La Corte d Appello di Catania, Sezione della Famiglia della Persona e dei Minori, composta dai magistrati: dott. Pietro Zappia Presidente



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La Corte d Appello di Catania, Sezione della Famiglia della Persona e dei Minori, composta dai magistrati: dott. Pietro Zappia Presidente dott. Tommaso Francola dott. Rita Russo dott. Rosalia Copani dott. Alfio D Agati ha pronunciato il seguente Consigliere Consigliere rel. Componente privato Componente privato DECRETO nella causa civile iscritta al n. 624 /2014 vertente TRA P. M. ** elettivamente domiciliata in Catania, viale Ionio 21 presso lo studio dell avv. Maria Rosa PETRONIO che la rappresenta e difende per mandato in atti - RECLAMANTE E PUBBLICO MINISTERO nella persona del Sostituto Procuratore presso la Procura Generale della Corte d Appello di Catania - INTERVENIENTE OGGETTO: richiesta informazioni ex art. 28 legge 184/1983- reclamo avverso decreto del Tribunale per i minorenni di Catania del 18 luglio/15 settembre 2014. FATTO E DIRITTO Pagina 1 di 11

Con ricorso del 13 ottobre 2014 P. M. ha impugnato il decreto reso dal Tribunale per i minorenni di Catania di cui in epigrafe, con il quale il Tribunale, a fronte di una richiesta della P. di conoscere le proprie origini, essendo stata adottata nel 1972 poiché la madre all epoca non aveva consentito ad essere nominata, ha riconosciuto il diritto della istante, ma ha dichiarato di non potere eseguire, allo stato, la richiesta della P. di conoscere l identità materna, mancando una disciplina legislativa volta alla ricerca della madre biologica e alla indicazione delle modalità di interpello. Propone reclamo la P., assumendo che il diritto a conoscere le proprie origini anche nel caso di parto anonimo è ormai affermato tanto dalla Convenzione Europea dei diritti dell Uomo, nella interpretazione datane dalla Corte EDU, che nella nostra legislazione, a seguito dell intervento della Corte Costituzionale che con sentenza 278/2013 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell art. 28 legge 184/1983 nella parte in cui non prevede - attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione. La reclamante lamenta che il Tribunale abbia omesso la pronuncia sulla sua richiesta di disporre l interpello della madre, nonché la insufficiente motivazione sul pregiudizio che il mancato accoglimento determina alla reclamante e che abbia omesso, parzialmente, di Pagina 2 di 11

pronunciare in merito alla richiesta di accedere agli atti dell archivio storico dell Ospedale degli Esposti di Lucca, istituto al quale la reclamante fu affidata alla nascita. Chiede che, in accoglimento del reclamo, si provveda all interpello della madre biologica, al fine di verificare se la stessa intende revocare il segreto. All udienza del 12.11.2014 la reclamante ha insistito nella richiesta e il P.G. ha concluso per l accoglimento del reclamo. La Corte, nell esaminare congiuntamente i motivi di reclamo, osserva quanto segue. Il diritto all anonimato da parte della madre che chiede di non essere nominata alla nascita, stabilito dall art. 28 della legge 184/1983 è stato, per lungo periodo, una delle norme più rigorose del nostro ordinamento. Infatti, non solo era, ed è tuttora, consentito alla donna che partorisce di non essere nominata alla nascita, con ciò evitando la attribuzione dello status e il sorgere delle relative responsabilità genitoriali, ma era anche preclusa al figlio la ricerca delle proprie origini in tempo utile per potere, eventualmente, conoscere la madre. Prima della sentenza della Corte Costituzionale 278/2013, il dissenso alla rivelazione del legame biologico era considerato irreversibile, o meglio, solo decorsi cento anni (e quindi dopo la morte della madre biologica) la legislazione italiana consentiva l accesso pieno alle informazioni (art. 93 Dlgs. 196/2003). La ratio della norma era individuata nell esigenza di preservare la salute psicofisica della Pagina 3 di 11

madre e del bambino e di assicurare che il parto avvenisse nelle condizioni ottimali tanto per la madre che per il figlio, in modo da distogliere la donna da decisioni irreparabili (Corte Cost. 425/2005). E chiaramente sottesa a questo ragionamento la considerazione del costume sociale, e cioè la diffusione, statisticamente rilevante, di talune situazioni in cui il parto può costituire, per la donna, una situazione traumatica, imbarazzante, socialmente ed economicamente insostenibile, che la donna vuole nascondere, oppure evitare; e pur essendo consentita, nel nostro ordinamento, la interruzione di gravidanza, non sono scomparse quelle pratiche illecite cui talora si ricorre in situazioni estreme a danno dei neonati o dei nascituri, che spesso si rivelano pregiudizievoli anche per la madre. Il parto anonimo, e che resta tale per cento anni, costituisce quindi una alternativa offerta alla donna rispetto alla interruzione di gravidanza, lecita, ma pur sempre traumatica, ovvero, nelle ipotesi peggiori, a comportamenti criminali quali l infanticidio o l abbandono di neonato. Inoltre, il diritto al parto anonimo costituisce anche esplicazione del diritto all oblio, e cioè di spegnere le luci su taluni avvenimenti della propria vita; interesse protetto dall ordinamento (v. ad es. Cass. 16111/2013) ma che non può prevalere de plano su interessi di pari rango quale è quello alla identità personale del soggetto (il nato) la cui origine ed i cui legami familiari diversi da quelli materni verrebbero così ad essere anch essi irreversibilmente consegnati all oblio, come Pagina 4 di 11

inevitabile conseguenza del segreto sul parto. L interesse alla tutela della vita e della salute psicofisica di madre e figlio, nonché alla tutela della riservatezza sono ancora oggi considerati rilevanti e meritevoli di tutela, ma devono essere bilanciati con il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, che è una specificazione del diritto alla vita privata e familiare, tutelato dalla Convenzione Europea dei dritti dell Uomo. Lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte Europea dei diritti dell Uomo (CEDU, Godelli c. Italia, 25.9.2012), unico organo legittimato ad interpretare la Convenzione, perché la legislazione nazionale italiana non assicurava un adeguato bilanciamento tra l interesse della madre a mantenere l anonimato e l interesse del figlio a conoscere le proprie origini ed a costruire la propria personalità anche tramite le informazioni sulla identità biologica. Ciò in quanto la normativa italiana non tentava neppure, secondo la Corte di Strasburgo, di mantenere alcun equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti in causa e in assenza di meccanismi destinati a bilanciare il diritto del figlio a conoscere le proprie origini con i diritti e gli interessi della madre a mantenere l anonimato, veniva inevitabilmente data una preferenza incondizionata a questi ultimi. La CEDU ha indicato, quale esempio virtuoso, quello della Francia, ove è permesso alle persone interessate di chiedere la reversibilità del segreto sull identità della madre, a condizione che quest ultima vi acconsenta; di contro, come nota la Corte europea, in Italia, il progetto di legge di riforma della legge n. 184/1983 è a tutt oggi Pagina 5 di 11

all esame del Parlamento dal 2008. La sentenza resa dalla CEDU ha effetti nel nostro ordinamento perché obbliga lo Stato italiano a conformarsi alla decisione, ai sensi dell art. 46 della Convenzione, ed a prevenire ulteriori violazioni. E vero che, secondo il consolidato arresto della nostra Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 348/2007 e 349/2007) la norma nazionale ritenuta dalla CEDU lesiva dei diritti tutelati dalla Convenzione non può essere direttamente disapplicata dal giudice italiano, ma può essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell art. 117 Cost. Di conseguenza, dopo la sentenza Godelli, il Tribunale per i minorenni di Catanzaro ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell art. 28 della legge 184/1983, per violazione dell art. 2, 3, 32 e 117 Cost. nella parte in cui pone il divieto di accesso alle informazioni sull origine dell adottato, senza avere previamente verificato la persistenza della volontà di non volere essere nominata da parte della madre biologica. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 328 /2013 ha quindi dichiarato la norma illegittima, nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di interpellare la madre, osservando che mentre la scelta per l'anonimato legittimamente impedisce l'insorgenza di una "genitorialità giuridica", con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla "genitorialità naturale": potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest'ultima, come Pagina 6 di 11

opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perché corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta. La sentenza è quindi una sentenza additiva di principio, ed individua il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi, in conformità alla Corte di Strasburgo, nella reversibilità dell anonimato e soprattutto nel riconoscimento in favore dell adottato del potere di dare impulso ad una procedura che, pur con le dovute cautele, consenta di verificare se persiste ancora la volontà di mantenere l anonimato, ovvero se la donna, anche valutando il desiderio del figlio di conoscere le proprie origini, non muti la propria volontà al riguardo. Non può quindi oggi dubitarsi che esista nel nostro ordinamento, sia in ragione del disposto dell art. 8 della Convenzione EDU, poiché la norma convenzionale vive nell interpretazione che della stessa è data dalla Corte di Strasburgo, e segnatamente in questo caso nella interpretazione data nella sentenza Godelli, sia in virtù della pronunzia additiva di principio resa dalla Corte Costituzionale, il diritto dell adottato nato da parto anonimo a conoscere le proprie origini, con il limite della accertata persistenza della volontà della madre di mantenere il segreto. In concreto questo diritto si esercita, come esplicitato nelle sentenze sopra citate, tramite l impulso che l adottato può dare alla procedura di interpello della madre. Della sussistenza del diritto della reclamante non dubita neppure il Tribunale per i minorenni di Catania, che espressamente lo riconosce Pagina 7 di 11

e lo afferma anche nel dispositivo del provvedimento impugnato, ma contraddittoriamente poi lo nega nel dichiarare che non può dare esecuzione alla richiesta dell istante di conoscere l identità materna.... In secondo luogo, è erroneo ritenere che in assenza di una procedura stabilita dal legislatore, pur fortemente raccomandata dalla Consulta, il giudice non possa (recte: non debba) procedere comunque all interpello purché con le opportune cautele di riservatezza. Infatti, il diritto vivente, costituito dal reciproco intrecciarsi in maniera coerente dei principi affermati nella sentenza della Corte di Strasburgo e nella sentenza della Corte Costituzionale, chiaramente afferma non solo la sussistenza di questo diritto soggettivo, ma anche il suo limite (la persistenza della contraria volontà materna) e le sue modalità di esercizio e cioè l interpello riservato: al legislatore italiano resta quindi soltanto da emanare la norma di dettaglio per regolare modi e forme di questo interpello riservato, punto sul quale il legislatore è ancora inadempiente. Non può però il giudice, che è tenuto ad applicare la legge, negare l attuazione di un diritto fondamentale della persona, specificamente riconosciuto nella sua consistenza e modalità di esercizio, solo perché ne mancano nel dettaglio le modalità esecutive. Al giudice ci si rivolge non perchè affermi in via astratta la sussistenza di un diritto, il che è compito del legislatore e del Giudice delle leggi, ma perché lo attui nel caso concreto e specifico ed a tal fine egli dispone già di uno strumento attuativo generale che è il processo. Peraltro, in questo caso, nel compito di stabilire il Pagina 8 di 11

procedimento il legislatore è già stato vincolato dalla Corte Costruzione che ha indicato con specificità la materia sulla quale si deve intervenire: e cioè non sul come bilanciare gli interessi tra madre e figlio, ma solo su come disciplinare nel dettaglio la procedura di una modalità di esercizio del diritto già individuata e descritta; per la precisione, come si esprime la Consulta, il legislatore deve operare scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso. Pertanto, se è pur vero che manca una norma di dettaglio per stabilire con quali modalità il giudice provvede all interpello, è vero altresì che per la attuazione dei diritti della persona ed in particolare per i diritti familiari, esiste il procedimento regolato dal rito camerale, che, in difetto di norma speciale emanata ad hoc dal legislatore, deve oggi applicarsi anche alle istanze formulate ai sensi del comma 7 dell art. 28 della legge 184/1983 nel testo vigente dopo la sentenza additiva della Corte Costituzionale. Il rito camerale, autorevolmente definito contenitore neutro (Cass. sez. un. 5629/1996, Cass. 14200/2004) idoneo ad assicurare, da un lato, la speditezza e la concentrazione del processo, e, dall'altro, il rispetto dei limiti imposti all'incidenza della forma procedimentale dalla natura della controversia, prevede già la possibilità per il giudice di assumere, anche d ufficio, informazioni e nell ambito del procedimento per l adozione speciale dei minori di età è già insita la regola che talune informazioni restino riservate: del resto, come nota anche la Corte Costituzionale, già l art. 93 del DLgs. 196/2003 Pagina 9 di 11

consente di avere accesso al certificato di assistenza al parto o alla cartella relativamente ai dati relativi alla madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, anche prima del decorso dei cento anni, osservando le opportune cautele per evitare che quest'ultima sia identificabile. Con queste stesse opportune cautele, discrezionalmente individuate dal giudice, si dovrà procedere ad attuare il diritto della reclamante, salvo che nelle more non intervenga norma procedimentale specifica di dettaglio. Questa Corte ritiene inoltre, come già altre Corti di merito (App. Venezia 21.3.2014) che il giudice più adatto all incombente non può che essere il Tribunale per i minorenni che ha dato luogo all adozione e che ha a disposizione strumenti e risorse per effettuare l interpello attuando ogni cautela necessaria a garantire la riservatezza. Il reclamo merita pertanto accoglimento, disponendo l interpello riservato, in esito al quale, se la madre presterà il suo consenso, si potrà rivelarne l identità alla figlia. Nulla sulle spese in assenza di un vero e proprio contraddittorio. P. Q. M. Accoglie il reclamo e per l effetto riconosce il diritto di P. M. a che il Tribunale per i minorenni di Catania in persona Presidente, o di un giudice da lui delegato, interpelli con ogni cautela necessaria a garantire ed assicurare la massima riservatezza la madre biologica di P. M., in ordine alla volontà di mantenere ferma la dichiarazione di anonimato resa alla nascita o di revocarla. Pagina 10 di 11

Nulla sulle spese. Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 12 novembre 2014 IL CONSIGLIERE EST. dott. Rita Russo IL PRESIDENTE dott. Pietro Zappia Pagina 11 di 11