L Italia giolittiana Nel 1900 ci fu la morte di Umberto I e nuovo re d Italia divenne Vittorio Emanuele III. Il giovane sovrano esprimeva fiducia nei principi liberali, affidando il governo a Giuseppe Zanardelli e a Giovanni Giolitti, presidente del consiglio dal 1903 al 1914. egli fu il principale ispiratore della politica italiana fino alla
I primi anni del XX secolo furono caratterizzati da un grande sviluppo economico e industriale, anche se l agricoltura continuò comunque a svolgere un ruolo di primo piano, aumentando la capacità produttiva grazie ai nuovi macchinari a motore. Giolitti favorì la collaborazione tra le banche e gli imprenditori per finanziare lo sviluppo del settore. La siderurgia si sviluppò grazie alla marina, alle ferrovie e all esercito mentre imprenditori come Pirelli, Olivetti e Agnelli investirono su pneumatici, macchine da scrivere e automobili.
L industria tessile si sviluppò a Biella, a Schio e a Prato così come in Lombardia e in Campania. Il decollo industriale richiedeva inoltre disponibilità di energia; l Italia infatti era povera di carburante e l energia elettrica offrì nuove opportunità. Furono così realizzate nuove opere pubbliche come il traforo del Sempione. Giolitti sostenne la politica protezionista, limitando la concorrenza dei prodotti stranieri, ma penalizzando i piccoli agricoltori.
Ci furono inoltre una serie di forti tensioni, tra il 1900 e il 1902, con diversi scioperi che riguardavano l agricoltura in Val Padana. Nel 1904 fu proclamato uno sciopero generale con episodi di violenza in Sicilia e Sardegna. Tra il 1900 e il 1914 emigrarono dall Italia meridionale 8 milioni e mezzo verso paesi europei industrializzati e l America; appartenevano a classi sociali modeste con una basso grado di scolarizzazione.
Giolitti dovette affrontare numerosi scioperi; egli era convinto che il cammino delle classi sociali popolari fosse inarrestabile e quindi occorresse agire perché divenisse un elemento di prosperità e non di disordine sociale. Egli rifiutò di intervenire nelle lotte tra operai e imprenditori; lo stato doveva essere neutrale garantendo l ordine pubblico e intervenire contro le violenze e non contro le manifestazioni.
Giolitti varò numerose leggi a favore dei lavoratori: fu innalzata da 9 a 12 anni l età in cui i ragazzi potevano iniziare a lavorare, l orario di lavoro venne abbassato a 12 ore al giorno, fu introdotto un mese pagato di maternità per le donne dopo il parto, venne introdotto il sussidio di malattia. Fu così che Giolitti ricevette l appoggio dei socialisti riformisti di Filippo Turati. Furono represse le manifestazioni dei braccianti in Sicilia.
Nel 1912 fu varata una nuova riforma elettorale che allargò il suffragio, concedendo il diritto di voto a tutti i cittadini maschi adulti, compresi gli analfabeti con 30 anni e il servizio militare svolto. Diventavano così 8 i milioni di votanti in Italia; Giolitti, per garantirsi una maggioranza alle elezioni del 1913, siglò il Patto Gentiloni che accolse candidati cattolici ottenendo il consenso della Chiesa anche grazie alle aperture di papa Leone XIII con l enciclica Rerum Novarum.
Giolitti reputò che potesse essere utile all Italia tentare nuovamente l impresa coloniale per cambiare gli equilibri nel mar Mediterraneo contro Inghilterra e Francia. Favorevoli alle conquista coloniali erano i nazionalisti, la grande industria, gli ambienti finanziari e persino i socialisti. Nel 1911 l Italia dichiarò guerra all Impero Ottomano per la conquista della Libia; la conquista fu lunga e difficile a causa della guerriglia dei turchi.
Nel 1913, con le prime elezioni di suffragio universale maschile, Giolitti perse la maggioranza dei deputati alla Camera. Così nel marzo 1914 nuovo primo ministro divenne il liberale Antonio Salandra che si oppose alle manifestazioni di piazza: si scatenò così la settimana rossa, un scioperi organizzati dai socialisti nell Italia centrale. Il governo inviò così l esercito.