Università degli Studi di Roma La Sapienza Facoltà di Psicologia Resoconto dell'attività di tirocinio svolto presso la comunità di Capodarco di Roma di Maria Teresa Laviola Relatore: Gianni Montesarchio A. A. 2009-10
Introduzione Da qualche anno, presso la facoltà di Psicologia di Roma La Sapienza, viene proposto agli studenti di elaborare un resoconto clinico del tirocinio pre-lauream realizzato come relazione di tesi triennale. Resocontare l attività svolta diviene un occasione non solo per tracciare i fili di congiunzione tra quanto studiato e quanto esperito ma anche per provare ad utilizzare quanto studiato per riflettere e leggere il contesto di tirocinio nel quale ci si è inseriti. Il resoconto, essendo un tipo di narrazione che consente a chi racconta di descrivere un esperienza e le emozioni ad essa associate, permette di riorganizzare le relazioni vissute nel contesto e di ri-leggerle attraverso la propria teoria di riferimento. Grazie alla resocontazione ho potuto sviluppare una piena consapevolezza sull esperienza vissuta, destrutturare e ri-comporre pensieri dotati di senso, inferire ipotesi sulla modalità di categorizzare la realtà, di simbolizzarla; ho potuto individuare e ri-narrare le dinamiche collusive agite in riferimento alle proposte relazionali del contesto. Questo elaborato di tesi nasce dalle mie riflessioni sulla esperienza di tirocinio pre-lauream che ho vissuto nella Comunità di Capodarco di Roma. Il lavoro di tesi è suddiviso in quattro capitoli. Nel primo capitolo, dedicato alla letteratura sul resoconto clinico, ho delineato l utilità del resoconto come strumento psicologico clinico, le sue caratteristiche e la teoria di riferimento. Nel secondo capitolo, dedicato alla Comunità di Capodarco che mi ha ospitata nell esperienza di tirocinio, ho descritto il tipo di struttura e gli obiettivi che si pone, l utenza alla quale rivolge i suoi servizi e la metodologia d intervento. Nel terzo capitolo, dedicato alla mia esperienza nella Comunità, ho illustrato il primo giorno nella Comunità e le riflessioni successivamente generate ripensando le modalità dell istituzione del contratto in relazione al resto dell esperienza; ho anche descritto il ruolo di tirocinante che ho rivestito nella Comunità e le funzioni ad esso associate. 3
Nel quarto e ultimo capitolo ho esposto una riflessione critica sul funzionamento dell ente, sulla relazione dell ente con l utenza e sul ruolo del tutor nella Comunità. Nella parte conclusiva ho esposto alcune osservazioni e commenti sull utilità che ha avuto scrivere questo resoconto clinico per la mia formazione psicologico clinica. 4
CAPITOLO PRIMO IL RESOCONTO CLINICO 1.1 Teorie di riferimento La valenza del resoconto si basa innanzitutto sul modello antropomorfico dell uomo, che è una teoria dell azione proposta da Harrè e Secord, (1972) la quale afferma che l uomo non solo è agente delle proprie azioni ma è anche una persona che osserva, progetta e critica. Fare resoconti della propria prassi quindi è una caratteristica delle potenzialità umane e permette all uomo di controllare l esecuzione delle sue azioni e anche di controllarne il controllo (Carli, 1986). Quindi l uomo ha la capacità di elaborare resoconti delle proprie azioni attraverso il controllo dell azione mediante il linguaggio, che serve al soggetto per descrivere il proprio operato e per comunicare agli interlocutori il proprio punto di vista. La scrittura del resoconto consente una riflessione sulle proprie azioni e di conoscere il comportamento umano, l azione e l interazione fra le persone. Harrè e Secord ci propongono la seguente definizione di azione: Ogni volta che qualcuno, sia egli attore o spettatore, fornisce un resoconto consistente di ragioni, ciò che è, è stato, o sarà fatto costituisce un azione 1 (1972 trad. p 223). Da questa definizione si individuano le ragioni come fondamento della reciproca implicazione tra azione e resoconto. Ciò significa che i motivi per cui si fa qualcosa, le ragioni, rinviano all intenzionalità intesa come tendere verso obiettivi e a specifiche strutture inferenziali che mediano il passaggio dall intenzione all azione; intenzionalità e strutture inferenziali hanno bisogno di categorie culturalmente elaborate per descrivere attraverso il linguaggio i resoconti delle proprie azioni e progettarle in anticipo. Intenzionalità, strutture inferenziali e processi di categorizzazione possono essere compresi come elementi mentali, che 1 Harrè R., Secord P. F. (1972), The explanation of social behaviour, Basil Blackwell, Oxford [ traduzione it. La spiegazione del comportamento sociale, Il Mulino, Bologna, 1974]. 5
fondano la struttura psico-logica dell azione e la possibilità di un suo resoconto (Lancia 1990). Un altro concetto fondamentale per le riflessioni sull utilizzo del resoconto in psicologia clinica è quello di pensiero narrativo proposto da Bruner (1991) che si manifesta nelle situazioni in cui le persone cercano di comprendere la realtà che le circonda. Attraverso il pensiero narrativo le persone interpretano la realtà e creano storie basate sull intenzionalità e la soggettività. Il contributo di Bruner è ancorato alla teoria del costruttivismo di Hoffman (1983) e di Gill (1991) che vede la realtà derivante da un processo di rappresentazioni mentali espresse attraverso il linguaggio; ciò vuol dire che non esiste una realtà oggettiva e indipendente dall osservatore, ma è il soggetto stesso che costruisce la realtà attraverso un processo di attribuzione di significati affettivi e personali in base alle situazioni che di volta in volta si trova ad affrontare. Ogni costruzione narrativa è influenzata dalla nostra storia personale, la quale a sua volta è influenzata dalla cultura e dalle circostanze storiche in cui viviamo. Il processo di narrazione in quest ottica viene visto come una vera e propria modalità cognitiva, tramite la quale le persone elaborano la propria esperienza, conoscono il mondo, acquisiscono il sistema di significati della propria cultura, mantengono la coesione sociale e gestiscono la loro relazione con gli altri 2. In quest ottica la vita sociale è intesa come la risultante di costruzioni narrative socialmente condivise che la cultura d appartenenza, storicamente determinata, offre per interpretare la realtà. Il modello delle rappresentazioni sociali (Farr, Moscovici, 1984), di matrice psicosociologia, propone di individuare le modalità con cui le persone attribuiscono significati alla realtà e agli eventi. Alla base di questo modello c è una concezione di uomo che assume un controllo attivo sulle proprie azioni e sul proprio comportamento, entrambi diretti da un sistema di regole generate da operazioni di categorizzazione sociale. Nel resoconto chi lo redige attua continuamente delle scelte, categorizza la realtà in base al modello interpretativo utilizzato, che gli permette di controllare e organizzare il testo in base a ciò che vuole comunicare. Le rappresentazioni sociali hanno una duplice e integrata valenza sociale e cognitiva: sono organizzatori della realtà, che permettono 2 Montesarchio G., Grassi R., Marzella E., Venuleo C. (2004), Indizi di colloquio, Franco Angeli, Milano. 6
all uomo di orientarsi nel proprio contesto d appartenenza e di controllarlo, e permettono la comunicazione tra i membri di una comunità attraverso codici di scambio sociale e di categorizzazione condivisi: il linguaggio e l azione. Il modello delle rappresentazioni sociali funziona come sistema di comunicazione che orienta il pensiero e l azione individuale e dei gruppi sociali; difatti le rappresentazioni sociali conferiscono significato agli eventi. Attraverso la teoria psicosociale del rapporto individuo-contesto è stato possibile descrivere i nessi fra sistemi cognitivi complessi degli individui e sistemi di rapporti simbolici esistenti tra gli attori sociali. A questo proposito fondamentale è il costrutto di collusione proposto da Carli e Paniccia (1981), che ha posto le basi per l elaborazione della teoria della tecnica di analisi della domanda (Carli, Paniccia, 2003). La collusione è strettamente connessa con il concetto di rappresentazione sociale, in quanto ciò che sostanzia la dinamica collusiva è la simbolizzazione affettiva che è la risultante fra rappresentazione inconscia del contesto e sistema percettivo. Simbolizzare affettivamente significa dare senso emozionale agli oggetti con i quali le persone entrano in relazione, quindi al contesto 3 (Carli, Paniccia, 2003). La simbolizzazione affettiva viene assunta collusivamente da chi condivide un medesimo contesto, cioè tende a creare una rappresentazione inconscia comune del contesto stesso e crea le relazioni tra chi condivide quel contesto. Si può individuare, in tal senso, la funzione organizzatrice della collusione che ha la funzione di meta modello regolatore della cognizione/azione individuale 4 (Montesarchio, 1998, p. 95). La collusione quindi orienta in modo significativo il pensare ed il pensiero viene creato nel contesto e dal contesto, cioè dalle caratteristiche della relazione; pertanto il modello della collusione ha come unità di analisi la relazione individuo-contesto e non il singolo individuo. Sia la collusione che le rappresentazioni sociali condividono il processo di categorizzazione che consente di mettere in relazione idee, eventi, persone; grazie alla scrittura del resoconto si può risalire al modo con cui si sono categorizzati e rappresentati gli eventi e le azioni sociali di uno specifico contesto. 3 Carli R., Paniccia R. M. (2003), Analisi della domanda. Teoria e tecnica dell intervento in psicologia clinica, Il Mulino, Bologna. 4 Montesarchio G. (1998), Colloquio da manuale, Giuffrè, Milano. 7