Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali



Documenti analoghi
MANUALE DELLA QUALITÀ Pag. 1 di 6

PROTOCOLLO D INTESA FRA LA REGIONE AUTONOMA VALLE D AOSTA IL MINISTERO DELL ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA E DELLA RICERCA

COMUNE DI PERUGIA AREA DEL PERSONALE DEL COMPARTO DELLE POSIZIONI ORGANIZZATIVE E DELLE ALTE PROFESSIONALITA

PROTOCOLLO D INTESA FRA LA REGIONE LOMBARDIA IL MINISTERO DELL ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA E DELLA RICERCA

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Comune di San Martino Buon Albergo

PIEMONTE. D.G.R. n del 1/8/2005

ACCORDO. tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ministero dell Istruzione, dell Università e della Ricerca. e Regione Lombardia

PERCORSO INNOVATIVO DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

VALeS Valutazione e Sviluppo Scuola

COMUNE DI CASTELLAR (Provincia di Cuneo) PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L INTEGRITA TRIENNIO 2014/2016.

REGIONE MARCHE GIUNTA REGIONALE

POLITICA DELLA FORMAZIONE DEL PERSONALE CIVILE

Articolo 1. Articolo 2. (Definizione e finalità)

Città di Montalto Uffugo (Provincia di Cosenza) SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE

PROGETTO CITTADINANZA E COSTITUZIONE

MODELLO ORGANIZZATIVO REGIONALE PER LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO.

RUOLO CENTRALE DEL DS NELL ACCOGLIENZA DEGLI ALUNNI DISABILI COME SENSIBILIZZARE E RESPONSABILIZZARE I DIRIGENTI

LEGGE REGIONALE N. 28 DEL REGIONE BASILICATA. Disciplina degli aspetti formativi del contratto di apprendistato.

Documento approvato dal Consiglio Direttivo dell ANVUR nella seduta del 15/5/2013

1. Premessa. 2. Caratteristiche dei percorsi formativi

L ATI composta da Associazione Nuovi Lavori e BIC Puglia s.c.a.r.l., nell ambito del progetto URLO Una rete per le opportunità, PROMUOVE

LINEE GUIDA PER L EROGAZIONE DELLA FORMAZIONE INTERNA

Apprendistato formazione e studi professionali

Il modello veneto di Bilancio Sociale Avis

PO 01 Rev. 0. Azienda S.p.A.

CGIL CISL UIL. Gli Enti Bilaterali emanazione delle parti sociali (alle quali resta la competenza delle politiche Roma Corso d Italia, 25

Diventa fondamentale che si verifichi una vera e propria rivoluzione copernicana, al fine di porre al centro il cliente e la sua piena soddisfazione.

ALLEGATO B. D.I. n. 436/2000 artt. 1 e 4 I PERCORSI FORMATIVI PER ADULTI OCCUPATI

CRITICITA, PRIORITA E PUNTI DI FORZA NELL AVVIO DELLA GESTIONE ASSOCIATA DEL PERSONALE a cura di Andrea Pellegrino

PROGETTO TECNICO SISTEMA DI GESTIONE QUALITA IN CONFORMITÀ ALLA NORMA. UNI EN ISO 9001 (ed. 2008) n. 03 del 31/01/09 Salvatore Ragusa

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO CONNESSA ALLE ATTIVITA DI SOSTEGNO

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE PER UNA FORZA VENDITA VINCENTE

Approfondimenti e-book: I laboratori come strategia didattica autore: Antonia Melchiorre

Progetto benessere organizzativo MODALITA DI COINVOLGIMENTO DEI DIPENDENTI

ATTO D INDIRIZZO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO PER LA PREDISPOSIZIONE DEL PIANO TRIENNALE DELL OFFERTA FORMATIVA

Schema metodologico per la valutazione del personale del comparto addetto agli uffici di diretta collaborazione

REGOLAMENTO CONTENENTE I CRITERI PER L EROGAZIONE DEI PREMI DI RISULTATO AL PERSONALE DIPENDENTE

PROMOZIONE DELL OFFERTA FORMATIVA RIVOLTA AI TUTOR AZIENDALI DEGLI APPRENDISTI IN APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE

INTESA IN MATERIA DI FORMAZIONE ESCLUSIVAMENTE AZIENDALE NELL APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE

MIUR.AOODGEFID.REGISTRO DEI DECRETI DIRETTORIALI

Piano di Sviluppo Competenze

Comune di OLGIATE OLONA SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE

Art. 1 Finalità. Art. 2 Apprendistato.

Comune di Sondrio. Si assiste inoltre ad una maggior richiesta di accesso alla scuola secondaria di secondo grado da parte degli alunni disabili.

I Tirocini nella Cooperazione Sociale Trentina. Tirocini formativi del Master in Gestione di Imprese Sociali

REGOLAMENTO SULLE LINEE DI INDIRIZZO PER LA FORMAZIONE E L AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE TECNICO AMMINISTRATIVO

POR Campania Complemento di programmazione Capitolo 3 Misura 4.7. Sezione I Identificazione della misura

Erice è. con i diversamente abili: un percorso che continua PROGETTO DI INCLUSIONE SOCIO-LAVORATIVA PER I SOGGETTI DIVERSAMENTE ABILI

Sperimentazione dell'apprendistato di ricerca Faq aggiornate al 27 febbraio 2015

Alternanza scuola lavoro: che cosa significa

Progetto sperimentale VSQ - Valutazione per lo Sviluppo della Qualità delle Scuole

S i s t e m a d i v a l u t a z i o n e d e l l e p r e s t a z i o n i d e i d i p e n d e n t i

Avvertenza: il presente Regolamento è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Indirizzi per la regolamentazione dell Apprendistato per la Qualifica e per il Diploma Professionale ai sensi del Regolamento 47/R del 2003 e s.m.i.

SCHEMA DI REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DELL ARTICOLO 23 DELLA LEGGE N

Comune di Nuoro DISCIPLINARE PER LA FORMAZIONE DELLE RISORSE UMANE. Settore AA.GG. e Personale. Ufficio Formazione

PROTOCOLLO D'INTESA MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE. DE AGOSTINI SCUOLA S.p.A

COMUNE DI MORNICO AL SERIO. (Provincia di Bergamo) PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L INTEGRITA (art. 10 del D.Lgs. n.

PROGETTO DI POLITICHE ATTIVE SUL LAVORO a valere sull UPB CAP.908 della Regione Lombardia

PROTOCOLLO D INTESA FRA LA REGIONE PIEMONTE IL MINISTERO DELL ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA E DELLA RICERCA

ISTRUZIONI SULLA TRATTAZIONE DEI RECLAMI. Relazione

Rilevazione dell opinione degli Studenti e dei Docenti sugli insegnamenti Linee guida

Offerta formativa sperimentale d istruzione e formazione professionale nelle more dell emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo

COMUNE DI RAVENNA GUIDA ALLA VALUTAZIONE DELLE POSIZIONI (FAMIGLIE, FATTORI, LIVELLI)

Progetto IDENTITAS: Formazione agli operatori di Bilancio di Competenze

ALLEGATO 2 FIGURE PROFESSIONALI DI FILIALE IMPRESE

1. La disciplina di cui al presente regolamento si informa ai seguenti principi generali: - 1 -

L esperienza dell Università di Bologna

Vigilanza bancaria e finanziaria

CAPITOLO 12 - SISTEMA DEGLI INCARICHI E DI VALUTAZIONE DEL PERSONALE DIPENDENTE

visto il Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dipendente del comparto Scuola sottoscritto il 26 maggio 1999;

Premesso. convengono quanto segue

A cura di Giorgio Mezzasalma

ALLEGATO ALLA DELIBERA DI GIUNTA COMUNALE N. 35 DEL 31/03/2001

SCELTA DELL APPROCCIO. A corredo delle linee guida per l autovalutazione e il miglioramento

PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E INTEGRITA ANNO

Provincia- Revisione della disciplina delle funzioni

tra Provincia di Lecce, Provincia di Torino, Camera di Commercio I.A.A. di Lecce e BIC Lazio

PROVINCIA DI MATERA. Regolamento per il funzionamento. dell Ufficio Relazioni con il Pubblico della Provincia di Matera

Progetto 5. Formazione, discipline e continuità

Settore Agricoltura Beni culturali e ambientali Turismo. X Gestione del territorio

PROGETTO A SCUOLA DI DISLESSIA

PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L INTEGRITÀ

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 14 marzo 2013, n. 449

COMMENTO ACCORDI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO DATORE LAVORO-RSPP

16 Rapporto Nazionale sulla Formazione Indagine su Comuni e Province. Nicoletta Bevilacqua Responsabile Ufficio Monitoraggio e ricerca FormezPA

Presentazione Formazione Professionale

COMUNE DI ROCCAVIONE Provincia di Cuneo

Area Disabilita. Assistenza scolastica per l autonomia e la comunicazione dei disabili LIVEAS

Allegato A al CCNL 2006/2009 comparto Ministeri

Prot. A/ Firenze, 18 maggio 2016 IL DIRETTORE

PROCEDURA OPERATIVA DI VALUTAZIONE DEI DIPENDENTI

Regolamento Approvato dal Consiglio di Amministrazione del CSI-Piemonte il 16 luglio 2007

ISTITUTO COMPRENSIVO P. CARMINE. Regolamento. del gruppo di lavoro sull handicap. Regolamento GLHI. Ai sensi dell art. 15 c.

ISTITUTO STATALE D ISTRUZIONE SUPERIORE F. BESTA MILANO

Vademecum per il sostegno. Pratiche condivise di integrazione all interno del Consiglio di classe

PROGRAMMA TRIENNALE PER LA TRASPARENZA E L INTEGRITA TRIENNIO

SERVIZIO DI FORMAZIONE ALL AUTONOMIA PROGETTO INTEGRAZIONE SOCIALI DISABILI. i.so.di. CARTA DEI SERVIZI

Transcript:

UNIONE EUROPEA Fondo Sociale Europeo Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Ufficio Centrale OFPL Regione Autonoma Valle d Aosta Région Autonome Vallée d Aoste Presidenza della Regione Présidence de la Région DIREZIONE AGENZIA REGIONALE DEL LAVORO DIRECTION DE L AGENCE RÉGIONALE DE L EMPLOI STEFANOMINELLONOGRAFICO

LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE PER L APPRENDISTATO SOMMARIO Premessa... pag. 4 Capitolo 1 - Riferimenti generali pag. 6 1.1. - Le caratteristiche dell intervento pag. 6 1.2. - Finalità ed obiettivi generali pag. 7 1.3. - Articolazione degli interventi pag. 8 1.4. - Strutture soggetti e risorse pag. 8 1.5. - I destinatari degli interventi pag. 9 Capitolo 2 - Articolazione dei percorsi formativi... pag. 11 2.1. - La formazione per gli apprendisti che hanno assolto l obbligo scolastico pag. 11 2.1.1. I contenuti a carattere trasversale pag. 12 2.1.2. I contenuti a carattere professionalizzante pag. 13 2.2. - La formazione per gli apprendisti con titolo di studio Post-obbligo o attestato di qualifica professionale pag. 14 2.3. - I percorsi formativi individualizzati pag. 15 2.4. - Il Piano Formativo Integrato pag. 15 2.5. - La formazione per i tutor aziendali pag. 16 Capitolo 3 - Valutazione delle competenze e certificazione dei crediti formativi... pag. 20 Capitolo 4 - Piano di monitoraggio... pag. 22 4.1. - Le ragioni della proposta pag. 22 4.2. - Il dispositivo generale pag. 22 4.3. - Dispositivo di monitoraggio dell attività per gli attuatori pag. 22 4.3.1. L utenza pag. 23 4.3.2. L attività formativa pag. 24 4.3.3. I risultati ottenuti pag. 24 Capitolo 5 - Accorpamento delle qualifiche dell apprendistato in macro gruppi... pag. 26

PREMESSA Le presenti Linee guida hanno la finalità di definire alcuni indirizzi che la Regione Autonoma Valle d Aosta intende perseguire per la definizione di un modello regionale di formazione per l apprendistato. Tali indirizzi sono necessari per sostenere il passaggio dalle sperimentazioni, che sono state gestite nella maggioranza dei casi direttamente dall Amministrazione regionale, alla messa a regime, che verrà attivata a seguito di bandi pubblici, delle attività di formazione esterna all azienda rivolte ai giovani assunti con contratto di apprendistato, in attuazione delle leggi 25/1955 e 196/1997 e successive modifiche ed integrazioni. Tali Linee Guida sono da considerarsi transitorie in quanto sono in fase di definizione i modelli regionali di accreditamento delle strutture formative, di certificazione e di riconoscimento dei crediti formativi. L attività che verrà realizzata nel prossimo biennio dovrà quindi inserirsi in un processo di sistema più generale rispetto al quale, è auspicabile, potrà avere un ruolo significativo. A tal proposito è intenzione dell Amministrazione regionale sostenere la realizzazione delle attività formative esterne per gli apprendisti non solo attraverso il presente documento di indirizzo, ma anche attraverso una reale azione di accompagnamento e valorizzazione che verrà attuata proponendo ai titolari dei progetti, che saranno individuati a seguito di apposito bando pubblico, la partecipazione a specifiche azioni di accompagnamento, di sostegno, di confronto, di formazione e di divulgazione. L amministrazione regionale promuove, inoltre, attraverso specifiche azioni di sistema, anche la formazione e l aggiornamento professionale dei diversi operatori coinvolti per la gestione di tali attività. Per procedere alla messa a bando delle attività formative in favore degli apprendisti, allo scopo di creare delle aggregazioni numeriche significative per la realizzazione delle attività, l Amministrazione Regionale ha deciso di accorpare in cinque macro gruppi le qualifiche che risultano dalle comunicazioni obbligatorie che i datori di lavoro devono effettuare alla Regione in applicazione del Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 359 del 7/10/1999 Disposizioni per l attuazione dell art. 16, comma 2, della Legge 196/97 e successive modificazioni, recante Norme in materia di promozione dell occupazione e della D.G.R. n. 4512 in data 6 dicembre 1999 Approvazione delle modalità di comunicazione alla Regione, da parte delle imprese, dell avvenuta assunzione o cessazione di apprendisti e dei dati relativi, ai sensi del Decreto 7/10/1999, del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, in attuazione dell art. 2 del D.L. n. 214/99, convertito, con modificazioni, nella L.N. 263/99. Tali accorpamenti sono stati effettuati considerando da un lato ciò che le recenti riforme hanno introdotto, ovvero la necessità di garantire ai giovani l acquisizione di competenze coerenti rispetto al settore di attività dell apprendista, ma anche miranti a rafforzarne l occupabilità; dall altro tenendo conto della specificità regionale che vede una ricchissima presenza di tipologie di qualifiche, in settori vari, fortemente parcellizzate sul territorio regionale e con caratteristiche dei giovani interessati decisamente variegate (età, titolo di studio, esperienze pregresse ecc.). La necessità di aggregazione delle qualifiche, peraltro, è condivisa anche a livello nazionale tanto che la commissione di lavoro ministeriale sui contenuti formativi per l apprendistato (ex D.M. 179/99 art.4) ha previsto come prima attività quella di identificare le modalità con cui le figure professionali sono raggruppabili : Un dato emerso con chiarezza dagli stessi progetti sperimentali è che, tranne casi limitati, non è possibile individuare su uno stesso territorio 12-15 apprendisti con la stessa qualifica per formare un gruppo-classe omogeneo. Ne deriva che la formazione esterna generalmente non sarà in grado di fornire una formazione specifica per singola figura professionale, tant è che l art. 16 della 196/97, come modificato dal DM 359/99 richiede che l offerta formativa esterna sia coerente con il solo settore di attività dell apprendista. 4

Si ritiene che fra una formazione articolata per singola figura professionale e una formazione articolata per settore si possa individuare un livello intermedio di offerta formativa articolata su gruppi di figure professionali, possibilità del resto già prevista nel DM dell 8 aprile 1998. É evidente allora che il primo step della commissione deve essere quello di identificare le modalità con cui le figure professionali sono raggruppabili. La regione ha quindi individuato i seguenti macro gruppi: macro gruppo 1: Edilizia e legno; macro gruppo 2: Commercio, alimentari ed altre attività; macro gruppo 3: Impiantisti, meccanici e riparatori; macro gruppo 4: Turismo; macro gruppo 5: Funzioni di supporto. La Regione mette a disposizione dei soggetti interessati a presentare progetti per la partecipazione ai bandi per la realizzazione di Azioni formative nei confronti dei giovani assunti con contratto di apprendistato, a seguito di specifica richiesta, tavole riportanti dati di dettaglio relativi agli apprendisti presenti in ogni macro gruppo. 5

CAPITOLO 1 RIFERIMENTI GENERALI 1.1. - LE CARATTERISTICHE DELL INTERVENTO Gli interventi formativi per l apprendistato assumono una finalità generale di integrazione all interno del mondo del lavoro. Gli studi e le ricerche che hanno analizzato in passato le caratteristiche degli apprendisti hanno spesso rilevato la presenza, in questo gruppo sociale, di tratti ed esperienze significativamente critici, caratterizzati in particolare dalla frammentarietà dei percorsi scolastici e lavorativi. A tal proposito si può fare riferimento, ad esempio, al capitolo Le caratteristiche degli apprendisti in Valle d Aosta: i risultati di un indagine preliminare, nel testo G. Bresciani e G. Ghiotto, Apprendistato come Chance, F. Angeli, 1992, che presenta la prima fase dell esperienza valdostana, realizzata fra il 1987 ed il 1996, di formazione complementare nei confronti degli apprendisti di imprese artigiane. Questa fascia di giovani, quasi tradizionalmente, è apparsa come particolarmente esposta alle difficoltà che si incontrano nelle fasi di transizione e di ingresso all interno del mercato del lavoro. La figura dell apprendista è stata connotata socialmente in termini problematici ed è divenuta oggetto di specifici interventi di politica del lavoro da parte di alcune Regioni particolarmente sensibili alle tematiche dell inserimento professionale dei giovani, in particolare di quei segmenti ritenuti più deboli e soggetti a possibili percorsi di marginalizzazione sociale e lavorativa. Il nuovo assetto normativo determinato dalla legge 196/97 e dai successivi provvedimenti attuativi, elevando il limite massimo d età dell apprendista da 20 a 24 anni (oltre ai casi particolari previsti dalla stessa: portatori di handicap, aree ob 2, attività artigianali ), estendendo l accesso a tale forma contrattuale a tutti i settori produttivi ed ai giovani in possesso di titolo di studio post-obbligo o attestato di qualifica professionale idonei rispetto all attività da svolgere, ha oggi profondamente mutato il quadro di riferimento, facendo prevedere, nel prossimo futuro, una significativa modificazione della figura storica dell apprendista ed un probabile aumento del grado di eterogeneità dell utenza. Le recenti disposizioni legislative hanno infatti operato una ridefinizione complessiva del significato dell apprendistato nell ambito del sistema di formazione iniziale, assegnandogli un ruolo strategico nel processo di crescita personale e sociale delle giovani generazioni. L apprendistato è oggi il canale preferenziale di inserimento lavorativo e rappresenta lo strumento privilegiato di sperimentazione lavorativa per i giovani fino a 18 anni, i quali possono assolvere attraverso di esso all obbligo formativo, con pari dignità rispetto agli altri due percorsi possibili della scuola e della formazione (vd. art.68 legge n.144/99 e art.5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 257/2000). Nell ambito di questa prospettiva generale, gli interventi formativi rivolti agli apprendisti costituiscono dunque un importante supporto al processo di socializzazione lavorativa. Al tempo stesso, tuttavia, va considerato come essi possano rappresentare un aiuto per le imprese ed integrarsi all interno delle strategie aziendali rivolte alla qualificazione e alla valorizzazione delle risorse umane. Il rinnovato investimento nell apprendistato deve avere la capacità di tradursi in concreta opportunità per i diversi soggetti coinvolti. Esiste, in effetti, un interesse del giovane lavoratore ad acquisire una professionalità e a potenziale le proprie competenze e, parallelamente, un interesse dell impresa all efficienza e alla combinazione ottimale dei propri fattori produttivi. È importante che queste due istanze, pur differenti, non vengano interpretate come necessariamente divergenti; il raggiungimento di un loro positivo equilibrio rappresenta infatti uno dei principali fattori critici di successo del nuovo apprendistato. 6

Tutto ciò richiederà da parte degli operatori della formazione un significativo sforzo, atto a garantire flessibilità e capacità di rispondenza alle diverse esigenze presenti. Da un primo bilancio delle esperienze svolte sino ad ora, emerge con molta chiarezza come ai soggetti che erogano la formazione vengano richiesti standard qualitativi e capacità di innovazione dell offerta molto elevati. Come abbiamo accennato, le condizioni sociali dell utenza sono assai diversificate (drop-out, diplomati, ecc.), così come lo sono le loro condizioni di lavoro, in relazione alle dimensioni aziendali, al tipo di organizzazione, alle modalità di produzione. A queste ultime, inoltre, sono spesso legate le aspettative degli apprendisti verso la formazione e la rappresentazione delle prospettive professionali. Anche sul versante degli imprenditori sussiste il problema di rendere la formazione non solo accettata, attraverso un modello di offerta formativa che si concili con i ritmi produttivi, ma anche realmente compresa e ritenuta come un investimento. Gli interventi formativi rivolti agli apprendisti vanno inquadrati anche in una logica di sostegno alla occupabilità, secondo l accezione data a questo termine nei recenti documenti di programmazione nazionale ed europea. In concreto, ciò significa che le singole azioni dovranno prestare particolare attenzione al potenziamento di quelle competenze (comuni, trasversali e desettorali ) che tendono a garantire la possibilità di un produttivo inserimento in ambienti di lavoro diversificati ed in contesti spesso in evoluzione. Un ulteriore tratto che caratterizza fortemente la formazione per l apprendistato e che appare strettamente collegato con la sua efficacia è rappresentato dall integrazione e dall alternanza tra la formazione esterna all azienda e la formazione on the job. La formazione esterna è in particolare finalizzata all acquisizione di competenze comuni e trasversali, valide e spendibili in contesti produttivi ed organizzativi differenti, e di competenze tecnico-professionali, legate alla specificità del settore/comparto di riferimento del giovane apprendista. La formazione on the job è invece centrata sulle competenze richieste dal ruolo ricoperto all interno dell organizzazione aziendale di provenienza. L attivazione di processi di apprendimento che sappiano integrare ed utilizzare in termini sinergici le peculiarità e le ricchezze dei due diversi contesti formativi rappresenta il principale obiettivo della collaborazione tra la singola azienda (in particolare tramite la figura del tutor aziendale) e l ente di formazione. 1.2. - FINALITÀ ED OBIETTIVI GENERALI In questa fase di attivazione di iniziative formative a regime, successiva alla realizzazione delle prime esperienze sperimentali, gli interventi che complessivamente verranno attuati vanno ricondotti a due ordini di finalità di livello differente. Un primo livello è rappresentato dai risultati che possono essere raggiunti dal punto di vista strettamente formativo. In questa prospettiva, possiamo dire che gli obiettivi generali della formazione per l apprendistato sono duplici. Da un lato, è importante che l intervento consenta l acquisizione, lo sviluppo o il consolidamento delle diverse competenze (di base, trasversali, tecnico-professionali) necessarie ad un efficace presidio dei compiti svolti in azienda. Ci si riferisce quindi ad obiettivi direttamente connessi alla prestazione lavorativa. Dall altro, appare ugualmente significativo il raggiungimento di una chiara consapevolezza da parte dell utenza circa i significati collegati alla posizione stessa di apprendista. È importante, in quest ottica, supportare un processo di analisi dell eventuale esperienza già maturata dal soggetto, del ruolo aziendale ricoperto, delle prospettive in termini di itinerario di crescita professionale. Si ritiene particolarmente rilevante la possibilità da parte del giovane di elaborare, anche attraverso il confronto, una posizione matura ed attiva rispetto al proprio impegno lavorativo. Strumento principale per conseguire tale duplice finalità è, come abbiamo già accennato, quello dell alternanza. Attraverso la partecipazione alle attività proposte dal sistema della formazione e a quelle del contesto lavorativo il giovane apprendista è sollecitato ad avviare un processo di crescita e di riflessione che coinvolge livelli ed aspetti diversi della propria identità di lavoratore. L impianto formativo proposto dovrà pertanto articolarsi, dal punto di vista dei metodi e dei contenuti, in modo da sfruttare a pieno il meccanismo dell alternanza. In questa fase di avvio e diffusione dei dispositivi previsti dalla recente normativa, alle finalità propriamente formative se ne aggiungono comunque delle altre, a carattere più generale. Questo secondo livello fa riferimento ad obiettivi di sistema, riconducibili alla necessità di identificare gradualmente un modello regionale che permetta la piena realizzazione degli intenti del legislatore in merito alla creazione di un sistema moderno e flessibile di gestione dell apprendistato. 7

Gli obiettivi generali che si intende perseguire possono essere così sintetizzati: orientare la realizzazione degli interventi da parte degli enti gestori, ai fini di promuovere la sperimentazione di approcci e metodologie che, pur differenti, siano confrontabili in termini di riferimenti di fondo; analizzare e confrontare i diversi modelli di intervento praticati dai soggetti attuatori; garantire adeguati standards qualitativi all offerta formativa, con particolare riferimento alla integrazione tra formazione aziendale ed extra-aziendale, al collegamento tra pratica e teoria, all utilizzo di metodologie e strumenti didattici adatti alle caratteristiche dell utenza, all articolazione e alla valutazione degli interventi; definire modalità omogenee di attestazione delle competenze acquisite nella formazione; promuovere la collaborazione e l integrazione tra i diversi attori sociali ed istituzionali attivamente coinvolti nelle attività formative. La prospettiva di riferimento è appunto quella della graduale costruzione e messa a regime di un sistema di formazione professionale per l apprendistato, in applicazione della legge 196/97. Parallelamente, data la continua evoluzione che strutturalmente caratterizza il mondo produttivo e i meccanismi di accesso al mercato del lavoro, appare cruciale la scelta di favorire l avvio di processi di miglioramento continuo dei servizi resi all utenza e, più in generale, ai diversi clienti della formazione. In altri termini, appare opportuno, in questa fase operativa, mantenere una prospettiva di tipo strategico e garantire le condizioni affinché le esperienze che verranno realizzate possano effettivamente generare opportunità di apprendimento per tutti gli attori coinvolti. Ogni processo di cambiamento deve essere supportato da adeguati riferimenti generali e dalla definizione di opportuni canali di comunicazione e di confronto. 1.3. - ARTICOLAZIONE DEGLI INTERVENTI Com è noto, ai sensi della legge 196/97 e successive modifiche ed integrazioni ed in relazione alle specificità contrattuali dei diversi settori produttivi, gli interventi formativi hanno cadenza annuale per tutta la durata dell apprendistato. La durata standard degli interventi definita dalla normativa in materia è di minimo 120 ore medie annue. Essa potrà essere variata in relazione alle indicazioni che provengono dalla regolamentazione contrattuale di settore. Il contenuto delle Linee Guida, in particolare per la parte relativa al cap. 3 Articolazione degli interventi formativi, si concentra soprattutto sulle attività formative relative ai primi due anni, costituendo essa, in questa fase di avvio, la situazione operativa più comune ed ipotizzata come priorità di intervento. Per quanto riguarda le annualità successive, si dovrà tenere conto dei risultati raggiunti nelle due prime annualità e prevedere un approfondimento dei contenuti affrontati, in stretta relazione con la specificità del settore d impiego e del contesto aziendale di riferimento. 1.4. - STRUTTURE, SOGGETTI, RISORSE Per la realizzazione degli interventi, come accennato in premessa, l Amministrazione regionale promuoverà l attivazione di specifiche azioni di supporto ed accompagnamento degli attuatori, che saranno individuati a seguito di bando pubblico, finalizzate alla crescita qualitativa del sistema. La Regione promuove, inoltre, il coinvolgimento dei rappresentanti delle parti sociali. A tal proposito è stato attivato un Comitato di Pilotaggio che, a fianco dell Amministrazione Regionale, vede il coinvolgimento dei rappresentanti delle organizzazioni datoriali e dei lavoratori maggiormente rappresentative, anche rappresentati dai relativi enti bilaterali di categoria. Il Comitato ha una funzione concertativa finalizzata a definire strategie, indirizzi ed ipotesi progettuali. La realizzazione degli interventi è affidata agli organismi individuati secondo le procedure ed i criteri indicati dal Bando, dalle Direttive regionali per la realizzazione di attività cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo, dalla normativa e dagli indirizzi nazionali e regionali. I soggetti attuatori individuati hanno il compito di gestire le attività formative secondo modalità che tengano conto delle presenti Linee Guida, con particolare riferimento a: l individuazione dei gruppi di destinatari; la definizione della progettazione di dettaglio degli interventi; 8

la predisposizione di idonei strumenti organizzativi e didattici; il collegamento con le aziende di riferimento degli apprendisti coinvolti nella formazione; la valutazione degli esiti degli interventi e l attestazione delle competenze acquisite; la collaborazione con il Dipartimento Politiche del Lavoro Direzione Agenzia regionale del Lavoro per la realizzazione delle attività di monitoraggio degli interventi. Le aziende hanno invece il compito di collaborare con l ente di formazione per la definizione di adeguati programmi formativi e per la loro concreta realizzazione e valutazione. Secondo quanto previsto dal D.M. n.359/i/99 del 7/10/99, individuano al proprio interno la figura del tutor aziendale, comunicandolo all Amministrazione Regionale secondo le procedure già definite. Particolare rilevanza ai fini del raggiungimento dei risultati formativi assumono poi i ruoli che più direttamente sono impegnati a contatto con l utenza, nel concreto svolgimento dell azione formativa. L attuatore dovrà preoccuparsi di definire con precisione compiti e funzioni dei diversi soggetti che partecipano alla gestione dell attività, anche in relazione alla propria organizzazione interna. E possibile ipotizzare, in primo luogo, una funzione di coordinamento, con compiti generali di responsabilità rispetto alla realizzazione del singolo progetto, con particolare riferimento alla programmazione, al monitoraggio e alla valutazione, alle relazioni con i referenti istituzionali. Alla figura del tutor formativo potrà far capo il presidio complessivo dell azione formativa, nelle sue diverse fasi di attuazione: accoglienza dell apprendista, manutenzione del gruppo, monitoraggio dei processi di apprendimento, programmazione didattica, relazioni con l esterno (in particolare con i docenti), rapporti con le aziende, applicazione degli strumenti di valutazione. In questo senso il tutor assume un ruolo centrale, al quale fa capo un insieme di compiti assai articolato, il cui svolgimento è strettamente connesso con il successo delle iniziative. Compito di ogni singolo docente o formatore sarà quello di curare il raggiungimento di specifici obiettivi dei diversi moduli o unità didattiche. Come abbiamo visto, è invece designata dall azienda la figura del tutor aziendale; le sue funzioni sono state individuate con D.M. del 28/2/2000 e sono precisamente quelle di: affiancare l apprendista durante il periodo di apprendistato; trasmettere le competenze necessarie all esercizio delle attività lavorative; favorire l integrazione tra le iniziative formative esterne all azienda e la formazione sul luogo di lavoro, collaborando con la struttura di formazione allo scopo di valorizzare il percorso di apprendimento in alternanza; esprimere le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall apprendista ai fini dell attestazione da parte del datore di lavoro. Dato il carattere di forte innovazione che complessivamente caratterizza la gestione degli interventi relativi al nuovo apprendistato, assume rilevanza strategica l investire nella formazione delle risorse coinvolte, anche attraverso specifiche iniziative, che, come già detto, sarà cura dell Amministrazione Regionale promuovere. 1.5. - I DESTINATARI DEGLI INTERVENTI La strutturazione dei gruppi in formazione rappresenta un passaggio importante, nella misura in cui si viene a costituire il setting di riferimento all interno del quale ogni singolo apprendista dovrà muoversi, partecipare e coinvolgersi in modo attivo. Può essere opportuno richiamare qui alcuni criteri di composizione, che possono essere tenuti in considerazione in relazione al problema di garantire un sufficiente grado di omogeneità di condizioni di ingresso: un primo fattore significativo da controllare risulta essere l età; le fasce d età interessate dal contratto di apprendistato, infatti, sono assai differenti e possono collegarsi con un patrimonio di esperienze e di problematiche a volte molto diverso e non sempre compatibile. Potrebbe rivelarsi opportuno, ad esempio, comporre i gruppi classe suddividendo gli allievi di età superiore ai 18 anni da quelli di età inferiore. una seconda variabile può essere rappresentata dalle esperienze formative e professionali e quindi dalle competenze di ingresso, il cui grado di omogeneità è strettamente connesso alla possibilità di un efficace taratura degli obiettivi e dei contenuti didattici. un terzo criterio è la collocazione territoriale, rispetto al quale appare opportuno tenere conto della distanza fra la residenza/domicilio dell apprendista e la sede formativa, che, di norma, non deve superare i 50 Km. un ultimo elemento che ci sembra significativo segnalare si riferisce al settore o comparto di appartenenza; il livello di omogeneità rispetto a questo fattore potrà essere graduato in relazione alla annualità formativa e alla tipologia delle competenze oggetto di intervento (comune e trasversale o tecnico-professionale); è infatti ipotizzabile che per la prima anualità e per il primo tipo di competenze possano più facilmente essere aggregati nello stesso gruppo classe apprendisti provenienti da ambiti lavorativi differenti. 9

In merito al numero di allievi per ciascun gruppo, si prevede di non superare il numero di 25 unità, mentre non si identificano vincoli rispetto al minimo. Per quanto riguarda la convocazione degli apprendisti da parte dell ente di formazione, sarà definita dall Amministrazione regionale una specifica procedura. A titolo esemplificativo, tale procedura potrà svilupparsi nel modo sottodescritto: l ente di formazione individuato come soggetto attuatore, in base alle procedure definite nel Bando, accede agli archivi informatici dell Amministrazione Regionale, dove sono raccolti i nominativi degli apprendisti in forza presso le aziende; in base alle priorità indicate dall Amministrazione Regionale e ad altri ulteriori criteri individuati dal soggetto attuatore, si procede alla individuazione dei gruppi e/o dei percorsi formativi, verbalizzando la procedura e dando evidenza ai criteri di riferimento; l attuatore inoltra all azienda la convocazione relativa ad ogni singolo apprendista, secondo le procedure definite dall AR; nella fase successiva si contattano singolarmente le aziende e gli apprendisti per analizzare e valutare i requisiti di ingresso, per presentare il programma formativo e per porre le basi dell integrazione tra formazione aziendale ed extra-aziendale; dopo questo ulteriore importante passaggio, che può anche avere come esito la modifica della composizione dei gruppi e/o dei percorsi formativi precedentemente definiti, si dà luogo alla fase di messa in opera dell azione formativa; l evidenziazione, nel secondo e nel quarto passaggio, di casi individuali particolari può portare all attivazione di percorsi individualizzati, secondo quanto descritto più oltre nel punto 2.3. Si tenga presente che nell organizzazione delle attività formative, l ente di formazione potrà articolare la propria offerta in modo flessibile e secondo modalità a catalogo, ovvero predisponendo la realizzazione di un insieme di moduli formativi che potranno essere frequentati in modo differenziato. È dunque possibile ipotizzare un superamento del modello tradizionale del corso, frequentato dall inizio alla fine dallo stesso gruppo classe, per arrivare alla definizione di itinerari formativi più propriamente definibili in termini di percorsi. Nella realizzazione degli interventi formativi si ritiene inoltre opportuno tenere conto di alcune opzioni generali, sia di carattere metodologico che contenutistico. In primo luogo occorrerà fare riferimento ai due decreti ministeriali dell 8/4/98 e del 20/5/99 contenenti disposizioni in merito ai contenuti formativi delle attività di formazione per gli apprendisti, sia in termini di obiettivi generali che di aree di contenuto. Ai fini di omogeneizzare gli interventi e di consentire la effettiva possibilità di passaggio tra diversi settori, nell ambito del contratto di apprendistato, o tra filiere formative diverse (formazione, istruzione), appare necessario addivenire alla definizione di standard formativi uniformi; nelle presenti Linee-Guida, sono riportate alcune indicazioni di massima, sulla base delle quali potrà essere avviata una fase di ulteriore standardizzazione, in relazione alle esperienze maturate dai soggetti attuatori, attraverso momenti di confronto, che potranno assumere la veste di tavoli-laboratorio, che vedano coinvolti, fra l altro, esperti da loro designati e funzionari regionali. Si intende in questo modo tenere conto e valorizzare le specificità dei modelli di intervento e promuovere un processo di validazione partecipata e condivisa delle indicazioni operative che scaturiranno da questa fase di realizzazione. Tale attività potrà contribuire alla definizione di un modello regionale, in connessione con quanto sarà definito nei prossimi mesi, come già ricordato precedentemente, in materia di accreditamento e certificazione. Una terza area considerata cruciale riguarda la definizione di un contratto formativo chiaro tra ente erogatore della formazione, nella persona del tutor formativo, ed apprendista, che coinvolga anche il tutor aziendale, ai fini di sincronizzare la formazione extra-aziendale e quella on the job. A tal fine, si intende puntare alla definizione di un piano formativo integrato (PFI), alla cui stesura concorrano le tre parti in causa, ciascuno in relazione al proprio ruolo. Il PFI (vd. punto 2.4) dovrà prevedere i necessari collegamenti e le integrazioni reciproche tra i due contesti di apprendimento ed identificare obiettivi comuni concreti, perseguibili e valutabili. La rilevanza di tale patto formativo è centrale ai fini di una reale capacità di penetrazione degli intenti di innovazione contenuti nella recente normativa sul nuovo apprendistato. Un ulteriore elemento di grande importanza è la valutazione dei risultati degli interventi, sia in termini di conoscenze e capacità operative acquisite dall apprendista, che in termini di impatto generale di sistema; in tale prospettiva, i soggetti attuatori dovranno impegnarsi a definire modalità trasparenti e metodologicamente attendibili di valutazione degli esiti formativi e a collaborare alla raccolta dei dati e delle informazioni richieste dal Piano di monitoraggio (vd. cap. 4) Il progetto prevede, infine, di generalizzare gli interventi di formazione rivolti ai tutor aziendali, secondo lo standard in termini di durata previsto dal D.M. 28/2/2000 (8 ore) e le indicazioni ivi contenute in termini di obiettivi ed aree contenutistiche; tali interventi si collegano strettamente alle attività finalizzate alla predisposizione, al monitoraggio e alla valutazione del piano formativo integrato. 10

CAPITOLO 2 ARTICOLAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI In questo capitolo si intende fornire alcuni riferimenti di massima, ai quali attenersi nella fase di progettazione esecutiva e di realizzazione degli interventi. Sono state considerate due tipologie di utenza: gli apprendisti che hanno assolto l obbligo scolastico; gli apprendisti con titolo di qualifica, di diploma o di laurea. A queste, se ne aggiunge una terza, che rappresenta in realtà un sotto-insieme della prima; si tratta degli apprendisti di età minore di 18 anni, interessati dall obbligo formativo, secondo quanto previsto dall art.68 della legge 144/99. Per costoro, la durata della formazione passa da 120 a 240 ore annue. Le presenti Linee Guida non prendono in considerazione il problema della definizione di obiettivi e contenuti di tali 120 ore aggiuntive, oggetto del recente Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 16/5/2001. 2.1. - LA FORMAZIONE PER GLI APPRENDISTI CHE HANNO ASSOLTO L OBBLIGO SCOLASTICO Per il primo gruppo di apprendisti la durata standard degli interventi sarà di 120 ore annue, salvo, come già si è detto, diverse indicazioni contrattuali di categoria. Naturalmente, ci si riferisce, in questo caso, alla formazione extra-aziendale, un intervento dunque che si svolge in ambienti specificatamente dedicati ad attività di tipo didattico (aula, laboratori attrezzati, ecc.), procede secondo programmi e calendari predisposti dall ente di formazione e si indirizza a gruppi di apprendisti, individuati secondi criteri di omogeneità. Per quanto concerne la formazione aziendale, essa viene gestita all interno del contesto produttivo, secondo le modalità organizzative e i metodi stabiliti da ogni singola impresa. Il tutor aziendale, in quanto figura di riferimento, oltre a favorire l inserimento nell ambiente lavorativo e a seguire l andamento del percorso di apprendimento, dovrà garantire i necessari contatti con l ente di formazione, al fine di raccordare ed integrare le attività esterne e quelle interne. Sulla base delle indicazioni contenute nei decreti dell 8/4/98 e del 20/5/99 e delle esperienze maturate nelle sperimentazioni a livello locale e nazionale sono state definite alcune ipotesi di standard formativi, che intendono rispondere all obiettivo di orientare l attività di progettazione e promuovere una prima omogeneizzazione dell offerta formativa, anche in relazione al problema della valutazione/riconoscimento delle competenze. Tali standard formativi sono strutturati con riferimento al sistema delle Unità Formative Capitalizzabili, secondo i riferimenti proposti dall ISFOL, ossia ad unità-tipo di formazione finalizzate al raggiungimento di specifiche unità di competenza che si riferiscono a specifici compiti o prestazioni professionali. Il loro possesso consente infatti al soggetto di far fronte in modo adeguato alle aspettative ed alle richieste dell ambiente di lavoro. Questa impostazione appare coerente con quanto prevede il decreto ministeriale dell 8 aprile 1998 in merito alla struttura modulare delle attività formative (cfr. art. 2, comma 1). 11

2.1.1. I contenuti a carattere trasversale Il decreto ministeriale fa riferimento ai contenuti trasversali della formazione, comprendendo al loro interno le competenze di base e le competenze trasversali, che solitamente, in base alle proposte ISFOL e alle stesse indicazioni ministeriali sulle qualifiche, sono considerate distintamente. Negli schemi che seguono (vd. pag. 23, 24, 25, 26) è stata riportata in primo luogo l articolazione generale delle Unità Formative individuate per la prima e la seconda annualità e poi una loro descrizione di massima. L articolazione proposta offre alcune indicazioni di riferimento per la progettazione di dettaglio, che sarà curata dall ente di formazione. Essa rappresenta un orientamento di cui tenere conto, nella consapevolezza che potrà comunque essere suscettibile di variazioni ed adattamenti, in relazione ai diversi approcci alla materia e in parte anche alle specificità dei diversi settori produttivi. Va tenuto presente, peraltro, che si tratta di un primo tentativo di rendere uniformi gli interventi. Le eventuali variazioni dovranno dunque essere motivate al fine di avviare, sulla base delle indicazioni che scaturiranno dall esperienza, un processo concertato e condiviso di standardizzazione. A tal proposito, come accennato, tali tematiche saranno oggetto di momenti di confronto specifici, all interno delle azioni di sistema promosse dall Amministrazione Regionale. Le indicazioni progettuali riportate negli schemi si rifanno alle indicazioni dei decreti ministeriali in materia di formazione degli apprendisti e ne recepiscono obiettivi, contenuti e durata, applicando, per quest ultimo aspetto, il vincolo della presenza per almeno il 35% del monte ore annuale di contenuti a carattere trasversale. Come si può notare, le unità formative relative al primo biennio toccano aree di particolare rilevanza per la crescita professionale. Esse propongono all apprendista un esperienza di riflessione sui temi legati alla vita lavorativa, con la finalità di aiutarlo a contestualizzare la propria esperienza personale e a padroneggiare con maggiore consapevolezza le situazioni (organizzative, relazionali, contrattuali) in cui è calato, promuovendo anche un coinvolgimento attivo nel progettare il proprio futuro. A questo proposito, è importante sottolineare come sia necessario rivolgere una particolare attenzione agli aspetti motivazionali verso la formazione. Essa deve riuscire a comunicare al giovane apprendista e deve avere la capacità di entrare in sintonia con le problematiche di cui è portatore, attraverso proposte contenutistiche e metodologiche appropriate. Occorre riuscire a stabilire un patto formativo forte e significativo, attraverso il quale venga riconosciuto nell impegno formativo uno strumento efficace ed un investimento reale, teso a migliorare le proprie prospettive di lavoratore. Non è un caso che lo stesso decreto ministeriale del 8 febbraio 1998 faccia riferimento ai contenuti della formazione esterna all azienda come finalizzati alla comprensione dei processi lavorativi (art.2, comma 1). Nel complesso, il primo biennio assume un carattere introduttivo, sviluppando tematiche che potranno poi essere ulteriormente approfondite nelle annualità successive. Può essere opportuno sottolineare come i moduli formativi relativi alle unità di competenza di base e trasversali, per la loro natura, possono essere frequentati anche da gruppi eterogenei dal punto di vista del contesto lavorativo di appartenenza. Riguardo agli schemi relativi alle UFC riportati nelle pagine seguenti, può essere opportuno fornire ancora alcune precisazioni più dettagliate. In primo luogo, si ribadisce la loro funzione orientativa, che riguarda sia la strutturazione generale che l articolazione in termini di risultati attesi, sub-unità, obiettivi, durata, collocazione temporale nelle due annualità. Va poi tenuto presente che alle UFC previste occorre aggiungere un modulo di accoglienza, finalizzato alla: valutazione dei livelli di ingresso definizione del patto formativo analisi delle aspettative conoscenza e socializzazione del gruppo-classe verifica del clima d aula. La durata del modulo di accoglienza è stata stimata in circa 12 ore per il biennio, comprensive di n.4 ore di attività individuale e di n.8 ore circa di attività in aula. L attività individuale, da realizzarsi, per le prime due ore, preliminarmente all avvio della prima annualità formativa, viene proposta come indicazione metodologica forte, finalizzata alla ricostruzione del percorso formativo e scolastico, all identificazione dei bisogni formativi e alla rilevazione delle aspettative del soggetto. Essa costituisce uno strumento importante ai fini della personalizzazione degli interventi, perché consente di identificare il percorso più adatto alle caratteristiche individuali. 12

Sarà cura dell Amministrazione Regionale proporre agli enti attuatori eventuali ulteriori specifiche procedurali. Il modulo di accoglienza si collega direttamente ad alcune attività iniziali svolte in azienda dal tutor formativo con il tutor aziendale, finalizzate alla prima definizione degli obiettivi formativi e delle modalità di integrazione tra formazione aziendale ed extra-aziendale. Si tratta di un attività strutturata destinata alla elaborazione di un vero e proprio Piano Formativo Integrato, secondo le modalità descritte più oltre al paragrafo 2.4. Un ulteriore aggiunta riguarda l informatica di base. I progetti formativi dovranno infatti tenere conto dei recenti orientamenti della programmazione regionale ed europea relativi alla promozione della cosiddetta Società dell informazione (art.2 del Regolamento CE 1784/99, priorità trasversali contenute nel P.O.R. Ob. 3 della Regione Valle d Aosta). In attuazione di tali principi, che rafforzano il consensuale riconoscimento dell informatica di base come pre-requisito di occupabilità e sviluppo professionale, i progetti formativi dovranno prevedere un modulo specifico, la cui durata e collocazione dovrà essere definita in relazione al settore di riferimento. Questa unità formativa è finalizzata all apprendimento delle conoscenze fondamentali e alla capacità di utilizzare il personal computer per operazioni semplici. Un ultima precisazione si riferisce ai collegamenti e alle connessioni tra le attività formative finalizzate all acquisizione delle competenze di base e trasversali e quelle finalizzate all acquisizione delle tecnico-professionali. Vi sono, infatti, alcune UFC, in particolare quelle relative all organizzazione aziendale e alla sicurezza sul lavoro, che possono trovare un loro prolungamento ideale nei moduli tecnici. In altri casi, quali quelli dell UFC relativa ai comportamenti relazionali e del modulo di informatica, si può prevedere articolazioni diverse ed ulteriori approfondimenti del livello degli obiettivi formativi in relazione al loro rappresentare una competenza distintiva di settore (si pensi ad esempio ai comportamenti relazionali in rapporto ad un percorso per addetti alle vendite o all informatica per gli addetti ai lavori d ufficio). 2.1.2. I contenuti a carattere professionalizzante I contenuti a carattere professionalizzante di cui parla il decreto ministeriale 8 aprile 1998 sono finalizzati all acquisizione di competenze tecnico-professionali, costituite dai quei saperi e dalle tecniche che vengono desunte dall analisi delle attività operative collegate ai processi di lavoro di riferimento. Il monte ore dedicato all apprendimento delle competenze tecnico professionale è pari 78 ore per ciascuna annualità (65% delle ore), con l eccezione dei casi in cui al titolo di studio sia attribuito dal contratto collettivo un credito formativo. Le caratteristiche di propedeuticità del primo biennio già evidenziate valgono anche per lo sviluppo di questo tipo di competenze. Le prime due annualità dovranno consentire di introdurre le basi tecnico-scientifiche ed operative dei contenuti professionali delle diverse figure, al fine di accrescere la consapevolezza con la quale i giovani sono chiamati a svolgere le mansioni loro affidate. Al tempo stesso, tali basi rappresentano il punto di partenza di ulteriori approfondimenti che potranno essere proposti nelle annualità successive, allo scopo di avviare ed implementare un processo di progressiva specializzazione delle competenze. Lo schema riportato di seguito propone necessariamente delle indicazioni generali, che vanno contestualizzate ed adattate al settore/comparto produttivo. Anche per le competenze tecnico-professionali è auspicabile addivenire gradualmente ad una standardizzazione dei percorsi formativi per Unità di Competenza, in relazione ai diversi processi produttivi e alle diverse funzioni aziendali e con riferimento ai risultati che emergeranno dal lavoro delle commissioni di lavoro ministeriali previste dai decreti sui contenuti dell attività di formazione (DM 8/8/88 e DM 179/99). Sarà cura dei soggetti attuatori progettare le articolazioni didattiche più adatte, tenuto conto del grado di omogeneità/eterogeneità dei gruppi di apprendisti in relazione ai processi e alle funzioni appena richiamati. È infatti possibile prevedere la possibilità di identificare unità formative di specificità progressiva rispetto al settore/comparto di riferimento e alle diverse figure professionali che vi appartengono. Tali diversi livelli di specializzazione delle unità formative saranno direttamente collegati alla composizione dei gruppi classe, che potranno presentare anch essi gradi diversi di eterogeneità. Il livello di specializzazione sarà anche collegato all annualità, nella misura in cui dalla seconda annualità l apprendista potrà aspettarsi l acquisizione di competenze più direttamente collegate al profilo professionale di riferimento. In questa fase, per la messa a punto dei percorsi formativi si procederà attraverso una progettazione sperimentale di moduli didattici o di UFC. 13

SCHEMA DI RIFERIMENTO PER LA PROGETTAZIONE DELLE COMPETENZE TECNICO-PROFESSIONALI PRIMA ANNUALITÀ Conoscenza dei prodotti e dei servizi di settore e del contesto aziendale (mercato, caratteristiche strutturali, reti, processi produttivi) Conoscenza delle basi tecnico-scientifiche della professionalità (caratteristiche dei materiali, nozioni di base, ecc.) Conoscenza ed utilizzo di strumenti e tecnologie di lavoro (attrezzature, macchinari, strumenti, ecc.) Conoscenza ed applicazione di semplici tecniche o metodi di lavoro (operazioni specifiche, procedure, controlli) Capacità di operare diagnosi sul lavoro da svolgere sulla base di informazioni tecniche provenienti da fonti diverse Capacità di applicare norme comportamentali e procedure appropriate al fine di garantire la sicurezza nello svolgimento di specifici processi lavorativi SECONDA ANNUALITÀ Conoscenza delle innovazioni di prodotto, di processo e di contesto Conoscenza delle procedure tecniche per l assicurazione della qualità del prodotto/servizio Approfondimenti ed applicazione delle conoscenze di base di tipo tecnico-scientifico Conoscenza ed utilizzo di strumenti e tecnologie di lavoro (attrezzature, macchinari, strumenti, ecc.) Conoscenza ed applicazione di tecniche o metodi di lavoro di natura più complessa (operazioni specifiche, procedure, controlli) Capacità di interpretare documenti di lavoro e di predisporre semplici piani 2.2. - LA FORMAZIONE PER GLI APPRENDISTI CON TITOLO DI STUDIO POST-OBBLIGO O ATTESTATO DI QUALIFICA PROFESSIONALE Come si è già avuto modo di evidenziare, la nuova normativa sull apprendistato consente di assumere con questo contratto anche giovani in possesso di titolo studio port-obbligo o di attestato di qualifica professionale. La formazione di questo gruppo di soggetti, a sua volta non necessariamente così omogeneo, presenta alcune particolarità di cui tenere conto. Un primo aspetto di rilievo riguarda la durata della formazione extra-aziendale, che secondo l art. 16 della legge 196/97 può essere inferiore. In base alla legge, infatti, l impegno di 120 ore può essere ridotto per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all attività da svolgere (art. 16, comma 2, L. 196/97). La disciplina contrattuale di settore, a riguardo, offre uno spaccato relativamente ampio di soluzioni rispetto al problema delle modalità di riduzione; in vari casi la materia, peraltro, non è stata ancora regolata. La questione riguarda sia l entità della eventuale riduzione, che la valutazione dell idoneità del titolo di studio rispetto alla qualifica di assunzione. A tal proposito, si precisa che il Ministero del Lavoro ha recentemente chiarito l interpretazione in merito alla riduzione dell impegno di formazione esterna per gli apprendisti, dichiarando che Solo in presenza delle condizioni stabilite dall art. 16, comma 2, L. 196/97, l art. 3, comma 2 del Decreto 8/4/98 dà facoltà alle parti sociali di definire nello specifico i casi di impiego ridotto, i relativi contenuti formativi e la durata dell apprendistato. Pertanto nel caso la contrattazione collettiva non rispetti tale normativa, tali contratti devono ritenersi contra legem. Sulla base di quanto sopra affermato, quindi, l attività formativa di questo gruppo di soggetti, qualora non siano previste riduzioni nel rispetto della normativa, verrà realizzata secondo quanto riportato al punto 2.1. Può essere opportuno precisare che, per quanto riguarda le unità formative relative alle competenze di base e trasversali, non si prevedono in linea di massima significative differenze rispetto agli apprendisti con titolo inferiore. Ciò sta a significare che la costituzione dei gruppi classe potrebbe seguire un criterio di eterogeneità, senza che ciò venga a rappresentare un problema per lo svolgimento adeguato delle attività didattiche. A supporto di questa considerazione può essere anche sottolineato che, nei casi nei quali si prevede la riduzione del monteore annuale di 120 ore, questa riguarderebbe solo le parti del percorso formativo dedicate all apprendimento delle competenze tecnico-professionali. Per le competenze di base e trasversali, infatti, il titolo di studio risulterebbe poco significativo, in quanto tale area accomuna in modo relativamente uniforme tutti i giovani che si inseriscono nel mondo del lavoro. 14

Per ciò che concerne le competenze tecnico-professionali, i soggetti attuatori dovranno prestare particolare attenzione alle caratteristiche dei soggetti da inserire all interno dei gruppi classe; occorrerà tenere conto delle figure professionali di riferimento e delle attività concretamente svolte in azienda e verificare le possibili incongruenze rispetto ai contenuti formativi proposti. In particolare nei casi in cui sia stata prevista una riduzione del monte ore, occorrerà centrare la formazione su quelle competenze che possono realmente rappresentare un obiettivo di sviluppo professionale, evitando l inserimento in contesti formativi demotivanti e scarsamente significativi. 2.3. - I PERCORSI FORMATIVI INDIVIDUALIZZATI I soggetti attuatori potranno predisporre e realizzare percorsi formativi individualizzati, così come previsto all art. 3, comma 1 del decreto ministeriale 179/99. L individualizzazione potrà essere prevista per quei soggetti difficilmente inseribili in percorsi standard, per motivazioni riconducibili alle caratteristiche di ingresso, ai crediti maturati, alla specificità della figura professionale ricoperta. A tal proposito l Amministrazione regionale intende promuovere la definizione di procedure specifiche. 2.4. - IL PIANO FORMATIVO INTEGRATO Si è più volte richiamata l importanza di considerare l intervento formativo rivolto agli apprendisti come un processo centrato sull alternanza e sulla valorizzazione delle specificità dei diversi contesti di apprendimento. In questa prospettiva, è stato sottolineato come la formazione extra-aziendale e quella svolta in azienda, pur nella differenza di approccio (metodi, strumenti, tempi, ecc.), dovessero operare in stretta sinergia e relazione reciproca. Il principale strumento per realizzare in termini operativi tale prospettiva è stato individuato nel piano formativo integrato (PFI). Il PFI si configura come un progetto di sviluppo professionale, che vede impegnati tre soggetti: l ente di formazione (il tutor formativo) l azienda (il tutor aziendale) l apprendista. Dal punto di vista metodologico esso può prevedere, in primo luogo, una fase di preparazione, durante la quale si definiscono gli obiettivi, le attività da svolgere, le risorse da utilizzare, le modalità organizzative e formative, i tempi, le modalità di valutazione in itinere e finali. Naturalmente, come per ogni progetto, tale fase è preceduta da un analisi della situazione di partenza, dei vincoli e delle opportunità presenti. A questo riguardo, un primo livello riguarda le condizioni di ingresso degli apprendisti (in termini di competenze, di bisogni formativi, di aspettative). Tale analisi viene condotta attraverso la realizzazione dell attività individualizzata iniziale con l apprendista (le 2 ore già citate al paragrafo 2.1.1), di eventuali prove di ingresso ed del confronto con il tutor aziendale. In questa fase l attenzione è indirizzata anche all analisi dell offerta formativa, delle caratteristiche dell ambiente lavorativo e del ruolo ricoperto dall apprendista. L identificazione di alcuni obiettivi di apprendimento e la definizione delle modalità per raggiungerli e valutarli rappresentano il risultato principale di questo momento preliminare, che sancisce una sorta di patto formativo rispetto al quale tutti i soggetti coinvolti si impegnano attraverso la formalizzazione di un progetto sottoscritto dagli stessi. Nel PFI potranno quindi essere identificati quegli obiettivi che permettono di verificare, applicare ed approfondire nel contesto aziendale i contenuti affrontati, anche parzialmente, nella formazione extra aziendale. Una seconda fase consiste nel monitoraggio del piano. Sulla base di quanto previsto, si svolgono opportuni incontri per verificare l andamento delle attività ed affrontare eventuali criticità di percorso. Una terza ed ultima fase consiste nella valutazione di quanto è stato realizzato, sia in termini di competenze acquisite che in termini di soddisfazione degli attori coinvolti rispetto al processo attivato. Quest ultima fase si collega strettamente all attestazione delle competenze acquisite, aspetto questo che verrà approfondito nel capitolo 4. La gestione del processo sopra delineato prevede la realizzazione di momenti di incontro e di collaborazione centrati su oggetti di lavoro definiti; essi saranno avviati prima dell inizio della formazione in aula e consentiranno anche una prima conoscenza tra i diversi soggetti coinvolti. Il tutor di formazione avrà modo di approfondire la conoscenza degli apprendisti e il loro contesto aziendale di appartenenza, in modo da contestualizzare opportunamente i successivi interventi. 15

Il tutor aziendale avrà invece l opportunità di conoscere più da vicino i programmi formativi predisposti dall ente di formazione e di fornire utili suggerimenti procedurali e contenutistici. La definizione del piano formativo integrato, che verrà ripetuta per ciascuna annualità, è rivolta a creare condivisione intorno al progetto formativo; tende a coinvolgere fin dai primi momenti l impresa, cercando di far cogliere i vantaggi della formazione, e ad offrire all apprendista una visione complessiva ed orientata del percorso. Dal punto di vista operativo, sottolinea il punto di partenza rappresentato dal contesto lavorativo dell apprendista e dalle competenze tecnico-professionali con le quali esso quotidianamente si confronta. Può essere interessante ricordare a questo proposito come lo stesso decreto 179/99 sottolinei come nella costruzione dei percorsi formativi si dovrà tenere conto dei diversi processi di lavorazione cui fa riferimento la professionalità dell apprendista. Il piano formativo integrato, infine, rappresenta un elemento di facilitazione rispetto alla personalizzazione dei percorsi e consente, al momento della sua stesura, di definire con chiarezza i risultati che ci si aspetta e che diverranno quindi oggetto di verifica ed attestazione. Al fine di supportare le attività del PFI, l Amministrazione Regionale predisporrà una apposita modulistica che potrà essere utilizzata come riferimento di massima. 2.5. - LA FORMAZIONE PER I TUTOR AZIENDALI Le funzioni del tutor aziendale sono state delineate dal decreto ministeriale del 28 febbraio 2000 e sono state richiamate all interno delle presenti Linee Guida al paragrafo 1.4. Si tratta evidentemente di funzioni complesse (di tipo informativo, orientativo, di supporto ed integrazione, di valutazione, ecc.) che sempre secondo il citato decreto devono essere svolte da soggetti in possesso di alcuni requisiti, quali: il possesso di un livello di inquadramento contrattuale pari o superiore a quello che l apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato; l essere impegnato in attività lavorative coerenti con quelle dell apprendista; il possesso di almeno tre anni di esperienza lavorativa. La volontà del legislatore di garantire un presidio efficace e qualificato del ruolo del tutor aziendale risulta evidente anche dalla definizione di uno standard formativo, seppur minimo. I tutor aziendali, infatti, sono comunque tenuti a partecipare, all avvio della prima annualità di formazione esterna, ad almeno una specifica iniziativa di durata non inferiore ad 8 ore (art. 3, comma 2). La formazione dei tutor aziendali dovrà dunque essere avviata contestualmente all attività di formazione extra-aziendale rivolta agli apprendisti e svolgersi in stretta sinergia con le azioni messe in campo per la realizzazione dei piani formativi integrati. Più in particolare, essa dovrà consentire di: conoscere il contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza e riconoscere l importanza della funzione formativa dell apprendistato; comprendere le funzioni del tutor aziendale e conoscere la contrattualistica di settore in materia di formazione; gestire l accoglienza e l inserimento degli apprendisti in azienda; gestire le relazioni con i soggetti esterni all azienda coinvolti nel percorso formativo dell apprendista e collaborare alla realizzazione di piani formativi integrati; pianificare ed accompagnare i percorsi di apprendimento e socializzazione lavorativa; valutare i processi e i risultati dell apprendimento; conoscere i programmi formativi e il sistema regionale di formazione per l apprendistato. In considerazione della necessità di garantire il raggiungimento degli obiettivi sopra delineati, l Amministrazione Regionale promuoverà la graduale standardizzazione delle unità formative rivolte ai tutor aziendali, sulla base delle esperienze concretamente maturate dagli enti attuatori. Tale investimento sulla figura del tutor aziendale è legata alla centralità della sua posizione rispetto ai progetti di sviluppo delle competenze dell apprendista. Nell ambito del Piano Formativo Integrato descritto al paragrafo 2.4, il tutor aziendale, infatti, stabilisce e mantiene attivi opportuni collegamenti con il tutor-formatore che opera all interno degli enti di formazione. Al tempo stesso, interviene direttamente a supportare l apprendista nel proprio percorso di apprendimento del mestiere all interno del contesto aziendale. 16

SCHEMI RELATIVI ALLE COMPETENZE DI BASE E TRASVERSALI (Relative al primo biennio di attività formative) Schema n. 1 Quadro riepilogativo del repertorio delle UFC UFC ORE SUB-UNITÀ ANNO 1. Comportamenti relazionali 16/28 Diagnosticare le proprie competenze ed attitudini Comunicare Lavorare in gruppo 1º 1º - 2º 1º - 2º 2. Organizzazione aziendale 16/24 Diagnosticare il contesto di lavoro Il ruolo lavorativo 1º 2º 3. Il rapporto di lavoro 12/16 Il contratto di apprendistato I servizi a sostegno del lavoratore 1º 2º 4. Sicurezza sul lavoro 12/20 La normativa sulla sicurezza La prevenzione dei rischi Le emergenze 1º 1º - 2º 1º - 2º Schema n. 2 I comportamenti relazionali UFC 1: Comportamenti relazionali ORE: 16-28 Risultati attesi UFC Sub unità 1.1 Diagnosticare le proprie competenze ed attitudini 1.2 Comunicare 1.3 Lavorare in gruppo Comunicare ed interagire in modo appropriato nel contesto lavorativo (con superiori, colleghi, clienti, fornitori), in situazioni di diversa natura (comunicazione diretta o mediata da strumenti vari) Obiettivi (essere in grado di:) Identificare e valutare interessi, motivazioni, attitudini e risorse personali anche in relazione al lavoro e al ruolo professionale Identificare i propri punti di forza e di debolezza Riconoscere i principi della comunicazione Adottare stili comunicativi consoni alla situazione e alle caratteristiche dell interlocutore Costruire ed interpretare messaggi chiari e comprensibili mediati da supporti di varia natura (cartacei, telefonici, ecc.) Esprimere le proprie opinioni e percezioni di fronte ad altri Collaborare all analisi e alla soluzione di situazioni e problemi da risolvere, in relazione alla posizione aziendale ricoperta e al ruolo concretamente agito 17

Schema n. 3 Organizzazione aziendale UFC 2: Organizzazione aziendale ed economica Risultati attesi UFC Sub unità ORE: 16-24 Analizzare l organizzazione produttiva di appartenenza in relazione alla sua collocazione nell ambito di un particolare settore /comparto Definire la propria collocazione nell ambito della struttura aziendale e del settore/comparto di provenienza Obiettivi (essere in grado di:) 2.1 Diagnosticare il contesto di lavoro 2.2 Il ruolo lavorativo Identificare i principali elementi commerciali ed economici dell impresa Riconoscere le principali caratteristiche di un azienda del settore di riferimento (organizzazione del lavoro, processi produttivi, specificità) Riconoscere le principali fasi del processo entro il quale opera ed individuare le aree funzionali dell impresa di appartenenza Riconoscere la natura dei rapporti dell azienda con il contesto di riferimento Riconoscere i comportamenti da porre in atto in un contesto aziendale orientato alla qualità e alla soddisfazione del cliente Definire il ruolo aziendale ricoperto all interno del contesto lavorativo di appartenenza, in relazione ai requisiti di occupabilità del settore di riferimento ed alle prospettive di evoluzione, anche in termini di autoimprenditorialità Schema n. 4 Il rapporto di lavoro UFC 3: Il rapporto di lavoro ORE: 12-16 Risultati attesi UFC Sub unità 3.1 Il contratto di apprendistato 3.2 I servizi a sostegno del lavoratore Applicare le regole che disciplinano il rapporto di lavoro ed utilizzare i servizi degli enti e degli istituti a sostegno del lavoratore Obiettivi (essere in grado di:) Interpretare le linee fondamentali di disciplina legislativa del rapporto di lavoro Individuare i diritti e i doveri del lavoratore Distinguere gli elementi essenziali del contratto di apprendistato, anche in riferimento al settore di appartenenza Descrivere gli elementi che compongono la retribuzione e leggere la busta paga Reperire ed utilizzare informazioni relative agli enti previdenziali, di tutela della salute, per il sostegno all occupazione Reperire ed utilizzare informazioni relative alle modalità di collocamento al lavoro nel settore pubblico e privato 18

Schema n. 5 La sicurezza sul lavoro UFC 4: Sicurezza sul lavoro ORE: 12-20 Risultati attesi UFC Sub unità 4.1 La normativa sulla sicurezza 4.2 I servizi a sostegno del lavoratore 4.3 Le emergenze Applicare le procedure previste dalla normativa vigente in materia di prevenzione degli infortuni ed adottare le misure necessarie alla tutela della propria e altrui sicurezza Obiettivi (essere in grado di:) Identificare gli aspetti organizzativi generali relativi alla sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alle disposizioni del D. Lgs. 626/94 Riconoscere i principali diritti e doveri di un lavoratore in materia di sicurezza La prevenzione dei rischi Individuare i principali fattori di rischio e le criticità presenti nell ambiente di lavoro e in particolare nel processo lavorativo in cui si opera Adottare adeguati comportamenti preventivi, utilizzando correttamente le misure di sicurezza, i dispositivi di protezione individuale e le attrezzature presenti in azienda Applicare le principali norme comportamentali previste per le situazioni di emergenza Effettuare i primi interventi di pronto soccorso in caso di infortunio 19

CAPITOLO 3 VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE E CERTIFICAZIONE DEI CREDITI FORMATIVI Il tema in questione è stato ed è oggetto di un intenso dibattito e di numerose sperimentazioni, nell ambito di diverse filiere formative oltre all apprendistato, quali l obbligo formativo, l istruzione tecnico superiore, i percorsi integrati di istruzione e formazione, l educazione degli adulti, ecc. L insieme delle esperienze maturate ha reso gradualmente sempre più evidente la necessità di procedere ad una sistematizzazione delle prassi e delle modalità tecnico-metodologiche adottate, attraverso la definizione di regole comuni e specifiche. Tale processo è tuttora in fieri e il problema della costruzione di un sistema nazionale di riferimento per la certificazione delle competenze acquisite e per il loro riconoscimento all interno dei diversi sistemi assume oggi una rilevanza centrale. Per quanto riguarda in particolare l apprendistato, occorre fare riferimento al Decreto ministeriale dell 8 aprile 1998, contenente disposizioni in merito ai contenuti formativi delle attività di formazione degli apprendisti. Esso afferma che la formazione esterna all azienda, purché debitamente certificata, ha valore di credito formativo nell ambito del sistema formativo integrato, anche in vista di eventuali iniziative formative di completamento dell obbligo, ed è evidenziata nel curriculum del lavoratore. Qualora vi sia interruzione del rapporto di apprendistato prima della scadenza prevista, le conoscenze acquisite potranno essere certificate come crediti formativi acquisiti (art.2, comma 3, Decreto 8/4/98). Il decreto stabilisce, inoltre, che al termine del periodo di apprendistato il datore di lavoro attesta le competenze professionali acquisite dal lavoratore, dandone comunicazione alla struttura territoriale pubblica competente in materia di servizi all impiego (art. 5, comma 2) e che la Regione regolamenta le modalità di certificazione dei risultati dell attività formativa svolta, secondo quanto previsto dall art. 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196. In merito alle modalità con le quali rilevare ed attestare le competenze acquisite dagli apprendisti nella formazione aziendale, anche il Decreto dell 8 febbraio 2000, dove vengono chiarite le esperienze professionali richieste per lo svolgimento delle funzioni di tutor aziendale, prevede che questi esprima le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall apprendista ai fini dell attestazione da parte del datore di lavoro. Ulteriori indicazioni sono contenute nel Regolamento di attuazione dell art. 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, concernente l obbligo di frequenza di attività formative fino al diciottesimo anno d età, laddove si fa riferimento al problema del passaggio tra sistemi (formazione professionale, apprendistato, istruzione secondaria superiore) e direttamente a quello delle certificazioni finali ed intermedie dei percorsi formativi (art. 6 e art. 8). Fatte queste premesse sulla normativa, è opportuno chiarire alcuni concetti relativi alle diverse operazioni che conducono alla certificazione. Vi è, in primo luogo, un passaggio di natura tecnica che ha la funzione di accertamento e valutazione. Tale passaggio si realizza: nella rilevazione del possesso da parte dell apprendista della competenza prevista; nell espressione di un giudizio circa la congruenza tra il livello di possesso della competenza e gli standard predefiniti. In via preliminare, occorre aver definito obiettivi formativi valutabili e quindi certificabili, con riferimento all approccio modulare (cfr. art. 2, comma 1 del decreto 8 aprile 1998) e alla struttura per unità di competenza che devono assumere i percorsi formativi. Un secondo passaggio, di carattere formale ed istituzionale, consiste nel riconoscimento delle competenze acquisite e nel rilascio di una certificazione che può costituire credito formativo. Tale tematica dovrà essere regolata nei prossimi mesi e sarà oggetto di specifiche normative. 20

Alla luce di queste precisazioni iniziali e in linea con quanto precisato in altri punti del presente documento di indirizzo, nella realizzazione delle attività si dovrà comunque tener presente la necessità di articolare il processo di valutazione in tre momenti distinti: La valutazione delle competenze in ingresso; La valutazione del raggiungimento degli obiettivi formativi; La valutazione valutazione delle competenze acquisite, finale e intermedia. La valutazione delle competenze in ingresso Questa prima fase è finalizzata ad accertare il livello delle competenze che l apprendista possiede, al fine di strutturare il percorso formativo in modo coerente ed effettivamente rispondente ai bisogni formativi manifestati. Ciò appare indispensabile se si pensa all eterogeneità dell utenza, in relazione alle differenze di esperienza, di età, di titolo di studio, ed anche alla diversità dei contesti aziendali, in relazione alle attività svolte, agli stili di gestione delle risorse umane, all investimento nella formazione dell apprendista, ecc. Si svolge nell ambito del modulo di accoglienza e nelle fasi iniziali delle diverse unità formative; si collega strettamente, inoltre, con la definizione del piano formativo integrato (PFI) e fa riferimento anche alla necessità di garantire un approccio personalizzato all utenza. Come è stato accennato al paragrafo 2.3, può infatti dar luogo alla formulazione di un percorso individualizzato. La valutazione in ingresso, inoltre, risponde alle disposizioni del decreto ministeriale 179/99, laddove si prevede che nelle attività formative per apprendisti il primo modulo deve essere dedicato all accoglienza, alla valutazione del livello d ingresso dell apprendista e alla definizione del Patto Formativo tra l apprendista e la struttura formativa (art. 2, comma 2). Lo stesso decreto specifica ancora che i percorsi formativi individuali devono essere costruiti, in fase di progettazione esecutiva, sulla base dell accertamento dei livelli delle competenze possedute dagli apprendisti e dell individuazione dei fabbisogni formativi (art. 3, comma 1). La valutazione del raggiungimento degli obiettivi formativi La valutazione delle competenze acquisite durante il percorso formativo è destinata alla verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi dei singoli moduli o unità formative. Le modalità di verifica saranno curate da docenti e formatori dell ente di formazione. La Regione potrà stabilire specifiche indicazioni procedurali in merito. La valutazione delle competenze acquisite, finale e intermedia La Regione definirà le modalità per il rilascio, al termine del percorso formativo, da parte dell ente di formazione, di una Attestazione di Competenze. Tale attestato, potrà costituire una evidenza per la futura attivazione del sistema dei crediti formativi, che non riguarda solo l ambito dell apprendistato. Al suo interno potranno essere riportati: descrizione sintetica del percorso formativo effettuato (unità formative/moduli frequentati, durata, periodo, contenuti, modalità formative, sedi); descrizione delle competenze acquisite e delle modalità di rilevazione e di accertamento; indicazione delle esperienze individualizzate, effettuate nell ambito dei piani formativi integrati o di percorsi individuali. L attestazione delle competenze acquisite sarà prevista anche per coloro che, per motivi diversi (dimissioni, licenziamenti, ecc.), interrompono il percorso. Per quanto riguarda le unità formative a progetto, è stato fissato un limite minimo di durata dell attività didattica, pari a n.8 ore. Le unità formative dovranno prevedere specifiche prove di valutazione. Al termine di ciascuna annualità formativa è comunque previsto il rilascio di un Attestato di Frequenza secondo il modello stabilito dall Amministrazione Regionale. Tale attestazione viene concessa solo a coloro che frequentano almeno l 80% del monte ore previsto per legge. L Amministrazione Regionale promuoverà inoltre l avvio della sperimentazione di un Libretto formativo personale (o Portfolio delle competenze), dove saranno riportate via via le tappe dell itinerario formativo e le competenze acquisite da ogni apprendista. Ciò in stretta relazione alla definizione del quadro normativo nazionale e regionale sui temi della certificazione e dei crediti formativi. 21