CARATTERISTICHE DELLA NEVE AL SUOLO Abbiamo visto come i vari tipi di metamorfismo modificano le caratteristiche di forma e coesione dei cristalli una volta caduti al suolo. Descriviamo adesso le caratteristiche fisiche che il manto nevoso presenta al suolo. Nel manto nevoso, in cui si possono riconoscere strati diversi in relazione alle nevicate, si possono rilevare cristalli caratterizzati da diverso tipo e diverso grado di avanzamento dei metamorfismi, che danno, a ciascuno strato, caratteristiche meccaniche diverse. Queste, per quanto concerne la stabilità della neve, si traducono in valori diversi di coesione, di plasticità, di densità, di angoli di attrito, nonché di resistenza alle forze di compressione e di taglio. Classificazione del cristallo nell analisi stratigrafica Risulta evidente l'importanza dell'analisi cristallografica del manto nevoso a terra per determinare la coesione del manto nevoso ed la presenza di pericolo di valanga. Occorre quindi dare alcune definizioni di base fondamentali per descrivere in modo corretto i vari tipi di manto nevoso. Si definiscono due tipi di angoli di attrito dai quali dipende il meccanismo di deposito della neve e del distacco di valanga su un pendio: Angolo di attrito statico: inclinazione massima di equilibrio oltre la quale quel tipo di cristallo, se asciutto ed incoerente, si pone spontaneamente in movimento. Angolo di attrito dinamico: inclinazione sufficiente perché il cristallo, una volta in moto, si mantenga in movimento. Quest'ultimo è sempre inferiore al primo. Gli angoli di attrito sono funzione della forma dei grani e della loro coesione, ma, poiché la neve, per effetto dei metamorfismi, cambia continuamente forma e coesione, anche questi angoli sono soggetti a continui mutamenti. Per questo possiamo vedere che la neve fresca può stare in equilibrio, grazie alla sua forma ed alla coesione feltrosa, anche su pendii inclinati fino a 80 ; quando, però, subentrando il metamorfismo da isotermia, viene a mancare la coesione feltrosa e la forma del cristallo cambia e si mette in moto In sintesi, per ogni tipo di trasformazione, la neve assume angoli di attrito diversi. I ricercatori hanno appurato che la neve fresca, nella sua trasformazione fino a neve farinosa, occupa una gamma di angoli di attrito statico che va da circa 85 fino a 38 ed una gamma di angoli di attrito cinetico che va da 35 a 23. Il valore di questi angoli sale nuovamente quando la trasformazione avviene per effetto del gradiente e la neve passa dalla forma di neve farinosa assestata (con angolo di attrito statico di 38 e cinetico di 23 ) alla forma dei cristalli a di brina di profondità che sono caratterizzati da un angolo di attrito statico di 48 ed un angolo di attrito cinetico di 35. Poiché il metamorfismo da isotermia è il più rapido, si può dedurre che durante o subito dopo la nevicata, la neve può permanere poco tempo su pendii fino di 85, ma deve portarsi rapidamente su inclinazioni di 35. Ciò significa che i pendii a inclinazione più elevata e quelli esposti a temperature più alte, tendono a scaricarsi subito, mentre quelli ad inclinazione meno elevata tendono ad accumulare molta neve che, per scaricarsi, necessiterà di una causa ulteriore che vada ad aggiungersi al peso. Facendo un confronto fra gli intervalli tra gli angoli di attrito statico e quelli di attrito cinetico si può dedurre che i pendii al di sopra dei 48 scaricano perlopiù spontaneamente valanghe di neve a debole coesione nei primissimi giorni dopo la nevicata (prima quelli più caldi e dopo quelli più freddi), mentre sui pendii compresi fra i 28 ed i 48 la neve si accumula, e le eventuali valanghe sono, in genere, di lastroni e si scaricano più facilmente se sono soggette a
sollecitazioni. Di seguiti si riporta schematicamente la tipologia generale dei cristalli che si possono trovare in un profilo e le loro caratteristiche più significative: Neve fresca (codice 1 o simbolo + + +): cristalli in cui è ben riconoscibile la forma originaria. Angolo di attrito statico 70-90, come dimostra il fatto che i fiocchi dendritici, grazie alla coesione feltrosa, possono fermarsi anche su pareti verticali. Angolo di attrito dinamico 10-15, quindi una valanga di neve fresca, pur se radente e non nubiforme, può rimanere molto veloce anche su pendenze ridotte, quindi è pericoloso transitare alla base di un versante subito dopo un'abbondante nevicata, viceversa, una volta partita, la valanga scarica praticamente tutti i versanti sottostanti che risultano quindi sicuri fino a nuovo deposito. Peso: 20-200 kg/mc. Neve recente (codice 2 o simbolo / / /): cristalli ancora brillanti e semitrasparenti, irregolari ma prevalentemente piatti con bordi spigolosi, forme originarie non o solo parzialmente riconoscibili. La neve ha già subito una prima metamorfosi meccanica per naturale assestamento o per effetto del vento. Attrito statico 50-70. Attrito dinamico 25-35. Peso: 80-250 kg/mc. Neve vecchia o granulosa (codice 3 o simbolo - - -): grani opachi, discoidali con facce e bordi arrotondati, in genere collegati tra di loro da sottili ponti di ghiaccio. Si forma per metamorfosi da isotermia e fornisce una buona stabilità al manto. Attrito statico 35-50. Attrito dinamico 23-25. Peso: 200-500 kg/mc. Neve a "sale grosso" (codice 4 o simbolo ): grani prismatici o quasi, con spigoli vivi e faccette piane brillanti che deriva dall'azione della metamorfosi da gradiente, in genere ha scarsa coesione. Attrito statico 50. Attrito dinamico 25-35. Peso: 200-500 kg/mc. Brina di fondo (codice 5 o simbolo ^^^): cristalli brillanti, striati, prismatici o a calice cavo che rappresenta la fase finale della metamorfosi da gradiente, sempre a minima coesione e con larghi spazi tra i singoli cristalli per cui costituisce uno strato debole ed instabile. Attrito statico 50. Attrito dinamico 35. Peso: 250-450 kg/mc. Neve da fusione (codice 6 o simbolo OOO): grossi grani sferici, opachi, circondati da acqua o inclusi in croste di ghiaccio. Se imbevuta di acqua liquida gli angoli di attrito sono di pochi gradi. Peso 500-750 kg/mc.
Codice Descrizione della forma Simbolo convenzionale Angolo attrito statico Angolo attrito cinetico Peso (Kg/mc) 1 Cristalli vicini alla forma originale; neve fresca + + + 70-90 10-15 20-200 2 Forme irregolari / / / 50-70 25-35 80-250 3 Grani arrotondati; senza spigoli vivi; neve granulosa - - - 35-50 23-25 200-500 4 Cristalli con spigoli vivi e faccette piane lucenti 50 35-50 200-500 5 Cristalli cavi s calice; neve scorrevole ^^^ 50 35 250-450 6 Grani grossi rotondi; neve marcia, primaverile, umida OOO Pochi gradi se la neve è imbevuta d'acqua 500-750 Vediamo in dettaglio le singole caratteristiche della neve: La densità E' il rapporto tra la massa della neve ed il volume che occupa e si misura in Kg/mc. Essa è tanto maggiore quanto più limitata è la quantità d'aria inclusa tra i cristalli, per cui è minima nella neve fresca e massima nella neve ben assestata. In un manto nevoso a bassa densità è, quindi, limitata anche la coesione in quanto i cristalli di neve sono piuttosto distanziati tra loro; non sempre, invece, è vero il contrario e cioè che una neve ad elevata densità abbia anche una elevata coesione: basti pensare alla neve a temperatura di fusione, in cui l'acqua che avvolge i cristalli va ad occupare il posto dell'aria, tuttavia la coesione diminuisce per effetto della disaggregazione dei cristalli e della loro lubrificazione da parte dell'acqua percolante nel manto nevoso. La viscosità e la plasticità La viscosità ( legata all'attrito interno) è la proprietà per cui i grani di neve incontrano difficoltà a scorrere gli uni sugli altri. Il manto nevoso compatto tende a rimanere rigido. Essa aumenta con il diminuire della temperatura. La plasticità è la proprietà per cui il manto nevoso può subire deformazioni permanenti anche rilevanti. Aumenta con l'aumentare della temperatura, ovviamente sempre al di sotto della temperatura di fusione.
Le resistenze della neve: a compressione, a trazione ed al taglio Nella neve la resistenza a compressione è notevolmente superiore alla resistenza a trazione. Esercitando una lenta compressione su un campione di neve compatta questo, entro certi limiti, prima della rottura, tende a diventare più solido; sottoponendolo a trazione si rompe con una forza dieci volte inferiore. Ammettendo questo principio, lo stesso tipo di neve, su un pendio, potrà essere in equilibrio stabile o instabile a seconda che si trovi in zona di compressione o di trazione. Queste resistenze variano in relazione al tipo di metamorfismo subito dalla neve: ad esempio, mentre la neve di fine metamorfismo di isotermia (a grani fini o farinosa) ha resistenze generalmente elevate, a fine metamorfismo di gradiente le resistenze sono minime. La resistenza al taglio è riferita alla resistenza alla rottura di strati diversi del manto nevoso, soggetti a due forze parallele e contrarie (forze di taglio). Anche questa resistenza varia in relazione ai metamorfismi, alla temperatura alla forma dei grani, all'inclinazione del pendio ed al coefficiente di attrito statico. La neve offre, in genere, una resistenza al taglio molto debole rispetto alle resistenze a trazione o a compressione. Considerando, ad esempio un lastrone compatto e duro di un accumulo di neve ventata, circondato da neve a debole coesione: in corrispondenza delle linee periferiche del lastrone la resistenza al taglio fra la neve del lastrone e quella della neve circostante è minima e un sovraccarico può determinarne il distacco. Altre zone di resistenza minima si possono trovare tra due superfici non perfettamente saldate tra loro, o tra le quali sia interposto uno strato debole (brina di profondità tra i due).
Il Neviflusso (o movimento lento del manto nevoso) Il manto nevoso che si deposita su un pendio inclinato viene sottoposto, a seguito del suo stesso peso, all azione di 2 forze distinte che comportano 2 distinte conseguenze. Abbiamo infatti che la forza peso (P) verticale si scompone in una componente (PN) normale al terreno ed una (PP) parallela al pendio. Le relazioni tra P e le due componenti variano in funzione dell'angolo di inclinazione del versante secondo le formule: PN = P * cos α PP = P * sen α La componente normale (PN) è quella che genera il metamorfismo meccanico mentre l effetto della componente parallela (PP) genera un secondo effetto: il neviflusso. In particolare, si possono distinguere tre tipi di moto combinati: - moto dei cristalli gli uni sugli altri verso il suolo e verso valle, con conseguente diminuzione dello spessore del manto nevoso nel suo insieme (assestamento); - spostamento più accentuato verso valle dei cristalli in superficie rispetto a quelli verso il suolo (scorrimento); - moto verso valle dei cristalli al suolo lungo il piano d'appoggio, con trasporto di tutto il manto nevoso soprastante (slittamento). Il neviflusso è composto quindi dal fenomeno dello scorrimento e dello slittamento. La velocità del neviflusso dipende sia dal valore di PP (funzione del peso P e dell'inclinazione; ad esempio per lo stesso peso di 100 kg, su un angolo di 20 abbiamo che PP = 34,20 kg, mentre su 40 PP = 64,28 kg; sia dalla scabrosità del piano di slittamento); sia dalla coesione interna dello strato di neve a contatto col fondo (con cristalli a debole coesione, tipo 5 (brina di fondo) o tipo 6 (neve in fusione), l'attrito è minimo e può essere annullata anche la scabrosità di un terreno roccioso). La temperatura gioca un ruolo altrettanto importante: più le temperature sono basse (il manto è viscoso) tanto più il neviflusso è lento e le deformazioni sono piccole (ad esempio, la neve sul tetto esce dalla falda e mantiene un moto rettilineo); più le temperature sono elevate (la neve è più plastica) tanto più il suo movimento è veloce e la possibilità di deformarsi aumenta (nell'esempio del tetto la parte aggettante oltre la grondaia per effetto del peso si incurva a ricciolo anziché rompersi). Su un pendio, quindi, per effetto del neviflusso, il manto nevoso tende a muoversi scendendo verso valle con un moto lento e continuo, la cui velocità è legata alla pendenza, agli attriti sul piano d'appoggio ed alla temperatura.
Ad ogni variazione della componente PP, per variazione della morfologia o della copertura vegetale o altro, all'interno del manto si creano trazione nelle zone convesse ed a compressione nelle zone concave. Se lo strato è plastico si adatterà alle irregolarità del piano d'appoggio (terreno) su cui appoggerà e le eventuali sollecitazioni di carico potranno essere assorbite, almeno in parte, dalla deformazione del manto. Se, invece, le temperature sono basse ed il manto nevoso sarà rigido, esso tenderà ad un moto rettilineo, lasciando dei vuoti nelle concavità e autosostenendosi su punti di appoggio periferici. Va da sé che venendo a mancare l'appoggio sottostante, una diminuzione di resistenza o una sollecitazione di carico che, data la rigidità del sistema, va a ripercuotersi sui punti di appoggio, può dar luogo al distacco di un lastrone in quel punto molto più facilmente che se la neve fosse plastica. Subito sotto una zona convessa la neve rimane sul posto solo finché la trazione, in pratica PP, è minore o eguale alla resistenza, cioè alla coesione tra i cristalli. La rottura per trazione, e la conseguente probabile valanga, può avvenire: per solo aumento della PP: nuovo deposito di neve fresca o da vento, passaggio di persone, ecc.;
per sola diminuzione della coesione: progressiva riduzione della feltratura per metamorfosi sia meccanica che da isotermia nella neve fresca (metamorfosi da gradiente o da fusione in o sotto strati già densi ed assestati); per contemporanea azione delle due cause; ad esempio, la pioggia che aumenta il peso e, portando acqua "calda", diminuisce la coesione per fusione. Dopo un'abbondante nevicata, tutte le zone convesse tendono a scaricare in tempi più o meno brevi che dipendono dalla pendenza e dalla morfologia. Nelle concavità, o dove comunque la pendenza passa da un valore maggiore ad uno minore, la diversa velocità di neviflusso porta alla compressione con relative sollecitazioni nel manto. Anche qui si crea una zona di potenziale instabilità, ma gli effetti sono meno drastici che per la trazione: Con neve fresca la compressione si limita ad una costipazione con aumento della densità e, per rigelo, della coesione; con manto già compatto ma umido, grazie alla buona plasticità di questo tipo di neve e alla gradualità della pressione, si ha una deformazione a onde con pieghe che possono raggiungere dimensioni eccezionali. Il pericolo maggiore si ha con strati a forte coesione interna ed asciutti, quindi pesanti e rigidi come i lastroni da vento, che per compressione assiale possono improvvisamente frantumarsi come una semplice lastra di vetro.