MIELOMA MULTIPLO: COS'E', DIAGNOSI, TERAPIE. EMATOLOGIA 1 PROF. M. BOCCADORO 2 DOTT. U. VITOLO F.F PRESSO IL CENTRO C.O.E.S.



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IL MIELOMA MULTIPLO: COS'E', DIAGNOSI, TERAPIE. EMATOLOGIA 1 PROF. M. BOCCADORO 2 DOTT. U. VITOLO F.F PRESSO IL CENTRO C.O.E.S. 1

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MIELOMA MULTIPLO Che cos'è il mieloma Il Mieloma Multiplo (M.M.) è una neoplasia dei linfociti B caratterizzato da una infiltrazione del Midollo Osseo da parte di plasmacellule monoclonali (ossia tutte uguali perché derivanti dalla stessa cellula madre ). Le plasmacellule patologicamente alterate producono anticorpi (Ig) oppure solo frammenti di anticorpi, le cosiddette paraproteine. La produzione di paraproteine soffoca la formazione di anticorpi normali cosa che rende il paziente più predisposto alle infezioni. Le immunoglobuline (Ig) prodotte dalle plasmacellule monoclonali sono anche loro monoclonali (per questo dette Componente Monoclonale = CM), e si possono trovare nel sangue e/o nelle urine. La conseguenza dell'accumularsi di tutte queste immunoglobuline identiche fra di loro è la comparsa del cosiddetto picco monoclonale all'elettroforesi proteica, un esame di laboratorio eseguito molto frequentemente in quanto consente di ottenere informazioni utili in molte malattie. La crescita delle cellule emopoietiche sane nel midollo osseo viene inibita e quindi si può avere una carenza di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Sono note più forme del Mieloma Multiplo che differiscono l'una dall'altra per la struttura degli anticorpi prodotti. La causa del Mieloma Multiplo è ignota. 3

Quadro Clinico Attualmente un terzo dei mielomi è diagnosticato casualmente, in fase completamente asintomatica, per mezzo del rilevamento del picco sierico in corso di accertamenti ematochimici per motivi non correlabili al mieloma multiplo (per esempio nei donatori di sangue o prima di eseguire un esame radiologico con mezzo di contrasto). Quando il mieloma diviene sintomatico il quadro clinico è dominato dagli effetti su tutto l'organismo della proliferazione anomala di plasmacellule:dolore osseo, immunodepressione, insufficienza midollare ed effetti sistemici della CM. Dolore osseo. Il dolore osseo del M.M. è dovuto alle lesioni osteolitiche spesso multiple, localizzate prevalentemente alla colonna vertebrale, al bacino e al cranio. Tali lesioni ossee sono determinate da un' aumentata attività di un particolare tipo di cellule ossee, chiamate osteoclasti, che erodono l'osso. Tali cellule sono attivate da una serie di sostanze (citochine), prodotte dalle plasmacellule neoplastiche. Il dolore osseo è determinato da infiammazione locale, fratture spontanee, dovute alla fragilità dell'osso, e schiacciamenti di radici nervose, provocate da cedimenti vertebrali. Il dolore è di solito localizzato, e tipicamente peggiorato dai movimenti, dalla posizione seduta od ortostatica ed aumenta di notte. L'elevato contenuto di calcio nel sangue dovuto all'osteolisi condiziona una maggiore espulsione di calcio nell'urina, il volume urinario aumenta di notte e il corpo minaccia di disidratarsi. L'elevato contenuto di calcio porta inoltre anche a nausea e vomito, con conseguente aumento della perdita di liquidi. 4

Immunodepressione. L'immunodepressione, ovvero la riduzione delle difese immunitarie è dovuta dalla riduzione di immunoglobuline normali. La conseguenza di tale immunodepressione sono le infezioni batteriche ricorrenti, che sono più frequenti nei primi due mesi dalla diagnosi, in concomitanza dei primi cicli chemioterapici, e nella fase terminale. Insufficienza midollare. L'insufficienza midollare, ovvero l'incapacità del midollo osseo di produrre la normale quantità di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine, si manifesta soprattutto con l'anemia. L'entità dei sintomi dovuti all'alterazione dell'emocromo dipende dalla massa di plasmacellule degenerate. Prima di tutto ad essere pregiudicata è la maturazione dei globuli rossi. I sintomi dell'anemia sono pallore, debolezza, mal di testa e dispnea ( mancanza d'aria) soprattutto se il corpo viene sottoposto ad uno sforzo. L'anemia si risolve per lo più con la riduzione dell'infiltrazione midollare che si ottiene con la chemioterapia. Effetti sistemici della CM. Le alterazioni sull'organismo della componente monoclonale sono: l'insufficienza renale, le polineuropatie, l'amiloidosi, la crioglobulinemia e la sindrome da iperviscosità. L'insufficienza renale sia acuta che cronica è presente alla diagnosi nel 20% dei pazienti e compare durante l'evoluzione della malattia in almeno il 50% dei pazienti. Le manifestazioni neurologiche in corso di mieloma multiplo sono varie, ma per lo più sono danni ai nervi (polineuropatie) che alterano sia la sensibilità che la 5

motilità degli arti superiori o inferiori. Le crioglobuline sono immunoglobuline che precipitano a basse temperature e sono presenti in circa il 2% dei pazienti. La sintomatologia deriva dalla precipitazione delle crioglobuline nei piccoli vasi periferici ed include parestesia, dolore e arrossamento nella sede coinvolta, di solito le dita delle mani, il naso e le orecchie. La sindrome da iperviscosità è presente in circa il 4-10% dei pazienti ed è caratterizzata da manifestazioni neurologiche (stanchezza, inappetenza, cefalea vertigini sonnolenza...), manifestazioni emorragiche (sanguinamenti da naso, gengive, sanguinamenti dalla vescica e /o retto, ciclo mestruale molto abbondante), insufficienza cardiaca congestizia. E' provocata da una eccessiva quantità di immunoglobuline nel sangue. Diagnosi La diagnosi serve a confermare o escludere il sospetto di una malattia tumorale e, nel caso che il sospetto venga confermato, ad ottenere conoscenza precisa sul tumore. Gli esami utili ai fini diagnostici sono: Esame emocromocitometrico per valutare il numero dei globuli bianchi rossi e piastrine Esami per valutare la funzionalità renale ed epatica Elettroforesi sierica ed urinaria per valutare la presenza 6

del picco monoclonale RX scheletro sistemico per evidenziare le lesioni osteolitiche Aspirato midollare per quantificare il numero di plasmacellule Calcemia La diagnosi di M.M. è posta in presenza di almeno due dei seguenti criteri: Presenza di una CM sierica e urinaria Tipiche lesioni osteolitiche radiologicamente evidenti Plasmacellule midollari superiori al 30% E' essenziale stadiare la malattia per valutarne la diffusione nell'organismo, la gravità, prevederne l'evoluzione e stabilire il tipo di terapia migliore nel singolo caso. La classificazione attualmente più usata è quella di Durie and Salmon (1975). Questo sistema divide i pazienti in tre stadi secondo la gravità dell'anemia, la calcemia, l'estensione delle lesioni osteolitiche e i livelli della CM. In più i pazienti sono ulteriormente suddivisi in due sottoclassi A e B a seconda della funzionalità renale. Rientrano nello Stadio I (Asintomatico definito anche Smoldering o indolente) i pazienti che presentano valori normali di emoglobina e di calcemia, livelli di CM non molto elevati e massimo una lesione osteolitica. Lo Stadio III ( Sintomatico, classificato come CRAB) è definito dalla presenza di una anemia grave dovuta alla malattia e non da altre cause, calcemia molto elevata, almeno tre lesioni ossee e valori di immunoglobuline notevolmente aumentate. Lo Stadio II comprende i pazienti che non rientrano nei due precedenti Stadi. 7

Terapia L'inizio della terapia è determinato dalla presenza o meno dei sintomi. L'obiettivo principale di ogni terapia tumorale è quello di far retrocedere il più possibile la malattia. La terapia del Mieloma Multiplo dipende essenzialmente dallo stadio e dall'età del paziente. Con i metodi terapeutici al momento conosciuti non è ancora possibile ottenere una guarigione completa del M.M. L'obiettivo della terapia è pertanto quello di controllare i sintomi della malattia e di ottimizzare la qualità della vita. Lo Stadio I ( Asintomatico) non richiede in genere alcuna terapia almeno al momento della diagnosi. Soprattutto nel paziente anziano si attende l'eventuale progressione della malattia e l'insorgenza di una o più complicanze prima di iniziare la terapia.. Questo per risparmiare al paziente gli effetti collaterali della terapia che potrebbero essere più fastidiosi dei sintomi causati dal Mieloma Multiplo. Quest'atteggiamento che si chiama osservazione guardinga del paziente ( in inglese watch and wait ) potrebbe sembrare a prima vista rinunciatario, ma si fonda su due presupposti fondamentali: Il Mieloma Multiplo in Stadio I non sempre progredisce negli stadi successivi e comunque la progressione può richiedere molti anni, nel corso dei quali il paziente può godere di una buona qualità della vita, senza rischi e gli effetti collaterali della terapia. Il Mieloma Multiplo è una malattia curabile, ma non guaribile, nessuno studio clinico ha fino ad ora dimostrato che anticipare il trattamento dia dei benefici in termini di efficacia e di qualità della vita. 8

Possibilità terapeutiche Come si è già detto il Mieloma Multiplo è una malattia tumorale che viene curata con la chemioterapia. Fino a qualche anno fa il trattamento standard consisteva nell'impiego di farmaci chemioterapici per bocca. Successivamente si è visto che il ricorso al trapianto di midollo osseo autologo (autotrapianto) consentiva di ottenere un maggior numero di risposte, con il raggiungimento della remissione completa in un maggior numero di percentuale dei casi. La remissione completa, ossia la scomparsa dei segni di malattia, rappresenta un buon traguardo, dal momento che il paziente ha un miglioramento della qualità della vita e della sopravvivenza. Nel corso degli anni si è cercato di migliorare i risultati clinici facendo ricorso anche al trapianto di midollo osseo allogenico (donatore consanguineo o non) il quale, dopo il miglioramento delle tecniche di trapianto e l'impiego di questa tecnica in pazienti selezionati, ha consentito di ottenere risultati molto incoraggianti. I progressi nella ricerca medica hanno permesso di sviluppare nuovi farmaci attivi verso il Mieloma Multiplo. Da questa descrizione si comprende come la terapia del Mieloma Multiplo si estremamente varia. La scelta del tipo di trattamento viene fatta in base ai fattori prognostici, età del paziente, alla disponibilità di un donatore di midollo osseo ed al tipo di risposta che si ottiene con i primi cicli chemioterapici. 9

La Chemioterapia Si possono distinguere due aree di trattamento del Mieloma Multiplo in base all'età del paziente. In tutti i casi si fa utilizzo di farmaci chemioterapici associati o meno a farmaci di nuova sperimentazione. Trattamento in paziente con età superiore ai 65 anni Il trattamento standard del paziente anziano è l'uso di una semplice combinazione orale di un chemioterapico, il Melphalan più il Prednisone (cortisone), abbreviato con la sigla M.P. Negli ultimi anni, grazie alla ricerca, si sono acquisite nuove conoscenze sul meccanismo d'azione delle plasmacellule malate, e pertanto con la sperimentazione è stato possibile progettare nuovi farmaci con meccanismo d'azione del tutto innovativo rispetto ai chemioterapici tradizionali. Proprio per l'efficacia e l'effettiva disponibilità segnaliamo i seguenti farmaci, (i quali sono utilizzati nei protocolli terapeutici che vi verranno proposti nel nostro centro) Bortezomib (Velcade) Talidomide Lenalidomide (Revlimid) Bortezomib (Velcade) E' un inibitore del proteasoma della cellula ed è il capostipite di una nuova generazione di farmaci, viene somministrato per via endovenosa rapida secondo protocolli terapeutici ben stabiliti. Il Velcade all'inizio veniva somministrato solo nei pazienti recidivati, (cioè in progressione di malattia dopo i primi trattamenti). Dopo studi approfonditi e sperimentazioni si è 10

visto che se utilizzato in associazione al Melphalan e Prednisone (M.P) nei pazienti alla diagnosi dava dei buoni risultati per quanto riguarda la risposta alla terapia. Il protocollo terapeutico con il Velcade ha una durata di circa 12 mesi seguito poi da una terapia di mantenimento dalla durata di circa 2 anni. I due disturbi prevalenti che si possono manifestare in corso di terapia con il Velcade sono: la possibile riduzione della piastrine e la comparsa di neuropatia (dolore dei nervi) periferica. Quest'ultimo disturbo può rendere difficoltosa la prosecuzione delle terapie. In occasione delle visite mediche effettuate durante il trattamento con il Velcade, l'ematologo valuterà la comparsa dei disturbi da neuropatia e, se presenti, deciderà se proseguire la terapia a dosaggio abituale, oppure a dosaggio ridotto, oppure se sospendere il trattamento temporaneamente fino a che non si sia avuto un miglioramento del quadro clinico. Talidomide La nuova opzione terapeutica più significativa è la combinazione M.P più Velcade e Talidomide oppure M.P. e Talidomide. Il Talidomide, (un farmaco dal passato nefasto), ha importanti proprietà anti-mieloma, viene assunto per via orale. Il nostro gruppo di Torino ha riportato risultati eccellenti, compreso il miglioramento nel tasso di risposta globale al 94% di cui la metà di questi risultano essere risposte complete. Il Talidomide, pur non essendo un chemioterapico, può dare diversi disturbi di tollerabilità. Ciò che crea più problemi ai pazienti è un senso di sonnolenza, di testa vuota e di vertigine, ma in particolare una forte stitichezza che, quasi sempre, richiede l'impiego di lassativi. 11

L'assunzione di Talidomide può dare altri effetti collaterali quali: infezioni batteriche, trombosi venose profonde (cioè formazioni di coaguli nelle vene delle gambe) o dolori ai nervi periferici. Le misure preventive con gli antibiotici, gli anticoagulanti e i farmaci antidolorifici possono contribuire nell'evitare o ridurre questi problemi. Lenalidomide (Revlimid) Il Lenalidomide è un farmaco derivato dal Talidomide e progettato per essere, al contempo, più efficace e meno tossico. Viene assunto per via orale. Il Revlimid è in grado di indurre una buona risposta nei pazienti con malattia non responsiva ai farmaci chemioterapici e/o alla Talidomide. Sono in corso protocolli di studio che valutano l'efficacia del Revlimid alla diagnosi e nel corso di terapia di mantenimento dopo autotrapianto. Gli effetti collaterali sono diversi dal Talidomide e consistono principalmente: riduzione dei globuli rossi, globuli bianchi e piastrine che si risolvono con la sospensione temporanea del farmaco o con la riduzione del dosaggio. astenia ossia una forma di stanchezza che non è dipendente dall'attività svolta durante la giornata o dal fatto di avere riposato bene o meno. Molto meno frequente rispetto al Talidomide si segnalano la comparsa di trombosi venosa profonda, stitichezza e neuropatia periferica. Il trattamento nel paziente anziano con più di 65 anni, oltre alle associazioni dei farmaci suddetti, prevede la possibilità di 12

infusione di altri schemi terapeutici già conosciuti e consolidati nel tempo, che possono essere presi in considerazione come terapia di induzione o terapia nei pazienti recidivati. Questi trattamenti si basano soprattutto su infusione di chemioterapici quali: Vincristina, Adriamicina, Ciclofosfamide e inoltre all'infusione di cortisone. La scelta della terapia viene presa tenendo conto di diversi fattori, come ad esempio condizioni fisiche generali del paziente, esami del sangue, aggressività della malattia e soprattutto scelta del paziente. Trattamento in paziente con età inferiore ai 65 anni La fase iniziale del trattamento per il paziente con età inferiore ai 65 anni, è rappresentato dall'infusione di farmaci chemioterapici come la Vincristina, l'adriamicina più il Desametasone (Cortisone) con conseguenti problemi legati ai chemioterapici, come ad esempio la perdita dei capelli, nausea, vomito e altri effetti sul sistema emopoietico. Negli ultimi anni si è dimostrato come l'associazione di Talidomide più Velcade e Cortisone permetta di ottenere risultati clinici più che buoni. Questa associazione è ben tollerata (vedi pagine precedenti per gli effetti collaterali) e non determina la caduta dei capelli almeno nei primi mesi di trattamento. Dopo la fase iniziale di trattamento, che serve per risolvere la sintomatologia della malattia, si procede con la fase successiva della raccolta di cellule staminali e del trapianto di midollo osseo autologo. Il trapianto di midollo osseo può essere singolo, oppure come accade spesso, seguito a pochi mesi di distanza da un secondo autotrapianto. Se il paziente ha dei fratelli/sorelle compatibili 13

geneticamente con lui si opta per eseguire il trapianto allogenico da consanguineo in sostituzione del secondo autotrapianto. Trapianto Midollo Osseo Autologo Il trapianto del Midollo Osseo (abbreviato M.O) autologo si può considerare non come trapianto curativo ma come coadiuvante delle terapie chemioterapiche ad alte dosi alle quali il paziente viene sottoposto. Infatti esiste una correlazione fra dosaggio del farmaco chemioterapico e la risposta della malattia, però più si aumenta la dose di chemioterapia più si hanno effetti di tossicità midollare. Il trapianto di M.O autologo ha consentito di superare il limite imposto dalla tossicità midollare. Questo importante traguardo è stato reso possibile dal riconoscimento all'interno del midollo osseo di cellule chiamate cellule staminali che se iniettate in sufficiente quantità, sono in grado di rigenerare dal nulla un nuovo midollo. L'impiego delle cellule staminali è alla base del trapianto di midollo. 14

Procedura dell'autotrapianto Il medico dopo la diagnosi, stadiazione della malattia, valutazione condizioni generali del paziente e posta l'indicazione all'autotrapianto di midollo osseo procede con il percorso terapeutico più adeguato. Come si è detto precedentemente il paziente esegue una fase iniziale di trattamento chemioterapico, in regime di Day Hospital, che serve per ridurre il numero di cellule malate. Successivamente, durante un ricovero di pochi giorni, viene somministrato un chemioterapico di nome Ciclofosfamide (Endoxan), che ha lo scopo di pulire il midollo dalle cellule malate. Dopo qualche giorno viene somministrato il fattore di crescita (per via sottocutanea). Il fattore di crescita agisce stimolando il midollo osseo a produrre cellule staminali che vengono immesse in circolo e raccolte mediante Leucaferesi. Questa procedura consente di prelevare direttamente le cellule dalle vene delle braccia, e non più con la procedura di qualche anno fa che consisteva nell'espianto del midollo sotto narcosi (anestesia totale). Con la Leucaferesi è possibile raccogliere un gran numero di cellule staminali sufficienti per uno o più trapianti. Le cellule raccolte vengono poi congelate e possono essere conservate anche per un decennio. Dopo aver ottenuto le cellule a distanza di circa 30/40 giorni si procede con l'autotrapianto. L'autotrapianto di M.O. si suddivide in due fasi. La prima fase consiste nella somministrazione endovenosa di un chemioterapico, il Melphalan, ad alte dosi. Questo farmaco è molto attivo nei confronti delle cellule del Mieloma Multiplo. La seconda fase consiste nell'infusione delle cellule staminali dopo 24 ore dalla chemioterapia. Le cellule vengono 15

infuse con una procedura simile ad una trasfusione di sangue attraverso un catetere venoso centrale. La chemioterapia ha come conseguenza la discesa dei valori dei globuli rossi, globuli bianchi e piastrine con conseguente rischio di comparsa di febbre o la necessità di eseguire trasfusioni. A distanza di circa 10/12 giorni dalla re-infusione delle cellule staminali si ha la ripresa della normale funzione midollare con il recupero dei valori dell'emocromo. La degenza del ricovero in media è di 15 giorni. Dopo il primo autotrapianto si può eseguire un secondo autotrapianto che migliora ulteriormente l'efficacia del trattamento. Trapianto Midollo Osseo Allogenico Con lo scopo di migliorare i risultati fino a qui ottenuti è stato introdotto, nel trattamento del Mieloma Multiplo, il trapianto di midollo osseo allogenico o allotrapianto. Il trapianto di M.O allogenico deve la sua elevata attività terapeutica al fatto che agisce come una vera e propria immunoterapia adottiva, ossia il sistema immunitario del donatore aggredisce e distrugge le cellule malate del paziente esercitando un'azione efficace e prolungata nel tempo. Prima di eseguire il trapianto è necessario che il livello di compatibilità della coppia donatore-ricevente sia elevato il più possibile. Il grado di compatibilità viene valutato con la tipizzazione dei geni del sistema HLA, e il trapianto è possibile solo con un elevato livello di uguaglianza. I benefici che si ottengono con il trapianto allogenico sono di grande rilevanza. Questo tipo di trattamento viene proposto in 16

particolare ai pazienti giovani e/o pazienti che hanno caratteristiche prognostiche negative. Esistono vari tipologie di trapianto del midollo osseo allogenico, e sono: Allotrapianto Mieloablativo Allotrapianto ad intensità ridotta Allotrapianto Non Mieloablativo o Mini allotrapianto. La tipologia del trapianto viene decisa dall'ematologo in base alle caratteristiche della malattia, età del paziente ed eventuali patologie associate, per ridurre i fattori di rischio legati a questa procedura. L'Allotrapianto Mieloablativo convenzionale ha come limite i 55 anni di età del paziente, mentre nel trapianto Non Mieloablativo il limite è 65 anni. Procedura del Trapianto Allogenico Mieloablativo Il trapianto Allogenico Mieloablativo si articola in tre fasi. Prima fase. Dopo aver posizionato il catetere venoso centrale si somministrano farmaci chemioterapici ad alte dosi ed immunosoppressori (es. Ciclosporina) allo scopo di preparare il paziente a ricevere le cellule staminali del donatore. Le cellule del donatore si raccolgono mediante la procedura di Leucaferesi dopo aver effettuato una terapia con il fattore di crescita. Per preparare il paziente al trapianto si esegue anche una seduta Radioterapica. 17

Seconda fase. La seconda fase ha inizio dopo l'infusione delle cellule staminali del donatore. Questa fase dura circa 10/18 giorni e compaiono i disturbi legati al mancato funzionamento del midollo osseo. In questo periodo si può avere febbre ed è necessario trasfondere sacche di emazie (globuli rossi) e piastrine, è il periodo più delicato che termina quando il midollo del paziente ricomincia a funzionare. Terza fase. Questa fase è caratterizzata dall'adattamento del nuovo sistema immunitario nell'organismo del paziente. Il paziente può essere dimesso e viene sottoposto a frequenti controlli ambulatoriali. Il rischio principale in questa fase è la comparsa di GVHD cioè la malattia del trapianto contro l'ospite. Questa malattia origina dall'attivazione del sistema immunitario del donatore nei confronti del ricevente ed è caratterizzata da alterazioni cutanee, intestinali, disturbi al fegato ecc. La GVHD viene valutata e tenuta in osservazione dall'ematologo il quale modifica il dosaggio dell'immunosoppressore in base ai dati clinici e obiettivi. In questa fase il paziente trapiantato è soggetto a infezioni soprattutto virali, per questo si richiede un'accurata igiene personale, un'attenzione particolare nel frequentare luoghi affollati (es. ospedali, uffici ecc.), cercare di non venire a contatto con persone potenzialmente infette, evitare lavori di carpenteria e giardinaggio. Le nozioni/precauzioni che si devono adottare in questo periodo verranno date al paziente, e ai familiari, dal personale medico e infermieristico. L'infezione virale più frequente nei pazienti trapiantati, è la riattivazione di un virus latente nell'organismo di ciascuno di noi: il Citomegalovirus. Questa infezione viene controllata 18

grazie a specifici antivirali che vengono somministrati anche come profilassi. A distanza di circa 4/9 mesi dal trapianto, il sistema immunitario del donatore si adatta all'organismo del ricevente e pertanto si possono ridurre o sospendere i farmaci immunosoppressori, in alcuni casi però si può avere una cronicizzazione della GVHD, ciò comporta l'assunzione prolungata dei farmaci. Trapianto Allogenico Non Mieloablativo Il trapianto allogenico Non Mieloablativo o Mini trapianto, come è stato detto nelle pagine precedenti, è una procedura che può essere proposta ai pazienti con un'età fino ai 65 anni. Questo procedura è meno tossica in quanto si esegue una forma molto leggera di Radioterapia e/o Chemioterapia. Dato che il quadro di tossicità di questo tipo di trapianto è così modesto, spesso il paziente può essere dimesso dopo solo qualche giorno dall'infusione delle cellule staminali venendo gestito in regime ambulatoriale. Anche se la fase di preparazione al trapianto è più leggera non significa che non possono comparire le complicanze tipiche del trapianto, in particolare la malattia da trapianto verso l'ospite cioè la GVHD. Anche i rischi di infezione in questo periodo sono uguali al trapianto allogenico mieloablativo e pertanto si devono prendere le stesse precauzioni. 19

Trapianto Midollo Osseo da Non Consanguineo Il trapianto allogenico da non consanguineo, oppure detto MUD, viene proposto solo ai pazienti con determinate caratteristiche, con età inferiore ai 65 anni, oppure recidivati, e ai pazienti che non hanno un familiare compatibile. Il paziente può accedere al Registro Nazionale ed Internazionale dei donatori di midollo osseo per ricercare un donatore HLA identico. Una volta individuato il donatore, si può eseguire il trapianto che sostanzialmente è del tutto simile a quanto già descritto con un rischio di sviluppare GVHD un po' più elevato. Radioterapia Per pazienti con problemi localizzati severi come distruzione dell'osso, forte dolore e/o compressione dei nervi o del midollo spinale la radioterapia può avere un ottimo beneficio. Lo svantaggio maggiore della radioterapia è il danneggiamento permanente delle cellule staminali nel midollo osseo nell'area trattata. L'indicazione alla radioterapia viene valutata dall'ematologo, radioterapista ed eventualmente dall'ortopedico per stabilire in un consulto multidisciplinare un piano terapeutico adeguato. 20

Terapia di Mantenimento Per mantenere un periodo prolungato di remissione della malattia, il paziente deve seguire una terapia di mantenimento che può essere effettuata con diversi tipi di farmaci in base anche al protocollo terapeutico che ha eseguito in fase di induzione. La terapia di mantenimento si esegue fino al momento della progressione della malattia. Terapia di Supporto La terapia di supporto ad ampio spettro è cruciale per la gestione del Mieloma Multiplo. Come si è visto precedentemente il paziente con Mieloma Multiplo può incorrere all'insorgere di complicanze legate alla malattia stessa. Qui di seguito elenchiamo le complicanze più frequenti con gli interventi che vengono attuati per controllare e rimediare alle stesse. Anemia. Per aumentare il livello di Emoglobina nel sangue in pazienti che hanno un'anemia persistente si può somministrare l'eritropoietina, un ormone naturale attualmente disponibile con le tecniche di ingegneria genetica. Nel caso l'eritropoietina non sia sufficiente si possono trasfondere sacche di emazie. Piastrinopenia. La riduzione delle piastrine nel sangue si può riscontrare sia in fase di diagnosi e sia nel corso del 21

trattamento. Per ovviare ai rischi di sanguinamento si trasfondono sacche di piastrine. Dolore Osseo. La gestione del dolore, dovuto alle lesioni osteolitiche, è essenziale per l'inizio del trattamento nei pazienti con Mieloma Multiplo. Non è ragionevole per i pazienti con M.M. Sopportare il dolore avendo a disposizione un'ampia gamma di nuovi farmaci e strategie terapeutiche disponibili. La posologia degli antidolorifici deve essere dosato in base all'effettivo dolore del paziente, (valutabile con l'utilizzo di una scala del dolore codificate). Il controllo del dolore deve essere la priorità principale. Un sostegno o un busto può aiutare a stabilizzare la spina dorsale o altre aree riducendo movimenti e dolore. Ipercalcemia. Come si è visto nel capitolo Quadro Clinico, le lesioni ossee possono causare l'aumento di calcio in circolo con sintomi quali: nausea, vomito e conseguente perdita di liquidi che possono portare alla disidratazione. Per risolvere questa situazione si può idratare, con l'infusione di flebo, il paziente ma si possono infondere anche farmaci della classe dei Bifosfonati. I Bifosfonati agiscono aumentando la solidità dell'osso, e sono raccomandati come terapia aggiuntiva ai protocolli terapeutici specifici del Mieloma Multiplo Ci sono due effetti collaterali all'utilizzo cronico dei Bifosfonati e sono: danneggiamento del rene osteonecrosi della mandibola. Il danneggiamento al rene può essere prevenuto valutando la funzionalità renale, specialmente tenendo sotto controllo la creatinina. Se i valori della creatinina si alterano, lo schema terapeutico può essere modificato semplicemente prolungando 22

la durata dell'infusione dei Bisfosfonati. Per quanto riguarda l'osteonecrosi mandibolare è importante eseguire un check-up regolare dei denti. E' raccomandato rivolgersi ad un esperto quando insorgono problemi dentari o prima di effettuare qualsiasi intervento, sia chirurgico sia di estrazione. Questi effetti sono fortunatamente poco comuni e conoscendoli si possono precocemente prevenire. Infezione. Le infezioni sono problemi comuni e ricorrenti in pazienti con Mieloma Multiplo. La terapia deve essere iniziata subito qualora ci sia il sospetto di un'infezione. Il prolungamento della terapia con antibiotici può aumentare la possibilità di resistenza agli stessi, ma può ridurre la possibilità di complicazioni infettive. L'utilizzo ad alte dosi di gammaglobuline è richiesto nei pazienti con infezioni ricorrenti acute e severe. In alcuni casi può essere utile una terapia con i fattori di crescita per migliorare il livello dei globuli bianchi e così sopraffare le complicazioni infettive. 23

Nel nostro centro troverete medici e infermieri disponili a darvi ulteriori chiarimenti e informazioni che possono servire ad affrontare meglio la vostra nuova condizione di salute. 24

In questo opuscolo trovate informazioni raccolte anche da : Il Mieloma Multiplo Guida per il paziente Unità di Ematologia e di Trapianto del Midollo Osseo. Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori Milano. Me Myeloma Euronet. Rete europea di gruppi di assistenza per i pazienti affetti da Mieloma Multiplo. www.mieloma.it Mieloma Workshop Ginema. International Myeloma Fondation edizione 2005/2006 25

Redazione: Medici S.C. Ematologia 1, Medici S.C Ematologia 2, Gruppo Infermieristico Ematologia C.O.E.S., Infermiera Ufficio C.A.S. 26