Infortuni sul lavoro e malattie professionali-



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Infortuni sul lavoro e malattie professionali- Infortunio - Occasione di lavoro - In genere - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie in tema di uccisione di custode di un cimitero. Corte di Cassazione 13.12.2001/27.2.2002, n. 2942/02 Pres. Genghini Rel. D Agostino P.M. Destro (Diff.) Monaco (Avv. Rianna) INAIL (Avv.ti Catania, De Farrà). Ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio subito dall'assicurato, per occasione di lavoro devono intendersi tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio - economiche, in cui l'attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall'apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, col solo limite, in quest'ultimo caso, del c.d. rischio elettivo, ossia derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva escluso l occasione di lavoro nel caso dell uccisione del custode di un cimitero, mentre si trovava al lavoro, senza valutare, sulla base delle prove acquisite, la sussistenza di un rischio improprio connesso alla particolare situazione socio ambientale in cui la prestazione lavorativa era svolta). FATTO. - Con ricorso al Pretore di S. Maria Capua Vetere Michela Monaco, vedova di Gaetano Asciore, chiedeva la condanna dell'inail al pagamento in suo favore della rendita per l'infortunio sul lavoro occorso il 2.7.1994 al marito, custode del cimitero di Cutri, ucciso da ignoti mentre si trovava al lavoro. L'istituto si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda osservando che l'evento mortale occorso all'assicurato non era ricollegabile all'attività lavorativa. Il Pretore, con sentenza emessa il 27.2.1998, accoglieva il ricorso ritenendo sussistente il nesso di causalità tra l'attività lavorativa espletata dall'assicurato ed il decesso dello stesso. Il Tribunale, in accoglimento dell'appello dell'inail, con sentenza emessa il 6.11.1998, rigettava la domanda proposta dalla vedova. In motivazione il Tribunale osservava che l'evento mortale non poteva ricollegarsi all'attività svolta dall'asciore all'interno del cimitero, atteso che né l'asserito compimento di atti vandalici all'interno della struttura, né le lamentate minacce da parte 1

di malintenzionati che frequentavano i1 camposanto, potevano ricondursi a causa di lavoro; infatti, il rischio di aggressioni e di omicidio all'interno di un cimitero non poteva ritenersi rischio specifico connaturato all'attività di necroforo, atteso che il cimitero è luogo in cui non è normale il verificarsi di simili eventi. Avverso questa sentenza Michela Monaco ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. L'INAIL ha resistito con controricorso. DIRITTO. - Con il primo motivo, denunciando violazione del DPR n. 1124 del 1965, la ricorrente deduce che l'indennizzo per infortunio sul lavoro non richiede necessariamente l'oggettiva esistenza del rischio insito nell'attività lavorativa, essendo sufficiente la ricorrenza del nesso eziologico tra l'evento e l'attività lavorativa, anche indiretto e mediato; rileva, al riguardo che l'asciore fu ucciso ad opera di sconosciuti sul luogo di lavoro sicché, spettava all INAIL dimostrare che quell'evento non era riconducibile all'attività lavorativa. Con il secondo motivo, denunciando omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale ha omesso di prendere in esame le prove offerte dalla ricorrente in primo grado, dalle quali emergeva uno scenario di altissimo rischio all'interno del cimitero di Cutri, ove si annidavano malfattori che, oltre a nascondersi per sfuggire ai controlli delle autorità, vi commettevano anche furti, danneggiamenti e atti vandalici. I motivi di ricorso, che per la loro stretta connessione è opportuno esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti delle seguenti considerazioni. Il Tribunale ha negato il diritto alla rendita in base alla considerazione che il requisito della occasione di lavoro, richiesto dall'art. 2 del DPR n. 1124 del 1965, postula la necessità di un nesso di causalità tra prestazione lavorativa ed infortunio, nel senso che l'evento lesivo deve dipendere da un rischio assicurato inerente al compimento dell'attività lavorativa, mentre nella specie il rischio di aggressioni e di omicidio all'interno di un cimitero non poteva ritenersi rischio specifico connaturato all'attività di necroforo, atteso che il cimitero non è luogo in cui è normale il verificarsi di simili eventi. Il Tribunale, così giudicando, si è richiamato all'orientamento giurisprudenziale di questa Corte che ha dato una lettura restrittiva del requisito di "occasione di lavoro" richiesto, unitamente alla causa violenta, dall'art. 2 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124. Secondo questa giurisprudenza, infatti, ciò che è rilevante per la sussistenza del diritto alla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro è il nesso di causalità tra l'attività 2

lavorativa ed il sinistro subito dal lavoratore; tale nesso presuppone non tanto una mera correlazione cronologica e topografica, o un collegamento marginale, tra prestazione di lavoro ed evento dannoso, ma richiede che questo evento dipenda dal rischio specifico (proprio) insito nello svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro affidato, ovvero dal rischio, pur sempre specifico (ma improprio), insito in attività accessorie, ma immediatamente e necessariamente connesse, o strumentali, allo svolgimento di quelle attività (un questo senso cfr. Cass. n. 12325 del 2000, Cass. n. 1109 del 2000, Cass. n. 7486 del 1999, Cass. n. 12930 del 1999, Cass. n. 3752 del 1998, Cass. n. 10815 del 1999, Cass. n. 9796 del 1998, Cass. n. 10406 del 1995, Cass. n. 10973 del 1993). Secondo l'orientamento in esame, dunque, perché un infortunio possa essere qualificato come avvenuto in "occasione di lavoro" non è sufficiente che si verifichi durante il lavoro e nel luogo di lavoro, occorrendo che tra l'attività lavorativa ed il sinistro sussista un concreto e preciso nesso di derivazione eziologica, in quanto l'evento deve dipendere dal rischio intrinseco a determinate prestazioni ovvero dal rischio in astratto connesso all'esecuzione della prestazione lavorativa ed al perseguimento delle relative finalità. In applicazione di questo principio non si è ravvisata l'occasione di lavoro nelle seguenti fattispecie: nell'infortunio occorso ad un guardiano deceduto per essere stato raggiunto da un colpo di pistola sparatogli da un bambino venuto accidentalmente in possesso dell'arma, mentre si trovava nell'alloggio - ufficio ove il guardiano, proprietario dell'arma, espletava le sue mansioni (Cass. n. 591; del 1982); nell'omicidio di un pastore vittima di una rapina, la quale non aveva alcuna relazione causale con il pascolo del bestiame (Cass. n. 1017 del 1989); nelle lesioni subite da un lavoratore a seguito dell'esplosione di una bomba collocata in una autovettura sita sulla strada prospiciente il luogo di lavoro dell'infortunato (Cass. n. 10973 del 1993); nell'omicidio di un bracciante agricolo con mansioni di vedetta antincendio alle dipendenza dell'ispettorato forestale, vittima insieme con un collega, mentre si recava al lavoro, di un agguato mafioso, senza che fosse provato alcun collegamento causale fra la detta attività lavorativa ed il fatto delittuoso (Cass. n. 10406 del 1995); nell'omicidio del guardiano di una azienda, ucciso a colpi di arma da fuoco mentre, a1 termine dell'attività lavorativa, era intento a chiudere il magazzino dell'azienda, sito in località ad alta pericolosità criminale (S. Eufemia di Lamezia Terme) (Cass. n. 3752 del 1998). In tutte le fattispecie sopra ricordate la Corte, ai fini della copertura assicurativa, non ha ritenuto sufficiente il verificarsi del sinistro durante l'attività di lavoro e sul posto (o in 3

prossimità del posto) di lavoro, in mancanza di una diretta dipendenza dell'evento lesivo dal rischio inerente all'attività lavorativa espletata. L'orientamento ora ricordato non è comunque seguito in modo generalizzato ed uniforme. Secondo altro orientamento, non meno consistente, l'evento verificatosi "in occasione di lavoro" travalica in senso ampliativo i limiti concettuali della "causa di lavoro", afferendo nella sua lata accezione ad ogni fatto comunque ricollegabile al rischio specifico connesso all'attività lavorativa cui il soggetto è preposto; il sinistro indennizzabile ai sensi dell'art. 2 DPR n. 1124 del 1965 non può essere circoscritto nei limiti dell'evento di esclusiva derivazione eziologica materiale dalla lavorazione specifica espletata dall assicurato, ma va riferito ad ogni accadimento infortunistico che all'occasione di lavoro sia ascrivibile in concreto, pur se astrattamente possibile in danno di ogni comune soggetto, in quanto configurabile anche al di fuori dell'attività lavorativa tutelata ed afferente ai normali rischi della vita quotidiana privata; pertanto l'evento infortunistico verificatosi in occasione di lavoro non va considerato sotto il profilo della mera oggettività materiale dello stesso, ma, ai fini della sua indennizzabilità, deve essere esaminato in relazione a tutte le circostanze di tempo e di luogo connesse all attività lavorativa espletata, potendo in siffatto contesto particolare assumere connotati peculiari tali da qualificarlo diversamente dagli accadimenti comuni e farlo rientrare nell'ambito della previsione della normativa di tutela, con l'unico limite della sua ricollegabilità a mere esigenze personali del tutto esulanti dall'ambiente e dalla prestazione di lavoro(c.d. rischio elettivo) (in questo senso cfr. Cass. n. 12652 del 1998, Cass. n. 9801 del 1998, Cass. n. 3747 del 1998, Cass. n. 4535 del 1998, Cass. n. 3885 del 1999, Cass. n. 13296 del 1999, Cass. n. 14464 del 2000, Cass. n. 14682 del 2000). Secondo questo orientamento, dunque, ai fini della sussistenza della "occasione di lavoro", assume rilevanza ogni esposizione a rischio ricollegabile allo svolgimento dell'attività lavorativa, sicché il lavoro assume il ruolo di "fattore occasionale" del rischio tutelato ed il "rischio elettivo" quello di limite della copertura assicurativa; in questo contesto l'indennizzabilità dell'infortunio è ricollegata alla presenza non di un rischio generico (di un rischio, cioè, che indipendentemente dalle condizioni in cui versa l'impresa, grava nella stessa misura sul dipendente come su ogni altro soggetto), ma di un rischio specifico, di un rischio, cioè, che per derivare dalle condizioni particolari in cui la prestazione lavorativa viene espletata, finisce per gravare, in misura 4

esclusiva o in misura maggiore rispetto a qualsiasi altra persona, sull'assicurato. Tra i fattori di rischio specifico la giurisprudenza annovera anche le particolari condizioni socio - ambientali in cui la prestazione lavorativa viene espletata. In applicazione di tale principio è stata ravvisata l'occasione di lavoro nelle seguenti fattispecie: nel caso di un custode di condominio morto a seguito di colpi di arma da fuoco sparatigli da ignoti durante lo svolgimento della sua attività lavorativa (Cass. n. 1014 del 1989); nelle lesioni subite dal lavoratore in caso di aggressione sul posto di lavoro da parte di estranei sulla base della sola coincidenza temporale e spaziale tra l'episodio e l'attività lavorativa, in mancanza di prove che riconducano l'episodio a fattori strettamente personali (Cass. n. 3747 del 1998); nelle lesioni subite da un lavoratore italiano all'estero durante un attentato terroristico: nella specie è stato ritenuto che le condizioni di pericolosità ambientale esistenti in alcuni paesi stranieri in determinate contingenze storico - politiche assumono per i lavoratori italiani all'estero la natura di rischio specifico improprio e possono determinare l'indennizzabilità dei conseguenti eventi dannosi (Cass. n. 9801 del 1998); è stata parimenti riconosciuta la rendita ai superstiti nel caso di un autista di un furgone scortato da una guardia giurata armata, deceduto a seguito della ferita d'arma da fuoco procuratagli accidentalmente dalla guardia di scorta (Cass. n. 13296 del 1999). La Corte ritiene di dover condividere questo secondo orientamento giurisprudenziale, in quanto più aderente alla lettera ed allo spirito della legge. Non è infatti senza significato che il legislatore abbia adoperato l'espressione "occasione" di lavoro, anziché "causa" di lavoro. Con siffatta espressione ha certamente inteso coprire con la garanzia assicurativa una quantità di eventi dannosi subiti dal lavoratore sul luogo di lavoro e durante l'espletamento della prestazione non riconducibili al rischio intrinseco connesso all'attività lavorativa, o alle attività immediatamente e necessariamente a quella connesse, ma tuttavia legate allo svolgimento della prestazione. Di conseguenza il rapporto di derivazione eziologica tra il sinistro ed il lavoro non è stato inteso in termini di stretta dipendenza causa - effetto sul piano materiale, ma ampliato a tutte le condizioni, anche esterne al particolare processo produttivo, ma comunque legate ed influenti sul processo produttivo medesimo, che abbiano comunque concorso alla produzione dell'evento lesivo. Deve in definitiva ritenersi che l'indennizzabilità dell'infortunio subito dall'assicurato, ai sensi del DPR 30 giugno 1965 n. 1124, sussiste anche nell'ipotesi di rischio improprio, non intrinsecamente connesso allo svolgimento delle mansioni tipiche del 5

lavoro svolto dal dipendente, a nulla rilevando l'eventuale carattere occasionale di detto rischio, atteso che è estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere dl normalità o tipicità del rischio protetto; di conseguenza per "occasione di lavoro" devono intendersi tutte quelle condizioni, comprese quelle ambientali e socio - economiche, in cui l attività produttiva si svolge e nelle quali è possibile il rischio di danno per il lavoratore, sia che tale danno provenga dallo stesso apparato produttivo, sia che esso dipenda da terzi, ovvero da fatti e situazioni proprie del lavoratore, col solo limite, in tale ultimo caso, del c.d. rischio elettivo, ossia derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali (cfr. in questi termini Cass. n. 4557 del 1997, Cass. n. 7918 del 1997, Cass. 12652 del 1998). A questi principi non risulta essersi attenuto il Tribunale. In particolare, il giudice del gravame ha negato l indennizzabilità del sinistro perché l omicidio del lavoratore non costituisce rischio proprio e specifico connesso alle mansioni di necroforo ed ha negato ogni valore ai rischi dipendenti dalle particolari condizioni ambientali in cui la prestazione lavorativa era svolta dall'assistito. In tal modo il Tribunale è incorso nel denunciato vizio di violazione dell'art. 2 del DPR n. 1124 del 1965, avendo disatteso i principi giurisprudenziali sopra enunciati. Il giudice di appello, inoltre, sull'assunto che il cimitero non è luogo in cui normalmente si commettono crimini, ha considerato irrilevanti le prove documentali prodotte dalla ricorrente (derivanti dalle indagini compiute dalla Procura della Repubblica sul fatto delittuoso e chiuse con un provvedimento di archiviazione), intese a dimostrare la particolare situazione del cimitero di Cutri, ove ricercati e persone di malaffare erano dediti al compimento di attività criminose. In tal modo il Tribunale ha omesso di valutare prove decisive al fine dell'accertamento di un rischio improprio connesso alla particolare situazione socio - ambientale in cui la prestazione lavorativa dell'assistito veniva svolta, valutazione tanto più doverosa in quanto quel giudice aveva escluso che l'omicidio fosse dovuto a ragioni personali estranee all'attività lavorativa. Per le considerazioni sopra svolte il ricorso, dunque, deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Di conseguenza la causa deve essere rinviata per un nuovo esame ad altro giudice, designato in dispositivo, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. (Omissis) 6

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