COERENZA E COMPLETEZZA DELL ORDINAMENTO GIURIDICO

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I CRITERI DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE TRA FONTI PROF.SSA BARBARA GUASTAFERRO

Indice 1. COERENZA E COMPLETEZZA DELL ORDINAMENTO GIURIDICO --------------------------------------- 3 2. DEFINIZIONE DI ANTINOMIA ------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3. IL CRITERIO CRONOLOGICO------------------------------------------------------------------------------------------- 5 4. IL CRITERIO GERARCHICO --------------------------------------------------------------------------------------------- 7 5. IL CRITERIO DELLA SPECIALITÀ ------------------------------------------------------------------------------------- 9 6. IL CRITERIO DELLA COMPETENZA--------------------------------------------------------------------------------- 10 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE -------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 2 di 12

1. Coerenza e completezza dell ordinamento giuridico La generalità e l astrattezza delle norme fa in modo che queste possano essere applicate ad innumerevoli casi. E solo attraverso l interpretazione e l applicazione del diritto che si delinea la regola giuridica a applicare al singolo caso concreto. E compito dunque del giudice garantire le principali caratteristiche dell ordinamento giuridico: la coerenza, ossia l assenza di norme tra esse incompatibili, e la completezza, ossi al assenza di lacune normative all interno dell ordinamento. Come è stato osservato, per l interprete che l ordinamento giuridico sia un sistema coerente e completo è la condizione per ottemperare ad una vera e propria regola deontologica che gli prescrive di trarre, da un materiale incoerente e spesso contraddittorio, la soluzione univoca del caso che si trova di fronte. In presenza, di un insieme di testi non riducibili ad unità di senso, l interprete si arma degli strumenti con cui selezionare la norma da applicare. Insomma, la coerenza e la completezza sono per l interprete il risultato dell opera di interpretazione e applicazione del diritto. 1 1 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, Giappichelli 2012, pp. 6-7. 3 di 12

2. Definizione di antinomia Si rinviene un antinomia quando i testi normativi in vigore producono norme incompatibili. E compito del giudice scegliere quale norma applicare al caso concreto, attraverso percorsi argomentativi volti a risolvere le cosiddette antinomie. I principali criteri di risoluzione delle antinomie tra fonti sono: il criterio gerarchico, il criterio cronologico, il criterio della specialità ed il criterio della competenza. Essi saranno esaminati separatamente di seguito. 4 di 12

3. Il criterio cronologico Il criterio, espresso dal brocardo lex posterior derogat priori, implica che la norma più recente possa abrogare quella meno recente, facendo così in modo che la produzione del diritto possa seguire ed assecondare i mutamenti della società. Affinché possa applicarsi il criterio cronologico le fonti in contrasto devono essere sullo stesso piano nella scala gerarchica. L effetto dell applicazione del criterio cronologico è dunque l abrogazione, in seguito alla quale la norma giuridica precedente non è più idonea a produrre effetti giuridici. L abrogazione opera soltanto per il futuro, e dunque ex nunc in ossequio al principio di irretroattività delle leggi sancito dall art. 11 delle Preleggi ( La legge non dispone che per l avvenire: essa non ha effetto retroattivo ). Già nell articolo 15 delle Preleggi (le Disposizioni sulla legge in generale che precedono il Codice civile) si trova un riferimento al criterio cronologico quale strumento di composizione delle antinomie tra fonti. Lo stesso articolo contempla tre diverse ipotesi di abrogazione: 1. l abrogazione espressa, avvenendo per dichiarazione espressa del legislatore, ha efficacia erga omnes, nei confronti di tutti i consociati. 2. l abrogazione tacita, operando per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti, non promana da un esplicita volontà del legislatore ma deve essere rilevata dall interprete, che sceglie, in caso di contrasto tra norme, di applicare quella successiva. Per questo motivo l abrogazione tacita vale so,lo nel singolo giudizio (inter partes) senza essere vincolante per gli altri giudici. 3. l abrogazione implicita, che avviene perché la nuova legge regola l intera materia già regolata dalla legge anteriore. Anche questa opera soltanto inter partes. Come osservato in dottrina, l abrogazione semplicemente delimita l ambito temporale dell efficacia di una norma 2 e dunque non impedisce affatto che la norma abrogata continui ad essere applicata ai rapporti sorti prima della nuova legge. 3 Come stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 1970, l abrogazione non tanto estingue le norme, quanto piuttosto 2 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, p. 13. 3 Ivi, p. 12. 5 di 12

ne delimita la sfera materiale di efficacia e quindi l applicabilità, ai fatti verificatisi sino ad un certo momento del tempo. 4 Ma se l abrogazione non estingue la norma, può accadere che l abrogazione della legge abrogante faccia rivivere la vecchia disciplina? La giurisprudenza ha espresso diverse posizioni sulla questione della riviviscenza delle norme. Secondo il Consiglio di Stato e la Cassazione, se il legislatore vuole far rivivere una disposizione abrogata, deve necessariamente disporre la sua reviviscenza in modo espresso e non equivoco mentre la Corte costituzionale ha espresso dubbi sull ammissibilità della reviviscenza di norme abrogate da disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime ed ha escluso la reviviscenza a seguito di referendum abrogativo della legge abrogatrice. 5 (sentenze 13 e 62/2012). 4 Cit. in Bin pitruzzella, p. 12. 5 Bin Pitruzzella, p.13 6 di 12

4. Il criterio gerarchico Il criterio gerarchico, espresso dal brocardo lex superior derogat legi inferiori, implica che in caso di contrasto tra due norme debba prevalere quella che ha il posto più elevato all interno della gerarchia delle fonti. Se l effetto dell applicazione del criterio cronologico è l abrogazione, l effetto dell applicazione del criterio gerarchico è l annullamento, che scaturisce da una dichiarazione di illegittimità che il giudice pronuncia nei confronti di una disposizione o di una norma che perdono pertanto validità. Dovendo l atto invalido essere espunto dall ordinamento, l annullamento ha sia effetti generali (opera erga omnes) che retroattivi (opera ex tunc). Tuttavia, la retroattività della dichiarazione di illegittimità di un atto, che si reputa viziato vale solo per i rapporti giuridici ancora pendente, anche se sorti in precedenza all annullamento. Già nell articolo 1 delle Preleggi si delinea una gerarchia tra le fonti, in particolare tra la legge ed il regolamento, e poi tra questi e la consuetudine. In realtà è però la Costituzione repubblicana a sublimare il criterio gerarchico come criterio risolutore delle antinomie tra fonti. Essa in primo luogo si colloca al vertice della scala gerarchica. In secondo luogo disciplina le fonti primarie, ossia la legge formale e gli atti aventi forza di legge (quali ad esempio il decreto legge ed il decreto legislativo, a mò di sistema chiuso di atti tipici, non modificabile se non con revisione costituzionale. 6 In terzo luogo, istituendo la Corte costituzionale come organo in grado di giudicare sulla legittimità costituzionale (e dunque sulla conformità a Costituzione) delle leggi e degli atti aventi forza di legge, implicitamente colloca queste fonti al di sotto della Costituzione. Sono poi le fonti primarie a disciplinare i regolamenti amministrativi e le fonti subordinate, la cui disciplina non spetta alla Costituzione, ma alle fonti primarie ad essi superiori. La supremazia della legge all interno della formale gerarchia delle fonti è un retaggio del sistema legislativo parlamentare ottocentesco in cui la legge è sovrana proprio in quanto promanante dal Parlamento, organo democratico per antonomasia. Vi è dunque una corrispondenza tra gerarchia di atti, gerarchia di procedimenti di produzione normativa e gerarchia di organi dotati di poteri normativi. 7 La Costituzione repubblicana, nonostante ricalchi la relazione di dipendenza 6 Bin Pitruzzella, p. 116 7 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, p. 17. Come osserva l Autore, la legge è all apice della struttura piramidale perché è il prodotto del consenso delle Camere e del Capo dello Stato; essa prevale sul regolamento governativo perché il Re in Parlamento prevale sul suo Governo. 7 di 12

del Governo dal Parlamento attraverso la disciplina del rapporto di fiducia, ha in qualche modo incrinato la supremazia che la legge assume all interno della piramide gerarchica, in quanto espressione della volonté generale e del principio di sovranità popolare. La dottrina osserva al riguardo che è la Costituzione stessa a rompere l unitarietà della legge quale fonte normativa per antonomasia. 8 Nonostante infatti l art. 70 attribuisca la funzione legislativa alle Camere, direttamente elette dal popolo, altri articolo delineano altri atti, dotati della stessa forzai della legge, che concorrono alla funzione legislativa (il referendum abrogativo di cui all art. 75, il decreto delegato di cui all art. 76, e il decreto legge di cui all art. 77, gli atti emanati dal Governo in caso di guerra (art. 78). Nonostante tra atti aventi la stessa forza dovrebbe applicarsi il criterio cronologico il loro concorrerre alla disciplina drella legge non è totale perché la Costituzione introduce un meccanismo che la limita e la regola: la riserva di legge. 9 8 P. 18 9 P. 18. 8 di 12

5. Il criterio della specialità Il criterio della specialità, espresso dal brocardo lex specialis derogat legi generali, è anche esso un citerio risolutore delle antinomie tra fonti che suggerisce all interprete di preferire la norma speciale a quella generale. Ciò anche se la legge generale è successiva: in deroga al criterio cronologico, dunque, si ritiene che lex posterior generalis non derogat legi priori speciali. Questo perché si ritiene che la disciplina generale dettata dal legislatore non ha intenzione di modificare la disciplina speciale precedente (a meno che questo non sia espressamente richiesto dal legislatore), che spesso è tale proprio perché riguarda settori specifici risponde a peculiari esigenze che non potebbero essere disciplinati dalla norma generale. In merito agli effetti dell applicazione del criterio della specialità, la dottrina osserva che la preferenza per la norma speciale non si esprime né con riferimento all efficacia della norma (come per l abrogazione) né con riferimento alla sua validità (come per l annullamento) ma guardando all ambito di applicazione delle norme. Le norme in conflitto rimangono entrambe efficaci e valide: l interprete opera solamente una scelta circa la norma da applicare (l altra norma semplicemente non è applicata, come nell impiego del criterio della competenza ), dando la prevalenza alla norma speciale che di conseguenza deroga quella generale. 10 Dunque la norma derogata (quella generale) resta in vigore, pronta a riespandere il proprio ambito di applicazione se la norma speciale venisse abrogata. 10 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, p. 23. 9 di 12

6. Il criterio della competenza Secondo la dottrina, il criterio della competenza non è un criterio prescrittivo, ma svolge funzioni essenzialmente esplicative: serve cioè a descrivere come è organizzato attualmente il sistema delle fonti, ma non a indicare all interprete come risolvere le antinomie. Ci spiega che la gerarchia delle fonti non basta più a darci il quadro esatto del sistema, perché all interno dello stesso grado gerarchico, cioè tra atti che hanno la stessa posizione gerarchica, la stessa forza, vi sono suddivisioni basate sull assegnazione di ambiti di competenza diversi. Le fonti di livello legislativo non concorrono liberamente tra loro, perché la Costituzione crea steccati di competenza più o meno rigidi. 11 Il criterio della competenza non è un criterio ordinatore efficace se applicato al rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale, nonostante la riforma del titolo V parte II abbia provato ad elencare tassativamente le materie esclusive dello Stato (art. 117.2) e quelle residuali delle Regioni. Infatti, accade che la legge statale, anche quando è chiamata a dettare soltanto i principi nel disciplinare una determinata materia, spesso incide anche sui dettagli della stessa. Come osservato dalla dottrina, è stata la stessa corte costituzionale, con la sentenza 214/1985 a legittimare l esorbitare, da parte della legislazione statale, sulla legislazione regionale. E inevitabile che la legge statale disciplini anche il dettaglio, perché così si può imporre sulla precedente legislazione regionale contrastante, abrogandola; in seguito spetterà alla Regione, se lo vorrà, emanare proprie leggi di dettaglio che a loro volta sostituiro le norme statali contrastanti. E insomma il criterio cronologico l asse attorno al quale il sistema si ricompone. 12 In contrasto, il criterio della competenza è molto utile nel distinguere, ad esempio, tra norme dell ordinamento interno e norme derivanti dall ordinamento dell Unione europea, e la nostra Corte costituzionale ha ormai consolidato questo orientamento. Se infatti inizialmente la Corte costituzionale applicava il criterio cronologico per regolare le antinomie tra fonte interna e fonte comunitaria, e poi quello gerarchico, con la sentenza Granital la Corte costituzionale ha stabilito che l antinomia vada risolta in base al criterio della competenza, secondo il quale la scelta di applicare una determinata norma non comporta né l abrogazione né l annullamento dell altra norma, ma la semplice non applicazione. 11 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, p. 23-24 12 R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, p. 24-25. 10 di 12

La sentenza è molto importante in quanto fa salva l impostazione tipicamente dualista delle relazioni tra ordinamento interno e ordinamento internazionale, secondo la quale l ordinamento nazionale non dovrebbe essere permeabile rispetto agli ordinamenti esterni in base al principio di sovranità e di esclusività. Quest ultimo attribuisce soltanto alla Stato il potere esclusivo di riconoscere le fonti che possono produrre diritto all interno dell ordinamento (per cui le norme degli altri ordinamenti non producono effetti giuridici all interno dell ordinamento statale a meno che specifiche disposizioni di questo non lo consentano). L applicazione del criterio della competenza, dunque, guarda all ordinamento interno e all ordinamento dell Unione come due sistemi separati, che operano secondo una ripartizione di competenza sancita dai Trattati europei. E dunque compito del giudice italiano accertare se nella materia rilevante sia competente l ordinamento dell Unione o quello domestico ed applicare di conseguenza la norma dell ordinamento competente. La sentenza è anche importante in quanto con essa la Corte costituzionale è venuta incontro alle richieste della Corte di giustizia in merito al primato del diritto dell Unione sul diritto interno. Primato che la nostra Corte costituzionale ha deciso di far valere non sul campo della validità ma sul campo dell applicazione. 11 di 12

Bibliografia essenziale Bin, R. e G. Pitruzzella, Diritto Pubblico, Torino, Giappichelli, 2009. R. Bin, G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, Giappichelli 2012. F. Modugno, E ancora possibile parlare di un sistema delle fonti?, relazione al convegno Il pluralismo delle fonti previste in Costituzione e gli strumenti per la loro composizione, Università degli Studi di Roma tre 27-28 novembre 2008, in corso di pubblicazione S. Nicolai, Delegificazione e principio di competenza, Padova 2001 Parisi, S., La gerarchia delle fonti- Ascesa, declino, mutazioni, Jovene, Napoli 2012, pp. 353 12 di 12