L esperimento di Rutherford

Documenti analoghi
L energia assorbita dall atomo durante l urto iniziale è la stessa del fotone che sarebbe emesso nel passaggio inverso, e quindi vale: m

Le particelle dell atomo

DIFFUSIONE DI PARTICELLE ALFA

Capitolo 2. Cenni alla Composizione e Struttura dell atomo

L atomo di Rutherford e la scoperta del neutrone

Pinzani, Panero, Bagni Sperimentare la chimica Soluzioni degli esercizi Capitolo 9

LA STRUTTURA DELL ATOMO

ed infine le interazioni nucleari forte e debole? dove E rappresenta l energia cinetica della particella α, e K è: K = e2 2Z

Lo strofinio di qualsiasi oggetto provoca la comparsa su di esso di una carica elettrica che può attrarre piccoli oggetti.

Atomo: modello microscopico

Le radiazioni e la loro misura

LA STRUTTURA DELLA MATERIA

L ATOMO E LE PARTICELLE SUBATOMICHE

La chimica nucleare. A cura della prof. ssa. Barone Antonina

Sommario della lezione 2. Materia e definizioni. Struttura dell atomo

La teoria atomistica

Modelli atomici. Teoria atomica Dalton (1803) La materia non è continua, ma costituita da particelle.

Sezione d urto classica

CHIMICA: studio della composizione e della struttura della materia e delle sue trasformazioni

Emissione α. La sua carica elettrica è pari a +2e La sua massa a riposo è circa 7x10-27 kg.

Struttura della materia

Interazione radiazione materia Dott.ssa Alessandra Bernardini

Decadimento a. E tipico dei radioisotopi con Z > 82 (Pb), nei quali il rapporto tra il numero dei neutroni e quello dei protoni è troppo basso.

Bagatti, Corradi, Desco, Ropa. Chimica. seconda edizione

Scienziati in Erba Chimica

Esploriamo la chimica

Lezioni LINCEI per la Scuola Il nucleo atomico

Crisi della Fisica Classica & Fisica Quantistica

Radioattività. 1. Massa dei nuclei. 2. Decadimenti nucleari. 3. Legge del decadimento XVI - 0. A. Contin - Fisica Generale Avanzata

1. LA STRUTTURA DELL ATOMO

Theory Italiano (Italy)

Sezione d urto Rutherford Esperimento di Geiger e Marsden

Cenni di Fisica del Nucleo

Valitutti, Falasca, Tifi, Gentile. Chimica. concetti e modelli.blu

Meccanica dei Sistemi e Termodinamica modulo di: Urti e Reazioni Corsi di Laurea in: Fisica e Astrofisica, Tecnologie Fisiche Innovative

FISICA delle APPARECCHIATURE per MEDICINA NUCLEARE

Loriano Storchi.

La tecnica PIXE (Particle Induced X-ray Emission) viene impiegata per analisi di piccolissime quantità di elementi.

I conteggi in fisica. Appendice D. D.1 Urti di particelle

1. L'esperienza di Rutherford Dal Seicento all'ottocento si sviluppò lo studio delle strutture microscopiche, grazie ai microscopi ottici.

Cenni di fisica moderna

Unità didattica 10. Decima unità didattica (Fisica) 1. Corso integrato di Matematica e Fisica per il Corso di Farmacia

Teoria Atomica di Dalton

Gli acceleratori di particelle

N^ Descrizione Scheda immagine

FNPA1 prova scritta del 14/09/2011

LE RADIAZIONI IONIZZANTI

CHIMICA: studio della composizione e della struttura della materia e delle sue trasformazioni

Il Nucleo. Dimensioni del nucleo dell'ordine di 10. m Il raggio nucleare R = R 0 -15

23 maggio /17-FIS-5G-2-3-U QUESTIONARIO

FNPA1 prova scritta del 22/06/2011

Liceo scientifico E. Fermi Bologna

La Vita è una Reazione Chimica

Università degli Studi dell Aquila Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Materiali Corso di Fisica della Materia Prof. L.

MISURA DELLA MASSA DELL ELETTRONE

CHIMICA: studio della struttura e delle trasformazioni della materia

S. Calusi. XCVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica Napoli, Settembre

FISICA delle APPARECCHIATURE per RADIOTERAPIA

Fisica Applicata 9CFU

Il modello a shell fallisce nella predizione dello spin totale del nucleo 6 3

LABORATORI NAZIONALI DI LEGNARO. Edizione stage Giugno 29 Giugno

LEZIONE N 28. Corso di Fisica II Prof. Giuseppe Ciancio

L atomo di Bohr e i raggi X

Corso di CHIMICA LEZIONE 1

Diametro del nucleo: m. Diametro dell atomo: m

Radiazioni ionizzanti

La struttura nucleare dell atomo

Misura del rapporto carica massa dell elettrone

P. Sapia Università della Calabria. a.a. 2009/10

Misura del coefficiente di assorbimento di vari materiali in funzione dell'energia del fascio dei fotoni incidenti

Meccanica quantistica Mathesis 2016 Prof. S. Savarino

Esercizio 1 I mesoni K + possono essere prodotti attraverso la reazione γ + p K + + Λ su protoni fermi.

Esercitazioni di Elementi di Chimica. Modulo 2 Struttura della Materia

INTERAZIONE RADIAZIONE-MATERIA

Fabio Mantovani

the power of ten Prof.ssa Patrizia Gallucci

C) INFORMATICA e FISICA SPERIMENTALE B) ALLA SCOPERTA DEL NUCLEO ATOMICO: L'ESPERIMENTO DI RUTHERFORD. Nicolò Bragagnolo Michela De Col Gabriele Titta

sezione d urto di interazione neutroni - 12 C

Prof. Luisa Ferronato 1

Fisica nucleare e subnucleare 1 appello 26 gennaio 2011

La natura ondulatoria della materia

A 2 Z A 2 Z. PROTONI: carica +e, massa 1840 m e NEUTRONI: carica nulla, massa 1842 m e

CAPITOLO 1 FORZA ELETTROSTATICA CAMPO ELETTROSTATICO

Due osservazioni sulla diffusione dei raggi corpuscolari. come fenomeno di diffrazione. G. Wentzel a Lipsia

Onde elettromagnetiche ed altre storie

ORBITALI E CARATTERISTICHE CHIMICHE DEGLI ELEMENTI

Esercizio8: il lavoro di estrazione per il tungsteno é 4.49 ev. Calcolare la lunghezza d onda massima per ottenere effetto fotoelettrico [275.6 nm].

TECNICHE RADIOCHIMICHE

Sezione d urto Rutherford Esperimento di Geiger e Marsden

Il nucleare non è il diavolo. Il problema:

ATOMO. Legge della conservazione della massa Legge delle proporzioni definite Dalton

Fisica atomica. Marcello Borromeo corso di Fisica per Farmacia - Anno Accademico

Lezione 19 Fisica nucleare

Sono gli atomi indivisibili?

FISICA NUCLEARE. Liceo scientifico Don Bosco Fisica nucleare pag.1

La radioattività. La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle e/ radiazioneni elettromagnetiche.

Corso di CHIMICA INORGANICA

Corso di CHIMICA LEZIONE 2

SOSTANZE PERICOLOSE. 1 Il numero di massa di un elemento è uguale

Transcript:

L esperimento di Rutherford Questa esperienza, che riproduce il famoso esperimento di Ernest Ruthrford del 1909, ha lo scopo di studiare l interazione tra la radiazione α e la materia e in particolare di verificare che la distribuzione angolare della particelle α deflesse da una lamina metallica rispetti la derivazione teorica di Rutherford. La radiazione α Le particelle α o raggi α sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante e con basso potere di penetrazione. Sono costituite da due protoni e da due neutroni, legati insieme a formare una particella identica ad un nucleo di elio, e sono perciò indicate dalla scrittura He 2+ o 4 2He. Le particelle α sono solitamente emesse da nuclidi radioattivi degli elementi pesanti (per esempio dagli isotopi dell uranio, del torio, del radio, etc.) in un processo denominato decadimento α, e l energia di tali particelle è distribuita attorno ad un valore medio tipico di ogni elemento. La sorgente radioattiva usata nel seguente esperimento consiste in un campione dell isotopo di americio 241, la cui reazione di decadimento (Figura 1) è: 241 95 Am 237 93 Np + 4 2 He (1) L energia media delle particelle α emesse è 5.5 MeV. Il modello dell atomo di Thomson Nel 1899, J. J. Thomson propose il seguente modello sulla struttura dell atomo: l atomo neutro contiene un gran numero di elettroni (chiamati allora corpuscoli ), la cui carica negativa è compensata da qualche cosa che fa sì che lo spazio attraverso il quale gli elettroni sono diffusi agisca come se esso 1

Figura 1: Schema del decadimento di un atomo di 241 Am. avesse una carica di elettricità positiva eguale alla somma delle cariche negative degli elettroni. Questo modello prevede perciò due tipi di elettricità: la negativa, granulare; la positiva, pensata come una nebulosa di costituzione continua, come s immaginano tradizionalmente i fluidi. Vista la particolare configurazione che viene ad assumere l atomo, questo modello atomico viene anche chiamato il modello a panettone (Figura 2). Figura 2: Rappresentazione schematica del modello a panettone dell atomo. L esperimento di Rutherford Nel 1908, il tedesco Hans Geiger (1882-1945) e l australiano Ernest Marsden (1889-1970) iniziarono, sotto la guida di Ernest Rutherford (1871-1937), 2

Figura 3: Schema dell apparato sperimentale usato da Rutherford per sondare la struttura dell atomo. lo studio sperimentale della diffusione (o scattering) di particelle attraverso sottili strati metallici. L apparato sperimentale originario era costituito anzittutto da una sorgente radioattiva di polonio che emette particelle α e da uno schermo di piombo con una fenditura sottile che permetteva di ottenere un fascio ben collimato; i raggi α bombardavano quindi una laminetta sottile di metallo e venivano in seguito intercettati a diversi angoli da uno schermo di solfuro di zinco, un materiale fluorescente che emette lampi di luce quando viene colpito dalle particelle (Figura 3). Geiger e Marsden osservarono che, anche se la maggior parte delle particelle attraversava il folgio metallico quasi in linea retta, alcune di esse - circa 1 su 8000 - erano fortemente deviate di un angolo maggiore di un angolo retto. Thomson intepretava la forte deflessione osservata da Geiger e Marsden non come dovuta ad un singolo urto di una particella alpha contro un atomo, ma come la somma di numerose piccole deflessioni subite dalla particella nei suoi urti successivi contro gli atomi della materia attraversata. Fu invano chiesto a Thomson di spiegare come mai le successive piccole deviazioni dovevano essere tutte dello stesso senso, in modo da dare la grande deflessione osservata (Figura 4). In un saggio del 1911, Rutherford prende in esame la teoria di Thomson e dimostra, con facile calcolo, che la probabilità di ottenere deflessioni maggiori di 90 per effetto di numerosi successivi urti di particelle alpha contro atomi è quasi nulla. Supponiamo anzitutto che la deflessione delle particelle α sia causata da urti con gli elettroni. Nel caso di urto elastico, la velocità acquistata dall elettrone dopo l urto non può superare il valore 2v α (dove v α 3

Figura 4: Le particelle α usate per bombardare lo strato metallico dovrebbero attraversare l atomo a panettone subendo solamente piccolissime deviazioni. è la velocità della particella α prima dell urto) e questa situazione si ha nel caso di urto elastico centrale (per i calcoli, si veda Appendice A). Ne segue che il massimo momento lineare acquistato dall elettrone, e perciò perso dalla particella α, non può superare 2m e v α. Ipotizziamo inoltre che il momento perso dalla particella α sia ortogonale al momento iniziale, così da dare la stima dell angolo massimo di uscita della particella α (Figura 5). Questo angolo risulterà: tgθ θ 2m ev α m α v α 2m ev α m α v α 10 4 rad (2) Si noti che si è approssimato v α con v α poiché la perdita di quantità di moto della particella α è molto piccola visto la piccola massa dell elettrone (Appendice A). Rutherford dimostra inoltre, con facili calcoli, che anche una carica positiva uniformemente distribuita all interno del volume classico dell atomo devierebbe le particelle α solo di una piccola frazione di grado (Figura 6). La quantità di moto massima p (o momento lineare) trasferita alla particella alpha durante l urto, infatti, si può calcolare mediante il teorema dell impulso, secondo cui p = F t. L interazione tra le particelle è di tipo elettrostatico e l intensità della forza interagente tra α e la carica positiva dell atomo si può esprimere mediante l espressione coulombiana: F = k Qq r 2 (3) 4

Figura 5: Deflessione subita dalla particella α a causa dell urto con gli elettroni prevista nel modello dell atomo di Thomson. dove Q è la carica positiva dell atomo, q = 2e è la carica della particella α e r è la distanza tra le due cariche; la massima quantità di moto trasferita ad α avverà alla minima distanza tra le due cariche, perciò porremo r = R dove R è il raggio dell atomo in cui la carica positiva è uniformemente distribuita. In prima approssimazione, la durata dell interazione sarà pari al tempo che la particella α impiega a percorrere la distanza 2R, ovvero t = 2R v α (4) dove v α è la velocità della particella α. Quindi si avrà ( ) ( ) k2eq 2R p = F t < R 2 v α (5) Dalle relazioni di trigonometria, si può ricavare infine l angolo di deflessione subito dalla particella α, tenendo presente che per angoli piccoli la tangente dell angolo si può approssimare al valore dell angolo stesso: θ p p < 4keQ MRv 2 α (6) Nel caso specifico di particelle α di energia 5.5 MeV, si ottine una stima dell angolo pari a θ < 4 8.98 10 9 Nm 2 /C 2 (1.6 10 19 C) 2 79 3732MeV/c 2 1.6 10 19 J/eV 2 0.179nm (1.63 10 7 m/s) 2 (7) 5

Figura 6: Deflessione subita dalla particella α a causa dell interazione elettrostatica con la carica positiva atomica prevista nel modello dell atomo di Thomson. ovvero θ < 0.00013rad = 0.0075 (8) In questo calcolo, si utilizza come raggio dell atomo di oro il valore 0.179 nm e la velocità della particella α è stata calcolata a partire dall espressione non-relativistica dell energia cinetica E k v α = 2Ek m α = 2 5.5 10 6 ev 1.6 10 19 J/eV 6.63 10 27 kg = 1.63 10 7 m/s (9) Si noti che la presenza di elettroni all interno del panettone non modificherebbe il risultato ottenuto, al contrario, l attrazione elettrostatica tra la particella α e gli elettroni dell atomo ridurrebbe ulteriormente l angolo di deflessione. Rutherford mostra quindi, solo sulla base di considerazioni proprie della fisica classica, che se la carica atomica positiva fosse distribuita su tutto il volume dell atomo, le particelle α non subirebbero deflessioni di angoli maggiori di 90. Questa dimostrazione evidenzia inoltre che se il raggio del volume occupato dalla carica positiva nucleare fosse molto più piccolo, si potrebbero ottenere deviazioni più importanti. 6

Il modello di Rutherford Alla luce delle precedenti considerazioni, Rutherford avanzò l ipotesi che almeno per alcune particelle, la grande deflessione dovesse essere attribuita alla deviazione brusca subita dalla particella α passando attraverso un campo elettrico intenso nell atomo. Ma se la deflessione era dovuta ad un solo urto, occorreva necessariamente supporre nell atomo un nocciolo centrale di dimensioni estremamente piccole, caricato positivamente, e contenente la maggior parte della massa dell atomo: occorreva, insomma, adottare un modello atomico a nucleo ed elettroni rotanti, della cui stabilità ci si sarebbe occupati in seguito (Figura 7a). Figura 7: (a) Modello planetario dell atomo secondo Rutherford. (b) Deflessione subita dalla particella α a causa dell interazione elettrostatica con il nucleo atomico. Con tale modello la deflessione si spiega immediatamente. La particella α attraversa l atmosfera elettronica (i cui effetti si possono trascurare), si avvicina al nucleo e viene fortemente deviata, per la grande forza coulombiana che sorge tra le due cariche positive, costringendola ad un orbita cometaria (Figura 7b). Rutherford dette la teoria quantitativa della diffusione delle particelle α, che nel 1913 Geiger e Marsden, con una delicata esperienza, confermarono. In particolare, la formula di Rutherford fornisce, per un detector posto ad un angolo θ rispetto alla direzione del fascio di particelle α incidenti, il numero di particelle per unità di area che raggiungono il detector: dove N(θ) = N inlz 2 k 2 e 4 4r 2 E 2 k sin4 (θ/2) 7 (10)

N i = numero di particelle α incidenti n = numero di atomi per unità di volume del bersaglio L = spessore del bersaglio Z = numero atomico del bersaglio e = carica dell elettrone k = costante di Coulomb r = distanza tra il bersaglio e il detector E k = energia cinetica di α θ = angolo di deflessione Tale formula non ha validità assoluta. Infatti: Si riferisce solo alle delflessioni dovute agli urti nucleari, quindi non vale per θ 0, ovvero quando la minima distanza dal nucleo raggiunta dalla particella α è grande; infatti in questo caso la carica nucleare è schermata dagli elettroni atomici, cosicchè l equazione non diverge; non è una formula relativistica; si riferisce ad un centro (nucleo) fisso; prende in considerazione solo forze coulombiane; trascura le dimensioni finite del nucleo; non tiene conto della meccanica quantistica. In particolare, se le particelle α hanno un energia elevata, esse si avvicinano sufficientemente al centro del nucleo da entrare nel raggio di azione delle forze nucleari (forza forte) e la distribuzione angolare delle particelle α deflesse devia dalla predizione della formula di Rutherford. Proprio da queste deviazioni, fu possibile stimare l ordine di grandezza del raggio nucleare; ciò che emerse fu che il raggio nucleare è di quattro ordini di grandezza inferiore di quello predetto dal modello di Thomson: mentre Thomson ipotizzava che la carica positiva fosse distribuita su tutto il volume dell atomo (nel caso dell oro, ad esempio, il raggio atomico è pari a 1.79 10 10 m), il raggio nucleare dell oro stimato da Rutherford è 6.9 10 15 m! Ciò significa che se il nucleo fosse grande come un pallone, l intero atomo sarebbe grande come un campo da calcio: l atomo, quindi, si compone prevalentemente di spazio vuoto. In analogia con un sistema planetario, se il necleo dell atomo di oro fosse delle 8

stesse dimensioni del sole, la distanza tra il nucleo e l elettrone più esterno sarebbe doppia di quella che intercorre tra il sole e Plutone (Figura 8). Figura 8: Confronto tra le distanze caratteristiche dell atomo di oro e del sistema solare. Il raggio del nucleo dell oro e il raggio del sole sono stati scalati alla misura comune di 1 m. Diffusione di particelle α al variare dell angolo Lo scopo di questa esperienza è quello di riprodurre l esperimento di Rutherford con il preparato Am-241, posto all interno di una camera a vuoto: mediante un sensore a semiconduttore, le particelle α emesse dalla sorgente di Americio e diffuse a vari angoli da una laminetta sottile metallica, vengono rivelate e viene confrontata la distribuzione sperimentale con la relazione teorica. L esperimento viene eseguito in vuoto per permettere alle particelle α di percorrere il loro cammino senza urtare contro le molecole dell aria. In particolare, si verifica che: N(θ) 1 sin 4 (θ/2) (11) dove N(θ) è il numero di particelle rivelato in funzione dell angolo e θ è l angolo tra la direzione del fascio incidente e la direzione di raccolta delle particelle. In particolare si verificherà che, per angoli piccoli, i conteggi sperimentali deviano dalla distibuzione teorica e la distribuzione non diverge (Figura 9). 9

Figura 9: Tasso di diffusione in funzione dell angolo θ. Apparato sperimentale L esperienza viene realizzata con la seguente strumentazione: sorgente di particelle α (preparato di 241 Am); pompa per il vuoto; camera dotata di: valvola di uscita dell aria collegata alla pompa del vuoto; supporto di plexiglass con scala graduata (sensibilità di 5 ); braccio sul quale viene posizionata la sorgente radioattiva e la laminetta metallica; uscita per il rivelatore a semiconduttore. laminetta di Au sottile (2 µm); fessure in plastica per collimare il fascio; rivelatore a semiconduttore costituito da un fotodiodo al silicio; amplificatore di segnale; 10

contatore digitale; computer interfacciato all amplificatore di segnale per l elaborazione dei dati. Figura 10: (a) coperchio di plexiglass della camera su cui è montata la sorgente e la laminetta metallica (b) schema generale dell apparato 11

Appendice A Vediamo in dettaglio i calcoli che riguardano gli urti elastici centrali, applicate all esperienza di Rutherford. La conservazione della quantità di moto prevede che: m α v α = m α v α + m e v e (12) dove m α e m e sono, rispettivamente, le masse della particella α e dell elettrone, v α è la velocità di α prima dell urto e v α e v e sono le velocità di α e dell elettrone dopo l urto. Nel caso di urto centrale, il moto avviene in una sola dimensione, percui m α v α = m α v α + m e v e (13) Negli urti elastici si conserva inoltre l energia cinetica, quindi 1 2 m αvα 2 = 1 2 m αv α 2 + 1 2 m ev e 2 (14) Per ottenere le espressioni per le velocità dopo l urto, le equazioni precedenti vengono riscritte come: m α (v α v α)(v α + v α) = m e v e 2 (15) m α (v α v α) = m e v e (16) Dividendo queste relazioni si ottiene l espressione: v α + v α = v e (17) che, sostituita nella seconda equazione, permette di ricavare le velocità dopo l urto: v α = (m α m e ) (m α + m e ) v α; v e 2m α = (m α + m e ) v α (18) Dal momento che m α >> m e, le precedenti relazioni diventano: che è il risultato cercato. v α v α ; v e 2v α (19) 12