EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE ITALIANE: INQUADRAMENTO TEORICO ED EVIDENZE EMPIRICHE



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STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE ITALIANE: INQUADRAMENTO TEORICO ED EVIDENZE EMPIRICHE CLAUDIO GIANNOTTI * 1. Introduzione Il sistema finanziario italiano è notevolmente cambiato negli ultimi anni fino ad assumere una struttura di base simile a quella degli altri paesi industrializzati. Questa trasformazione appare di fatto realizzata in alcuni ambiti (ad esempio la proprietà privata degli intermediari creditizi), in fase di completamento in altri (ad esempio il nuovo sistema dei pagamenti) e da compiersi in altri ancora (ad esempio lo sviluppo di investitori istituzionali quali i fondi pensione). Diversi fattori hanno contribuito ad innalzare il livello competitivo del nostro sistema finanziario 1. Significativo il mutamento del quadro normativo, il quale ha abbattuto le barriere all ingresso nei vari mercati e le separazioni istituzionali tra i diversi settori dell attività finanziaria, contribuendo ad ampliare la varietà dei servizi e dei prodotti offerti. Grazie al progresso tecnologico i mercati finanziari si sono integrati, si sono ridotte le imperfezioni dei circuiti di scambio diretti e si sono ulteriormente specializzate alcune fasi del ciclo produttivo e distributivo delle attività finanziarie. L efficienza informativa del mercato azionario è notevolmente aumentata, conferendo maggiore significatività ai prezzi. Sono andate poi via via maturando alcune condizioni che hanno favorito comportamenti volti alla massimizzazione del valore dei titoli azionari, come la privatizzazione delle banche (dal 1993 a oggi la quota di fondi intermediata da enti pubblici è scesa dal 70 per cento al 12 per cento); le banche hanno dovuto prodigarsi per assicurare un attraente rendimento atteso delle proprie * Ricercatore di Economia degli Intermediari Finanziari nell Università di Roma «Tor Vergata». Desidero ringraziare Stefano Monferrà per gli utili consigli ed i professori Alessandro Carretta ed Antonio Pin per i preziosi e continui suggerimenti che hanno voluto fornire per la stesura di questo lavoro. ¹ Per le più recenti evoluzioni del sistema finanziario italiano, vedi Forestieri (2000); Ciocca (1999); Comana (1997) e Banca d Italia, Relazione Annuale per il 1999. 129

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 azioni. Il sistema dei pagamenti si è evoluto in tutte le sue componenti (norme, intermediari, strumenti e infrastrutture), rendendo più efficiente il trasferimento della moneta tra gli operatori del sistema economico. Inoltre, la realizzazione della moneta unica europea ha creato notevoli opportunità per le banche italiane soprattutto nel campo del corporate finance, particolarmente importante per i rapporti con gli intermediari esteri. In tale contesto, ci si chiede: come si è modificato il rapporto tra banche ed imprese? In particolare, sono migliorate le relazioni tra intermediari finanziari ed aziende di piccole e medie dimensioni? Oppure sono rimaste immutate? Di quest ultimo aspetto intende occuparsi il presente lavoro, proponendosi di accertare, con l ausilio di dati disponibili, se si siano avuti i progressi da molti auspicati. Gli interrogativi sono molteplici. Ad esempio: l indebitamento bancario è ancora prevalente nella struttura del passivo delle imprese oppure si nota un avvicinamento al mercato? Gli intermediari hanno sviluppato l offerta di servizi corporate finance? Si è avuto un miglioramento nel rapporto banca-impresa tale da lasciare intravedere per il futuro una relazione più solida e più profonda? Dopo aver assunto l ipotesi teorica che l accresciuta efficienza dei mercati richiede comunque un attività di intermediazione capace di produrre servizi finanziari di vario tipo e con differente valore aggiunto, l analisi dei dati disponibili si propone di confermare (o confutare) l avvenuto spostamento dell attività bancaria dal lending tradizionale all offerta di servizi corporate finance 2. 2. Il rapporto banca-impresa nei sistemi finanziari imperfetti: ricognizione storico-dottrinale 2.1. Il quadro di riferimento storico I rapporti tra l industria e la finanza possono essere analizzati in relazione al contributo dato alla mobilizzazione dei capitali verso l attività produttiva, alla partecipazione ai processi di governo delle imprese, al monitoraggio delle performance del sistema industriale e all offerta di servizi confacenti all ottimizzazione delle funzioni finanziarie aziendali (Cotta Ramusino, 1998). Nella fase introduttiva del ciclo di vita di un impresa, le banche non sono inclini a finanziare progetti imprenditoriali nuovi o innovativi, che ancora devono mostrare la loro validità economica; tale tipo di finanziamento compete al venture capital. Con l avvio del- ² Per un inquadramento generale dei servizi corporate finance, vedi tra gli altri Gatti (1998). Per delle considerazioni specifiche sui servizi di finanza mobiliare, vedi Basile e De Sury (1993) e Banfi (1995). 130

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... l attività e la progressiva crescita del fatturato, i finanziatori esterni, posto che appaiano positive le prospettive reddituali dell impresa, si mostrano propensi ad accordare finanziamenti a titolo di credito. Tale tipo di intervento (lending) può trovare il proprio limite massimo nella fase di maturità dell impresa, in corrispondenza sia di una possibile riduzione dei vantaggi competitivi dell impresa, che producono un innalzamento del grado di rischio, sia del raggiungimento di una sufficiente autonomia finanziaria da parte degli affidati (Mottura, 1987). In anni recenti, le grandi imprese italiane hanno rafforzato il proprio posizionamento competitivo e la propria forza contrattuale nei confronti degli intermediari finanziari grazie alle spinte innovative sorte dal lato della domanda, in linea con il punto di vista teorico secondo cui «i sistemi bancari non mutano se non cambiano le esigenze e le propensioni della clientela» (Bianchi, 1988). In altre parole, in presenza di date condizioni ambientali esterne (tecnologia, regolamentazione, congiuntura economica, ecc.), quando si verificano significative modificazioni nella domanda, gli intermediari sono costretti a ridefinire i servizi offerti; di riflesso, i sistemi finanziari modificano la distribuzione del carico di lavoro tra i circuiti autonomi e quelli intermediati (Basile, De Sury, 1993). Detto mutamento della domanda di servizi finanziari da parte delle imprese maggiori può essere collocato intorno agli anni Ottanta e va collegato, almeno in parte, con la crescita del mercato borsistico, stante il fatto che, in genere, lo sviluppo del mercato dei capitali tende a ridurre l indebitamento con gli intermediari delle aziende di maggiori dimensioni (Banca d Italia, Relazione Annuale per il 1999). Va inoltre rilevato che in quegli anni le imprese maggiori hanno intrapreso e ultimato un radicale processo di ristrutturazione economica e finanziaria, in risposta alle pressioni competitive esterne. Esse hanno deciso di concentrare la propria attività sul core business, per meglio rafforzare i propri punti di forza concorrenziali. La funzione «finanza» fu considerata rilevante ai fini dell efficienza complessiva e del successo dell impresa; non pochi furono i casi di imprese che ricorsero a specialisti esterni per appropriarsi di esperienze e di capacità tecniche non disponibili internamente (Forestieri, Onado, 1992; Cotta Ramusino, 1998). Da una ricerca condotta su un campione di imprese si ha la conferma che, al crescere delle dimensioni aziendali, le esigenze finanziarie divengono via via più complete e diversificate, con la conseguenza che le banche devono allargare e specializzare il ventaglio della loro offerta (Bisoni, Canovi, Fornaciari, Landi, 1994). Di fatto, gli amministratori degli intermediari, costretti dalle pressioni concorrenziali ed intenzionati a compensare quanto più possibile la disintermediazione in atto, hanno sviluppato nuove strategie e intensificato i contatti con i grandi clienti, per meglio soddisfare i loro 131

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 fabbisogni (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, 1997; Cotta Ramusino, 1998). Se, nel periodo storico di riferimento, si sposta l attenzione verso le imprese di dimensioni piccole e medie (PMI), si può constatare una realtà assai diversa in cui la finanza è stata, ed è tuttora, un ostacolo da superare piuttosto che un opportunità da cogliere. Gli imprenditori minori sono stati fortemente restii a raccogliere capitali sul mercato azionario. Numerose sono le ragioni di ciò, tra cui: la struttura familiare della proprietà; il desiderio di non condividere con altri soci il governo aziendale ed i frutti economici che ne conseguono; la cultura finanziaria tradizionale; gli oneri informativi e contabili richiesti; la complessità fiscale. D altra parte, anche le banche non hanno brillato per innovatività; la partecipazione in veste di merchant banker al capitale di rischio delle imprese è stata indubbiamente contenuta, persino nelle aree produttive più sviluppate (Bisoni, Landi, 1999). Tuttora, le operazioni di merchant banking con le PMI sono rare, essendo richieste solo in situazioni particolarmente delicate o di crisi (Lazzari, 1998). Altrettanto limitati sono i casi di ricorso ai mercati obbligazionari e monetari. Al presente, i rapporti tra PMI ed intermediari sono conflittuali piuttosto che collaborativi. Da un lato, gli imprenditori lamentano la bassa qualità dei servizi bancari e l elevato costo del credito. Dall altro, i responsabili delle banche evidenziano la difficoltà di ottenere informazioni attendibili e segnalano come l intento principale degli imprenditori sia quello di espandere il numero delle banche finanziatrici per poter stabilizzare la disponibilità complessiva di fondi e minimizzarne il costo (Bisoni, Landi, 1999; Szego, Tontoranelli, 1996). Inoltre, si accusano le banche di utilizzare prevalentemente criteri statici per la valutazione del merito di credito degli affidati, fondando il giudizio di fido principalmente sul patrimonio e sulle garanzie reali e personali (Bisoni, Canovi, Fornaciari, Landi, 1994; Luise, 1997). In letteratura è stato ampiamente evidenziato che la tendenza al pluriaffidamento aumenta al crescere della dimensione dell impresa (Cesarini, 1994; Padoa-Schioppa, 1994; Bisoni, Landi, 1999; Foglia, Laviola, Marullo Reedtz, 1998). Al decrescere della dimensione aziendale si riduce il numero di banche con cui gli imprenditori interagiscono e aumenta la possibilità che la banca di riferimento sia un intermediario locale; le piccole imprese hanno dunque maggiori possibilità di non disperdere i rapporti finanziari con il sistema bancario (Mediocredito Centrale, 1999). Tuttavia, la prassi dei fidi multipli è assai diffusa anche nelle PMI, con grave pregiudizio per la bontà del rapporto banca-impresa (Ruozi, 1996). Nel frammentare il proprio fabbisogno tra diverse banche l imprenditore parte dal presupposto che il credito, nelle varie forme tecniche, è un bene sostanzialmente indifferenziato e divisibile, che si può ottenere da una pluralità di fornitori tra loro altamente sostitui- 132

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... bili. Dal canto loro, i responsabili delle banche giudicano l impresa di piccole e medie dimensioni come un soggetto poco interessante per costruire stabili rapporti finanziari e non meritevole di un accurata e costosa analisi di fido. Il pluriaffidamento risulta poi coerente con un sistema creditizio caratterizzato da una bassa probabilità di crisi di liquidità e da costose procedure per il recupero crediti (Monferrà, 1999). Non trascurabili e numerose sono le conseguenze di questo atteggiamento di tipo assicurativo teso a stabilizzare il rischio sostenuto dalle banche frazionando la clientela affidata. Per prima cosa, esso non è compatibile con il criterio di valutazione dei fidi basato sul valore economico di impresa e cioè sui flussi di reddito prospettici (Pin, 1993; Forestieri, 1992; Tagliavini, 1999). Si indebolisce poi il controllo sul prenditore di fondi, insorgono elementi di fragilità nei bilanci degli affidati e in definitiva aumenta il rischio di insolvenza delle imprese (Foglia, Laviola, Marullo Reedtz, 1998). Inoltre, nella misura in cui la redditività ha scarsa rilevanza rispetto alle garanzie offerte e le banche non si assicurano un proficuo interscambio di informazioni con i clienti grazie a una relazione finanziaria duratura, anche le imprese con progetti economicamente poco validi possono accedere al credito bancario; ecco allora che in questo modo si favorisce l allocazione inefficiente del credito (Forestieri, Rossignoli, 1986; Luise, 1997). Infine, si facilita l espansione dell indebitamento di breve termine e si riduce la possibilità per le banche di essere un «interlocutore efficiente» per il conseguimento della struttura finanziaria equilibrata (Rossignoli, 1992). Non c è allora da meravigliarsi che la struttura finanziaria delle PMI sia prevalentemente esposta verso l indebitamento bancario e che questo rappresenti il 70 per cento circa dei debiti finanziari (Banca d Italia, Relazione Annuale per il 1999). Particolarmente significativa è l incidenza del debito bancario di breve termine, che si manifesta nell utilizzo prevalente di un solo strumento finanziario, e cioè lo scoperto di conto corrente (Furesi, Minoja, Zattoni, 1999). Oltre che dai prestiti bancari, le PMI dipendono in modo strutturale dall autofinanziamento (Landi, 2000). Appare dunque auspicabile un cambiamento di tipo relazionale (e non transazionale) nei rapporti tra banche e PMI. Una nuova collaborazione finanziaria e una strategia di cooperazione qualitativamente più efficace possono ragionevolmente nascere solo con un percorso graduale di avvicinamento tra coloro che gestiscono gli intermediari finanziari e coloro che promuovono le attività industriali (Ruozi, 1996). D altronde, le PMI sembrano richiedere con forza non tanto l annullamento delle garanzie necessarie per l ottenimento del fido, quanto piuttosto l aumento della trasparenza informativa e del livello qualitativo del rapporto con le banche (ABI e Confindustria, 2000). 133

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 Il suddetto cambiamento potrebbe avviarsi proprio con il potenziamento dell offerta di servizi finanziari che sconfinino dai business tradizionali (affidamenti e pagamenti) e che propongano le banche come soggetti attivi nella gestione finanziaria delle imprese (Ruozi, 1996). L ampliamento della gamma dell offerta potrebbe innescare processi migliorativi che allontanino le imprese dalla logica dei fidi multipli e che favoriscano il sostegno sia per il collocamento di nuovi titoli di credito che per l allungamento della scadenza media dell indebitamento finanziario (Padoa-Schioppa, 1995). Interventi sotto forma di venture capital, di finanziamenti per lo sviluppo e di ristrutturazione finanziaria possono rappresentare un opportunità per ridurre la distanza informativa con la clientela corporate e favorirne l attività soprattutto in quelle fasi del ciclo di vita in cui gli intermediari creditizi non sono propensi ad intervenire (Cesarini, 1994; Landi, Schwizer, 1998). Per non ampliare il rischio sopportato dalle banche potrebbe essere auspicabile l assistenza per la quotazione in Borsa delle imprese, in alternativa all assunzione diretta di partecipazioni. D altro canto tali servizi finanziari consentono alle banche di entrare in business con un livello competitivo più contenuto, di aumentare il grado di fidelizzazione della clientela, di riequilibrare i conti reddituali e di difendere il proprio mark up, e cioè il differenziale tra rendimento sui prestiti e rendimento di mercato (Comana, 1998; Landi, 2000). A ben vedere, non si tratta di affidare all esterno (solamente) i singoli processi che richiedono servizi finanziari ad alto valore aggiunto, ma di trovare un valido ausilio nello svolgimento di alcuni compiti di «finanza ordinaria» che necessitano comunque di competenze specialistiche. La strategia che può portare ad essere una «banca di riferimento» nel lungo periodo sembra essere quella di soddisfare l intera gamma di esigenze finanziarie che le imprese esprimono durante il ciclo di vita. Ma essa richiede innanzitutto un cambiamento di cultura e una predisposizione alla collaborazione reciproca. L imprenditore deve convincersi che la finanza è una funzione fondamentale per l efficienza complessiva ed è basata su competenze specifiche raramente presenti all interno della sua struttura organizzativa; è necessario perciò che questi richieda nuovi e diversificati servizi finanziari e colga il valore aggiunto di uno stretto rapporto con le banche. Queste ultime devono intuire la convenienza ad effettuare investimenti in nuovi segmenti operativi ed essere disposte ad impegnare risorse per acquisire una profonda conoscenza delle problematiche delle imprese di piccole e medie dimensioni. In definitiva, la nascita di relazioni forti e stabili, il trasferimento di conoscenze, la condivisione dei rischi, le intersezioni delle catene del valore tra le imprese impegnate nella cooperazione sono stati esempi di successo industriale, che possono essere replicati anche nel rapporto tra finanza e industria. 134

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... 2.2. Il quadro di riferimento teorico L esistenza di asimmetrie informative, costi di transazione e incertezza ostacola il pieno sviluppo di rapporti di scambio diretti tra datori e prenditori di fondi. Attorno a questi elementi è stata elaborata la teoria dell intermediazione finanziaria, cioè un insieme eclettico di motivazioni a supporto degli intermediari e della loro attività 3. Le pressioni competitive, l apertura dei mercati, la deregolamentazione, l innovazione finanziaria e tecnologica rendono più completi i mercati dei capitali; ciò ha ridotto i tradizionali vantaggi competitivi degli intermediari creditizi, incentivando un effetto sostituzione nell attività di lending a favore dei mercati finanziari (Llewellyn, 1999). Tuttavia, in presenza di evidenti segnali di progressivo miglioramento dei meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari e di un graduale orientamento dei sistemi verso i circuiti diretti, vi è ancora spazio per una domanda di intermediazione? L esperienza recente sembra registrare contemporaneamente sia una diminuzione delle imperfezioni dei mercati sia una crescita dell attività di intermediazione. Ravvisando tale apparente contraddizione alcuni autori (Allen, Santomero, 1997) hanno ipotizzato che i filoni teorici tradizionali basati sui costi di transazione e sulle asimmetrie informative possano essere insufficienti. L elaborazione di una risposta adeguata ha portato a sottolineare la capacità degli intermediari da un lato di accollarsi e gestire il rischio che altri operatori non desiderano sopportare (a testimonianza di ciò si rileva la crescente innovazione finanziaria e lo sviluppo delle attività di gestione del rischio dei differenti intermediari), e dall altro di ridurre i participation costs e cioè i tempi e gli sforzi necessari a comprendere il funzionamento del mercato e a monitorarne giornalmente i cambiamenti. Aumentano le competenze e le professionalità necessarie per cogliere le opportunità offerte dai mercati, che diventano sempre più istituzioni per gli intermediari e non per singoli investitori o imprese (Allen, Gale, 1998). La soluzione offerta tuttavia non è definitiva, ma porta a sottolineare che le funzioni di intermediazione subiscono continue trasformazioni nel tempo (Mottura, 1991; Ciocca, 1999). Le differenti modalità organizzative di uno scambio e l attività svolta dai diversi tipi di intermediari possono dunque essere interpretate come un processo in evoluzione, nel quale il ruolo degli intermediari evolve adattandosi alle nuove esigenze. Secondo questa chiave di lettura è allora possibile inquadrare concettualmente il riposizionamento delle istituzioni creditizie attraverso un processo che le indirizzi da un attività ancora fortemente concentrata su un meccanismo di trasformazione ³ Per una sintesi delle teorie dell intermediazione si rimanda tra gli altri a Forestieri (1993); Onado (1992) e Hellwig (1993). 135

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 della qualità dei fondi intermediati verso un crescente impegno in attività più «leggere», come ad esempio la consulenza e l assistenza finanziaria alla clientela corporate. In sistemi sempre meno imperfetti, le banche continuano a mantenere alcuni elementi di specificità, riconducibili soprattutto ai vantaggi informativi legati allo stretto rapporto con la clientela, che rende l intermediazione compatibile con lo sviluppo dei mercati finanziari (Llewellyn, 1999; Bisoni, Canovi, Fornaciari, Landi, 1994). Anche in presenza di un mercato dei capitali sufficientemente sviluppato ed efficacemente regolamentato è auspicabile un attività di rating (spesso svolta proprio dalle banche) e rimangono comunque problemi di azzardo morale e di insider trading (Corigliano, 1991). Il mantenimento di una posizione privilegiata della banca rispetto ai circuiti mobiliari appare fondamentale sia per la sua sopravvivenza sia per il sistema finanziario nel suo complesso, che rimane «fisiologicamente imperfetto» a causa delle asimmetrie informative presenti negli scambi finanziari; da questo punto di vista le banche assicurano una informazione di tipo confidenziale, accrescono lo spessore dei rapporti finanziari e per tale via migliorano l efficienza dei processi allocativi del credito (Forestieri, Onado, 1992; Corigliano, 1991 e 1994). La banca, potenzialmente, dispone di informazioni riservate fondamentali per lo screening e il monitoring, sulle quali appoggiarsi per conseguire economie di diversificazione nella gamma dei servizi offerti alla clientela. Tali vantaggi informativi sono utili alle banche per accompagnare in modo efficace gli imprenditori sui mercati finanziari offrendo le necessarie garanzie fidejussorie e l opportuna consulenza organizzativa (Padoa-Schioppa, 1995). Anche l attività di lending ne può trarre giovamento in termini di costo del prestito e di garanzie collaterali (Berger, Udell, 1995) oppure di aumento del valore delle azioni in caso di annuncio di rinnovo della linea di credito precedentemente accordata (Lummer, McConnel, 1989). Peraltro, al crescere del grado di efficienza di un mercato, le imprese sono sempre più disposte a divulgare informazioni per assicurarsi l accesso diretto al capitale di rischio, favorendo l efficienza del mercato stesso, che diventa un alternativa credibile al prestito bancario (Llewellyn, 1999). In questo senso si mette in discussione la presunta superiorità del credito bancario, studiata tra gli altri da Fama (1985); ci si può infatti chiedere: le imprese saranno ancora disposte ad accettare un tasso passivo bancario superiore al costo del debito cartolare di pari rischio ottenibile sul mercato? Oppure esse preferiranno soddisfare i propri fabbisogni finanziari facendo sempre più spesso appello direttamente al mercato, nel rispetto dei requisiti informativi da questo imposti? La risposta può essere trovata in una sorta di complementarità positiva tra finanza intermediata e finanza diretta dal momento che 136

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... non esiste una presunta superiorità del modello di finanziamento riconducibile al mercato rispetto a quello che fa capo alle banche (Forestieri, Onado, 1992). I circuiti indiretti tendono a integrare quelli autonomi al fine di massimizzare il volume di risorse scambiate (Mottura, 1991; Seward, 1990). Viene superata la netta ripartizione tra sistemi orientati agli intermediari e sistemi orientati al mercato poiché tanto i primi quanto i secondi non offrono singolarmente considerati una soluzione ottimale e contengono al proprio interno delle inefficienze da correggere (Ciocca, Marullo Reedtz, 1991; Marullo Reedtz, 1996). Tradizionalmente (Mayer, 1994) le banking economies sono caratterizzate da una bassa presenza di imprese quotate, da un elevata concentrazione della proprietà, da relazioni articolate e di lungo termine tra le banche e le aziende industriali e da intermediari orientati al possesso delle partecipazioni di imprese industriali. Le market economies presentano un elevato numero di imprese quotate sul mercato ufficiale, una forte incidenza della dimensione del mercato borsistico in relazione al PIL, una forte dispersione della proprietà azionaria e un orizzonte di breve periodo nelle relazioni tra le banche e le industrie. Allo stato attuale è piuttosto difficile collocare il sistema finanziario italiano in uno dei due modelli teorici individuati. Alcuni elementi sembrerebbero spingere verso una categoria, altri per quella alternativa (Banca d Italia, Relazione Annuale per il 1999; Padoa-Schioppa, 1995). Il numero delle imprese italiane quotate in Borsa appare piuttosto contenuto (264), se confrontato con quello di altri paesi europei come la Germania (1.043), la Francia (968) e la Spagna (718). Lo scarso sviluppo del mercato azionario ed obbligazionario privato ha facilitato lo spostamento della struttura finanziaria delle imprese industriali italiane verso l indebitamento: il grado di leverage di queste ultime si attesta intorno al 53 per cento, contro il 46 per cento di quelle tedesche e il 47 per cento di quelle francesi. Tuttavia, accanto ad una decisa dipendenza delle imprese dal credito bancario, si registra una paradossale debolezza delle banche nei confronti degli affidati; la scarsa qualità delle relazioni tra i responsabili degli intermediari e gli imprenditori è tanto più evidente quanto più si scende nella classe dimensionale delle imprese. In definitiva, sia la banca che la Borsa concorrono alla valutazione dei progetti imprenditoriali delle imprese, la prima con un orizzonte temporale di lungo periodo e con informazioni non sempre pubbliche, la seconda con un orizzonte temporale di minore ampiezza e con informazioni accessibili a tutti (Marullo Reedtz, 1996). Il problema quindi si sposta dalla identificazione dei percorsi che portano i mercati a sostituire gli intermediari, ed in parte a sovrapporsi ad essi, alla individuazione delle architetture istituzionali degli intermediari più 137

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 idonee a finanziare in modo efficace le imprese in un dato contesto ambientale (Esposito, 1994). E in questo senso un offerta competitiva e una domanda articolata di servizi finanziari possono essere considerati elementi di garanzia per l efficienza dei mercati soprattutto nel medio lungo periodo. 3. Le evidenze empiriche A causa delle crescenti pressioni competitive e dei mutamenti del quadro normativo, nel corso degli anni Ottanta, e più ancora degli anni Novanta, l evoluzione del sistema finanziario italiano ha registrato una forte accelerazione, in concomitanza con la progressiva riduzione dei tassi di interesse, sia di breve che di medio lungo termine. Come evidenziano la Tabella 1 e la Figura 1, tra il 1992 e il 1999, vi è stato un calo di ben 10 punti circa nei tassi di rendimento dei BOT e dei BTP; e di altrettanto si è abbassato il tasso mediamente applicato dalle banche sui prestiti. Tabella 1 Andamento dei tassi di interesse nel sistema finanziario italiano (1992-1999) 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 Tasso medio BOT 14,32% 10,58% 9,17% 10,85% 8,46% 6,33% 4,59% 3,01% Tasso medio BTP 13,27% 11,19% 10,52% 12,21% 9,40% 6,86% 4,88% 4,73% Tasso medio prestiti 15,76% 13,87% 11,22% 12,47% 12,06% 9,75% 7,88% 5,58% Fonte: Banca d Italia, Relazione Annuale (nostra elaborazione). Fonte: Banca d Italia, Relazione Annuale (nostra elaborazione). Fig. 1 Tassi di interesse 138

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... Conseguentemente a detti andamenti, e alla notevole riduzione dello spread tra depositi e prestiti, le banche hanno registrato una forte contrazione dei profitti legati alla gestione denaro. Il margine di interesse sul totale delle attività, tra l inizio e la fine del periodo considerato, si è assottigliato di circa un terzo (Tabella 2 e Figura 2). Tabella 2 Redditività della gestione denaro delle banche: spread tra i tassi 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 Spread tra i tassi 7,21% 6,08% 5,02% 6,02% 5,57% 4,92% 4,72% 3,97% Margine di interesse: in miliardi di lire 65.090 65.224 60.164 64.893 63.621 60.179 59.376 55.440 in % del totale attivo 3,46% 3,21% 2,94% 3,14% 2,84% 2,62% 2,52% 2,22% Fonte: Banca d Italia, Relazione Annuale (nostra elaborazione). Fonte: Banca d Italia, Relazione Annuale (nostra elaborazione). Fig. 2 Margine di interesse sul totale attivo Per cercare di porre rimedio alla deteriorata performance aziendale, alle banche sono rimasti ben modesti margini di manovra; in sostanza: a) la leva dei volumi, per tentare di recuperare con l ampliamento dei fondi intermediati quanto perso in termine di margine unitario; b) la leva dei costi, per aumentare l efficienza operativa; c) la leva della diversificazione produttiva, per accrescere il contributo reddituale di altri segmenti operativi. Nel presente lavoro, l attenzione è rivolta al terzo tipo di intervento, con riguardo soprattutto all offerta di servizi corporate finance alle imprese piccole e medie 4. La metodologia utilizzata prevede l a- ⁴ Vengono quì considerate come piccole e medie le imprese con meno di 250 addetti e/o con un limite di fatturato di 40 milioni di euro, ovvero di circa 77,5 miliardi di lire (Mediocredito Centrale, 1999, pagg. 16-18). 139

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 nalisi dei dati relativi ad alcuni campioni estratti dalle principali base-dati disponibili per il sistema bancario e per il sistema industriale italiano. 3.1. I dati impiegati Per verificare in quale misura sia aumentata la negoziazione di servizi finanziari tra banche e imprese minori, si fa ricorso, nell ordine, ai dati rilevati dalla Centrale dei Bilanci, dal Mediocredito Centrale, da Mediobanca, dalla Banca d Italia e dall Associazione Bancaria Italiana. a) I dati della Centrale dei Bilanci Dalla pubblicazione della Centrale dei Bilanci recante il titolo di Economia e finanza delle imprese italiane, tredicesimo Rapporto, Roma, 2000, sono stati estratti i dati relativi alle imprese private di piccole e medie dimensioni, che svolgono attività di trasformazione industriale. La rilevazione va dal 1992 al 1998; i valori di bilancio sono espressi in valore costante (potere d acquisto al dicembre 1998), in modo da escludere l effetto inflazione. Dall intera base-dati sono stati formati due campioni: il primo relativo alle imprese con fatturato da 1 a 100 miliardi di lire; il secondo relativo alle imprese con numero di dipendenti non superiore a 200. Primo campione di imprese, in rapporto al fatturato Fatturato (in mld di lire) Numero imprese da 1 a 25 1.638 da 25 a 50 1.005 da 50 a 100 579 Totale 3.222 Secondo campione di imprese, in rapporto al n. dei dipendenti 5 Numero dipendenti Numero imprese fino a 50 1.033 da 50 a 100 1.160 da 100 a 200 887 Totale 3.080 ⁵ Non si è reputato opportuno aggiungere la successiva classe dimensionale dal momento che questa presentava un limite superiore (500 addetti) che oltrepassava nettamente quello considerato di confine in questa ricerca (250). I dati sono stati ponderati in relazione alla numerosità delle imprese di ogni classe dimensionale. 140

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... Dal primo campione, poi, sono tratti due sottocampioni. Il primo limitato alle imprese con fatturato compreso tra 1 e 50 miliardi (in tutto, 2.643 unità aziendali); il secondo esteso anche alle 579 imprese con fatturato compreso tra 50 e 100 miliardi (in tutto, 3.222 unità) 6. b) I dati del Mediocredito Centrale La fonte dei dati rilevati dal Mediocredito Centrale è la pubblicazione intitolata Indagine sulle imprese manifatturiere, settimo Rapporto sull industria italiana e sulla politica industriale, Roma, 1999, avente per oggetto le imprese manifatturiere prevalentemente di piccole e medie dimensioni. Da tale base-dati è stato estratto un campione formato dalle imprese con numero di addetti compreso tra 21 e 250 unità, riferito al periodo 1989-97. c) I dati di Mediobanca La fonte dei dati rilevati da Mediobanca è Dati cumulativi di 1.755 società italiane, 1999, che si riferisce a 1.755 società italiane dei settori industriale e terziario. All interno di questa base-dati, è stato estratto un campione di 422 società con fatturato non superiore a 12,5 milioni di euro. Gli anni di riferimento vanno dal 1992 al 1998. d) I dati della Banca d Italia La fonte dei dati rilevati dalla Banca d Italia è la Relazione Annuale (vari anni), da cui sono stati ricavati i dati relativi all attività delle banche per il periodo 1992-99. e) I dati dell Associazione Bancaria Italiana La fonte dei dati dell Associazione Bancaria Italiana è contenuta nelle Semestrali da cui sono stati estratti dati relativi all attività delle banche per gli anni 1993-99. 3.2. La struttura e le ipotesi dell analisi Impiegando le cinque fonti sopra specificate, si è cercato di trovare un qualche riscontro, sia dal lato delle imprese (prime tre base-dati) sia dal lato delle banche (ultime due base-dati), all ipotesi iniziale: la crescente presenza di servizi alla clientela corporate nell attività di intermediazione finanziaria e la riduzione del finanziamento tradizionale. L idea è di poter rilevare, in presenza di sostanziali modifiche ⁶ Per dare il giusto peso alla distribuzione numerica delle imprese, che pende chiaramente per le dimensioni minori, le grandezze medie (di stock e di flusso) relative al secondo sottocampione sono state ponderate per il numero delle unità aziendali presenti in ogni aggregato; in questo modo è stato reso accettabile lo sconfinamento del limite superiore (100 miliardi) oltre la soglia rilevante (77,5 miliardi) a ragione della ridotta numerosità del terzo aggregato di imprese. 141

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 nella struttura del passivo delle imprese, il corrispondente fenomeno nell attivo degli intermediari, e viceversa, immaginando che il ricercato cambiamento debba trovare parallelo riscontro sia nei conti di bilancio delle PMI sia in quelli delle banche. Nella misura in cui venisse registrato questo collegamento sarebbe possibile confermare seppur indirettamente le ipotesi avanzate. I campioni relativi alle PMI sono studiati con l ausilio di un identico schema di analisi; ciò dovrebbe consentire di migliorare il riscontro della tesi sostenuta ed, eventualmente, di valutare quali campioni abbiano meglio evidenziato i fenomeni in esame. Lo schema analitico utilizzato segue i seguenti passaggi logici: 1) la suddivisione nel passivo delle imprese tra le fonti a titolo di capitale e le fonti a titolo di credito, con l intento di individuare il peso relativo del capitale proprio, dei debiti bancari e delle obbligazioni sul totale delle fonti di finanziamento; 2) la scomposizione dell indebitamento bancario tra le componenti di breve termine e quelle di medio lungo termine, con l obiettivo di studiare i cambiamenti qualitativi nel rapporto creditizio con gli intermediari finanziari. Posto che le ipotesi necessitano di adeguati riscontri empirici, si prova di seguito ad avanzarne alcune: lo spostamento nel passivo delle PMI dall indebitamento bancario al prestito obbligazionario o al capitale di rischio potrebbe far supporre, con le dovute cautele, che sia in corso una parziale sostituzione tra l attività di lending tradizionale e quella di servizi corporate finance, ancorché questi ultimi limitati all assistenza e consulenza (origination), alla sottoscrizione (underwriting) e al collocamento (placement) di valori mobiliari; infatti le piccole e medie imprese solitamente non hanno al proprio interno le competenze e le esperienze necessarie per organizzare e gestire un operazione di emissione di titoli obbligazionari ed azionari; la crescita del grado di patrimonializzazione delle imprese consentirebbe anche di ipotizzare un ruolo attivo delle banche nella partecipazione diretta al loro capitale; la ricomposizione delle scadenze dell indebitamento bancario potrebbe presagire un evoluzione qualitativa nel rapporto tra banche e imprese verso una maggiore stabilità e profondità di contenuti. In particolare, una riduzione del credito a breve termine potrebbe essere associata al tentativo di ridurre il pluriaffidamento; un aumento del credito a medio lungo termine potrebbe significare un maggior sostegno finanziario per i piani di sviluppo industriale e un crescente coinvolgimento delle banche nelle scelte strategiche delle imprese. I due campioni relativi alle banche sono analizzati in modo congiunto per poter integrare di volta in volta le informazioni che da ciascuno di essi è possibile ricavare. L analisi coinvolge lo stato patrimo- 142

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... niale ed il conto economico per ricercare un possibile riscontro alle tesi sostenute. Prima di iniziare l analisi dei dati, preme sottolineare le principali limitazioni di cui essa risente. Innanzitutto, le suddette base-dati, pur essendo tra le migliori attualmente disponibili, presentano uno scarso grado di disaggregazione e di dettaglio, sia per le imprese sia per le banche; per tale ragione, le elaborazioni effettuate sottintendono alcune ipotesi semplificatrici che di volta in volta sono evidenziate. Inoltre, le scelte strategiche che prevedono lo spostamento dal finanziamento tradizionale ai servizi corporate finance non si riflettono immediatamente sui dati di bilancio degli offerenti e dei richiedenti, ma necessitano tipicamente di un certo lasso temporale; laddove questo spostamento fosse attualmente in atto, è probabile che i bilanci degli ultimi anni non abbiano ancora colto tale fenomeno. 3.3. I dati della Centrale dei Bilanci Una prima indicazione sul ruolo del capitale proprio e sulla sua evoluzione emerge dall analisi dei flussi finanziari derivanti dagli aumenti di capitale azionario al netto delle distribuzioni di capitale sociale e di riserve (Tabella 3). Tabella 3 Gli aumenti netti di capitale azionario 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Aumenti netti capitale azionario in mld di lire 212 184 190 125 134 117 143 in % del capitale netto 1,54% 1,41% 1,44% 0,92% 0,98% 0,84% 1,03% Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Il segno positivo riscontrato durante tutto il periodo preso in considerazione sottolinea la presenza di un costante processo di accrescimento dei mezzi propri. Tuttavia, l importanza relativa di tale fenomeno appare contenuta osservando sia l incidenza degli aumenti di capitale sul valore dei mezzi propri, che non presenta una precisa tendenza al rialzo (Tabella 3), sia il grado di patrimonializzazione delle imprese che nel tempo si incrementa di pochi punti percentuali (Tabella A1 in Appendice e Figura 3). Per poter utilmente studiare la struttura del passivo delle PMI è opportuno analizzare l incidenza dei prestiti obbligazionari e dei debiti finanziari sul totale delle passività (Tabella A2 in Appendice) 7. ⁷ La Centrale dei Bilanci non considera i prestiti obbligazionari all interno dei debiti finanziari. 143

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Fig. 3 Capitale netto sul totale passivo Il peso dei prestiti obbligazionari tende inizialmente a diminuire per poi risalire, con un grado di dispersione trascurabile attorno al valore medio e una banda di oscillazione contenuta in circa mezzo punto percentuale; tutto ciò rileva una sostanziale immobilità dell utilizzo di tale fonte di finanziamento per il soddisfacimento dei fabbisogni finanziari (Figura 4). Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Fig. 4 Obbligazioni sul totale passivo I debiti finanziari, che in questo campione indicano con buona approssimazione il volume di intermediazione creditizia svolto dalle banche per i vari segmenti temporali, presentano una più marcata tendenza all aumento. Infatti, il peso dei debiti finanziari tra le varie fonti di finanziamento è aumentato nel periodo considerato di quasi cinque punti percentuali (Figura 5). 144

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Fig. 5 Debiti finanziari sul totale passivo L evoluzione temporale del peso di obbligazioni e debiti finanziari sul totale passivo non presenta significative differenze di comportamento, se rilevata sulla base dell altro sotto campione di imprese (Tabella A1 in Appendice). La composizione per scadenza dei debiti finanziari, analizzata per entrambi i campioni (rispettivamente Tabella 4 e Tabella 5) registra un parziale, ma non trascurabile effetto sostituzione tra il credito bancario di breve periodo e quello a più lunga scadenza, nella misura di qualche punto percentuale. I dati presentati permettono di trarre qualche considerazione di sintesi. Tabella 4 La composizione per scadenza dei debiti finanziari (in % dei debiti finanziari totali) 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Incidenza deb. fin. a breve 69,52% 72,90% 72,51% 71,80% 68,20% 69,11% 68,83% Incidenza deb. fin. a m/l 30,48% 27,10% 27,49% 28,20% 31,80% 30,89% 31,17% Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Tabella 5 I debiti finanziari di breve periodo (in % dei debiti finanziari totali) 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Incidenza deb. fin. a breve 65,84% 69,31% 69,64% 68,70% 64,47% 65,29% 64,34% Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). 145

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 L evidenza empirica non consente di rispondere in modo esaustivo alle domande di ricerca di questo lavoro a ragione dello scarso grado di disaggregazione dei dati di bilancio; tuttavia, si rilevano alcune modificazioni nella struttura finanziaria delle imprese indagate. L attività di assistenza finanziaria da parte delle banche per le operazioni di emissione di titoli obbligazionari ed azionari sembra essere poco significativa. Infatti, i conferimenti a titolo di capitale da parte dei soci e la crescita del volume dei prestiti obbligazionari, registrati nel periodo di riferimento, non alterano in modo rilevante i pesi relativi delle varie fonti di finanziamento. Le imprese mostrano una leggera crescita dell indebitamento bancario e una parziale ricomposizione per scadenza dello stesso. Da ciò si potrebbe dedurre un minore utilizzo del credito di breve a favore di forme di finanziamento di più ampia durata. Se ne può ricavare la tendenza ad un evoluzione dei rapporti tra le banche e le imprese, in cui a fronte di una progressiva riduzione del pluriaffidamento si sostituiscono relazioni qualitativamente di maggiore spessore e durata in grado di stabilizzare e ottimizzare la copertura dei fabbisogni finanziari degli imprenditori. 3.4. I dati del Mediocredito Centrale La struttura del passivo di questo campione di PMI viene analizzata con il quoziente di indebitamento (mezzi di terzi onerosi su mezzi propri) e l incidenza dei debiti finanziari di breve periodo sulla totalità dei debiti finanziari (Tabella 6). Tabella 6 Alcuni indicatori della struttura finanziaria 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 Quoziente di indebitamento 1,10 1,15 1,10 1,10 0,90 1,05 1,10 1,15 1,20 Incidenza debiti fin. a breve (in %) 61,70 64,00 64,70 69,00 78,50 75,00 73,50 67,00 62,50 Fonte: Mediocredito Centrale (nostra elaborazione). Nella seconda parte del periodo considerato, il rapporto tra indebitamento oneroso e capitale proprio si incrementa (Figura 6) e la componente di breve periodo dei debiti finanziari decresce in modo significativo (Figura 7). I dati raccolti dal Mediocredito Centrale mostrano tendenze sostanzialmente in linea con quanto rilevato nel caso dei campioni estratti dalla Centrale dei Bilanci. L aumento del quoziente di indebitamento e, al contempo, la riduzione del peso dei debiti finanziari di breve periodo confermano la crescita del capitale a titolo di credito e 146

C. GIANNOTTI, EVOLUZIONE DEL RAPPORTO TRA BANCHE E PICCOLE-MEDIE IMPRESE... Fonte: Centrale dei Bilanci (nostra elaborazione). Fig. 6 Mezzi di terzi onerosi sui mezzi propri Fonte: Mediocredito Centrale (nostra elaborazione). Fig. 7 Debiti finanziari a breve sui debiti finanziari totali l effetto sostituzione tra le quote di breve termine e quelle di medio e lungo termine. Con i dati disponibili non è però possibile separare all interno delle fonti consolidate il credito bancario di medio lungo termine dai prestiti obbligazionari. Tuttavia, il rapporto con le banche sembra aver comunque registrato dei cambiamenti qualitativi positivi. Nella misura in cui le imprese hanno fatto maggiormente ricorso agli strumenti creditizi non di breve durata vi è stato un allungamento dell orizzonte temporale delle fonti di finanziamento e una probabile riduzione del pluriaffidamento. Nella misura in cui le imprese hanno organizzato e gestito significative emissioni di titoli obbligazionari è ragionevole ipotizzare una consulenza e un assistenza da parte degli intermediari. I riscontri empirici forniti da questo campione appaiono comunque deboli e non consentono ulteriori approfondimenti, lasciando sulle conclusioni raggiunte elevati margini di incertezza. 147

STUDI E NOTE DI ECONOMIA 2/2001 3.5. I dati di Mediobanca Nella Tabella 7 sono evidenziati alcuni indicatori relativi alla struttura del passivo delle imprese del campione Mediobanca (che è riportata nelle Tabelle 3A e 4A in Appendice): i rapporti tra debiti finanziari e capitale netto, tra debiti bancari e passivo, tra prestiti obbligazionari e passivo, tra capitale netto e passivo. Tabella 7 Alcuni indicatori relativi alla struttura del passivo del campione 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Debiti finanziari / Capitale netto 89,10% 88,68% 86,14% 90,81% 87,43% 84,15% 87,20% Debiti bancari / passivo 23,37% 23,33% 22,58% 23,54% 23,55% 23,79% 24,19% Obbligazioni / passivo 1,86% 1,72% 1,52% 1,46% 1,71% 1,76% 1,63% Capitale netto / passivo 28,31% 28,25% 27,98% 27,53% 28,89% 30,35% 29,61% Fonte: Mediobanca (nostra elaborazione). Il peso del capitale proprio tra le fonti di finanziamento delle imprese è aumentato nel tempo anche se la variazione è contenuta in pochi punti percentuali (Figura 8). Fonte: Mediocredito Centrale (nostra elaborazione). Fig. 8 Capitale netto sul totale passivo Tale crescita può anche essere motivata da significative operazioni di aumento del capitale sociale. Rispetto ai campioni precedentemente utilizzati, nel caso di Mediobanca è fondamentale ricordare che la base-dati presenta essenzialmente imprese di dimensioni medie, che quindi risultano presumibilmente più interessate da un simile fenomeno. È ora opportuno approfondire tale profilo. Dal momento che le imprese di medie dimensioni di questo campione sono comunque controllate da gruppi familiari, è ragionevole pensare che esse assumano prevalentemente la forma giuridica di società azionarie. La Tabella 8 riporta il valore del capitale sociale nel 148