Dispensa di IL GIOCO E IL GIOCATTOLO NELLA DIDATTICA DELLA SCUOLA DI BASE



Documenti analoghi
I CAMPI DI ESPERIENZA

Istituto Comprensivo Cepagatti anno scolastico

PREMESSA Continuità curricolare Continuità metodologica

Programmazione annuale Scuola dell infanzia di Coniolo. LA CONOSCENZA DEL MONDO (Ordine, misura, spazio, tempo, natura)

Campo d esperienza: IL SE E L ALTRO

FINALITA DELLA SCUOLA DELL INFANZIA

PSA: Laboratorio disciplinare di religione per gli insegnanti della scuola elementare

I TRAGUARDI PER LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE RELATIVI ALL IRC NEI CAMPI DI ESPERIENZA.

Il teatro è uno strumento educativo e formativo che i bambini praticano. da sempre nella forma spontanea e divertente del gioco.

GRUPPI DI INCONTRO per GENITORI

CIRCOLO DIDATTICO DI SAN MARINO Anno Scolastico 2013/2014

IL CURRICOLO DI SCUOLA ARTE E IMMAGINE

LA SCUOLA DELL INFANZIA E LA SCUOLA DELL ACCOGLIENZA, DELLA RELAZIONE, DELLA CURA

Lezione n 2 L educazione come atto ermeneutico (2)

Giochi nel mondo. Laboratorio di intercultura

PROGETTO AFFETTIVITÀ secondaria di primo grado

Psicologia dell orientamento scolastico e professionale. Indice

PLIDA Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri Certificazione di competenza in lingua italiana

PROGETTO ACCOGLIENZA Classi prime Anno scolastico 2012/2013

TOLLO CH -VIA CAVOUR N.2

Progetto per la promozione della lettura INTRODUZIONE

La gestione delle emozioni: interventi educativi e didattici. Dott.ssa Monica Dacomo

PROGRAMMAZIONE COMPETENZE CHIAVE DI CITTADINANZA

Accogliere e trattenere i volontari in associazione. Daniela Caretto Lecce, aprile

IL PAESE QUATRICERCHIO

LA COMUNICAZIONE NELLA MADRELINGUA. Numeri e spazio, fenomeni e viventi (MATEMATICA)

PROGETTAZIONE ANNUALE A.S. 2010/2011 SCUOLA DELL INFANZIA PARITARIA SAN GIUSEPPE SULLE ALI DELLE EMOZIONI

Visita il sito

I libri di testo. Carlo Tarsitani

Progetto LABORATORIO TEATRALE Scuola Primaria Rognoni Sozzago (a. s. 2015/2016)

3 CIRCOLO DIDATTICO DI CARPI ANNO SCOLASTICO 2005/2006

SCUOLA DELL INFANZIA SORBANO DEL VESCOVO ANNO SCOLASTICO Progetto annuale UNA FIABA.. A COLORI!!!

OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO PER LA SCUOLA DELL INFANZIA. Contenuti

ISTITUTO COMPRENSIVO DI PETRITOLI CURRICOLO IN VERTICALE DISCIPLINA: EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA A.S. 2013/2014

Insegnare le abilità sociali con la carta a T. ins. Fabrizia Monfrino

PROGETTARE PER COMPETENZE

YouLove Educazione sessuale 2.0

L USO DELLA PNL IN AZIENDA: COME, QUANDO E PERCHE

Alessandro Ricci Psicologo Psicoterapeuta Università Salesiana di Roma

Attività Descrizione Materiali utilizzati

DALLA TESTA AI PIEDI

Per gli alunni delle classi prime.

Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca Istituto Comprensivo Statale «Gobetti» Via Tintoretto Trezzano Sul Naviglio

Scuola dell infanzia di Loranzè Insegnante: Elisa Marta

ISTITUTO STATALE COMPRENSIVO Magistri Intelvesi San Fedele Intelvi (Como) Anno Scolastico PROGETTO CINEMA

Cartoni animati: alleati educativi?

Il corso di italiano on-line: presentazione

IO, CITTADINO DEL MONDO

Anno Scolastico Progetto di Tirocinio Animazione Musicale

ISTITUTO COMPRENSIVO DI SCUOLA DELL INFANZIA, PRIMARIA E SECONDARIA DI 1º GRADO D E L I A

Momo alla conquista del tempo

DIMENSIONI CRITERI INDICATORI

L intelligenza numerica

SCUOLA INFANZIA-PRIMARIA PRAIA-AIETA-SAN NICOLA ARCELLA ANNO 2014/15

MIND FITNESS STRETCH YOUR BRAIN WITH ART. MIND FITNESS Milano

Manifesto TIDE per un Educazione allo Sviluppo accessibile

Profilo delle competenze Competenza Chiave Discipline coinvolte

CAMPO DI ESPERIENZA: IL SE E L ALTRO

PROGRAMMAZIONE ANNUALE per la classe prima. Matematica

I.C. CLEMENTE REBORA STRESA CURRICOLO VERTICALE DI INGLESE

2 FINALITA FORMATIVE DELLA SCUOLA PRIMARIA

PROGETTAZIONE DIDATTICA CLASSI PRIME ANNO SCOLASTICO ARTE E IMMAGINE. Traguardi per lo sviluppo delle competenze OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO

J. Delors NELL EDUCAZIONE UN TESORO. Rapporto all UNESCO della Commissione Internazionale sull Educazione per il XXI secolo

Progetto. a cura di. Massimo Merulla

QUALE MATEMATICA NELLA SCUOLA DELL INFANZIA. Scuola dell Infanzia Don Milani Anni 2006/2007/2008 Ins. Barbara Scarpelli

LINGUA INGLESE E SECONDA LINGUA COMUNITARIA

La Leadership efficace

UNO SGUARDO OLTRE LA SCUOLA ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO E PROGETTO DI VITA

Modalità operativa un percorso didattico in 4 incontri con relativa scheda di rilevazione

QUESTIONARIO DI EFFICACIA DELL INCONTRO. La valutazione dovrà essere espressa in scala da 1 (per niente) a 5 (pienamente).

RUOLO CENTRALE DEL DS NELL ACCOGLIENZA DEGLI ALUNNI DISABILI COME SENSIBILIZZARE E RESPONSABILIZZARE I DIRIGENTI

CRITERI DI VALUTAZIONE SCUOLA PRIMARIA SCUOLA PRIMARIA

LINGUA INGLESE DALLE INDICAZIONI NAZIONALI

Project Cycle Management La programmazione della fase di progettazione esecutiva. La condivisione dell idea progettuale.

Perchè il disegno è importante?

ISTITUTO COMPRENSIVO DI CANEVA DIPARTIMENTO AREA MATEMATICA-SCIENZE-TECNOLOGIA Scuola Primaria di SARONE. Il Supermercato a scuola

FINESTRE INTERCULTURALI

1) Il mio avatar: uguali o diversi? L esercizio permette di apprendere il concetto di avatar e comprenderne la tipologia.

Anno 2004/2005 CORSO SNES-CSI PER FORMATORI. Bologna, 3 dicembre Lara Rossin

Progetto. a cura di. Massimo Merulla I

EDUCARE ALLA SESSUALITA E ALL AFFETTIVITA

Mentore. Rende ordinario quello che per gli altri è straordinario

ALL. A Competenze chiave di cittadinanza

Griglia di progettazione dell Unita Didattica di Competenza di STORIA

UNA LEZIONE SUI NUMERI PRIMI: NASCE LA RITABELLA

Che volontari cerchiamo? Daniela Caretto Lecce, aprile

28 maggio 2015, LEZIONE 10: La didattica museale

UMAGO ARALDICA ATTRAVERSO GLI OCCHI DEL BAMBINO

L EDUCAZIONE AMBIENTALE E IL RINNOVAMENTO DEL PROCESSO DI INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTO. Carlo Fiorentini

L UOMO È CIÒ CHE MANGIA

AUTOREGOLAZIONE PER IL COMPITO

Percorsi di Educazione alla legalità per la scuola primaria e la scuola secondaria di primo e secondo grado

I 12 principi della. Leadership Efficace in salone

Problemi tra prima e seconda

SCUOLA PRIMARIA SCIENZE NATURALI E SPERIMENTALI. Competenza: 1. Comunicazione efficace Indicatore: 1.1 Comprensione

Memory Fitness TECNICHE DI MEMORIA

Alla ricerca dell algoritmo. Scoprire e formalizzare algoritmi.

GLI OGGETTI E LE LORO PROPRIETA

PROMUOVERSI MEDIANTE INTERNET di Riccardo Polesel. 1. Promuovere il vostro business: scrivere e gestire i contenuti online» 15

Transcript:

Università degli Studi della Basilicata Dispensa di IL GIOCO E IL GIOCATTOLO NELLA DIDATTICA DELLA SCUOLA DI BASE Dott.ssa Elena Musci elemusci@hotmail.com I Testi di approfondimento Alcuni giochi realizzati durante il laboratorio Una bibliografia 1

IL GIOCO E LA SCUOLA. DEFINIZIONI E RIFLESSIONI. IL DEBRIEFING. - Di Elena Musci, In INSEGNARE STORIA. Guida alla didattica del laboratorio storico, a cura di P. Bernardi, UTET Università, Torino 2006: - Il laboratorio con i giochi didattici, pp. 226-239.. Il gioco e sue definizioni Descrivere il gioco è compito arduo. Secondo alcuni è arduo quanto descrivere l amore o la libertà. Molti sono gli studiosi che si sono cimentati in questa impresa, ed è possibile trovare classificazioni e categorizzazioni sul gioco che, per esempio, prendono in considerazione come variabili entro cui ingabbiarlo la Simulazione, il Game (gioco come insieme di regole) e il Ruolo 1, oppure le componenti di Agon (competizione), Alea (fortuna), Mimicry (simulacro) e Ilynx (vertigine) in ballo tra Paidia (fantasia incontrollata, improvvisazione) e Ludus (tendenza a superare gli ostacoli) 2. Per chi volesse approfondire questi aspetti, rimandiamo ai testi indicati nella bibliografia ragionata. Quello che a noi interessa in questa sede è riconoscere gli elementi peculiari del gioco che ci possono servire per ragionare sul suo inserimento nella realtà scolastica e nel contesto disciplinare delle scienze sociali. Quali sono dunque queste caratteristiche, quelle che ci permettono di dire che un attività è un gioco? Quali sono gli elementi che la rendono tale senza alcun dubbio? Il fatto che ci siano delle regole da rispettare, che i giocatori competano per la vittoria 3 e che questa vittoria sia interna alla logica del gioco stesso: si vince seguendo non le regole di tutti i giorni, ma quelle proprie del mondo in cui il gioco ci inserisce. Ancora, il fatto che queste attività si svolgono in un tempo limitato e distinto dalla vita comune (qualcuno ha parlato a questo proposito di mondo simulato ). Ed infine, ma non da ultimo, un gioco è qualcosa di piacevole! Le attività ludiche possono avere altre caratteristiche, ma solo la contemporanea presenza di queste ci permette di dire che quello a cui stiamo pensando è un gioco. Come ci suggerisce Arnaldo Cecchini, esistono attività piacevoli ma senza regole, o con regole ma non per vincere (come i passatempo), o che si svolgono nel mondo reale (basti pensare alla seduzione), ma esse per un verso o per l altro non sono giochi, il che sia ben chiaro, non le diminuisce (né le accresce), le caratterizza soltanto 4. Un ulteriore contributo in questa ricerca di sistematizzazione ci è data da Roger Caillois 5, che riconosce il gioco come un'attività: - LIBERA E VOLONTARIA: a cui il giocatore non può essere obbligato senza che il gioco perda subito la sua natura di divertimento attraente e gioioso. Esso esiste solo se i giocatori hanno voglia di giocare e lo fanno, e se hanno la possibilità di smettere quando lo desiderano; 1 Cecchini, A. Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi del nuovo millennio. edizioni la meridiana, Molfetta 1993. Pagg. 21-22. 2 Caillois, R. (1967). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Bompiani, Milano 1981. Pag. 55. 3 Secondo alcuni studi, fra cui Giuliano L., I padroni della menzogna, Meltemi, Roma 1997, esistono però dei giochi, come quelli di ruolo, in cui il carattere agonistico è assente, in cui «la competizione [ ] non è fine a sé stessa, ma è una guida per la narrazione». A questo proposito si dovrebbe discutere sul preciso significato della parola vittoria. Il nostro invito è a prendere queste questioni non come un vincolo classificatorio, ma come uno spunto per la problematizzazione. 4 Cecchini, A. (1993), Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi op. cit., Molfetta 1993. Pag. 10. 5 Caillois, R. (1967). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine. Bompiani, Milano 1981. Pagg. 19-26. 2

- SEPARATA: circoscritta, con chiari limiti nel tempo e nello spazio; - INCERTA: il cui svolgimento non può essere noto preliminarmente, così come il risultato. Il gioco consiste nella necessità di trovare o inventare una mossa che, pur mantenendosi all interno delle regole, sia libera; - IMPRODUTTIVA: che non crea nessun elemento nuovo nel senso di beni e ricchezze. Ad eccezione di uno spostamento di proprietà all'interno della cerchia dei giocatori, essa riporta a una situazione identica a quella dell'inizio della partita 6. - REGOLATA: sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie 7 e instaurano momentaneamente una legislazione nuova (precisa, arbitraria e irrevocabile) che è la sola a contare 8 ; - FITTIZIA: accompagnata dalla consapevolezza che essa fa entrare in un mondo virtuale, diverso dalla vita di tutti i giorni. Ci sembra che la seguente formula riassuma efficacemente quanto detto fino ad ora: «il gioco è un attività piacevole che ha fine in se stessa, che è sottoposta a regole ma è scelta liberamente, si svolge in un mondo simulato ed ha come obiettivo la vittoria» 9. Ma allora se si definisce gioco un attività scelta liberamente, è possibile per un insegnante costringere gli alunni a giocare? Ancora, se si definisce gioco un attività che ha fine in se stessa, è possibile per un insegnante far giocare gli alunni con la consapevolezza che il gioco è loro proposto affinché imparino qualcosa? È possibile cioè proporre un gioco il cui fine è altro rispetto alla vittoria e quindi al gioco stesso? Un gioco può essere didattico? Ovvero, ha senso far giocare i propri studenti? A scuola vengono inserite attività ludiche di diverso genere. Se pensiamo alla scuola dell infanzia e a quella elementare dovremo riconoscere che il gioco è spesso presente, soprattutto grazie all idea che esso sia nella natura stessa del bambino e che i primi apprendimenti avvengano in forma ludica: il gioco, facendo parte della sfera culturale dell infanzia e dell adolescenza è vissuto in modo spontaneo e naturale come fattore inevitabile di comunicazione e di motivazione, che stimola l interazione e la scoperta di nuove qualità negli altri 10. Durante queste attività i bambini acquisiscono abilità legate alla capacità di relazionarsi con gli altri, al rispetto delle regole, allo sviluppo della concentrazione, al pensiero progettuale (per vincere, devo agire in un modo piuttosto che in un altro) e gli insegnanti lo sanno bene. Ma spesso questo tipo di gioco è lasciato ai momenti di intervallo, come fosse uno svago necessario e al contempo utile, fra una lezione e l altra. Alcuni insegnanti, invece, utilizzano attività ludiche per l accoglienza, per stimolare la capacità di lavorare in gruppo, o per l orientamento valorizzando in modo consapevole quelle proprietà che rendono un gioco utile in senso educativo per il semplice fatto di essere giocato 11. 6 Anche nei casi dei giochi d azzardo, la somma delle vincite non può che essere uguale a quella delle perdite degli altri giocatori e spesso, anzi, le è inferiore a causa di spese come quelle di gestione o come le tasse. 7 Per giochi come quello con le bambole o del fare il treno o il cavallo, Caillois afferma che il sentimento del come se che li caratterizza ne costituisce la regola assolvendone la stessa funzione. 8 Insopportabile in un gioco non è infatti il baro, che aggira le regole fingendo di rispettarle, ma il guastafeste, colui che si rifiuta di giocare e/o che denuncia l assurdità delle regole. 9 Cecchini, A. Il gioco tra game e play. In Cecchini, A.; Montanari, P. I mondi op. cit. Pag. 10. 10 Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio per giocare. Arti Grafiche Edoardo Liantonio, Matera 2001. pag. 13. 11 Sembra avvicinarsi a questa posizione Frabboni, F., Pinto Minerva, F. Introduzione alla pedagogia generale. Laterza, Roma-Bari 2003. Pagg. 250-252, in cui, senza entrare nel merito delle didattiche disciplinari o di specifiche definizioni e tipologie di gioco, si auspica che la scuola elevi "il gioco a cultura", riponendovi così una enfasi eccessiva sottolineata da espressioni come "medicina pedagogica vincente", "potente controveleno educativo", "presenza propulsiva a tutto 3

In altri casi l insegnante propone un gioco per stimolare gli apprendimenti, per far vivere in modo ludico un esercizio altrimenti pesante. Siamo di fronte ad una pratica che Visalberghi definisce ludiforme 12. Egli afferma che il ludiforme caratterizza quelle attività giocose che hanno carattere ludico, allegro, ma che non hanno fine in sé stesse. Le attività ludiformi, dunque, sono assimilabili ai giochi didattici perché il fine che si persegue non è interno a ciò che si fa, non si conclude con il gioco, ma rimane esterno al giocare e, normalmente, esso è predeterminato dall adulto 13. In questo senso il gioco diviene lavoro vestito di ludicità, un supporto per sedurre l allievo. La posizione assunta nel presente saggio è differente: nell insegnamento della storia non è importante inserire il gioco come strumento ingannatore. La proposta qui presentata non verte su esercizi vestiti di ludicità, ma sull inserimento di giochi veri e propri, creati appositamente per il contesto formativo o per esso riadattati ad hoc. Questo perché il gioco consente di stimolare abilità in storia che altrimenti sarebbe molto difficile attivare e consente a livello immediato di acquisire conoscenze storiche altrimenti difficili da raggiungere. Il problema però resta: cosa accade quando in classe presentiamo un gioco disciplinare, quando l insegnante vuole che attraverso un gioco gli alunni imparino come viveva un cavaliere medioevale o quali merci circolavano nel Mediterraneo del Trecento? Gli insegnanti che si sono cimentati in questa impresa, sanno bene che gli studenti sono abili a scovare l esercizio mascherato da gioco e che non basta dire adesso facciamo un gioco! per ottenere l entusiasmo generale, soprattutto se le esperienze precedenti non sono state onestamente ludiche (ovvero gratuite, libere, ecc ). È innegabile che il gioco didattico, pensato per un uso scolastico, perde parte di quella gratuità e libertà di scelta che caratterizza l attività ludica extrascolastica, in quanto proposto dal docente e non liberamente scelto. Tuttavia esso conserva, se ben gestito, tutte le caratteristiche che lo rendono gradevole ai ragazzi e agli adulti. Bisogna evitare però che il gioco utilizzato a scuola venga appesantito da esercitazioni classiche che lo risucchino nella tipica rigidità del sistema scolastico. Deve rappresentare un momento a sé stante, un occasione per suscitare interesse, per aprire nuove porte mentali, per riflettere sulle proprie esperienze, e soprattutto per divertirsi 14. Come sottolinea Cecchini, «un gioco usato per educare deve essere un vero gioco e il suo primo obiettivo è creare un mondo, un ambiente, un comportamento, sviluppando il gusto per il piacere e, con esso e in esso, la curiosità, l audacia, la combattività, la cooperazione, la determinazione lasciando anche tuttavia apparire la crudeltà. L educazione viene veicolata dal gioco in modo inconsapevole ma efficace, per gioco appunto. Il che non implica senza fatica: giocando si suda, ci si sforza, si accetta lo stress; ma è una fatica scelta liberamente. Noia, ripetitività, fatica, tenacia nel gioco non sono oppressive, autoritarie, eterne. Imparare il gioco e giocare può surrettiziamente veicolare oltre che competenze anche nozioni e conoscenze. Sta al progettista di giochi riuscire a farlo all interno di un bel gioco, di un vero gioco» 15. E sta, inoltre e soprattutto, al conduttore (master) riuscire a far emergere, in uno spazio di tempo successivo, le nozioni e le conoscenze presenti nel puro spazio di gioco. La nostra posizione, infatti, campo, ecologica", ecc. Sul gioco per l accoglienza, l orientamento e il lavoro di gruppo, si veda Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio op. cit., in particolare la seconda parte. 12 Cfr Visalberghi, A. Esperienza e valutazione. Taylor, Torino 1958. 13 Staccioli, G. Il gioco e il giocare. Carocci, Roma 1998. Pag. 16 14 Caporusso, M., Impellizzeri, F., Musci, E. E in gioco la storia. In Guaragno, G., Guerzoni, M., Roda, M. (a cura di), Labirinto. Edizioni la meridiana, Molfetta 2000. Pag. 9. 15 Cecchini, A. Chi ha paura dei videogiochi?. In Tantucci, A. P., Cecinelli, E. Europa Ludens. Edizioni la meridiana, Molfetta 2000. Pag. 37. 4

è che si debba proporre a scuola un gioco educativo, nel senso di «un gioco-giocato più una disamina (debriefing) della partita» 16. Il debriefing La parola debriefing, mutuata dal mondo militare, è ormai di uso comune fra gli esperti di didattica ludica. Essa indica il dopogioco, la ristrutturazione cognitiva dell agito ludico 17, la sua analisi scientifica. Il debriefing è quel momento del gioco educativo in cui gli studenti si fermano a riflettere e portano alla luce quanto attivato nella fase ludica. È ormai chiaro che non stiamo parlando di un appendice del gioco, ma di un momento essenziale che richiede il giusto tempo e la giusta concentrazione. Durante l attività ludica vera e propria ogni giocatore "mette in gioco" la propria dimensione affettiva, cognitiva e del desiderio, sia a livello personale che, in certi casi, anche del gruppo. Nella fase di rielaborazione è essenziale che i giocatori compiano un processo di negoziazione di significati 18 in cui socializzino quanto vissuto. Essenziale è l analisi di ciò che è accaduto: il gioco ci permette di inserire il modello proposto nel campo dell esperienza, sia che si tratti dell avventura di fondare una colonia nella Magna Grecia, sia che si tratti di fare gli interessi di una multinazionale nel mondo globalizzato. Questa ricchezza non può essere perduta o lasciata al caso, ma va fatta sedimentare attraverso un percorso di consapevolizzazione collettivo. «Il processo di debriefing può essere quindi definito come quella riflessione a voce alta che il gruppo al termine dell attività fa per metacomunicare sui punti di forza e sui punti deboli del lavoro svolto assieme e che i singoli giocatori compiono riflettendo sui contributi personali o gli errori individuali commessi nel lavoro di gruppo» 19. In questo momento, infatti, l errore assume un significato non penalizzante: se già durante il gioco esso era stato vissuto come momento da cui ripartire e ripensare le proprie strategie senza essere per questo esclusi dalla competizione, adesso diviene spunto di riflessione. Le domande sugli errori commessi consentono di ripercorre le dinamiche di gioco, di compiere analogie immediate con l argomento storico affrontato e capire perché una strategia non si è rivelata vincente. Perché, per esempio, un viaggio compiuto da Corinto verso le sponde della Magna Grecia nel 710 a. C. è molto rischioso se viene fatto navigando per mare aperto e non con una rotta di cabotaggio. Il ruolo del docente nel debriefing Realizzare un buon debriefing significa uscire con una certa consapevolezza dal micromondo in cui il gioco ci ha catapultato: il master deve condurre il gruppo con sapienza in questo percorso, rispettando il desiderio dei giocatori di raccontare la propria esperienza e nello stesso tempo dando a questa esperienza la sua contestualizzazione storica di riferimento. Se è il docente a rivestire il ruolo del master, egli deve prestare particolare attenzione: nel debriefing può avere una funzione che è simile a quella abituale, ma che non coincide con essa. Gli studenti non devono sentirsi sotto esame, altrimenti verrebbe vanificato lo spirito del gioco. Né, d altro canto, questo momento deve coincidere con una lezione cattedratica in cui l insegnante rende partecipi gli studenti di quello che avrebbero dovuto apprendere nella fase ludica. Egli deve 16 Cecchini, A. Ancora Homo Ludens, in Cecchini, A. et al, I giochi di simulazione nelle scuola. Zanichelli, Bologna 1987. Pag. 24. 17 Le riflessioni in Italia sul debriefing partono inevitabilmente dai testi presenti in Marcato, P., Del Guasta, C., Bernacchia, M. Gioco e dopogioco. Edizioni la meridiana, Molfetta 1995. 18 Per l'idea di educazione come processo sociale di negoziazione di significati si veda l'opera di L.S. Vygotsky. Cfr. Bruner J. (1986), La mente a più dimensioni. Laterza, Roma-Bari 2003. 19 Musci, E., Il debriefing. In Cecchini, A., Lupoli, M. G., Musci, E. Un laboratorio op. cit. Pag. 33. 5

essere piuttosto un facilitatore, colui che stimola il dialogo, la circolazione di idee e la riflessione sulle stesse. Per quel che riguarda i concetti storici egli dovrà guidare i ragazzi alla loro negoziazione, comprensione e condivisione, soprattutto qualora il gioco li contenesse in modo implicito. Questo è forse il momento più difficile per un docente se ha deciso di condurre il gioco nella propria classe: deve fare attenzione a non cedere alle dinamiche di tutti i giorni. Ha davanti a sé un ottima occasione per scoprire aspetti diversi dei propri alunni, anche di quelli che solitamente partecipano di meno alle lezioni. Deve cercare di ascoltare tutti e di dare a ciascuno il tempo necessario per riflettere ed esprimersi. È importante non dare la parola sempre agli stessi e assumere un reale atteggiamento incoraggiante nei confronti di chi solitamente è in disparte o si esprime con difficoltà. Le fasi del debriefing Al momento del debriefing i giocatori devono poter percepire che il gioco è terminato: far riporre il materiale sui banchi e disporre le sedie in circolo aiuta in questa operazione. Per uscire a pieno dal momento ludico, il master deve tenere ben presente le fasi del debriefing 20 : Fase 1: la descrizione: il master invita ciascuno ad esprimersi senza il timore di essere giudicato. È importante che si stabilisca un clima di rispetto e che le impressioni siano condivise in un racconto collettivo. Fase 2: l analogia analisi: il master e la classe esaminano in modo puntuale il modello del gioco e il significato storico di alcuni elementi ludici. Si individuano i possibili parallelismi con il mondo reale. Se il gioco prevede un trucco (se per esempio alcuni gruppi vengono avvantaggiati a discapito di altri), è questo il momento di dichiararlo per esaminarne insieme i motivi. Fase 3: l applicazione: i partecipanti si interrogano sugli apprendimenti: quali scoperte rilevanti sono state fatte? Possono queste essere utili per lo studio di altri argomenti o per ulteriori ricerche? «Attraverso il racconto del gioco i ragazzi stanno già affrontando i contenuti e i concetti di storia che volevamo far loro conoscere attraverso la pratica diretta del gioco. Sarà interessante per i ragazzi scoprire quanto hanno imparato giocando» 21. Anche chi non studia, o studia male potrà dire di avere imparato argomenti, concetti, termini ed eventi della storia. 20 Cfr. Steinwachs, B., Come facilitare un debriefing. In Marcato, P., Del Guasta, C., Bernacchia, M., Gioco op. cit. Pagg. 179-186. 21 Impellizzeri, F. Il gioco nella programmazione di storia. In Brusa, A., Il nuovo racconto delle grandi trasformazioni. Guida per l insegnate per il primo anno, Paravia-Bruno Mondadori, Milano 2004. Pag. 85. 6

IL GIOCO Di Rossella Andreassi La valenza formativa del gioco è rintracciabile in tutte le culture. In più il gioco ha due caratteristiche fondamentali: l universalità e la transculturalità. Il gioco deve essere integrato nel curricolo scolastico (o Piano di Lavoro) non come un esperienza episodica e legata al concetto di ricreazione, ma deve rappresentare una vera e propria attività formativa pienamente integrata nel processo formativo. Il bambino ha tre livelli di rappresentazione della realtà: attivo, iconico, simbolico, corrispondenti ciascuno a tre modalità della conoscenza: mediante l azione, l immaginazione, e in ultimo la simbolizzazione 22. I primi livelli di sviluppo della conoscenza sono, quindi, di natura esecutiva e, prima ancora che il bambino sia in grado di rappresentarsi il mondo con simboli relativamente indipendenti dall azione, egli apprende attraverso le azioni concretamente e abitualmente compiute per conoscerlo. E la concretezza del pensiero infantile esige una scuola del bambino che sia scuola di vita e di esperienze, colorata da curiosità e da personali esperienze... 23. Nel gioco il bambino impara a fruire dell ambiente che lo circonda, modificandolo, e impara anche a valutare i propri limiti per superare o evitare gli ostacoli, a operare confronti; in una parola sola, impara ad agire. La definizione del gioco sulla base del piacere non può essere considerata corretta. Occorre analizzare il gioco dal punto di vista del soddisfacimento dei bisogni soggettivi. E, sul piano evolutivo, non vi può essere per l individuo progresso e crescita se non si tengano nel dovuto conto i suoi bisogni, le sue inclinazioni, le motivazioni ad agire. Secondo Lev S. Vygotskij il gioco sorge nel corso dello sviluppo del bambino nel momento in cui si manifestano tendenze irrealizzabili, così che il gioco può essere interpretato come realizzazione immaginaria e illusoria di desideri irrealizzabili 24. In questa concezione, il gioco, essendo essenzialmente appagamento dei desideri, crea una situazione immaginaria; importante è che questa situazione sia vicina a quella reale, in modo tale da poterla sfruttare didatticamente. Quindi gioco come straniamento, come possibilità di leggere la realtà, in un modo più vicino a sé e alla propria realtà di bambino. Il gioco è importante perché è una forma di competizione e collaborazione con se stessi e con gli altri: nell ambito ludico si possono scoprire più saperi e scoprire gli altri nella loro diversità e conseguentemente se stessi come identità personale e culturale 25. Il prodotto dell assimilazione dell esperienza e dell adattamento ai propri schemi mentali è l apprendimento. Il gioco 26 come mezzo per l apprendimento è utilizzato anche nelle strategie didattiche, per rendere il processo formativo del ragazzo più personale e più vivo. In questo caso il gioco, ovviamente, avrà delle regole e delle finalità particolari. Spesso si parte dal presupposto che il gioco a scuola è usabile solo per la scuola dell infanzia e solo in alcuni casi per la scuola primaria. Si tralascia spesso la valenza educativa e formativa che può avere il gioco, relegandolo spesso solo alle sue funzioni ricreative. 22 PERLA L., Conoscere giocando con le mani, in Per una didattica dei beni culturali, «Cultura ed innovazione», trimestrale di problemi culturali ed educativi, anno V, n. 3-4, sett.-dic. 1990, Mandese ed., pp. 63-64. 23 Ivi, p. 63. 24 CAMILLETTI E., Riflessioni sul ruolo del gioco nella psicodinamica dello sviluppo soggettivo, in Il gioco nella scuola di base, Camilletti E., Locarno F., Giunti Lisciani ed., Firenze 1994, p. 71. 25 Ivi, p. 73. 26 Per approfondimenti sul ruolo del gioco nell apprendimento: CECCHINI A., LUPOLI M.G., MUSCI E., Un laboratorio per giocare, Arti Grafiche Liantonio, Matera 2001. 7

Il gioco è una cosa seria : credendo in questa affermazione è possibile costruire delle attività realmente formative, ma anche divertenti. L opinione più diffusa è invece che lo studio è una cosa seria e come tutte le cose serie porta con sé fatica, sudore, e perché no, noia. Attraverso le attività laboratoriali e ludiche si può far scoprire al ragazzo un altra realtà: lo studio e la conoscenza sono conquista, piacere, avventura, e divertimento ed è possibile sperimentare tutto ciò attraverso una didattica innovativa 27. TIPOLOGIA LUDICA PRESCELTA: IL GIOCO COOPERATIVO 28 I giochi possono essere di vari tipi. In questo contesto abbiamo scelto di privilegiare il gioco di tipo cooperativo: ciò che caratterizza il gioco cooperativo è l assenza di un vincitore e di un vinto perché non ci sono avversari ma obiettivi da conquistare. La competizione non è eliminata ma è incanalata verso il raggiungimento degli obiettivi del gioco: un enigma da risolvere, un tempo entro cui agire, un prodotto da realizzare. Gli ostacoli da superare non sono gli avversari ma le mete da raggiungere. Il gioco a modo d essere solo grazie alla collaborazione tra i vari giocatori: ognuno contribuisce con la sua collaborazione all andamento del gioco. L interazione cooperativa permette a ciascuno di ampliare le proprie competenze operando in sinergia con gli altri. Un altro elemento che facilita la comunicazione all interno del gioco è la struttura circolare, di reciprocità e uguaglianza. Tutti hanno la possibilità di comunicare e tutti hanno la possibilità di partecipare. Un altro elemento fondamentale è la flessibilità e interscambiabilità dei ruoli che si può vivere all interno dei giochi. Il gioco cooperativo infatti può essere anche di tipo simulativi: cioè è chiesto ai ragazzi di calarsi in altre situazioni in altri ambienti sociali, geografici e storici per comprendere situazioni e acquisire concetti in maniera diretta. Il gioco deve costituire l'occasione per vivere sino in fondo un rischio simulato dal quale si possa uscire indenni dopo aver giocato. CONDUZIONE DEL GIOCO Il successo di un attività di tipo ludico è legato anche alle capacità del conduttore (professore o operatore didattico), che deve saper cadenzare i tempi, animare le situazioni ludiche, mediare in eventuali situazioni di conflitto (scaturite dal gioco), leggere attentamente i processi di interazione al gioco e con i compagni in modo tale da poterli riproporre a conclusione dell attività. Le competenze del conduttore devono pertanto insistere nell'area psicopedagogica. Conduttore di giochi non ci si improvvisa, tanto più quando questi ultimi sono stati pensati come episodi metodologici all'interno della strategia didattica in un iter formativo 29. Il conduttore del gioco, o master, oltre che creare aspettative e motivazioni, deve fungere da arbitro e da guida, deve assicurare lo svolgimento corretto delle varie fasi del gioco. Inoltre deve chiarire i problemi di natura lessicale/concettuale che possono sorgere durante lo svolgimento del gioco. Soffermarsi nelle spiegazioni può divenire uno dei punti chiave del meccanismo didattico: l'interazione tra elementi di conoscenza e meccanismo di gioco crea una situazione di ascolto favorevole. ELEMENTI COSTITUTIVI DI UN GIOCO 27 IMPELLIZZERI F. (a cura di), Io studio, tu studi noi giochiamo, intervista ad Antonio Brusa, in Marcondiro, anno I dicembre 1998, pp 2-5. 28 DI MONICA V., DI RIENZO A., MAZZINI R., Le Forme del gioco, Carrocci Faber, Roma 2005, pagg. 16-19 29 P. MARCATO, Introduzione, in P. MARCATO, C. DEL GUASTA, M. BERNACCHIA, Gioco e dopogioco, La Meridiana, Molfetta, 1996, pp.7-11. 8

Nella costruzione di un gioco bisogna unire varie componenti tra cui: - l' hardware (il tavoliere, le carte, le fiches) - il software o le regole (le procedure formali obbligatorie e/o consentite che devono/possono essere seguite nel gioco) - la strategia e l'evoluzione (ai giocatori si devono consentire margini di manovra all'interno delle regole prescritte) - la conquista dell'obiettivo (i modi per concludere il gioco sono di solito definiti dall'obiettivo per il quale i giocatori lottano e ciò determina il vincitore) - la competizione/collaborazione - il caso (l'elemento casualità può esistere a diversi livelli, dall'uso dei dadi alle carte degli imprevisti) 30. L'elemento casualità va sottolineato: le procedure scolastiche simulano eventi casuali sottoposti alla teoria delle probabilità e si prestano a rappresentare con un buon grado di verosimiglianza processi reali sottoposti ad un insieme di condizioni non numerabili. E' il caso, ad esempio, della simulazione di eventi bellici o di andamenti produttivi. Ci si può chiedere, per concludere, quale posto può occupare il gioco didattico così costruito, nell'attività scolastica? Di quali aspettative didattiche dobbiamo caricare questa attività? Il gioco rappresenta un momento di rottura nell'attività didattica: usa infatti strumenti diversi dai soliti (dadi, pedine, plance, carte ), modifica la disposizione fisica dell'aula, consente di svolgere un'attività di gruppo competitiva e/o collaborativa, consente di ricollocarsi all'interno di un gruppo che spesso tende a perpetuare ruoli e gerarchie. Offre a tutti gli alunni pari opportunità in quanto tutti, anche i meno dotati e i cosiddetti ragazzi difficili, possono partecipare, purché sappiano entrare nella dinamica del gioco. ------------------------------------------------------------------------------------------------ I Laboratori Bruno Munari http://www.brunomunari.it/i_laboratori.htm Il primo laboratorio per bambini - Milano 1977 "Ciò che distingue questo laboratorio da tutti gli altri laboratori esistenti è il metodo" scrive Bruno Munari nella presentazione del primo laboratorio per bambini alla Pinacoteca di Brera, Milano, 1977. Non un semplice "parcheggio", dove i bambini possono giocare con pennelli e tempere, "liberi di fare quello che vogliono avendo davanti agli occhi le riproduzioni esposte nel museo... (libertà che è un abbandonarli all'imitazione) e nemmeno soltanto un "raccontare" le opere d'arte..." Che cosa si propongono i laboratori Munari propone di insegnare ai bambini come si guarda un'opera piuttosto che leggerne solo il contenuto o il messaggio. L'arte visiva non va raccontata a parole, va sperimentata: le parole si dimenticano, l'esperienza no. Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco, soleva ripetere l'artista, citando un antico proverbio cinese. Nel Laboratorio "si gioca all'arte visiva", si sperimentano tecniche e regole ricavate dalle opere d'arte di ogni epoca e di ogni luogo, trasformate in giochi: è facendo che si scoprono le qualità diverse dei materiali e le caratteristiche degli strumenti. I bambini imparano giocando. Nei laboratori Munari pertanto si intende promuovere la conoscenza e la comprensione delle tecniche dell'espressione e della comunicazione artistica, affinchè si possa fruirne con maggiore consapevolezza e spirito critico. Come si fa: "Capire che cos'è l'arte è una preoccupazione (inutile) dell'adulto. Capire come si fa a farla è invece un interesse autentico del bambino". In questa riflessione Alberto Munari, docente di psicologia dell'educazione all'università di Ginevra, indica il principio essenziale del metodo. Le idee non vengono proposte dagli adulti, nascono dalla sperimentazione, 30 D: CROOKALL, Concetti fondamentali dei giochi di simulazione, in A. CECCHINI, F. INDOVINA, Simulazione, Franco Angeli, Milano 1987, pp. 155-170. 9

secondo il principio didattico: "Non dire cosa fare ma come". Il metodo si basa sul fare affinchè i bambini possano esprimersi liberamente senza l'interferenza degli adulti, diventando indipendenti e imparando a risolvere i problemi da soli. "Aiutami a fare da me" è anche il motto di Maria Montessori Che cos è il Laboratorio Il laboratorio è dunque un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco: è il luogo privilegiato del fare per capire, dove si fa "ginnastica mentale" e si costruisce il sapere. E anche un luogo di incontro educativo, formazione e collaborazione. Uno spazio dove sviluppare la capacità di osservare con gli occhi e con le mani per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi e conoscere di più, dove stimolare la creatività e il "pensiero progettuale creativo" fin dall'infanzia. A chi si rivolgono i laboratori Le attività proposte nel laboratorio di Brera erano dedicate ai bambini delle scuole elementari; in seguito vennero estese ai bambini delle materne, ai ragazzi delle medie e talvolta anche a quelli delle superiori. Oggi i laboratori si rivolgono a piccoli e grandi, dai due ai novant'anni! Che cosa si fa: si gioca con l arte Le tecniche e le regole sperimentate nel laboratorio di Brera furono: il Divisionismo, i Segni, le Texture, Lontano e Vicino, ovvero la prospettiva cromatica, Formati Diversi, il Collage, Forme Componibili, il Colore, le Gabbie e le Proiezioni Dirette. Seguono i Laboratori Tattili realizzati in occasione della mostra Le mani guardano (Milano, Palazzo Reale, 1979), Giocare con l'arte a Palazzo Reale all'interno della mostra antologica dell'artista (Milano 1986/87) Giocare con la natura, al Museo di Storia Naturale (Milano, 1988) e al Museo Pecci di Prato nel 1992 il Lab- Lib ovvero il laboratorio liberatorio per le combinazioni di materiali, per citare solo quei laboratori realizzati nei musei e progettati dallo stesso Munari con i suoi collaboratori. Elencarli tutti sarebbe lungo. Nel corso degli anni vari temi sono stati sviluppati e approfonditi nel rispetto delle indicazioni metodologiche dell'artista, fino ai recenti progetti speciali. Il Laboratorio al Museo Internazionale delle Ceramiche - Faenza 1979 Il secondo Laboratorio creato da Munari in una struttura museale nel 1979 è quello nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, per volere del direttore, Gian Carlo Bojani con l'intento di avvicinare i bambini all'arte in modo concreto per favorire la comprensione delle opere esposte nel museo, non certo per avviarli alla professione del ceramista nè per farne futuri artisti. Nel laboratorio i bambini sperimentano la manipolazione della materia e le tecniche della ceramica: possono giocare con argille e colori, liberi di fare quello che creativamente sentono e visualmente vedono. Attraverso la sperimentazione di una serie di tecniche in successione, si intende promuovere le capacità di codificazione e di rielaborazione: pertanto la conoscenza dei codici elementari non è finalizzata a una ripetizione meccanica condizionante, ma alla possibilità e alla necessità, in termini formativi e creativi, di una "loro manipolazione", sviluppando così le capacità soggettive. Le tecniche e le regole che si continuano a sperimentare nel laboratorio di Faenza sono: Manipolazione guidata, Texture, Calco in gesso, Lucignolo, Palline, Sfoglia, Trafila, Terre colorate, Decalcomania, Ingobbio e Perle."Non può esservi manipolazione, rielaborazione e creatività se non vi è conoscenza" osserva Bruno Munari e aggiunge: "Non è importante l'oggetto finito, ma il percorso che il bambino fa per arrivare allo stesso". Il Metodo Bruno Munari Il metodo "Giocare con l'arte", come viene inizialmente chiamato, suscita un enorme interesse, sia in Italia sia all'estero. Bruno Munari, artista e designer, ma anche pedagogo intuitivo, lo definiva un metodo attivo-scientifico, affermando di sentirsi vicino a quello della Montessori. Applica i principi fondamentali della "pedagogia attiva", come sostiene il figlio Alberto Munari nell'illuminante saggio Munari, Piaget e Munari, dove descrive le numerose convergenze di pensiero tra suo padre e Piaget, di cui Alberto fu collaboratore diretto. Entrambi sono contrari all'imposizione, entrambi propongono il fare: sperimentare, cercare e scoprire da soli, in modo autonomo. 1

Un metodo fatto soprattutto di azioni didattiche ispirate a principi per lo più di origine orientale. Principi espressi con frasi semplici, essenziali, per essere capite bene da tutti. Ma spesso fraintesi. "E' tutto qui? Facile, troppo facile..."semplificare è più difficile che complicare..." soleva ripetere l'artista. Un metodo "in progress", perchè intende lasciare ampio spazio di azione creativa a chi ad esso si ispira. ----------------------------------------------------------------------------------------- Classificazione dei giochi (Caillois) - Agonisti (agon) rispondono al bisogno umano di competizione - Di fortuna (alea) sono i giochi di sfida alla sorte come la tombola - Di vertigine (ilinx) il cui piacere nasce dalla vertigine, come le montagne russe - Di finzione (mimicry) cioè i giochi del far finta di... ------------------------------------------------ Il gioco permette - di acquisire: competenze sviluppo dell'identità relazioni sociali interiorizzare regole e valori motivare all'apprendimento. Attraverso il gioco l'uomo apprende - i comportamenti - il fatto che esistono categorie di comportamenti. INDICAZIONI PER IL CURRICOLO per la scuola dell infanzia e per il primo ciclo d istruzione LA SCUOLA DELL INFANZIA Per ogni bambino o bambina, la scuola dell infanzia si pone la finalità di promuovere lo sviluppo dell identità, dell autonomia, della competenza, della cittadinanza. Campi di esperienza I campi di esperienza sono luoghi del fare e dell agire del bambino orientati dal-l azione consapevole degli insegnanti e introducono ai sistemi simbolico-culturali. Traguardi per lo sviluppo della competenza Il sé e l altro Le grandi domande, il senso morale, il vivere insieme 1

Il bambino sviluppa il senso dell identità personale, è consapevole delle proprie esigenze e dei propri sentimenti, sa controllarli ed esprimerli in modo adeguato. Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, della comunità e sviluppa un senso di appartenenza. Pone domande sui temi esistenziali e religiosi, sulle diversità culturali, su ciò che è bene o male, sulla giustizia, e ha raggiunto una prima consapevolezza dei propri diritti e dei diritti degli altri, dei valori, delle ragioni e dei doveri che determinano il suo comportamento. Riflette, si confronta, discute con gli adulti e con gli altri bambini, si rende conto che esistono punti di vista diversi e sa tenerne conto. Comprende chi è fonte di autorità e di responsabilità nei diversi contesti, sa seguire regole di comportamento e assumersi responsabilità. Il corpo in movimento Identità, autonomia, salute Il bambino raggiunge una buona autonomia personale nell alimentarsi e nel vestirsi, riconosce i segnali del corpo, sa che cosa fa bene e che cosa fa male, conosce il proprio corpo, le differenze sessuali e di sviluppo e consegue pratiche corrette di cura di sé, di igiene e di sana alimentazione. Controlla la forza del corpo, valuta il rischio, si coordina con gli altri. Esercita le potenzialità sensoriali, conoscitive, relazionali, ritmiche ed espressive del corpo. Conosce le diverse parti del corpo e rappresenta il corpo in stasi e in movimento. Linguaggi, creatività, espressione Gestualità, arte, musica, multimedialità Il bambino segue con attenzione e con piacere spettacoli di vario tipo (teatrali, musicali, cinematografici ); sviluppa interesse per l ascolto della musica e per la fruizione e l analisi di opere d arte. Comunica, esprime emozioni, racconta, utilizzando le varie possibilità che il linguaggio del corpo consente. Inventa storie e si esprime attraverso diverse forme di rappresentazione e drammatizzazione. Si esprime attraverso il disegno, la pittura e altre attività manipolative e sa utilizzare diverse tecniche espressive. Esplora i materiali che ha a disposizione e li utilizza con creatività. Esplora i primi alfabeti musicali. Esplora le possibilità offerte dalle tecnologie per fruire delle diverse forme artistiche, per comunicare e per esprimersi attraverso di esse. I discorsi e le parole Comunicazione, lingua, cultura Il bambino sviluppa la padronanza d uso della lingua italiana e arricchisce e precisa il proprio lessico. Racconta, inventa, ascolta e comprende le narrazioni e la lettura di storie, dialoga, discute, chiede spiegazioni e spiega, usa il linguaggio per progettare le attività e per definirne le regole. Riflette sulla lingua, confronta lingue diverse, riconosce, apprezza e sperimenta la pluralità linguistica e il linguaggio poetico. Formula ipotesi sulla lingua scritta e sperimenta le prime forme di comunicazione attraverso la scrittura, anche utilizzando le tecnologie. La conoscenza del mondo Ordine, misura, spazio, tempo, natura Il bambino raggruppa e ordina secondo criteri diversi, confronta e valuta quantità; utilizza semplici simboli per registrare; compie misurazioni mediante semplici strumenti. Colloca correttamente nello spazio se stesso, oggetti, persone; segue correttamente un percorso sulla base di indicazioni verbali. 1

Si orienta nel tempo della vita quotidiana. Coglie le trasformazioni naturali. Prova interesse per gli artefatti tecnologici, li esplora e sa scoprirne funzioni e possibili usi. È curioso, esplorativo, pone domande, discute, confronta ipotesi, spiegazioni, soluzioni e azioni. LA SCUOLA DEL PRIMO CICLO La finalità del primo ciclo è la promozione del pieno sviluppo della persona. La scuola accompagna gli alunni nell elaborare il senso della propria esperienza, promuove la pratica consapevole della cittadinanza attiva e l acquisizione degli alfabeti di base della cultura. IL SENSO DELL ESPERIENZA La scuola favorisce lo sviluppo delle capacità necessarie per imparare a leggere le proprie emozioni e a gestirle, per rappresentarsi obiettivi non immediati e perseguirli. Promuove inoltre quel primario senso di responsabilità che si traduce nel fare bene il proprio lavoro e nel portarlo a termine, nell avere cura di sé, degli oggetti, degli ambienti che si frequentano, sia naturali sia sociali. Sollecita gli alunni a un attenta riflessione sui comportamenti di gruppo al fine di individuare quegli atteggiamenti che violano la dignità della persona e il rispetto reciproco, li orienta a sperimentare contesti di relazione dove sviluppare atteggiamenti positivi e realizzare pratiche collaborative. Crea contesti in cui gli alunni trovano stimoli al pensare analitico e critico, coltivano la fantasia e il pensiero divergente, si confrontano per ricercare significati ed elaborare mappe cognitive. L ALFABETIZZAZIONE CULTURALE DI BASE La scuola primaria mira all acquisizione degli apprendimenti di base, come primo esercizio dei diritti costituzionali. Ai bambini e alle bambine che la frequentano va offerta l opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili. Si pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeti delle discipline, permette di esercitare differenti potenzialità di pensiero, ponendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico. LA CITTADINANZA L educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative. Obiettivi irrinunciabili dell educazione alla cittadinanza sono la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in modo consapevole e che implicano l impegno a elaborare idee e a promuovere azioni finalizzate al miglioramento continuo del proprio contesto di vita. Così intesa, la scuola diventa luogo privilegiato di confronto libero e pluralistico. L AMBIENTE DI APPRENDIMENTO Il primo ciclo persegue efficacemente le finalità che le sono assegnate nella misura in cui si costituisce come un contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativo per tutti gli alunni. A tal fine è possibile individuare, nel rispetto della libertà di insegnamento, alcune IMPOSTAZIONI METODOLOGICHE DI FONDO. - Valorizzare l esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi contenuti. - Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità, per fare in modo che non diventino disuguaglianze. - Favorire l esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze. 1

In questa prospettiva, la problematizzazione svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi, a sollevare domande, a mettere in discussione le mappe cognitive già elaborate, a trovare piste d indagine adeguate ai problemi, a cercare soluzioni anche originali attraverso un pensiero divergente e creativo. - Incoraggiare l apprendimento collaborativo. Imparare non è solo un processo individuale. - Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere, al fine di imparare ad apprendere. Riconoscere le difficoltà incontrate e le strategie adottate per superarle, prendere atto degli errori commessi, ma anche comprendere le ragioni di un insuccesso, conoscere i propri punti di forza, - Realizzare percorsi in forma di laboratorio, per favorire l operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Roma, settembre2007[estratti http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/dir_310707.pdf 1

I GIOCHI Di Beniamino Sidoti Alberi per discutere Chi: almeno 15 bambini o ragazzi da 9 anni in su Cosa: discutere intorno a un tema accogliendo posizioni diverse Dove: occorre una parete vuota di almeno 4 metri di lunghezza Quando: meno di due ore, all inizio o a conclusione di un percorso Perché: per ragionare intorno a un tema e fare emergere la complessità Il gioco dell albero consente di raccogliere, in forma di scrittura collettiva, le opinioni di tutti in forma più articolata, a partire da due frasi stimolo tronche, una legata al piacere e l altra alla paura. Il tema che abbiamo scelto per il nostro corso erano le parole ; altro bel tema può essere la città. Su una finestra sufficientemente grande o su una parete libera, appendiamo due fogli grandi (50 x 70 cm circa) a circa due metri di distanza l uno dall altro, sulla stessa parete; prepariamo anche, ritagliandole dalla carta da pacchi, delle strisce di carta bianca lunghe circa settanta centimetri e larghe circa dieci. Serviranno inoltre dei pennarelloni grandi, dei fogli di carta colorata, un paio di forbici e due rotoli di scotch. Annunciamo che faremo un ragionamento collettivo in forma di albero: i due fogli bianchi saranno i tronchi dei nostri ragionamenti, cioè le affermazioni di partenza da sviluppare. Su un tronco scriviamo la città mi piace ; sull altro la città mi fa paura Dividiamo la classe in sei piccoli gruppi; a ogni gruppo diamo due strisce di carta. Ogni gruppo deve scrivere su ogni striscia la continuazione di una delle due frasi, quindi attaccare le due strisce con lo scotch alla parete, inclinate rispetto alle frasi tronco in modo da ricordare il ramo di un albero; è vietato nominare delle persone nei rami. Quando tutti i gruppi hanno attaccato le proprie strisce, rileggiamo cosa è stato scritto, ripetendo a ogni cambio di frase la frase iniziale. Per esempio se due rami attaccati a la città mi piace sono perché è sicura e perché ci stanno i miei amici, si legge la città mi piace perché è sicura; la città mi piace perché ci stanno i miei amici. Adesso invitiamo tutti, anche singolarmente, a far crescere le affermazioni, attaccando ulteriori strisce di carta (più sottili) a quelle esistenti, con specificazioni o cambi di senso. Ognuno può attaccare la propria striscia/ramo a qualsiasi ramo esistente (non ci sono rami propri o rami degli altri ), tranne che al tronco; ogni frase va quindi letta contestualmente (cioè come il seguito della frase/ramo cui è attaccata) Quando non ci sono più rami da attaccare, o quando tutti sono soddisfatti del risultato raggiunto, rileggiamo la complessa ramificazione dei due alberi, ripetendo la frase di partenza ogni volta che cambiamo ramo Volendo, si possono completare entrambi gli alberi con l'aggiunta di foglie, fiori o frutti - piccoli pezzi di carta colorata, su cui scrivere commenti di poche parole (massimo tre), e che possono essere attaccati in qualsiasi punto dell'elaborato (riferiti a quel punto) Si rilegge ancora una volta tutto quanto A questo punto, cosa manca? Le radici. Attacchiamo alla base degli alberi sei/sette pozze d acqua che nutrono entrambi gli alberi. Devono essere dei termini preferibilmente dotati di una certa ambiguità: il potere, per esempio, può nutrire sia l albero della città che mi piace che quello della città che mi fa paura. Le parole dovrebbero essere quelle emerse dalla discussione e dal lavoro svolto insieme nel corso. 1

Attaccate le sei pozze o sorgenti, chiediamo a ognuno, individualmente, di mettere le radici che desidera. Una radice è un filo che collega uno dei due alberi a una delle pozze (per una più efficace discussione nel dopogioco può convenire usare due colori diversi per ciascuno degli alberi; per esempio, l albero della città che mi piace avrà radici blu e l altro verdi). Via via che vengono messe le radici, ognuno dovrà chiamarle per nome: come si chiama la radice che collega la città che mi piace al potere? Possibilità? Occasioni? Libertà? (la scelta è personale e anonima). Il nome va scritto su un cartoncino colorato e bucato in un angolo, e legato alla radice cui si riferisce. È lecito usare anche frasi più articolate per spiegare concetti meno chiari. Si continua finché tutti non desiderano aggiungere altro. Si rilegge un ultima volta, e si discute. Note La scelta delle frasi stimolo scritte sui due tronchi è importante: qui abbiamo suggerito di centrarle sulla città, tema che però potrebbe in alcuni contesti essere fuorviante. Suggeriamo in generale di circoscrivere la riflessione sulla paura a un ambito più limitato, dicendo cosa ci piace o ci fa paura: la casa, la scuola, la discoteca ; le frasi tronco saranno allora: la casa mi piace / mi fa paura, la scuola mi piace / mi fa paura, eccetera. Se si vuole lasciare ai partecipanti un pezzo di albero da portare a casa, li si può invitare a cogliere una foglia o un frutto dall'albero (ovvero le parole singole). La costruzione dell albero è ispirata al metodo di Bruno Munari (Disegnare un albero, Zanichelli, Bologna, 1978 ora riedito da Corraini, Mantova, 2004). ---------------------------------------------------------------------------------- Da I Draghi locopei Di Ersilia Zamponi ACROSTICI (pagg. 44-45) Scegli una parola e scrivila verticalmente in stampatello; poi componi una frase usando parole che comincino con le lettere incolonnate. Alcuni acrostici composti dai ragazzi: Là Un Cucciolo Amico Fragile Anatroccolo Beve In Osteria Con Immenso Amore Ovunque MESOSTICI (pag. 46-47) Scegli una parola (o una breve frase) e scrivila verticalmente in stampatello. Inserisci quindi - su righe orizzontali - ciascuna lettera in una parola o frase, cosi che complessivamente ne risulti un testo collegato in qualche modo alla parola iniziale. Facendo questo gioco è possibile scrivere un messaggio, dentro il quale ce ne sia -seminascosto - un altro. La parola verticale potrebbe essere anche il tuo nome o il nome della persona a cui è indirizzato il messaggio. Alcuni mesostici scritti dai ragazzi: anche altri papaveri radunano ardui giochi innocenti amore sono annoiato vieni facciamo qualcosa camminando sulla strada di catrame disegno un volto magico caro padre mi dispiace ma Devo girare il mondo ABBECEDARIO (pag. 48-49) 1

Scegli un tema e mettilo come titolo. Poi scrivi le lettere dell'alfabeto verticalmente in stampatello. Ciascuna lettera sarà l'iniziale di una parola o frase che ti verrà in mente pensando al tema; alla fine risulterà un testo nato dalla tua fantasia e per lo stimolo iniziale delle lettere dell'alfabeto. Due testi scritti dai ragazzi: MARE A nnegato nell'acqua B ruciato dal sale C ircondato dal mondo D entro una fossa E norme F ruga G rida Ha I ncontri L unghi M a lievemente N oiosi O ndeggia P ercuote. O uando R ide S enza riso, T remendamente U mida V iene Z ompando la notte. ANDREA BRICCHI (AUTORITRATTO) A bile B ricchi C alciatore D isperso E saltatore F into di paglia G iovane H anno detto I mbrigliato L aborioso M ancato sciatore N on proprio perfetto O dioso alle volte P asta buona. Q uando gioco R ischio non troppo S e potessi guardare dentro il cuore T roppo bravo sarei U n V istoso Z atterone. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Da Il gioco nella didattica interculturale Di Pasquale D Andretta ETICHETTIAMOCI ( pagg 49-50) Il conduttore invita i partecipanti ad un ricevimento ed incolla sulla fronte di ciascuno dei giocatori un etichetta, preparata in precedenza, su cui è scritto un apprezzamento molto negativo nei suoi confronti. Naturalmente si tratta di apprezzamenti assai fantasiosi ed attribuiti a caso, senza nessuna motivazione. Durante il ricevimento, ciascuno degli "invitati" può leggere agevolmente l'etichetta che portano incollata sulla fronte tutti gli altri, ma non può prendere visione della sua: in questa condizione di incertezza, ogni giocatore deve affrontare le conseguenze sociali dell'etichetta che, suo malgrado, gli è stata incollata sulla fronte, ed assumere nei confronti degli altri giocatori il comportamento che ritiene più adeguato all'etichetta che porta sulla fronte ciascuno di loro. 1

La discriminazione, per funzionare efficacemente, ha bisogno del pregiudizio: si tratta di una condizione sicuramente necessaria, anche se non sempre sufficiente. Chiunque sia rimasto vittima di una discriminazione, del resto, lo ha imparato molto bene, e a sue spese... E se invitassimo in classe, con l'aiuto di una maschera di buona fattura, il Lupo Cattivo... in persona e gli chiedessimo di raccontarci il suo punto di vista sulla nota vicenda in cui si è guadagnato quella fastidiosa etichetta? DIRITTI IN GIOCO ELENA MUSCI elemusci@hotmail.com Il progetto prevede dieci incontri da tre ore. Ogni incontro dura tre ore ed è focalizzato su uno dei diritti: Diritto all identità Diritto ad essere difesi Diritto alla salute Diritto all istruzione Diritto al gioco Diritto all informazione Diritto all educazione Diritto alla vita e allo sviluppo Diritto alla libertà e alla pace Diritti e doveri: il rovescio della medaglia Schema degli incontri: 1. lettura e commento della storia di Piumini lo zio diritto. Capitolo relativo al diritto da esaminare. 2. Disegno della scena che più ha colpito del racconto dello zio diritto e suo commento (questa parte viene realizzata dalla seconda classe con cui lavoro, mentre la prima classe, più problematica, ha bisogno di tempi molto più dilatati per svolgere le singole attività) 3. Attività ludico-pratica sul tema individuato. 4. Elaborazione di un cartellone o di elaborati individuali ogni volta con forme espressive diverse. Primo incontro: il diritto all identità 1. Le maestre si presentano con l acrostico del proprio nome Estrosa Linguacciuta Entusiasta Notturna Amichevole I bambini realizzano il loro acrostico. I compagni lo leggono ad alta voce e lo commentano con un applauso. 2. Si procede all attività Alberi per pensare. L argomento di discussione è una versione più comprensibile per i bambini: invece che io ho diritto a.., Io ho bisogno che/di Il gioco dell albero consente di raccogliere, in forma di scrittura collettiva, le opinioni di tutti in forma più articolata, a partire da una frase stimolo tronco. In questo modo si rilevano le preconoscenze e le idee imprecise dei bambini sull argomento. 1

3. Lettura della storia Lo zio diritto. 4. Realizzazione del cartellone: Diritto all identità: hai il diritto ad avere un nome, e al momento della nascita, il tuo nome e il nome dei tuoi genitori e la data dovrebbero venire scritti. Secondo incontro: il diritto ad essere difesi 1. Lettura della storia 2. Gioco di movimento I bambini vengono divisi in 3 gruppi: coloro che acchiappano, ovvero i PIGLIATUTTO (colore verde), coloro che scappano, ovvero i CORRI-CORRI (colore rosso) e coloro che fanno la casa, ovvero i RIFUGIO (colore azzurro). Per ogni bambino viene realizzato un cartellino da appendere al collo: PIGLIATUTTO CORRI CORRI RIFUGIO 1

I corri-corri ricevono in dotazione 2 fiches colorate. Se vengono acchiappati da un pigliatutto, devono dargli una fiches. Quando i corri-corri vengono acchiappati da un pigliatutto che ha già preso altre fiches, gli consegnano tutte le fiches ed escono dal gioco. I corri-corri che restano senza fiches escono dal gioco. I corri-corri possono entrare nel rifugio e qui ricevono una fiches. Nel rifugio si può restare solo il tempo di contare fino a 5. (I bambini-rifugio consegnano una fiches al corri-corri e contano fino a 5. Poi lo fanno andare via). Il gioco finisce quando il numero dei corri-corri è uguale al numero dei rifugi. (ogni bambino ha una casa che lo protegge) Scopo del gioco è per i bambini che scappano, restare con almeno una fiches per i bambini che acchiappano, avere più fiches possibili Il gioco si ripete fino a quando i bambini non hanno sperimentato i 3 ruoli. Debriefing (dopogioco) Come ti sei sentito quando rincorrevi? Realizza un disegno che lo esprima. Come ti sei sentito venivi rincorso? Realizza un disegno che lo esprima. Come ti sei sentito quando hai trovato rifugio nella casa? Realizza un disegno che lo esprima. Realizzazione del cartellone finale. I bambini hanno scelto di disegnare un albero perché la chioma è per loro simbolo di sicurezza. All interno della chioma hanno scritto: Quando sono al sicuro, mi sento Terzo incontro: il diritto alla salute e all assistenza Gioco dell oca sulle diverse fasi dell infanzia. Per ogni tappa i bambini ricevono elementi sul loro stato di salute e sulla loro condizione sociale. 2