Edizioni Simone - Vol. 16/1 Compendio di diritto della previdenza sociale

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Edizioni Simone - Vol. 16/1 Compendio di diritto della previdenza sociale Parte prima Previdenza sociale e rapporto previdenziale Capitolo 2 Z Le fonti del diritto della previdenza sociale Sommario Z 1. Le fonti del diritto della previdenza sociale. - 2. Le fonti di diritto statuale. - 3. Le leggi regionali. - 4. Le fonti di diritto internazionale e sovranazionale. - 5. Il coordinamento tra i regimi nazionali ed esteri. 1. Le fonti del diritto della previdenza sociale Le peculiarità della previdenza sociale pongono notevoli problemi di identificazione, classificazione e coordinamento gerarchico (ordine di importanza e prevalenza) delle fonti, problemi accresciuti dalla diversa natura delle stesse fonti di produzione, quali: ordinamenti internazionali (Comunità Europea, OIL etc.), ordinamento interno, autonomia collettiva. A fianco delle fonti di diritto statuale vero e proprio (cd. fonti legislative), troviamo un insieme di fonti extralegislative, specifiche di questo ramo del diritto, di importanza e rilievo non indifferenti e, soprattutto, in notevole espansione: la contrattazione collettiva e le fonti di diritto internazionale e sovranazionale. Le consuetudini e gli usi (fonti non scritte) sono, invece, del tutto trascurabili sia perché il nostro ordinamento si fonda esclusivamente su norme scritte, sia per la difficoltà di regolare, attraverso consuetudini, i rapporti di natura pubblicistica che caratterizzano la previdenza sociale. Riguardo alla dottrina e alla prassi amministrativa (circolari del Ministero del Lavoro, degli enti previdenziali etc.), pur non potendo essere ricondotte tra le fonti (extralegislative) del diritto stricto sensu, rivestono comunque un ruolo importante, soprattutto interpretativo, della normativa previdenziale. Sotto tale ultimo profilo rileva anche la giurisprudenza, in particolare della Corte costituzionale, che di fronte al lento adeguarsi del legislatore alle nuove esigenze, si è trovata e si trova spesso ad assumere una funzione non solo di stimolo per il legislatore, ma anche «creativa» del diritto. 2. Le fonti di diritto statuale Le fonti di diritto statuale sono, in ordine gerarchico decrescente, le seguenti: a) la Costituzione che, oltre ai principi generali (es. artt. 1, 3, 4), dedica al lavoro e alla legislazione sociale e previdenziale l intero titolo III della Parte I;

30 Z Parte prima Previdenza sociale e rapporto previdenziale b) le leggi ordinarie e gli altri atti aventi forza di legge, ex artt. 76 e 77 Cost., quali i decreti legislativi e i decreti-legge; tali fonti si dividono in due gruppi: un primo gruppo definibile di diritto comune (ad es. gli articoli contenuti nel titolo II del libro V del codice civile, nonché gli articoli del codice della navigazione in tema di lavoro e previdenza dei marittimi); un secondo gruppo definibile di legislazione speciale (vi rientrano tutte le numerose disposizioni che disciplinano la materia); c) i regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti suddetti, emanati dal Governo sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica o dai Ministri con proprio decreto, ovvero da altre Autorità ove previsto. La competenza legislativa è ripartita tra Stato e Regioni. L art. 117 Cost. individua le materie in cui lo Stato legifera in modo esclusivo, quelle in cui vi è una potestà legislativa concorrente (le Regioni sono tenute a legiferare nel rispetto dei principi fondamentali definiti dalla legislazione statale o reperibili nell ordinamento giuridico) ed, infine, le materie che appartengono alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni (v. succ. par. 3). Tale funzione legislativa deve in ogni caso essere esercitata nell osservanza della Costituzione e dei vincoli derivanti dall ordinamento europeo. 3. Le leggi regionali La competenza legislativa delle Regioni in campo sociale e del lavoro, inizialmente molto limitata, è oggi più ampia in conseguenza del processo di lenta ma costante erosione delle funzioni attribuite allo Stato, con speculare ampliamento di quelle conferite alle Regioni e agli enti territoriali. Il momento di radicale svolta secondo alcuni in senso federalista rispetto all impostazione originaria del nostro ordinamento è rappresentato dalla riforma del titolo V, Parte II, della Costituzione, in virtù della L. cost. 3/2001, che ha riconosciuto la potestà legislativa concorrente delle Regioni (cioè di pari grado con quella statale), vale a dire settori in cui le Regioni legiferano nel rispetto dei principi fondamentali definiti dalla legislazione statale (art. 117, co. 3): in tale ambito rientra la previdenza complementare e integrativa, nonché la tutela e sicurezza del lavoro. Il contenuto della competenza regionale deve essere individuato sulla scorta degli indirizzi espressi dalla Corte costituzionale (sent. 50/2005 e 385/2005), alla cui luce il campo della tutela del lavoro, definito con una espressione di ampia interpretazione, deve ritenersi non comprensivo di tutta la disciplina del lavoro, bensì limitato alla disciplina degli aspetti gestionali del mercato del lavoro, quali la mediazione tra domanda e offerta di lavoro e gli interventi per favorire l occupazione e il reimpiego dei lavoratori. Inoltre è stata riconosciuta la potestà legislativa esclusiva delle Regioni, senza interferenze da parte delle autorità statali, nelle materie individuate tra quelle non esplicitamente incluse nei commi 2 e 3 dell art. 117 Cost. (potestà legislativa esclusiva dello Stato e potestà legislativa regionale concorrente) (art. 117, co. 4). In tale ambito rientra l assistenza sociale, trattandosi di materia non rientrante né nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, né in quella concorrente: la gestione diretta

Capitolo 2 Le fonti del diritto della previdenza sociale Z 31 dei servizi sociali è affidata infatti in via esclusiva alle Regioni, per ciò che riguarda «la produzione di norme», e, agli enti locali, per la concreta attuazione (v. Parte II Cap. 8). L esercizio della funzione legislativa da parte delle Regioni incontra tuttavia il rilevante limite non solo dell ordinamento civile, proprio dello Stato, ma anche quello della solidarietà e unità nazionale, tale da richiedere la garanzia di un livello uniforme sul piano nazionale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, attuabile con l intervento diretto dello Stato, anche in via sostitutiva ex art. 120, co. 2, Cost. Riforma costituzionale ex L. 3/2001 riparto della potestà legislativa (art. 117 Cost.) previdenza sociale (pubblica e obbligatoria) previdenza complementare e integrativa (privata e facoltativa) competenza legislativa esclusiva dello Stato competenza legislativa concorrente delle Regioni determinazione dei livelli essenziali dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale incide anche sulla potestà legislativa delle Regioni 4. Le fonti di diritto internazionale e sovranazionale Le fonti di diritto internazionale si distinguono in: trattati internazionali: sono considerati fonti indirette in quanto devono essere ratificati con legge dello Stato per entrare a far parte dell ordinamento giuridico italiano ed essere quindi efficaci e vincolanti. Tra i più importanti ricordiamo la Carta internazionale del lavoro (Versailles 1919) aggiornata dalla Dichiarazione di Filadelfia del 1944. A Torino, nel 1961, è stata sottoscritta la Carta sociale europea da parte dei Paesi membri del Consiglio d Europa i quali ne hanno ribadito i criteri minimi applicativi nel Codice europeo di sicurezza sociale (1964);

32 Z Parte prima Previdenza sociale e rapporto previdenziale convenzioni dell OIL (Organizzazione internazionale del lavoro): anche esse sono fonti indirette, in quanto non incidono direttamente sugli ordinamenti giuridici degli Stati membri, ed è necessario che lo Stato le ratifichi, perché le loro disposizioni siano rese effettive. Accanto a tali fonti, vi sono quelle del diritto dell Unione europea (UE) costituite da: i trattati istitutivi delle tre Comunità (CE, CECA, EURATOM) così come integrati e modificati da atti successivi, in particolare, per importanza, il Trattato di Lisbona (firmato il 13-12-2007 ed entrato in vigore il 1-12-2009) che ha modificato il trattato sull Unione europea (TUE) e il Trattato istitutivo della Comunità europea ridenominato Trattato sul funzionamento dell Unione europea (TFUE) (1); gli atti emanati dalle istituzioni dell Unione, il cd. diritto derivato (2); gli accordi dell Unione con Stati terzi. Cosa prevede la politica sociale dell Unione europea? I settori di intervento della politica sociale europea (artt. 151-161 TFUE) sono: la formazione professionale, la parità uomo-donna, l armonizzazione dei rapporti di lavoro, l ambiente di lavoro, il dialogo sociale. Essi rappresentano un notevole passo avanti per gli Stati membri rispetto al passato, in quanto la Comunità europea è nata con l obiettivo di realizzare unicamente un mercato comune (libera circolazione dei capitali, dei lavoratori, delle merci e dei servizi). A seguito, poi, dell entrata in vigore del Trattato di Lisbona la materia è stata oggetto di maggiore attenzione. Dalla lettura dei testi riformati si ricavano i seguenti avanzamenti sociali: l inclusione, tra i valori dell Unione europea, della dignità umana, dell uguaglianza, della solidarietà e della parità donna-uomo; la fissazione, fra gli obiettivi dell Unione, di un economia sociale di mercato diretta alla piena occupazione e al progresso sociale e della coesione territoriale oltre che economica e sociale; il riconoscimento del ruolo delle parti e del vertice sociale trilaterale per la crescita e l occupazione; l attribuzione del valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, strumento fondamentale per la politica sociale europea in quanto i diritti sociali dell Unione europea trovano qui ampio spazio; l inclusione della clausola sociale che impegna l Unione a tenere sempre conto delle esigenze connesse alla promozione di un livello di occupazione elevato, la garanzia di una protezione sociale adeguata, la lotta contro l esclusione sociale e un livello elevato di istruzione, formazione e tutela della salute umana. Tra le disposizioni in materia di sicurezza sociale, va in particoare ricordato l art. 48 TFUE che attribuisce al Parlamento europeo ed al Consiglio la facoltà di adottare le misure necessarie per assicurare ai lavoratori migranti e ai loro aventi diritto il cumulo di tutti i periodi contributivi ai fini del diritto alle prestazioni previdenziali e per il calcolo di queste, nonché per far sì che sia assicurato il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri. (1) I trattati istitutivi (così come gli accordi con Stati terzi) rappresentano le fonti di 1 grado dell ordinamento giuridico europeo: le norme in essi contenute non possono quindi essere disattese dagli atti delle istituzioni dell Unione. (2) Necessitando di adattamento per produrre effetti nel diritto interno, le direttive devono essere recepite. Ciò avviene trasponendone il contenuto in un atto interno (legge, decreto legislativo, decreto legge, atto amministrativo) secondo modalità da ultimo disciplinate dalla L. 24-12-2012, n. 234. Mediante due appositi provvedimenti legislativi (la legge di delegazione europea e la legge europea) si provvede al periodico adeguamento dell ordinamento nazionale all ordinamento dell UE.

Capitolo 2 Le fonti del diritto della previdenza sociale Z 33 L art. 151 TFUE si limita a stabilire, con valore meramente programmatico, che l Unione e gli Stati membri devono tener presente i diritti sociali fondamentali così come stabiliti nella Carta sociale europea del 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989. Di senso più compiuto l art. 153 TFUE che aggiunge ai precedenti settori di intervento altri sei, in modo da coprire anche ambiti più specifici (sicurezza sociale, protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro esclusa però la materia della retribuzione, del diritto di associazione, del diritto di sciopero e della serrata condizioni di impiego dei cittadini dei Paesi terzi, lotta contro l esclusione sociale, modernizzazione dei regimi di protezione sociale, protezione sociale dei lavoratori). Tuttavia la possibilità di una convergenza verso un modello unico di protezione sociale (una sorta di welfare State europeo), resa già complessa dall esistenza di oggettive differenze tra i sistemi di protezione sociale in atto nei singoli Stati, è rallentata dalla modesta capacità di incisione delle istituzioni dell Unione in questo settore (che ha il suo riscontro nel cd. principio di sussidarietà ex art. 5 TUE), soprattutto se confrontate con l azione dell Unione nei settori tradizionali. In data 26-4-2017 la Commissione ha presentato il Pilastro europeo dei diritti sociali, costituito da 20 principi e diritti fondamentali per sostenere il buon funzionamento e l equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale, è concepito quale «bussola» per un nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro in Europa. I principi e diritti contenuti nel Pilastro sono «articolati in tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. Essi pongono l accento sulle modalità per affrontare i nuovi sviluppi nel mondo del lavoro e nella società al fine di realizzare la promessa, contenuta nei trattati, di un economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale» (da La Commissione presenta il Pilastro europeo dei diritti sociali, ec.europa.eu). 5. Il coordinamento tra i regimi nazionali ed esteri A) La tutela previdenziale dei lavoratori migranti Tenendo presente che non è infrequente l ipotesi di lavoratori italiani che prestano la loro attività all estero o viceversa di cittadini stranieri che lavorano in Italia, è necessario comprendere il criterio di individuazione della normativa applicabile a tali lavoratori per quanto concerne la tutela previdenziale. Il criterio è rappresentato dal principio di territorialità per il quale deve essere applicata la legislazione nazionale del territorio in cui si svolge il rapporto di lavoro. In base a tale principio, i lavoratori devono essere assicurati ai fini previdenziali ed assistenziali nel Paese in cui svolgono l attività lavorativa. Di fatto, tuttavia, opera un sistema di coordinamento tra i vari regimi nazionali, basato sul mutuo riconoscimento degli stessi, che consente una più agevole erogazione delle prestazioni previdenziali. Il rapporto previdenziale, sorto nello Stato in cui è eseguita la prestazione, vale anche per lo Stato di residenza del lavoratore. Si parla, pertanto, di esportabilità delle prestazioni previdenziali che possono essere fruite nei Paesi di residenza dei soggetti beneficiari (PESSI).

34 Z Parte prima Previdenza sociale e rapporto previdenziale B) Ordinamento nazionale e diritto dell Unione europea Fermo restando l applicazione del principio di territorialità, per quanto riguarda il coordinamento tra l ordinamento nazionale e la legislazione europea bisogna fare riferimento ai seguenti principi chiave: il principio della diretta efficacia del diritto dell Unione, in base al quale le direttive, le cui disposizioni sono incondizionate e sufficientemente precise, sono immediatamente efficaci anche se lo Stato non ha provveduto, entro il tempo stabilito, a trasporre l atto nell ordinamento nazionale (sent. Corte UE 19-1-1982, causa 8/81). Questa efficacia opera però in favore dei singoli cittadini verso lo Stato (efficacia verticale), non anche nei rapporti tra privati (inefficacia orizzontale). Essa sta a significare che, decorso inutilmente il termine fissato per dare attuazione alla direttiva, i singoli possono far valere in giudizio i diritti (precisi ed incondizionati) attribuiti dalla direttiva; il principio del primato del diritto dell Unione, in base al quale in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra norme di diritto dell Unione e norme nazionali, le prime prevalgono sulle seconde. Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri è assicurato, comunque, attraverso un apposita normativa varata dalle istituzioni europee (3). Fermo restando l autonomia degli Stati in merito alla determinazione delle tipologie di prestazioni e delle condizioni di erogazione, si è fatto in modo di garantire a tutti i lavoratori, cittadini degli Stati membri, il godimento delle prestazioni di sicurezza sociale indipendentemente dal luogo della loro occupazione o della loro residenza. Pertanto, l azione di coordinamento non è diretta a creare un sistema previdenziale unico all interno dell Unione europea, ma a collegare «l operatività dei singoli sistemi (che restano distinti e non vengono modificati nei contenuti) ogni qualvolta debbano essere disciplinate situazioni giuridiche connesse ad aspetti sovranazionali» (PESSI). Infine, si deve ricordare che l integrazione del diritto dell Unione nel diritto interno deve avvenire nell osservanza del principio del favor, in base al quale il diritto dell Unione non impedisce ad uno Stato membro di mantenere o stabilire misure che prevedano una maggiore protezione dei lavoratori (art. 157, par. 4, TFUE). C) Il riconoscimento dei diritti previdenziali in ambito UE Per i lavoratori italiani che operano nell ambito dell Unione europea, i contributi accreditati sono automaticamente e direttamente riconosciuti in Italia ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. Lo stesso criterio si applica ai lavoratori cittadini di Stati appartenenti all Unione europea che abbiano prestato la loro attività in Italia. (3) Tale normativa si fonda, sostanzialmente, sui Regolamenti (CE) n. 883/2004 e n. 987/2009 che sono stati estesi dal 1-1-2011 anche ai cittadini di Paesi terzi non membri dell UE dal Regolamento UE n. 1231/2010.

Capitolo 2 Le fonti del diritto della previdenza sociale Z 35 L erogazione delle prestazioni è poi regolata dal principio della residenza: la domanda di pensione deve essere presentata all ente previdenziale dello Stato in cui il lavoratore risiede che provvede conseguentemente all erogazione del trattamento, anche se il lavoratore non vi ha mai lavorato e anche se essa è a carico del regime previdenziale di un altro Stato. Disposizioni particolari sono, inoltre, previste per il caso in cui il lavoro all estero abbia durata limitata. Ogni Stato contraente deve, comunque, riservare ai cittadini dell altro Stato lo stesso trattamento, in termini di obblighi e diritti, riservato ai propri cittadini. D) Le tutele previdenziali in ambito extra-ue I principi di riconoscimento propri della tutela previdenziale all interno della UE sono comunemente accolti anche nelle convenzioni che regolano i rapporti del nostro Stato con paesi non appartenenti all Unione europea. Nel caso invece, di lavoratori migranti in paesi non convenzionati, il legislatore, nell intento di offrire la maggiore tutela possibile ai lavoratori italiani all estero, deroga al principio di territorialità. In tal caso, infatti, i lavoratori sono obbligatoriamente iscritti a forme di previdenza ed assistenza sociale, con le modalità in vigore nel territorio nazionale italiano (art. 1 del D.L. 317/1987, conv. in L. 398/1987) (4). Pertanto i lavoratori migranti che non sono tutelati da alcuna convenzione, sono soggetti al regime di tutela minima previsto dall ordinamento italiano, oltre che alle disposizioni dello Stato straniero. Il regime di tutela minima garantita dall ordinamento italiano si applica anche ai lavoratori migranti in paesi convenzionati quando gli accordi prevedono una tutela inferiore rispetto a quella minima obbligatoria. Quale tutela previdenziale è prevista per i lavoratori migranti in paesi non convenzionati? I lavoratori italiani operanti all estero, in Paesi extraue con i quali non sono in vigore accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, sono obbligatoriamente iscritti, con le modalità in vigore nel territorio nazionale, all assicurazione: per l invalidità, la vecchiaia ed i superstiti; contro la tubercolosi; contro la disoccupazione involontaria; contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; contro le malattie; a tutela della maternità. I lavoratori tutelati sono sia quelli italiani assunti nel territorio nazionale e trasferiti per l esecuzione di opere, commesse o attività lavorative in Paesi extraue, sia i lavoratori italiani assunti direttamente in Paesi extraue. Tuttavia, in osservanza del principio di non discriminazione in base alla nazionalità, la tutela deve ritenersi estesa anche ai lavoratori cittadini degli altri Stati membri dell UE, che risultino soggiornanti di lungo periodo o privi di tale status ma titolari di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro in Italia, inviati dal proprio datore in un Paese non appartenente all UE (nota Min. Lav. 23-8-2011). (4) A tale previsione normativa si è giunti grazie all intervento della Corte costituzionale (sent. 30-12-1985, n. 369), che ha sancito l illegittimità costituzionale degli artt. 1, R.D.L. 1827/1935, e 1 e 4 D.P.R. 1124/1965, nella parte in cui non prevedono le assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all estero alle dipendenze di imprese italiane. La Corte ha, infatti, ritenuto che tale esclusione sia in contrasto con il principio della tutela del lavoro italiano all estero (art. 35).

36 Z Parte prima Previdenza sociale e rapporto previdenziale Per quanto riguarda, invece, i lavoratori cittadini di Stati non appartenenebti all UE che hanno lavorato in Italia (purché non stagionali), essi, in caso di rimpatrio, mantengono i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati in Italia e possono usufruire di tali diritti anche se non sussistono accordi di reciprocità con il Paese di origine (Min. Lav., Tutele a favore dei lavoratori stranieri, maggio 2006). Questionario 1. Vi sono fonti di natura extralegislativa nell ambito della previdenza sociale? (par. 1) 2. Quali sono le fonti di diritto statuale? (par. 2) 3. La previdenza sociale rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato o in quella concorrente delle Regioni? (par. 3) 4. A chi compete la potestà legislativa in materia di assistenza sociale? (par. 3) 5. Quali sono le fonti di diritto internazionale? (par. 4) 6. Entro quali limiti è operante il principio di territorialità? (par. 5) 7. Cosa comporta sul piano pratico l affermazione del principio della diretta efficacia del diritto dell Unione europea? (par. 5)