VANISHING POINT ha letto questo testo durante i Rencontres d'arles del 2000 come accompagnamento a un film realizzato sulle sue foto. Tra un paragrafo e l altro, dove appare un interlinea, erano previsti intermezzi musicali. Grazie a Marine Baudrillard per aver gentilmente concesso il testo per la pubblicazione su ARACNE#1 «Il desiderio di fotografare nasce forse da questa constatazione: visto da una prospettiva d insieme, dal punto di vista del senso, il mondo è molto deludente. Osservato nel particolare, e di sorpresa, è sempre di un evidenza perfetta.» Certe immagini non provengono né dalla tecnica né dalla storia della fotografia. Provengono dalla sola immaginazione dell oggetto. Cioè dall idea che è l oggetto che ci guarda, l oggetto che ci pensa. Esse cercano di ritrovare, di fronte ad una realtà sempre più ambigua, il solo momento fantastico: quello del primo contatto e della sorpresa, quando le cose non si sono ancora accorte che noi c eravamo, quando noi non avevamo ancora imposto loro la nostra presenza e quando il loro silenzio era ancora intatto. Ma questo istante è fugace, immediatamente trascorso. Vedere il mondo come sarebbe in nostra assenza, solo i fantasmi godono forse di questa gioia eccezionale, e qualche volta il fotografo, nascosto dietro il suo obiettivo. L immagine va incontro alla luce venuta dall oggetto e a quella venuta dallo sguardo. Il fotografo sogna una luce iperborea, un atmosfera rarefatta, dove le cose assumono l esattezza che avrebbero 1
nel vuoto. Luce bianca, oceanica, luce irreale, sotto vuoto, venuta da un altro litorale, luce che conserva, anche nel colore, la potenza del bianco e nero. Luce fluida che fa una distinzione crudele, luce assoluta, fotografica nel senso letterale di una scrittura di luce, e che domanda, piuttosto che di essere guardata, che si chiudano gli occhi su di lei e sulla notte interiore che essa racchiude. I paesaggi, i visi, i personaggi, proiettati in una luce che non è la loro, illuminati violentemente dall esterno come oggetti insoliti dalla luce che impone l imminenza di un avvenimento strano. Non è l uomo che beve il thé, è il thé che beve l uomo Non sei tu che fumi la pipa, è la pipa che ti fuma È il libro che ti legge È la televisione che ti guarda È il mondo che ci pensa È l obiettivo che ci fissa È l effetto che ci causa È il linguaggio che ci parla E sempre sempre È il tempo che ci perde È il denaro che ci guadagna È la morte che ci spia È il fotografo colui che più ci avvicina ad un universo senza immagine: cioè della pura apparenza. L essenziale è liberare lo spazio mentale; quello che succede in questo vuoto, non dipende più da voi. È una domanda rivolta al mondo e non più alla filosofia. Nella fotografia, non si vede niente. Solo l obiettivo vede, ma è nascosto. Noi non siamo mai realmente alla presenza dell oggetto. Fra la realtà e la sua immagine, lo scambio è impossibile. La realtà pura, se esiste, resta una domanda senza risposta. E la 2
fotografia è, anch essa, una domanda rivolta alla realtà pura che non aspetta risposta. Gli oggetti sono tali solo in sé stessi, la sparizione li cambia? È in questo senso che noi dobbiamo essere loro fedeli, in ogni più minuzioso dettaglio, nella loro esatta configurazione, nell illusione sensuale della loro apparenza e nel loro susseguirsi. Perché l illusione non si oppone alla realtà. Ne rappresenta un altro aspetto più sottile che l avvolge del segno della sua sparizione. _ La fotografia ha un carattere ossessivo, caratteriale, estatico e narcisistico. È un attività solitaria. L immagine fotografica è discontinua, puntuale, imprevedibile e irreparabile, come lo stato delle cose in un momento dato. La solitudine del soggetto che fotografa, nello spazio e nel tempo, è correlata alla solitudine e al suo silenzio caratteriale. _ Di ciò di cui non si può parlare, occorre tacere. Ma non si può tacere se si tratta di immagini. L immagine è la più bella delle metamorfosi silenziose del discorso. Ne conserva tutte le apparenze, ma sottilmente, è passata dall altra parte. Dalla parte dell intuizione fenomenica di ciò di cui non c è più niente da dire. Si dice che il reale è scomparso sotto la profusione delle immagini. Ma si dimentica che anche l immagine scompare sotto i colpi della realtà. La violenza dell immagine è largamente compensata dalla violenza fatta all immagine: il suo sfruttamento a scopo di documento, testimonianza, messaggio, il suo sfruttamento a fini morali, pedagogici, politici, pubblicitari Questo, lo si dimentica sempre ed ecco che si perde di vista il destino proprio dell immagine. La maggior parte delle fotografie attuali non riflettono più che una miseria obiettiva della violenza della condizione umana. Ora, questa miseria e 3
questa violenza ci toccano tanto meno quanto più ci vengono manifestate apertamente. Occorre invece, perché il loro contenuto ci colpisca, che sia l immagine stessa a colpirci, che essa ci imponga la sua lingua originale. Ma la peggiore delle violenze fatte all immagine è senza dubbio la violenza estetica. Quello che rimpiango è l estetizzazione della fotografia, che essa sia diventata una delle Belle Arti e sia entrata nel grembo della cultura. L immagine fotografica costituisce una rivoluzione considerevole nelle nostre modalità di rappresentazione. Il suo arrivo ha rimesso in discussione l arte stessa nel suo monopolio estetico. Ora, al giorno d oggi, il movimento ha invertito la sua direzione. È l arte a divorare la fotografia, piuttosto che il contrario. Ed è finito quel nulla nel cuore dell immagine che crea la sua magia e la sua potenza. È qui che interviene la fotografia a titolo d immagine che non significa niente, che non vuole significare niente, che resiste alla violenza dell informazione, della comunicazione, dell estetica, e ritrova l evento puro dell immagine come forma di resistenza. Resistere al rumore, alla parola, al brusio, con il silenzio della fotografia. Resistere al movimento, al flusso, all accelerazione, con l immobilità della fotografia. Resistere allo scatenarsi della comunicazione e dell informazione con il segreto della fotografia. Resistere all imperativo del senso e del messaggio con il silenzio del significato. Resistere soprattutto all invasione automatica delle immagini, alla loro perpetua successione. Il silenzio della fotografia. Una delle sue qualità più preziose. A differenza del cinema e della televisione cui occorre imporre sempre imporre il silenzio senza mai riuscirci. 4
Silenzio dell immagine cui non serve o non dovrebbe servire alcun commento. Ma anche silenzio dell oggetto che essa strappa al contesto assordante del mondo reale. Qualsiasi siano il rumore e la violenza che lo circondano, la fotografia restituisce l oggetto all immobilità e al silenzio. In piena confusione urbana, essa ricrea l equivalente del deserto, un isolamento fenomenico. Essa costituisce l unico modo di percorrere le città, di traversare il mondo in silenzio. (La traduzione è a cura di Simonetta Tabboni) 5