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Transcript:

Illustrazione ddl iniziativa popolare "Garanzia delle pensioni di anzianità con quaranta anni di contributi e delle pensioni di vecchiaia" Marzo 2012 Voglio illustrare il disegno di legge di iniziativa popolare che abbiamo preparato in tema di riforma dei trattamenti pensionistici per garantire le pensioni di anzianità con quaranta anni di contributi e le pensioni di vecchiaia, cioè quelle che spettano al raggiungimento di una certa età anagrafica. È necessario ritornare al vecchio sistema pensionistico, quello vigente prima della drastica manovra Monti-Fornero del dicembre 2011. Per darvi modo di comprendere pienamente il cambiamento radicale a danno dei lavoratori che tale riforma sta producendo, abbiamo preparato un documento che illustra il sistema previdenziale dopo la riforma Sacconi dell'estate 2011, seguito da una breve sintesi delle principali modifiche apportate dalla manovra Fornero del dicembre 2011. Vi apparirà evidente come il sistema pensionistico vigente oggi stia producendo e produrrà, soprattutto nel prossimo futuro, effetti devastanti per i lavoratori e le lavoratrici del nostro Paese; si è intervenuti pesantemente sia sulle pensioni di anzianità, di fatto cancellate, che su quelle di vecchiaia. Nel dettaglio, fino alla fine dell'anno scorso nel nostro Paese erano in pag. n. 1

vigore 3 sistemi di calcolo della pensione, diversi a seconda di quando un lavoratore aveva iniziato a lavorare: il contributivo, basato sui contributi versati rivalutati, per chi aveva iniziato a lavorare dopo il 1995; il retributivo, calcolato sulle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro, per chi al 31 dicembre 1995 aveva già maturato 18 anni di contributi; e quello misto, per chi, pur avendo iniziato a lavorare prima del 1996, non aveva a quella data ancora maturato 18 anni di contributi. Inoltre fino a dicembre dello scorso anno era in vigore il sistema della finestra mobile per l'accesso alla pensione, cioè il lavoratore prendeva l'assegno di pensione dopo un anno dalla maturazione del diritto se era dipendente e dopo 18 mesi se era autonomo, con eccezioni previste per la scuola e alcuni lavoratori in mobilità. Per quanto riguarda l'età di pensionamento, si era attuato l'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita, secondo il principio che vivremo sempre più a lungo. Inoltre con la riforma Sacconi si era previsto l'aumento graduale fino a 65 anni dell'età pensionabile delle donne nel settore privato, così da equipararla a quella delle donne nel settore pubblico (età che era stata adeguata con manovra dell'estate 2010). Dal 2014 ci sarebbe stato l'aumento ma piano piano, pochi mesi per volta. E questo obiettivo si raggiunse solo perchè la Lega Nord e Bossi si impuntarono per difendere le pensioni delle donne. Adesso passiamo alla riforma Monti-Fornero che ha cancellato quello che, in materia previdenziale, era stato fatto dai governi precedenti. Si sono eliminate le finestre pensionistiche e si è aumentata l'età pag. n. 2

pensionabile di colpo, prevedendo penalizzazioni per chi andrà in pensione anticipata anche dopo oltre 40 anni di lavoro. Infatti, dal 1 gennaio 2012, la pensione di anzianità non esiste più ed è sostituita dalla pensione anticipata che si ottiene per le donne con 41 anni e 1 mese di contributi e per gli uomini con 42 anni e 1 mese. Inoltre, dal 2018, se si deciderà di andare in pensione prima dei 62 anni, verranno applicate delle penalizzazioni di 1 o 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo rispetto ai 62. In particolare, quindi, sono stati colpiti soprattutto i lavoratori precoci (quelli che hanno iniziato a lavorare a 15-18 anni e da 40 anni continuano a farlo), le lavoratrici (che si dedicano all educazione e all assistenza dei figli e degli anziani) e tutti quei lavoratori in cassa integrazione e mobilità o addirittura licenziati, che si sono ritrovati, da un giorno all altro, senza lavoro, senza pensione e senza sostegno. A nostro parere esiste, quindi, anche un profilo di illegittimità costituzionale della riforma pensionistica contenuta nell'articolo 24 della manovra del dicembre 2011. Tale riforma si caratterizza per essere dotata di efficacia retroattiva incidendo sulla situazione in essere. La sentenza della Corte Costituzionale 14 luglio 1988 n. 822 afferma che non è ammissibile che una modifica legislativa peggiori le aspettative del lavoratore rispetto al trattamento pensionistico e che il passaggio da un regime previdenziale ad un altro più restrittivo debba essere accompagnato da una fase transitoria. L'esempio eclatante sono quelli nati nel 1952: lavoratori prossimi alla pensione, che avevano pianificato la propria vita pag. n. 3

basandosi sulle vecchie regole. Ora, da un giorno all'altro, si sono ritrovati a dover ripensare al loro futuro (al Nord le aziende chiudono). Non si possono attuare riforme così drastiche senza prevedere un periodo transitorio! La riforma delle pensioni varata dal Governo Monti ed il passaggio al metodo contributivo per tutti (cioè il calcolo delle pensioni basato sui contributi versati durante la vita lavorativa) rendono il futuro per i lavoratori dipendenti incerto e pieno di preoccupazioni. Occorre partire dalla relazione del Ministero della salute che indica la speranza di vita media per un uomo in circa 78 anni e per una donna in 84 anni. Già con questo dato appare evidente come, dopo una vita di lavoro, un uomo abbia la speranza di godersi la pensione per 8 anni ed una donna per 14. Questa prospettiva diventa ancora più triste in quanto, gli anni di pensione non saranno sufficienti a recuperare nemmeno la metà dei contributi versati durante la vita lavorativa; e qui vi faccio un esempio. Un lavoratore dipendente che guadagna 25 mila euro l'anno, rimanendo al lavoro fino a 70 anni e accumulando oltre 40 anni di contributi, una volta in pensione riceverà 15 mila euro all'anno (pari al 60% della retribuzione) per 8 anni. Quindi, il lavoratore, dopo aver versato in oltre 40 anni ben 330 mila euro di contributi, per recuperarli dovrebbe ricevere una pensione annuale di 37.500 euro. Purtroppo non sarà così, perchè nelle casse dello Stato rimarranno, per ogni anno di pensione percepita, 22.500 euro dei contributi versati. Mi sembra chiaro dunque che nel rapporto costi/benefici della pag. n. 4

riforma Fornero nella maggioranza dei casi ci guadagna l INPS e ci perdono i lavoratori, ci guadagna lo Stato centrale a discapito della nostra gente; per questo l'attuale riforma delle pensioni è vergognosa e per nulla equa. Durante questi mesi più volte abbiamo provato a scardinare a livello parlamentare la riforma Fornero, ma tra una fiducia e l'altra si sono ottenute solo poche precisazioni. Il Governo Monti, fatto di tecnici e burocrati, si nasconde dietro tante parole e non ascolta le richieste della gente. L'ho già detto molte volte e non mi stancherò mai di ripeterlo: la Padania ha già dato! Non si può continuare a subire le vessazioni di questo Governo che non fa altro che difendere i poteri forti e massacrare i lavoratori. Sappiamo tutti che la maggior parte delle pensioni di anzianità è al Nord, dove si cominciava a lavorare da giovanissimi. Come si fa a chiedere a chi lavora duramente in fabbrica o nei cantieri di resistere al lavoro fino a 66 anni? Non hanno pensato che con l'avanzare dell'età i riflessi e le capacità psicofisiche di una persona vengono compromesse se si fanno dei lavori pesanti? Vogliamo rischiare di incentivare gli infortuni e le morti sul lavoro? Il Governo dei tecnici ha usato come scusa il fatto che sia stata l'europa a chiederci di fare la riforma pensionistica. Ma tutti sappiamo che negli ultimi anni nel nostro Paese si sono susseguite varie riforme che già soddisfacevano le richieste dell'unione Europea di avere una spesa pensionistica sostenibile. Diversi Rapporti sia della Commissione Europea, pag. n. 5

sia di organismi del nostro Paese affermavano che il nostro sistema previdenziale era già in equilibrio. Anzi, il Libro Bianco della Commissione Europea pubblicato pochi giorni fa, attesta che in Europa nel 2020, i nostri lavoratori saranno gli ultimi ad andare in pensione a 67 anni, seguiti da Regno Unito a 66, Germania a 65 e 9 mesi, Spagna a 65, Francia a 64 e 6 mesi, e poi tutti gli altri. Come dire, oltre al danno la beffa! Quindi la scusa della riforma necessaria per garantire la sostenibilità finanziaria, come scritto nel testo della manovra, è una balla bella e buona. L'unico motivo vero e reale è quello di fare cassa velocemente sulle spalle dei nostri lavoratori e dei nostri pensionati, cioè dei più deboli e di quelli più facilmente "tartassabili", la nostra gente che da sempre solo la Lega Nord e il Sin.Pa. difendono. Quindi abbiamo deciso di presentare lo scorso 1 marzo alla Corte di Cassazione il disegno di legge di iniziativa popolare ai sensi dell articolo 71, secondo comma, della Costituzione che, abrogando l articolo 24 del Decreto Legge 201 del 2011, è proprio finalizzato a garantire il ritorno del regime previdenziale previgente. Vi illustro ora i 3 articoli: l'articolo 1 procede all'abrogazione dell'articolo 24 del Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201 recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici" convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214. L'articolo 2 determina la nuova vigenza delle disposizioni abrogate o modificate dall'articolo 24 del Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201 e sancisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della pag. n. 6

presente legge, riacquistano efficacia le disposizioni previdenziali nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore dell'articolo 24 della manovra di dicembre 2011 (la Monti-Fornero). L'articolo 3 stabilisce che la legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Quindi, concludendo, sono certa che tutti noi ci impegneremo al massimo per raccogliere il maggior numero di firme (ne servono 50 mila) per poter presentare questo disegno di legge nel più breve tempo possibile, in modo da dare alla nostra gente le risposte concrete che da noi tutti si attendono. Marzo 2012 Il Segretario Generale Sig.ra Rosi Mauro pag. n. 7