Seconda relazione sulla coesione economica e sociale: conclusioni e raccomandazioni



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Seconda relazione sulla coesione economica e sociale: conclusioni e raccomandazioni 1) OBIETTIVO Analizzare l'evoluzione della coesione economica e sociale e i fattori che vi contribuiscono in una Unione europea a 27 membri e avviare il dibattito sul futuro della politica europea di coesione. 2) ATTO "Unità dell'europa, solidarietà dei popoli, diversità dei territori", secondo rapporto sulla coesione economica e sociale del 31 gennaio 2001 [COM(2001)24 def. - non pubblicato nella Gazzetta ufficiale]. 3) SINTESI La Commissione presenta ogni tre anni una "relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica e sociale e sul modo in cui i vari strumenti (comprese le politiche comunitarie) vi hanno contribuito" ( art. 159 del Trattato ). Tale relazione "è corredata, se del caso, di appropriate proposte". Presentata in occasione del Forum sulla coesione tenutosi il 21 e 22 maggio 2001 a Bruxelles, tale relazione fa seguito alla prima relazione sulla coesione pubblicata alla fine del 1996 e consente, mediante l'aggiornamento periodico dei dati statistici regionali e nazionali, di seguire l'evoluzione economica e sociale dei territori dell'unione. Poiché i dati relativi ai paesi candidati sono ormai disponibili in quasi tutti i settori, la presente relazione costituisce la prima analisi in assoluto della situazione degli Stati membri e delle regioni dell'unione europea, per quanto riguarda la coesione economica e sociale in un'europa a 27 membri. Fermo restando il calendario e le modalità relative alle future adesioni, il documento presenta inoltre una serie di conclusioni e raccomandazioni, in vista dell'avvio di un dibattito sul futuro della politica di coesione nel contesto dell'unione allargata. Tali conclusioni sono esposte nella presente scheda. L'analisi della situazione degli Stati membri e delle regioni dell'unione europea in materia di coesione economica e sociale mostra che la politica di coesione ha conseguito notevoli successi, visibili soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo. In vista del 2006, una futura riforma della politica regionale dovrà tenere conto di diversi aspetti: la significativa crescita delle disparità economiche, sociali, territoriali che comporterà l'ampliamento; la globalizzazione degli scambi, l'evoluzione dell'economia europea verso attività fondate sulla conoscenza, i cambiamenti demografici; il necessario rafforzamento del valore aggiunto e della visibilità della politica comunitaria, nonché la garanzia che le altre politiche comunitarie contribuiscano allo sforzo di coesione economica e sociale. Le tematiche e le opzioni esposte in appresso sono destinate a fornire le basi di un vero e proprio dibattito sul futuro della coesione economica e sociale in un'europa allargata, che mirano a orientare più sul contenuto delle politiche che su aspetti esclusivamente finanziari. PROMUOVERE I FATTORI CHE DETERMINANO LA CONVERGENZA

La politica comunitaria di coesione sostiene le azioni che possono più sicuramente contribuire alla riduzione delle disparità economiche, sociali e territoriali nell'unione. Poiché un sistema fondato semplicemente su trasferimenti fiscali non è sufficiente, l'unione deve concentrare la propria azione sui fattori di competitività che contribuiscono ad attenuare i profondi squilibri che caratterizzano i territori. La produttività, che dipende tra l'altro dalla qualità delle risorse umane, dalle dotazioni in infrastrutture fisiche e dalla capacità di innovazione, rappresenta un aspetto fondamentale del processo di crescita e di convergenza. Ad esempio, una dotazione sufficiente in infrastrutture fisiche (trasporti, servizi alle imprese) condiziona lo sviluppo economico. Sono proprio gli investimenti nel settore della cultura e delle nuove tecnologie di comunicazione, unitamente alla capacità di innovazione, a costituire la base della crescita a lungo termine in Europa. La politica di coesione dovrà creare le condizioni che consentano alle economie delle regioni in ritardo di sviluppo di beneficiare pienamente delle opportunità del mercato unico. Inoltre, le azioni intraprese a favore della coesione devono ispirarsi a un principio di sviluppo che raccomanda una gestione accorta delle risorse naturali. PRIORITÀ PER LA COESIONE ECONOMICA E SOCIALE Sulla base delle problematiche con le quali deve confrontarsi l'unione, è possibile definire una serie di priorità di ordine economico e territoriale, di cui tiene già conto l'attuale politica di coesione: le regioni meno sviluppate restano la principale priorità della politica di coesione dell'unione, a causa della persistenza delle disparità regionali in termini di reddito e di sviluppo, che verranno ulteriormente accentuate dal processo di ampliamento; la questione urbana è al centro dei cambiamenti economici, sociali e territoriali. Le città rappresentano un potenziale strategico per la coesione e lo sviluppo sostenibile. Devono tuttavia tenere conto dei seguenti aspetti: molteplici disparità interne, pressioni che esercitano sull'ambiente e ruolo che i vettori svolgono per lo sviluppo delle zone vicine; la diversificazione delle zone rurali e le loro relazioni con le zone urbane condizioneranno il loro adeguamento ai cambiamenti in atto. Poiché l'agricoltura non costituisce più un'importante fonte di occupazione, la rivitalizzazione delle zone rurali e il mantenimento della popolazione passano attraverso uno sviluppo rurale favorevole alla nascita di nuove attività competitive, specialmente nel settore terziario; la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale rappresenta una priorità per l'unione, al fine di promuovere l'integrazione e ridurre la frammentazione generata dalle frontiere nazionali. Il processo di ampliamento renderà necessarie nuove azioni transfrontaliere per incoraggiare la cooperazione tra i vecchi e i nuovi Stati membri; le zone in fase di ristrutturazione industriale continueranno a formare oggetto di interventi nell'ambito della futura politica di coesione. Le perdite di occupazione in settori quali l'industria tessile, automobilistica e pesante necessitano di misure di accompagnamento in grado di favorire lo sviluppo di nuove attività; le zone che presentano gravi svantaggi geografici o naturali hanno notevoli difficoltà a integrarsi nell'economia europea, a causa dei conseguenti costi addizionali. Le regioni (ultra)periferiche, le isole e le zone montane non possono inoltre trattenere la popolazione per mancanza di opportunità di sviluppo e dovranno quindi formare oggetto di azioni strutturali. Le priorità della politica di coesione economica e sociale relative alla politica dell'occupazione dovranno sia tenere conto delle problematiche attuali sia anticipare i bisogni futuri. Tali priorità riguardano, in particolare, i seguenti settori: aumento del numero dei posti di lavoro e miglioramento della loro qualità: un'impostazione più strategica nella politica dell'occupazione e la capacità di anticipare i cambiamenti industriali permetteranno di rialzare il debole tasso attuale di creazione di posti di lavoro in seno all'unione; sostenere la nuova economia e la società della conoscenza: al fine di evitare un'eventuale frattura digitale e quindi i rischi di esclusione, è indispensabile rafforzare i sistemi di istruzione, di formazione e di apprendimento durante l'intero arco della vita, nonché l'accesso alla società dell'informazione; favorire l'inserimento sociale e lottare contro un livello di povertà e di esclusione sociale che resta inaccettabile per l'unione europea; promuovere le pari opportunità e combattere tutte le forme di discriminazione che rappresentano uno spreco di talenti. La futura politica di coesione richiede una visione globale e a lungo termine. Nella continuità delle azioni intraprese mediante lo schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) ( DE ), ( EN ), ( FR ) la Commissione mira a promuovere

uno sviluppo equilibrato del territorio comunitario e potrebbe proporre una strategia per lo sviluppo dei territori, come base di una futura politica nel settore. RIORGANIZZARE IL SISTEMA DI GESTIONE DELLA FUTURA POLITICA DI COESIONE ECONOMICA E SOCIALE La riforma dei Fondi strutturali dell'agenda 2000 ha consentito di migliorare il sistema di attuazione della politica europea di coesione. Il nuovo contesto dell'ampliamento, la riformulazione delle priorità e il bisogno di ricerca di una maggiore efficacia richiedono una riflessione supplementare sulle modalità di applicazione della politica. In questa fase, è possibile soltanto affrontare le grandi tematiche e proporre una serie di opzioni. Nel 2004, la terza relazione sulla coesione chiarirà le modalità di attuazione della prossima politica di coesione. I principali aspetti trattati nelle sezioni in appresso riguardano: a) la selezione o la concentrazione di risorse limitate in un'unione allargata; b) la tematica particolare dell'ampliamento nel periodo in corso; c) la politica di coesione dopo il 2006 nell'unione allargata. A - Selezionare risorse limitate in un'unione allargata La futura politica di coesione riguarderà non soltanto le regioni dei futuri Stati membri ma anche quelle dell'unione attuale per le quali sussistono gravi disparità regionali e territoriali. Dovrà essere osservato lo stesso principio di base, ovvero la concentrazione di risorse limitate su un numero ridotto di tematiche di interesse comunitario o di zone geografiche prioritarie, allo scopo di raggiungere la massa critica necessaria per uno sviluppo concreto. È inoltre necessario provvedere ad una riorganizzazione degli interventi. Le regioni in ritardo di sviluppo costituiscono la priorità principale. Il mantenimento del sistema di definizione diretta delle zone rappresenta il metodo più appropriato di concentrazione dei mezzi su tali regioni per motivi di obiettività e di trasparenza. Tale metodo si basa sia sul criterio del prodotto interno lordo (PIL) pro capite (calcolato in termini di standard di potere d'acquisto - SPA) sia sul livello di applicazione dell'intervento (misurato in unità territoriali statistiche - NUTS ). La soglia di ammissibilità per tali regioni è attualmente pari al 75% del PIL pro capite della media comunitaria. In futuro, occorrerà tenere conto di due elementi: per semplice effetto meccanico, l'applicazione di tale criterio in un'unione allargata ridurrebbe di oltre la metà la copertura della popolazione dei 15 compresa nell'obiettivo 1. Quale trattamento riservare alle regioni dei 15 che vedranno migliorare in termini relativi la loro situazione senza tuttavia risolvere i propri problemi? nell'unione allargata, si accentueranno le disparità tra le regioni in ritardo di sviluppo, in alcune delle quali il reddito pro capite corrisponde ad un quarto della futura media comunitaria. È opportuno avviare una riflessione approfondita sui vantaggi e gli svantaggi dei metodi di definizione delle zone ammesse a beneficiare degli interventi strutturali utilizzati durante l'attuale periodo di programmazione: la selezione regionale diretta è utilizzata per gli obiettivi 1 e 2. La Commissione definisce preventivamente un elenco ristretto delle zone ammissibili. Tale sistema permette una concentrazione obiettiva e trasparente degli interventi nelle regioni realmente svantaggiate ma non risulta abbastanza flessibile in caso di evoluzione della situazione socioeconomica delle regioni; la selezione regionale indiretta è utilizzata per le iniziative comunitarie URBAN e LEADER+. I governi nazionali definiscono le zone ammissibili sulla base di criteri fissati preventivamente dalla Commissione. Tale sistema è più flessibile del precedente e potrebbe risolvere alcuni problemi di competenza della Commissione in materia di delimitazione delle zone ammissibili. La condizione in questo caso sarebbe di raggiungere la massa critica consentendo un'utilizzazione efficace delle risorse; la selezione orizzontale si applica all' obiettivo 3. La programmazione delle azioni strutturali rivolte al capitale umano si applica all'insieme del territorio nazionale. Alla luce delle precedenti considerazioni, la solidarietà comunitaria verso le regioni in ritardo di sviluppo potrebbe esprimersi in una delle seguenti quattro modalità: applicazione della soglia attuale del 75% del PIL pro capite, indipendentemente dal numero di paesi che aderiranno. Tale opzione eliminerebbe automaticamente un gran numero di regioni dei 15, cosicché la loro

ammissibilità a un futuro aiuto comunitario dipenderebbe dalle priorità e dai criteri di un sostegno diverso da quello fornito alle regioni meno sviluppate; applicazione della soglia attuale del 75% del PIL pro capite con l'istituzione, per le regioni dei 15 che non risulterebbero quindi più ammissibili, di una fase transitoria o di graduale soppressione ("phasing out") tanto più generosa quanto più il PIL pro capite di tali regioni si avvicina alla soglia; fissazione di una soglia di ammissibilità più elevata del 75%, in modo da ridurre o annullare l'effetto automatico di esclusione delle regioni dei 15, senza tuttavia continuare a considerare ammissibili le regioni che non sarebbero più risultate in ritardo di sviluppo in una Unione a 15; definizione di due soglie di ammissibilità, una per le regioni dei 15 e una per quelle dei paesi candidati, che si traducono de facto in due categorie di regioni in ritardo di sviluppo. L'intensità dell'aiuto europeo dipenderebbe dal livello di prosperità di ciascuna regione. Tenuto conto dell'aumento delle disparità di reddito tra le regioni meno sviluppate, potrebbe essere stabilito un tasso di cofinanziamento specifico che tenga conto della prosperità e della capacità di bilancio degli Stati membri meno prosperi. Meritano inoltre di essere affrontati i seguenti ulteriori aspetti: il tasso di occupazione deve completare i criteri utilizzati attualmente (popolazione, prosperità regionale e nazionale, disoccupazione)? qualora si riveli strutturalmente insufficiente, il grado di convergenza reale delle regioni ammissibili, potrebbe figurare tra i criteri di assegnazione delle dotazioni finanziarie? è necessario rafforzare il legame tra assegnazione delle risorse e risultati degli interventi mediante il rafforzamento di bilancio della riserva di efficacia ed efficienza? Le regioni in ritardo di sviluppo non sono le sole a incontrare difficoltà di sviluppo. La politica di coesione dovrà altresì intervenire in altre zone dell'unione che dovranno sempre affrontare significativi mutamenti strutturali. Essendo le risorse disponibili limitate, è necessario concentrare le attività in modo che gli interventi raggiungano una massa critica in grado di esercitare un impatto reale sullo sviluppo dei territori. Per queste altre regioni, il sistema di definizione indiretta delle zone avrebbe il vantaggio di favorire la concentrazione richiesta come testimoniato dall'esperienza delle iniziative comunitarie URBAN e LEADER+. La Commissione definirebbe semplicemente un livello minimo di intensità per l'aiuto pubblico comunitario e nazionale. La programmazione dei diversi settori prioritari verrebbe effettuata sulla base di una dotazione finanziaria per Stato membro stabilita in funzione di adeguati indicatori socioeconomici. Visti i risultati incoraggianti ottenuti nel quadro di specifici interventi strutturali durante il periodo 1995-1999 e tenuto conto della loro importanza strategica in vista dell'ampliamento, le regioni frontaliere potrebbero integrare la programmazione generale o "mainstreaming" dei Fondi strutturali. B - La sfida specifica dell'ampliamento per il periodo attuale Per prepararsi all'adesione all'unione europea, i paesi candidati hanno iniziato a familiarizzarsi con la gestione dei Fondi strutturali, in particolare attraverso il programma Phare. Una quota significativa delle risorse di tale programma è stata infatti dedicata a una serie di azioni a medio termine del tipo previsto dall'obiettivo 1 su cui si basa la programmazione del sostegno comunitario a titolo dei Fondi strutturali. La definizione di una politica di sviluppo regionale rappresenta una scoperta per le autorità dei paesi candidati. La strategia decentrata di gestione degli interventi è un fenomeno nuovo che solleva la questione della capacità amministrativa di tali paesi di assorbire e gestire i finanziamenti comunitari. Il processo di aggiornamento amministrativo o "sviluppo istituzionale" svolge pertanto un ruolo fondamentale e persegue diversi obiettivi: definire una politica a livello nazionale mediante la costituzione di un'amministrazione competente e la definizione di adeguate procedure amministrative; sostenere il processo di decentramento attraverso il consolidamento della democrazia, lo sviluppo del partenariato e il rafforzamento dell'efficacia economica; definire una strategia d'intervento a favore della coesione.

È ormai estremamente probabile che alcuni paesi candidati diverranno membri dell'unione entro il 2006. Nel quadro dell'agenda 2000, il Consiglio europeo di Berlino del 1999 aveva confermato alcune prospettive finanziarie per il periodo 2000-2006 che non tenevano conto di tale eventualità. Poiché i paesi candidati devono poter beneficiare degli interventi degli aiuti strutturali dal momento della loro adesione, potrebbe essere preso in considerazione un sistema di transizione o "phasing-in" con aumento progressivo dei trasferimenti. Quale sarà in tal caso la ripartizione delle risorse tra il Fondo di coesione e i Fondi strutturali? Il primo sostituirebbe lo strumento ISPA, mentre i secondi sostituirebbero il programma Phare e lo strumento SAPARD. L'attribuzione al Fondo di coesione di una quota pari a circa un terzo dell'insieme dei futuri fondi comunitari destinati alla coesione sembra giustificata tenuto conto dei bisogni dei paesi candidati in materia di infrastrutture nel settore dei trasporti e dell'ambiente. Inoltre, contrariamente ai Fondi strutturali, il Fondo di coesione implica una gestione per progetto che sembra più adeguata per le amministrazioni ancora prive di esperienza in materia di programmazione e gestione dei fondi comunitari. Infine, permette un tasso di cofinanziamento elevato senza imporre l'applicazione del principio di addizionalità. C - La politica di coesione dopo il 2006 in una Unione allargata Le riforme strutturali dell'agenda 2000 hanno rafforzato il decentramento, promosso il partenariato e la valutazione, nonché una gestione e un controllo finanziario rigorosi basati su una più chiara suddivisione delle responsabilità tra gli Stati membri e la Commissione. Se la prossima relazione sulla coesione analizzerà approfonditamente l'impatto di tali evoluzioni sulla politica di coesione, già da ora è possibile individuare alcuni aspetti salienti: il decentramento del processo decisionale si applica sempre più spesso alle politiche nazionali e comunitarie. Attraverso il partenariato, dovrebbe essere rafforzato il ruolo delle autorità regionali e locali e degli attori locali, soprattutto mediante una programmazione a livello locale, qualora si riveli pertinente; la programmazione potrebbe svolgersi in due tempi: inizialmente, la Commissione elabora una strategia globale e identifica una serie di priorità di interesse comunitario e successivamente si procede alla programmazione al livello più adeguato (transnazionale, regionale, locale, urbano); l'applicazione del principio di addizionalità, in base al quale i fondi comunitari si aggiungono e non si sostituiscono ai fondi nazionali, potrebbe essere riveduta. Se il suo contributo al valore aggiunto della coesione non deve più essere dimostrato, tale principio si applica al livello nazionale per tutti i programmi caratterizzati da uno stesso obiettivo per cui ne risulterebbe una certa mancanza di trasparenza. Può essere presa in considerazione la possibilità di verificare l'addizionalità a livello del programma piuttosto che a livello di Stato membro, in particolare per le regioni in ritardo di sviluppo; dovrebbe essere rafforzato il legame tra dotazione finanziaria e valutazione dei risultati ottenuti. In un'ottica di maggiore coerenza, il Fondo di coesione e i Fondi strutturali potrebbero integrare un quadro unico. Ad esempio, indipendentemente dalla zona geografica d'intervento, il Fondo di coesione diverrebbe l'unico strumento finanziario di sostegno di investimenti a favore dell'ambiente e delle infrastrutture di trasporto. Quali prospettive finanziarie per la politica di coesione in vista del 2006? La seconda relazione sulla coesione mostra la maggiore necessità di coesione in un'unione allargata. La maggior parte degli interventi finanziari riguarderanno i paesi attualmente candidati ma non potranno ignorare le persistenti difficoltà degli Stati membri attuali. Nel quadro dell'agenda 2000, la proposta iniziale della Commissione mirava a mantenere il livello di sostegno finanziario raggiunto nel 1999 durante il periodo 2000-2006, ovvero una dotazione pari allo 0,46% del PIL dell'unione per attuare la politica di coesione. Il Consiglio europeo di Berlino ha destinato 213 miliardi di euro a favore di interventi strutturali durante tale periodo di sette anni. A tale importo vanno aggiunti gli aiuti di preadesione pari a 3 miliardi di euro annui, gli importi riservati ai paesi che aderiranno entro il 2006, nonché le dotazioni previste per i nuovi Stati membri. L'importo totale corrisponde allo 0,45% del PIL di un'unione allargata nel 2006 a 21 Stati membri. Secondo la normativa finanziaria relativa al periodo 2000-2006, i trasferimenti annui dei Fondi strutturali e di coesione sono limitati ad un massimo del 4% del PIL di ciascuno Stato. Tale limite massimo produrrà importanti conseguenze per i paesi candidati meno prosperi, sia per rispondere allo sforzo di coesione sia per tenere conto della loro capacità di assorbimento dei fondi. L'aiuto alla preadesione, adattato se del caso, dovrebbe proseguire per i paesi che saranno ancora candidati il 1 gennaio 2007.

Per ulteriori informazioni in merito alla seconda relazione sulla coesione, si rimanda ai seguenti documenti: relazione integrale, disponibile sul sito INFOREGIO della Commissione; prima relazione intermedia sulla coesione economica e sociale (gennaio 2002). resoconto dei dibattiti che si sono svolti in occasione del Forum sulla coesione (pdf); scheda SCAD+ sulla situazione e le tendenze della coesione economica e sociale durante il periodo 1995-1999; scheda SCAD+ sui 10 punti del dibattito sul futuro della politica regionale. 4) DISPOSIZIONI D'APPLICAZIONE 5) ALTRI LAVORI Comunicazione della Commissione del 30 gennaio 2002. Prima relazione intermedia sulla coesione economica e sociale [COM(2002)46 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Questa relazione aggiorna l'analisi sulla coesione economica e sociale, presentata nella seconda relazione sulla coesione del gennaio 2001, e fa un bilancio della situazione per quanto riguarda il futuro della politica regionale dopo il 2006.