Perché Sì al Referendum Le ragioni storiche, politiche e di merito a sostegno del Referendum sulla riforma della Costituzione
Dopo trent anni di insuccessi, è un occasione storica. Il Paese ha già pagato un prezzo altissimo per il mancato ammodernamento del nostro sistema istituzionale. Di fronte alle sfide della competizione internazionale e della globalizzazione, un nuovo fallimento è un lusso che l Italia non può permettersi. Le accuse di deriva autoritaria sono del tutto prive di fondamento e dettate solo dallo strenuo conservatorismo e dall antistorico «complesso del tiranno» oltre che dai tatticismi politici di corto respiro. La Riforma modernizza il sistema istituzionale ma non realizza affatto un «presidenzialismo surrettizio» né concede poteri assoluti a un uomo solo al comando. Sì per scegliere di innovare
Con il Sì alla Riforma, si pone fine al bicameralismo perfetto, realizzando una democrazia finalmente «governante». L eliminazione del doppio voto di fiducia non rafforza solo il Governo ma anche e soprattutto il Parlamento. Si semplifica l iter di formazione delle leggi, riducendo drasticamente l uso, o meglio, l abuso del ricorso ai decreti leggi e dei relativi voti di fiducia, che calpestano le prerogative del Parlamento. Si introduce la cosiddetta «corsia preferenziale» per i disegni di legge essenziali per l attuazione del programma di governo per concentrare e rendere più efficace il confronto parlamentare sulle scelte di fondo, anziché disperderlo in una miriade di questioni micro-settoriali, come avviene oggi. Con il Sì, Parlamento e Governo saranno più forti, efficienti e capaci di funzionare meglio. Sì per una democrazia «governante»
Nuove funzioni per ciascuna Camera al fine di rendere più efficiente e veloce il sistema e superare l incapacità decisionale che da tempo lo caratterizza. Solo la Camera dei deputati vota la fiducia al Governo ed esercita le funzioni attribuite alla Camera politica nelle maggiori democrazie parlamentari: di indirizzo politico, legislativa e di controllo sull operato dell Esecutivo. Il nuovo Senato rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita la funzione fondamentale di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l Unione europea, il suo ruolo sarà decisivo per evitare l abnorme contenzioso costituzionale creatosi dopo il 2001 tra Stato e Regioni. Per questo, sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, uno per ciascuna regione e provincia autonoma di Trento e Bolzano, e 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica. Il Senato cambia ruolo e funzioni, ma non è una Camera dequalificata. Concorre alla funzione legislativa, cioè può proporre, entro tempi certi, modifiche su tutti i disegni di legge che seguono il procedimento legislativo ordinario ed esamina in via paritaria le leggi costituzionali; valuta le politiche pubbliche e l attività delle pubbliche amministrazioni; verifica l attuazione delle leggi; nomina direttamente i giudici costituzionali; elegge, insieme alla Camera, il presidente della Repubblica. Sì per una Camera e un nuovo Senato più efficienti
La differenziazione del ruolo delle due Camere comporta, ovviamente, una diversificazione del procedimento legislativo. Il procedimento ordinario opererà in modo molto semplice: l esame dei disegni di legge compresi quelli di bilancio parte dalla Camera; il nuovo Senato può chiedere di esaminarli e proporre modifiche, entro tempi certi; la Camera decide in maniera definitiva. Rimangono, invece, bicamerali paritarie, le leggi costituzionali e quelle che riguardano le regole istituzionali. Per quanto riguarda le leggi di attuazione della cosiddetta clausola di supremazia statale, la Camera può non conformarsi alle proposte di modifica approvate al Senato, solo pronunciandosi nella votazione finale. Non è vero che si introducono nove o dodici procedimenti legislativi diversi, come sostengono alcuni fautori del No alla Riforma. Seppur considerando le varianti del procedimento legislativo ordinario non si arriva a tale numero. Sì per un nuovo procedimento legislativo più veloce e rapido
Rafforzare le istituzioni significa favorire la ripresa economica. C è una stretta connessione tra riforme istituzionali ed economia. Sette anni di recessione hanno messo in crisi la coesione sociale del Paese e mostrato la debolezza delle istituzioni politiche. L Italia, allo scoppio della crisi economica, si è trovata in una condizione di maggiore fragilità rispetto agli altri Paesi, a causa del mancato ammodernamento del suo assetto istituzionale. Con il Sì, si rimette in moto il sistema economico e produttivo. Sì per far crescere il Paese
Con la riforma del Senato, il numero dei parlamentari viene drasticamente ridotto. I senatori saranno solo 100, anziché 315 e non percepiranno nessuna indennità, essendo anche consiglieri regionali. Gli emolumenti degli stessi consiglieri non potranno superare l importo di quelli attribuiti ai sindaci dei comuni capoluoghi di Regione. Vengono aboliti il Cnel e le province, rispetto alle quali la riforma approvata con legge ordinaria è potuta intervenire solo limitatamente. Si parla di un risparmio effettivo di 500 milioni di euro per le Casse dello Stato ma il risparmio di gran lunga superiore deriverà dalla accresciuta capacità del sistema politico-istituzionale nel realizzare le riforme necessarie alla modernizzazione del Paese. Sì per ridurre i costi della politica
La riforma sopprime le materie concorrenti, con una definizione più ordinata delle competenze, ponendo fino al conflitto costituzionale tra Stato e Regioni che, di fatto, hanno paralizzato il sistema, con gravissime conseguenze per la certezza del diritto e per l economia del Paese. Il contenzioso tra Stato e Regioni potrà essere così riportato entro limiti fisiologici. Sarà, infatti, il Parlamento, grazie a una Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, e non impropriamente la Corte costituzionale, a decidere «chi fa che cosa». Sì per un regionalismo «responsabile»
Non è vero che le Regioni perdono ruolo e prestigio, è l esatto contrario. La Riforma mette finalmente ordine nelle competenze tra Stato e Regioni, aumentandone il ruolo nel nuovo Senato. Le Regioni concorreranno alla legislazione statale, ma la riforma specifica, in positivo, anche le finalità proprie della legislazione regionale. Una novità decisiva per il rilancio del Paese. Spetterà alle Regioni la potestà legislativa in materia di: promozione dello sviluppo economico, organizzazione dei servizi alle imprese e della formazione professionale, pianificazione del territorio regionale, mobilità e dotazione infrastrutturale, programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, autonomia delle istituzioni e servizi scolastici, promozione del diritto allo studio anche universitario, disciplina, per quanto di interesse delle Regioni, delle attività culturali, della promozione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo. Lo Stato recupera competenza in materia di grandi reti di trasporto e navigazione, porti e aeroporti civili, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell energia, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, tutela e sicurezza del lavoro, previdenza complementare e integrativa, ordinamento delle professioni e della comunicazione, commercio con l estero, programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, valorizzazione dei beni architettonici e paesaggistici. Sì per regioni e Stato più forti
La riforma accresce il sistema delle garanzie attraverso la modifica di diversi articoli della Costituzione: disciplina lo statuto delle opposizioni (art. 64); garantisce la discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge di iniziativa popolare, referendum propositivi di indirizzo e altre forme di consultazione (art. 71); prevede la facoltà di ricorso preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali (art. 73); abbassa il quorum di validità del referendum abrogativo (art. 75) e pone significative limitazioni alla decretazione d urgenza (art. 77. Sì per maggiori garanzie delle istituzioni
La Riforma intende superare la debolezza di fondo che da troppo tempo caratterizza in Italia i due poteri democraticamente eletti, legislativo e esecutivo, oggi soccombenti rispetto ai poteri non eletti, in primo luogo magistratura e media. Dare stabilità al sistema istituzionale significa anche ripristinare un più corretto bilanciamento dei poteri che agiscono nella vita pubblica. Sì... per bilanciare politica e poteri forti
La Riforma è stata esaminata dal Parlamento per oltre due anni, con ben sei letture, la votazione di migliaia di emendamenti e l approvazione di ben 150 modifiche. È stata ampiamente condivisa in Parlamento, anche da Forza Italia che ha contribuito a scriverla e ha votato a favore nelle prime letture, con dichiarazioni di profondo entusiasmo, come si evince dalle parole del presidente dei senatori di FI, il 27 gennaio 2015: «Noi all opposizione, insieme alla maggioranza, stiamo cambiando la governance del Paese, stiamo portando il Paese fuori dalle paludi ottocentesche, dalla lentezza e dall indecisione, dal diritto di veto di partiti irrilevanti». Appare incomprensibile, dunque, oggi la loro opposizione che è determinata non da motivi di merito nei riguardi di una riforma che fino a ieri hanno condiviso, ma del tutto strumentali. Sì per coerenza e per il bene del Paese