo miglioramento negli esiti a livello neurologico comparando gruppi pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco sul territorio sottoposti l uno a assistenza abituale e l altro a ipotermia. Dal 2003 ILCOR e successivamente l American Heart Association e European Resuscitation Council raccomandano l uso dell ipotermia (32-34 C per 24h) nei pazienti sopravvissuti a un arresto con ritmo di esordio una Fibrillazione Ventricolare (Joseph et al., 2012). Tale raccomandazione è stata estesa anche negli arresti con altri ritmi di esordio e in quelli intra ospedalieri (Kjetil et al.,2013). La revisione della Cochrane del 2012 conferma i risultati dei precedenti studi che supportano le raccomandazioni ILCOR tuttavia mette in luce il numero ridotto di pazienti coinvolti negli RCT condotti e suggerisce la necessità di ulteriori studi per rafforzare le evidenze e per definire l ottimale temperatura di raffreddamento. Inoltre è necessario riflettere sui motivi della limitata diffusione, non solo in Italia, di tale pratica nonostante le raccomandazioni dal 2003. CAT Titolo: L ipotermia terapeutica nel post arresto cardiaco è una pratica efficace in termini di sopravvivenza e di neuroprotezione, sicura e di facile applicazione? Autori del report: Albanese Silvia Titolo originale e fonte: Arrich J., Holzer M., Havel C., Mullner M., Herkner H.: Hypothermia for neuroprotection in adults after cardiopulmonary resuscitation (Review). Cochrane Database of Systematic Review 2012, Issue 9 Riassunto Quesito e scopo della revisione: sono state condotte una revisione sistematica e una metanalisi per dimostrare l efficacia dell ipotermia terapeutica in pazienti dopo un arresto cardiaco. L obiettivo del lavoro è quello di dimostrare miglioramento del danno neurologico (outcome primario), sopravvivenza e eventi avversi (outcome secondari) conducendo un analisi dei dati dove disponibili e formando dei sottogruppi secondo la tipologia di arresto. 3

Metodi di revisione banche dati e periodo: la ricerca è stata condotta nei database quali il Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL) (The Cochrane Library 2001,Issue 7); MEDLINE (1971- luglio 2011); EMBASE (1987 luglio 2011); CINAHL (1988- luglio 2011); PASCAL (2000- luglio 2011); and BIOSIS (1989- luglio 2011). La ricerca originale è stata condotta nel gennaio 2007. La ricerca è stata condotta cercando le parole chiave nel titolo, nell abstract o come MeSH, oppure utilizzandole come subject heading su MEDLINE o facendole esplodere in EMBASE e CINAHL. Per MEDLINE e EMBASE è stata adottata una strategia di ricerca per individuare gli RCT. Non è stata applicata nessuna restrizione di lingua. Per identificare ulteriori studi è stato chiesto agli esperti informazioni sui trial in corso, sui pubblicati e non in tale ambito. Due ricercatori hanno esaminato indipendentemente tutti le referenze da inserire nella revisione. Criteri inclusione dei disegni di studio, studi inclusi, numero e tipologia: nella revisione sistematica sono stati inclusi 4 trial e 1 abstract per un totale di 481 pazienti. La qualità è risultata buona in 3 su 5 studi sui quali è stata condotta una analisi dei dati. Sono stati inclusi tutti i trial controllati randomizzati e quasi randomizzati che dimostrassero l efficacia dell ipotermia terapeutica dopo un arresto cardiaco sia intra che extraospedaliero con ripresa del circolo (ROSC) dopo rianimazione. Sono stati esclusi i trial randomizzati per cluster in caso di più trattamenti si sono abbinati i gruppi per creare un unica coppia di comparazione. Nonostante lo scarso beneficio dell ipotermia, sono stati inclusi anche pazienti con disturbi neurologici pre arresto dal momento che il loro numero è trascurabile e per la difficoltà reale di raccogliere un anamnesi quando il trattamento post rianimazione ha inizio. La ricerca si è limitata alla sola popolazione adulta raffreddata al di sotto dei 35 C con qualsiasi metodo entro le 6 ore dall arresto cardiaco. Il gruppo di controllo è stato trattato secondo gli standard di trattamento post arresto evidence based al momento dello studio. In un database sono state inseriti misure di validità, l intervento, gli outcome e ulteriori variabili di riferimento. La metanalisi è stata condotta solo per sottogruppi omogenei. Per tali studi sono disponibili dati individuali dei pazienti. E stata accertata la validità interna degli studi inclusi. Principali risultati: La raccolta dei dati su tipologia di studio, partecipanti, interventi e outcome misurati è avvenuta indipendentemente secondo uno schema predefinito. Essa è stata supportata anche dal contributo di alcuni autori degli studi. I risultati (distribuzione interventi, outcome e altre variabili quali cause arresto, setting, testimonianza, ritmo del primo ECG) sono state inserite indipendentemente in un software (RevMan 5.1) e le discrepanze risolte tramite discussione. Tutte le analisi sono avvenute secondo il sistema intenzione al trattamento e sono stati segnalati anche i persi al follow up. Per gli studi ai quali mancava una considerevole quantità di dati è stata riportata una analisi di sensibilità. E stata condotta anche una analisi dei dati per l eterogeneità clinica e statistica (I₂>50%) e realizzata una sintesi quantitativa dei dati dove fosse trascurabile. Per identificare bias di pubblicazione ed eterogeneità è stato adottato il funnel plot. Per gli studi eterogenei per i quali non fosse possibile un analisi quantitativa dei dati individuali è stata condotta una analisi per livelli. La principale misura di risultato è il rischio relativo di ottenere una buona ripresa neurologica (CPC 1-2= buon outcome neurologico). La ricerca nei database ha individuato 1851 studi. 1819 sono stati esclusi in base ai criteri di eleggibilità giudicati da titolo o abstract. I rimanenti 32 studi sono stati analizzati: 11 non originali, 10 non randomizzati, 6 con intervento/gruppo di controllo non idoneo, uno studio in corso, 1 report di studio sono stati esclusi. Sono rimasti 5 trial randomizzati o quasi randomizzati comprendenti 481 pazienti. Solo per tre studi risultati omogenei è stato possibile condurre una 4

analisi dei dati individuali mentre lo studio di Laurent (2005) ha presentato eterogeneità per metodo di raffreddamento (emofiltrazione) e lo studio di Mori (2000) utilizza un metodo non chiaro. L outcome primario è il recupero neurologico. La performance cerebrale è espressa attraverso lo strumento Cerebral Performance Categories (Stiell, 2009) comprendente 5 livelli. Gli autori hanno definito un buon outcome neurologico se CPC 1-2 mentre se CPC>= 3 un outcome sfavorevole. Esso è stato studiato in base a sottogruppi quali causa dell arresto cardiaco, setting dell arresto, testimonianza dell evento, ritmo del primo ECG. Sono stati comparati tre studi che utilizzano metodi di ipotermia simili: 195 casi raffreddati con metodi tradizionali confrontati con 188 pazienti gestiti in normotermia.i risultati mostrano un miglior outcome neurologico nei pazienti sottoposti a ipotermia (I₂=32%,vedi tabella). Per quanto riguarda lo studio di Laurent (2005), che utilizza l emofiltrazione, non si evidenziano differenze statisticamente significative nei due gruppi (test Chi₂ di Pearson= 0,16, P=0,69; RR=0,71; IC 95% (0,32-1,54) mentre nello studio di Mori (2000) risulta una migliore sopravvivenza nel gruppo sottoposto a ipotermia (test Chi₂ di Pearson= 7.78; RR=4,50; IC 95% (1,17-17,30). L outcome secondario prevede la sopravvivenza al momento della dimissione, la qualità di vita a 6 mesi e a lungo termine (> 1 anno), la dipendenza e la valutazione costo-efficacia. Tre studi riportano risultati a favore dell ipotermia per la sopravvivenza alla dimissione (I₂=0%, vedi tabella). Per quanto riguarda lo studio di Laurent (2005) non sono state dimostrate differenze statisticamente significative (test Chi₂ di Pearson=0.77, P=0.38; RR= 0,71; IC 95% (0,32-1,54). Per quanto riguarda la sopravvivenza a 6 mesi e a lungo termine, la qualità di vita a 6 mesi e la dipendenza a lungo termine e la valutazione costo efficacia non vengono forniti risultati. Outcome neurologico e sopravvivenza: raffreddamento convenzionale vs nessun raffreddamento in pazienti adulti dopo rianimazione cardiopolmonare Popolazione: adulti in coma dopo rianimazione cardiopolmonare post arresto cardiaco Setting: (intra/extraospedaliero) Intervento: raffreddamento convenzionale; Intervento di comparazione: nessun raffreddamento Outcomes Rischi relativi (95% CI)* Rischio presunto Rischio corrispondente No raffredd. Raffredd convenzionale Effetto relativo (95%CI) N soggetti Qualità delle evidenze (GRADE) Buon outcome Popolazione di studio RR=1.55 383 +++ 5

neurologico raffreddamento convenzionale con metodi esterni (IPD,CPC1 1-2 durante il ricovero) 35 % 54% (42/68) Rischio medio della popolazione 27% 42% (33/53) (1.22-1.96) 188/195 (3 studi) moderata2,3 Sopravvivenza- Raffreddamento convenzionale con metodi esterni (IPD, sopravvivenza alla dimissione) Popolazione di studio 42% 57% (46/69) Rischio medio della popolazione 32% 44% (36/53) RR=1.35 (1.1-1.65) 383 188/195 (3 studi) +++ moderata *rischio presunto=rischio medio nel gruppo di controllo negli studi. Il Rischio corrispondente è basato su il rischio presunto nel gruppo di controllo e l effetto relativo di intervento,1.cerebral Performance Category (I-V), 2. uno studio quasi randomizzato che non modifica i risultati, 3.numero totale degli eventi < 300 6

Quando si suddividono i soggetti in sottogruppi in base alla causa di arresto (cardiaca/non cardiaca), setting dell arresto (intra/extraospedaliero),evento testimoniato/non testimoniato, ritmo di esordio (VF o TV) osservando il miglior punteggio CPC durante il ricovero si evidenzia come solo per la variabile arresto non testimoniato (22 pazienti) siano evidenti anche se da interpretare con precauzione (RR: 5.31; IC 1.40-20.21; I₂=0%; tre studi). Nessuno studio reclutato fornisce dati su sopravvivenza a lungo termine, dipendenza, qualità di vita e valutazione costo/efficacia. Quattro studi riportano vari effetti avversi quali sanguinamenti, necessità di trasfusioni di piastrine, polmoniti, sepsi, pancreatiti, insufficienza renale o oliguria, emodialisi, edema polmonare, aritmie letali o prolungate, crisi epilettiche, complicanze cardiache, ipocalcemia, ipofosfatemia. Essi non hanno dimostrato differenze significative nei due gruppi. E stata inoltre condotta una analisi di sensibilità per stabilire se la scelta del modello fixed effect/random effect modificasse i risultati. In conclusione la revisione dimostra che l ipotermia terapeutica con metodi convenzionali migliora gli outcome neurologici e la sopravvivenza di coloro che sono stati rianimati con successo dopo un arresto cardiaco. Tale pratica risulta efficace per gli arresti extraospedalieri, per gli eventi legati a presunte cause cardiache e per pazienti con ritmo di esordio di VF o TV. Per gli 7

arresti intraospedalieri, per i pazienti con ritmo iniziale asistolico e per cause non cardiache il campione risulta troppo ridotto per fare inferenze. COMMENTO E IMPLICAZIONI PER LA PRATICA Dopo la pubblicazione di due studi compresi nella revisione (Bernard 2002; HACA 2002) sono state pubblicate le linee guida ILCOR che suggeriscono l implementazione dell ipotermia dopo un arresto cardiaco. Quindi, nonostante i numerosi limiti degli studi, la revisione supporta tali raccomandazioni sull ipotermia come the current best medical practice. Gli studi sono complessivamente buoni, intrapresi in ambito accademico, caratterizzati da criteri essenziali di qualità e con n accettabile di persone perse al follow up. Alcuni problemi si sono verificati nella randomizzazione (Bernard, 2002;HACA,2002), nel mantenimento dell ipotermia (HACA,2002), nella gestione della temperatura di riscaldamento. Inoltre si evidenziano limiti più consistenti quali l analisi su dati singoli limitata solo a tre studi (Bernard, HACA, Hachimi-Idrissi); infatti lo studio di Laurent ricorre a una tecnica di raffreddamento troppo particolare per essere comparata mentre lo studio di Mori non fornisce nessuna informazione sul trattamento. Gli studi randomizzati risultano ridotti così come il numero dei pazienti coinvolti. La precisione dei risultati è bassa soprattutto nei sottogruppi e nell analisi di sensibilità. Gli intervalli di confidenza sono vicini all effetto nullo e osservando gli studi con adeguato mascheramento nell assegnazione si evidenzia come il modello scelto non sia robusto. Inoltre il numero ridotto di studi permette poche comparazioni. Nonostante queste considerazioni l ipotermia è una pratica raccomandata ed è diventata parte del quinto anello della catena della sopravvivenza (post resuscitation care) secondo le raccomandazioni ILCOR (2003) e ERC e AHA (2005). Tuttavia uno studio (Bianchin et al., 2009) mette in luce come nel 2007 solo il 16% delle Terapie Intensive italiane utilizzassero l ipotermia terapeutica nei pazienti post arresto cardiaco. Anche nel resto del mondo survey condotte tra il 2005 e il 2007 non hanno fornito risultati diversi: 30% in Germania, 27% in Inghilterra, 20% negli Stati Uniti mentre in Australia e in Finlandia si raggiungono percentuali più alte (42% e 61%). La survey condotta in Italia rivolta alle 448 UTI mette in luce come il 79,9% (323/404 partecipanti comprendenti 13 Cardiochirurgie,18 Neurochirurgie, 10 UTI Pediatriche, 9 TIPO, 354 UTI Generali) non utilizzi la metodica dell ipotermia. Le ragioni riportate sono varie: mancanza di esperienza/informazione (45%), mancata presa in considerazione (18%), pianificata, ma non ancora implementata (10%), non efficace perché non basata sulle evidenze (9%), tecnicamente troppo difficile (6%), altri motivi (12%). Esiste un metodo di raffreddamento più efficace e sicuro? Gli studi della revisione ricorrono al posizionamento di ghiaccio, alla coperta, al casco e all emofiltrazione ma non viene messa in luce la superiorità in termini di un metodo rispetto ad un altro. Inoltre non è affrontata nessuna analisi di costo/efficacia. Numerosi e avanzati sistemi di raffreddamento sono stati sviluppati negli ultimi anni con l obiettivo di indurre una veloce induzione e per un maggior controllo della temperatura. Alcuni devices sono stati comparati ma non sono risultate differenze significative negli outcome o negli eventi avversi (Nikolaos, 2012). Il device ideale dovrebbe indurre una rapida riduzione della temperatura raffreddando preferibilmente solo gli organi bersaglio, essere versatile (leggero, di ridotte dimensioni, trasportabile e robusto) e applicabile in qualsiasi setting anche durante la rianimazione stessa. Si possono individuare due categorie di metodi per indurre e mantenere l ipotermia: esterni e invasivi. I primi sono i più utilizzati e più semplici da applicare, efficaci nel raffreddare gli organi bersaglio, ma richiedono dalle 2 alle 8 ore per raggiungere la temperatura target e creano brivido. I sistemi di raffreddamento esterni includono dai poco costosi sacchetti di ghiaccio e impacchi di alcool, alle termocoperte con acqua fredda circolante, ai materassi ad aria fino alle placche con acqua circolante a temperatura controllata, costose, ma veloci nell induzione. Strumenti che controllano la temperatura con un feedback sono da preferire ma 8

sono costosi. Tutti i metodi invasivi, eccetto l infusione di fluidi, richiedono l implementazione intraospedaliera a causa della loro complessità e necessità di sterilità. I presidi intravascolari comunque raggiungono temperature target più velocemente, permettono un miglior controllo della temperatura ma hanno il rischio di infezioni vascolari. Essi comprendono le infusioni in carotide, l infusione carotidea con circolazione extracorporea, lavaggi con acqua ghiacciata, bypass cardiopolmonare, lavaggio peritoneale freddo, lavaggio nasogastrico e rettale, infusione di fluidi endovenosi a 4 C rivelatesi efficaci e di facile applicazione nel preospedaliero. Esistono inoltre dei sistemi selettivi quali caschi freddi, raffreddamento transnasale, flush retrogradi in vena giugulare, bypass femoro-carotidei, ipotermia cerebrale intraventricolare. Oltre ai metodi sopracitati le tecnologie biomediche hanno messo a disposizione dei clinici speciali cateteri endovascolari dotati di due o tre palloncini riempiti di soluzione fisiologica a temperatura regolabile da posizionare in vena succlavia, in cava superiore o nella vena femorale. I vari studi condotti con tali devices hanno dimostrato una buona efficacia, gestibilità ed una relativa velocità di induzione dell ipotermia. Recenti evidenze suggeriscono infine l utilizzo di facili e immediati strumenti di raffreddamento farmacologici. In molti casi si è rivelata utile la combinazione di due tecniche La fase di riscaldamento può essere implementata ricorrendo agli stessi sistemi di induzione all ipotermia o attraverso il rewarming passivo. Ogni realtà operativa dovrebbe adottare un metodo o una combinazione di essi in base alla propria organizzazione, al piano assistenziale e alle risorse economiche. L adozione dell ipotermia risulta quindi semplice e deve prescindere dall acquisto di costosi e sofisticati macchinari. Come misurare gli esiti sul paziente dell assistenza post resuscitation? Per quanto riguarda gli strumenti di valutazione del paziente, la performance neurologica è misurata in tutti gli studi analizzati attraverso lo strumento CPC che permette una rilevazione facile e grossolana della capacità del paziente a svolgere attività di vita quotidiana. Convenzionalmente i pazienti vengono suddivisi da questa scala in due classi: Pazienti con good outcome: CPC 1 e CPC 2 Pazienti con poor outcome : CPC 3, CPC 4 e CPC 5 In uno studio condotto sull affidabilità della scala CPC nella valutazione dell outcome dei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extraospedaliero Nesbitt LP et al. ritengono questa scala valida anche se non sufficiente a discriminare con precisione il vero livello della qualità della vita dei sopravvissuti (ad es. funzioni cognitive, impatto sociale), raccomandando di non sostituirla all Health Utilities Index Mark 3(Stiell,2009) L ipotermia migliora la neuroprotezione e la sopravvivenza solo nei pazienti colpiti da arresto cardiaco? Un altro spunto di riflessione riguarda la restrizione alla tipologia di arresti dei due più incidenti studi della revisione: la causa cardiaca o ritmi di esordio VF/TV. Uno studio su pazienti sottoposti a ipotermia dopo arresto cardiaco da ritmo non defibrillabile ha dimostrato risultati simili in termini di buon outcome neurologici a 30 giorni rispetto ai pazienti con ritmo defibrillabile a patto che l intervallo tra evento e ROSC fosse breve (Kagawa,2010). Se si pensa ai meccanismi fisiopatologici dell ischemia cerebrale e alle dinamiche di azione dell ipotermia, tale pratica potrebbe essere estesa anche ad altri ritmi di esordio come l asistolia e a arresti da cause non cardiache. Qual è la temperatura ottimale per raggiungere il miglior esito e minor numero di eventi avversi? Un limite citato prima della revisione associato allo scarso monitoraggio della temperatura ha permesso di osservare la necessità di ulteriori studi con la rilevazione di temperature standardizzate (temperatura esofagea o vescicale) in modo da rendere confrontabili anche i 9

gruppi e gli studi. I risultati di uno studio pilota hanno suggerito che livelli tendenti ai 32 C sono associati a un miglior outcome in termini di sopravvivenza in pazienti con arresto cardiaco dopo ritmo defibrillabile rispetto ai pazienti sottoposti a temperature tendenti ai 34 C.Per quanto riguarda gli eventi avversi non ci sono differenze significative eccetto per le convulsioni (nel gruppo a 34 C) e per le bradicardie (nel gruppo a 32 C). Gli autori suggeriscono come tali risultati dovrebbero essere approfonditi da uno studio più ampio (Lopez de Sa, 2012). Ci sono dei limiti temporali consigliati per iniziare l ipotermia? La revisione non include studi che confrontino una precoce vs tardiva ipotermia (pre-post hospital) nè differenti durate (12-24-48 h). Non esistono attuali evidenze univoche sul momento ottimale in cui iniziare l ipotermia anche se è stata osservata una associazione tra mortalità e tempo di inizio (1 ora di ritardo incrementa il rischio di morte del 20%) (Mooney et al., 2011). Un trial in corso Intra-Arrest Therapeutic hypothermia in Prehospital cardiac arrest (NCT00886184) fornirà dati sulla convenienza di intraprendere l ipotermia nel preospedaliero in termini di limitazione dei danni cerebrali. Nella realtà operativa dell Ospedale San Bortolo di Vicenza si sta realizzando in questi giorni il protocollo per applicazione dell ipotermia in tutti i pazienti adulti rianimati da arresto cardiocircolatorio (ACC) che, dopo ripresa del circolo spontaneo (ROSC), mantengono uno stato di coma (GCS 8) identificato come assenza di risposta alla stimolazione verbale con incapacità di eseguire ordini semplici. Sono stati individuati i pazienti da includere: pazienti con ACC da FV, TV senza polso, asistolia, PEA (sia intra ed che extra ospedalieri), IMA (STEMI-NSTEMI) e pazienti con GCS 8. E i pazienti esclusi: intervallo fra ROSC ed induzione ipotermia > 6 ore, pazienti con GCS 9, trauma maggiore e ustioni estese, stato chirurgico maggiore < 72 ore, stato di infezione sistemica (sepsi - shock settico), T corporea iniziale dopo ROSC < 30 C, accanimento terapeutico: malati terminali, durata del tempo di trattamento rianimatorio, gravidanza, coagulopatia nota/sanguinamento (in atto) sanguinamento intracranico. Si sono poi definiti gli interventi nella fase preospedaliera e intraospedaliera, le metodologie di raffreddamento, il monitoraggio, la terapia farmacologica e la gestione degli eventi avversi. L ipotermia richiede un coordinamento multidisciplinare stretto dal momento che dal momento che viene iniziata sul territorio deve essere mantenuta. A tale scopo si è resa necessaria la stesura protocollo standardizzato che ha visto coinvolti molti professionisti provenienti da CO, Pronto Soccorso, UTI, UTIC, Emodinamica, Laboratorio Analisi e Radiologia. L innovazione dell ipotermia richiede formazione ed educazione sul tema. Inoltre tutti i clinici partecipanti hanno riconosciuto la rilevante importanza della raccolta dati, ritenuta indispensabile per valutare gli esiti e per garantire un programma di miglioramento continuo della qualità e dell efficienza. 10

Citazioni e referenze Arrich J., Holzer M., Havel C., Müllner M., Herkner H. (2012).Hypothermia for neuroprotection in adults after cardiopulmonary resuscitation (Review). CochraneDatabase of Systematic Reviews, Issue 9. Bernard S.A., Gray T.W., Buist M.D. (2002).Treatment of comatose survivors of out-of-hospital cardiac arrest with induced hypothermia. N Engl J Med;346:557-63. Bianchin A.,Pellizzato N., Martano L., Castioni C.A.(2009) Therapeutic Ipothermia in Italian Intensive Care Units: a national survey. Minerva Anestesiologica;75 (6). Hachimi-Idrissi S., Corne L., Ebinger G. (2001).Mild hypothermia induced by a helmet device: a clinical feasibility study. Resuscitation; 51:275-81. Holzer M., Bernard S.A., Hachimi-Idrissi S. (2005). Hypothermia for neuroprotection after cardiac arrest: systematic review and individual patient data meta-analysis. Critical Care Medicine;33:414-8. 11