Design per la sostenibilità: una disciplina (sempre più) articolata

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Design per la sostenibilità: una disciplina (sempre più) articolata Carlo Vezzoli UdR Design e Innovazione per la Sostenibilità dip. INDACO-Politecnico di Milano carlo.vezzoli@polimi.it Introduzione L articolo descrive l evoluzione della disciplina del design per la sostenibilità. Delinea come questa negli anni si sia arricchita di contenuti e articolata in dimensioni: dai criteri per la scelta di risorse a basso impatto ambientale, alla progettazione del ciclo di vita dei prodotti, al design di sistemi ecoefficienti e, più recentemente, toccando anche la dimensione socioetica della sostenibilità. L obiettivo è quello di formulare un quadro che possa favorire la definizione delle strategie e degli strumenti per una rinnovata ed efficace proposta didattica all interno delle Università del design. Questo contributo si inquadra pertanto nelle politiche della Decade of Education for Sustainable Development (Nazioni Unite 2005-2014) 1 e ha come punto di osservazione privilegiato le attività e i progetti didattici sviluppati all interno della rete italiana di laboratori di Requisiti Ambientali per i Prodotti Industriali (RAPI.rete), costituitasi nel 1999 a seguito del seminario Design, didattica e questione ambientale 2. Un ruolo crescente per il design Partiamo da una osservazione abbastanza evidente per chi si occupa di design per la sostenibilità, ma che è bene ricordarsi e ricordare. Storicamente da quando nella seconda metà del secolo scorso la questione ambientale si è posta, l approccio dell uomo si è spostato da politiche di rimedio del danno (end-of-pipe approach) a interventi sempre più preventivi. Siamo cioè passati da interventi e ricerche incentrate esclusivamente sui sistemi di disinquinamento, a sforzi di ricerca e innovazione per ridurre a monte la causa dell inquinamento 3 (o più in generale dell impatto ambientale). Inizialmente la prevenzione è stata applicata ai processi industriali, per cui si parlò di tecnologie pulite (cleaner technologies). Successivamente, per una maggiore efficacia, l applicazione si è estesa ai prodotti industriali (green products). Peraltro anche l approccio all'innovazione di prodotto ha subito una evoluzione passando da sforzi di tipo incrementale (miglioramento di prodotti esistenti) a interventi più radicali (nuovi prodotti). Più recentemente l attenzione si è allargata oltre il singolo prodotto o servizio, all insieme di prodotti e servizi che nel loro complesso (insieme) sono necessari al soddisfacimento di una determinata domanda. Sono stati così aperti i temi dell'innovazione di sistema e dei modelli di consumo sostenibile. 1 Il progetto della Decade assume la definizione sistemica di sviluppo sostenibile per cui, a livello planetario e a livello regionale, lo sviluppo sociale e produttivo deve avvenire entro i limiti di resilienza dell ambiente (capacità di assorbire gli effetti delle trasformazioni antropiche senza determinare fenomeni irreversibili di degrado), senza compromettere i bisogni delle generazioni future (conservazione delle risorse) e in un quadro di equo soddisfacimento dei medesimi (ridistribuzione delle risorse). Si veda il sito della Decade: http://portal.unesco.org/education. 2 Il seminario Design, didattica e questione ambientale, è stato promosso dal Politecnico di Milano e dall Agenzia Nazionale per la Protezione dell Ambiente (ANPA ora APAT) si è tenuto nel 1998 a Milano. 3 La parola d ordine dello United Nation Environmental Programme, e di altri istituzioni, diventò cleaner production definita come continuo re-design di processi e prodotti industriali per prevenire l inquinamento e la generazione di rifiuti, nonché i rischi per l uomo e l ambiente.

Innovazione di sistema intesa come quell innovazione che trascende il singolo artefatto fisico per allargarsi alle relazioni tra le imprese e gli altri attori socio-economici. Modelli di consumo sostenibili intesi come quei cambiamenti negli standard del benessere (attualmente dominanti nei paesi industrialmente maturi), la cui crescita è direttamente collegata alla crescita del consumo di materiali ed energia. Ciò si incrocia poi con l uscita di una gran parte della popolazione mondiale da condizioni di sottosviluppo e povertà e cioè con le implicazioni socio-etiche dello sviluppo sostenibile. Innovazione ancora più a monte e cioè ricerca di modelli di equità e di dematerializzazione della offerta sociale di benessere. Dal percorso evidenziato traspare una crescita del potenziale ruolo del design, in ragione di una estensione dell interesse per l innovazione di prodotto e servizio (non più solo di processo) e ancor più per l accento sui cambiamenti nella percezione della qualità di una determinata offerta: la sua dimensione estetica e socioetica. Un ruolo in evoluzione, che ora tracciamo nel suo manifestarsi nella ricerca e nella pratica del design. Evoluzione della sostenibilità nel design Cerchiamo ora di individuare alcuni momenti fondamentali dell evoluzione della sostenibilità nel design 4. Non lo facciamo con l ambizione di un interpretazione storica, ma con l obiettivo di mettere in luce le diverse dimensioni attraverso le quali la sostenibilità è stata ed è interpretata dal mondo del design.un primo livello su cui teorici e studiosi si sono impegnati e ancora si impegnano, è quello della scelta di risorse a basso impatto ambientale; da una parte i materiali e dall altra le fonti energetiche. Temi cardine sono stati e sono: l atossicità, la riciclabilità, la biodegradabilità e la rinnovabilità. Nella seconda metà degli anni 90, parte dell attenzione si sposta a livello di prodotto, cioè sulla progettazione di prodotti a basso impatto ambientale. Diventa chiaro quali sono gli effetti ambientali imputabili a un prodotto e come valutarli; in particolare si introduce il concetto di ciclo di vita, e si ricontestualizza (rispetto alla dimensione ambientale) il concetto di funzione, chiamandola unità funzionale. Negli ultimi anni, partendo da un'interpretazione più stringente della sostenibilità, che ci dice che dobbiamo operare dei cambiamenti radicali nei modelli di produzione e consumo, parte dell attenzione si sposta sul design per l'innovazione di sistema, quindi a una dimensione più allargata (rispetto a quella del singolo prodotto). Più recentemente ancora, la ricerca in design ha aperto la discussione su un possibile ruolo del design rispetto alla dimensione socioetica della sostenibilità. E cioè su diverse questioni a partire dal principio dell equità nella disponibilità e distribuzione delle risorse. Infine, ma trasversalmente alle dimensioni enunciate, il design per la sostenibilità ha iniziato a specializzarsi in relazione a determinati settori merceologici o contesti di produzione e consumo. Nei prossimi paragrafi approfondiamo le diverse dimensioni appena introdotte. Scelta di risorse a basso impatto ambientale Anche se non ripercorribili cronologicamente possiamo identificare alcuni temi cardine nei criteri di scelta di risorse a basso impatto ambientale, che sono entrati nel dibattito scientifico e culturale, e poi nella pratica progettuale. Con il senno di poi questo è avvenuto con una non corretta percezione della loro portata e alcune volte con significativi errori di valutazione e interpretazione (anche progettuale). Una prima questione è la tossicità e la dannosità dei materiali. Questo tema ha trovato presto una serie di normative, tuttora oggetto di nuove valutazioni e relativi aggiornamenti. Ciò ha 4 Le considerazioni che seguono traggono spunto da Pietroni L., Vezzoli C., Il percorso italiano, in Carlo Vezzoli a cura di, eco.disco. Il design per la sostenibilità ambientale., Agenzia per la Protezione dell'ambiente e servizi Tecnici, DIS-INDACO Politecnico di Milano, edizioni Poli.design, Milano, 2004: CD-ROM multimediale, scaricabile gratuitamente da www.polimi.it/rapirete, sezione strumenti. 2

richiesto e richiede ai designer una competenza senza particolari sforzi progettuali, se non la conoscenza delle normative correlate e l'adozione di un più generale principio di precauzione. Una questione collegata alla precedente, che ha invece sollevato diverse ambiguità, è la naturalità dei materiali. L ambiguità, che all origine è squisitamente terminologica e che ha trovato e trova ancora credito, nasce dall'asserire che un materiale naturale è un materiale che non ha un impatto ambientale o ha un impatto necessariamente inferiore a un materiale di sintesi. Questo, come si è compreso, è falso per due ragioni. La prima: la natura è piena di sostanze tossiche e nocive (per il momento ne ha prodotte più dell uomo, che semmai le rende tali ricontestualizzandole all'interno dei meccanismi di produzione e consumo). La seconda: praticamente tutti i materiali naturali subiscono un serie di processi per essere disponibili per la produzione; e questi processi hanno un impatto ambientale. Oggi è comunque chiaro (anche se con una scarsa consapevolezza del mondo della pratica progettuale) quali siano i vantaggi ambientali dei cosiddetti materiali naturali: sono solitamente più rinnovabili di quelli di sintesi e sono generalmente più biodegradabili. Un altro tema, nato successivamente e che ancora oggi tiene banco come uno dei maggiori problemi ambientali, è quello della gestione dei rifiuti e della collegata possibilità di riciclare i materiali o recuperarne il contenuto energetico, tramite la combustione. Il design per il riciclo (design for recycling) inizia a essere affrontato correttamente quando si passa dalla valutazione della ricilabilità dei materiali in quanto tali, alla fattibilità economica e tecnologica dell'insieme delle attività che la caratterizzano 5. Quando la scelta progettuale diventa questione di morfologia e architettura del prodotto e di progettazione in relazione all intero percorso del materiale da riciclare. Quando cioè si inizia a parlare più propriamente di design per il riciclo come serie di indicazioni progettuali miranti a facilitare tutte le fasi: la raccolta, il trasporto, la separazione (facilitazione del disassemblaggio dei materiali non compatibili) 6 ed eventuali puliture, l'identificazione e la produzione della materia prima secondaria. Si chiarisce quindi che avrebbe un senso molto riduttivo e non sufficiente, dire che un materiale è riciclabile, senza aver progettato la facile separazione dai materiali incompatibili e il loro facile recupero dai prodotti dismessi. Ancora oggi sono frequenti i casi in cui nella pratica progettuale e nella comunicazione, che insiste sulla riciclabilità dei materiali, non si tiene conto di quanto detto. E stato poi aperto un dibattito sulla biodegradabilità. E' una qualità ambientale che (come la naturalità) ha suscitato qualche fraintendimento. Infatti, per quanto sia importante avere dei materiali che si reintegrino negli ecosistemi, per molti prodotti l uso di materiali biodegradabili può presentarsi addirittura come un problema ambientale, nella misura in cui decreta una morte prematura" dei prodotti; con la conseguenza di innescare nuovi processi produttivi e distributivi per la sostituzione dei prodotti, da una parte e per la loro dismissione dall'altra. Infine, ma non per importanza, la questione della rinnovabilità delle risorse: fonti energetiche, ma anche materiali. E quindi la ricerca di design sulle fonti alternative come il sole, il vento, l acqua, l idrogeno o le biomasse, e la loro integrazione nei sistemi di funzionamento dei prodotti (quelli energivori). Anche questo tema ha richiesto un po di tempo per essere chiarito (nelle teoria, non ancora nella pratica progettuale). Ciò è successo quando la rinnovabilità è stata collegata, sia alla velocità specifica di riformazione di una risorsa, sia alla sua specifica frequenza di estrazione. E cioè quando è stata assunta l interpretazione, che vuole una risorsa (materiale o fonte energetica) rinnovabile solo se il ritmo antropico del suo consumo è inferiore al ritmo naturale di riformazione (della risorsa). 5 Si precisa che la riciclabilità propria di un materiale è data dalla capacità di recuperare le caratteristiche di partenza e dalla facilità ed economicità del processo stesso di riciclaggio. 6 Dal confronto sul tema dell estensione della vita dei materiali emerge il concetto che insieme al saper fare bisogna anche saper disfare. Significativo è il convegno Fare e Disfare promosso dal Politecnico di Milano nel 1993. 3

La progettazione del ciclo di vita dei prodotti Nella seconda metà degli anni 90 inizia a definirsi più realisticamente e più concretamente una disciplina che affronta nella sua completezza la progettazione di prodotti a basso impatto ambientale: diventa chiaro cosa si deve intendere per requisiti ambientali dei prodotti industriali; si introduce il concetto di ciclo di vita dei prodotti (per la sua progettazione e valutazione); si ricontestualizza rispetto alla dimensione ambientale il concetto di funzione. In questi anni, a seguito di alcuni studi e alcuni metodi di calcolo diventa possibile definire i valori di impatto ambientale derivanti dalle relazioni di input e output tra la tecnosfera di un determinato prodotto e la geosfera-biosfera. Questo passaggio permette di precisare cosa si deve intendere per Requisiti ambientali dei prodotti industriali 7 (che diventa denominazione disciplinare del settore del disegno industriale nel 1995). Si afferma, su altre, la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) 8. Questa valuta una serie di effetti ambientali 9 a partire dagli input e dagli output di tutti i processi di tutte le fasi del ciclo di vita 10 in relazione alla prestazione del prodotto, o come si dice all unità funzionale 11. La LCA non nasce nell ambito della ricerca di design. Per questo motivo ha dei limiti quanto all uso che ne può fare un designer. Nondimeno ha delle forti implicazioni sulla ricerca di design, che peraltro inizia ad adottare l espressione di Life Cycle Design (LCD) 12, ovvero di progettazione del ciclo di vita dei prodotti. Questa espressione si affianca ad altre come ecodesign 13 o design for the environment 14. A prescindere dalla questione terminologica si precisa e afferma un nuovo approccio nella progettazione dei prodotti che implica una visione più estesa di quella tradizionalmente adottata. Il prodotto deve essere progettato considerando tutte le fasi del ciclo di vita. Tutte le attività necessarie per produrre i materiali e poi il prodotto, per distribuirlo, usarlo e infine dismetterlo sono considerate come una singola unità. Ciò implica il passaggio dalla progettazione del prodotto alla progettazione dell intero sistema-prodotto, inteso proprio come l insieme degli eventi che lo determinano e lo accompagnano durante il suo ciclo di vita. Si propone dunque un design che assuma un approccio sistemico, che permetta di individuare l insieme delle conseguenze di una proposta di prodotto, anche per quelle fasi che tradizionalmente non erano considerate nel momento progettuale. In altre parole si introduce un idea sistemica di prodotto in cui gli input di materiali e di energia, nonché l impatto di tutte le emissioni e di tutti i rifiuti, siano ridotti al minimo, in termini, sia quantitativi, sia qualitativi, valutando cioè la dannosità degli effetti. 7 Requisiti ambientali dei prodotti industriali diventa nel 1995 una denominazione disciplinare accademica del settore del disegno industriale. 8 Il primo ente che storicamente si è occupato di raccogliere le varie esperienze che si stavano conducendo a livello internazionale, allo scopo di definire obiettivi e termini comuni di confronto per lo sviluppo della LCA è stato il SETAC (Society for Environmental Technology and Chemistry). La LCA è da qualche anno standardizzata nelle norme ISO 14040, in cui viene definita come una tecnica per valutare gli aspetti ambientali e i potenziali impatti lungo tutto il ciclo di vita di un prodotto o di un servizio attraverso: la compilazione e l inventario dei significativi input e output del sistema; la valutazione dei potenziali impatti associati a questi input e output; l interpretazione dei risultati delle fasi di inventario e valutazione, in relazione agli obiettivi dello studio. 9 Tipicamente si valutano la quantità di risorse consumate, l effetto serra, l assottigliamento dello strato di ozono, l acidificazione, l eutrofizzazione, diverse forme di tossicità, lo smog fotochimico, lo smog invernale e la quantità di rifiuti generati. 10 Tipicamente si parla di pre-produzione, produzione, distribuzione, uso, dismissione. 11 L unità funzionale, è la prestazione del prodotto rispetto alla quale sono fatte le valutazioni. In altri termini, non è tanto il prodotto fisico che deve essere oggetto di studio, quanto la sua funzione e, cioè, il servizio o risultato che esso fornisce. La LCA si può quindi applicare sia ai prodotti materiali che a quelli immateriali, come i servizi. Nel caso si volessero paragonare delle alternative, come ad esempio un prodotto prima e dopo il suo re-design, si devono mettere a confronto prodotti, servizi o processi funzionalmente equivalenti. Di conseguenza una unità funzionale del prodotto deve essere definita, e questa sarà l entità sulla quale misurare e fare paragoni. 12 Cfr. Keoleian, G. A.; Menerey D. Life Cycle design Guidance manual. Environmental requirements and The product System, Environmental Protection Agency, USA, 1993.; Manzini E., Vezzoli C., Lo sviluppo di prodotti sostenibili. I requisiti ambientali dei prodotti industriali, Maggioli editore, Rimini, 1998. 13 Cfr. Lanzavecchia C., Il fare ecologico. Il prodotto industriale e i suoi requisiti ambientali, Paravia Bruno Mondatori Editore, Torino, 2000. 14 Cfr. Mangiarotti R., Design for Environment, Maggioli editore, Rimini, 2000. 4

Il secondo criterio fondamentale del Life Cycle Design è quello di progettare a partire dalla funzione che un prodotto eroga, più che dal prodotto stesso. Perché è in relazione a questa che in ultima analisi, come si è detto, si può valutare se è stato ridotto o meno (e di quanto) l impatto ambientale. La funzione dunque, un tema fondamentale per la cultura del progetto (idea guida in alcuni periodi e criticato in altri) acquista ora un nuovo significato e nuova vitalità di fronte alla questione ambientale 15. Oggigiorno I requisiti ambientali dei prodotti industriali o il Life Cycle Design o l ecodesign di prodotto sono una disciplina strutturata, cioè dotata di un impianto teorico definito, di chiari requisiti progettuali 16, di metodi e strumenti, nonché di corsi di formazione universitari 17. Il design di sistemi eco-efficienti Negli ultimi anni alcuni centri di ricerca sul design, partendo da un'interpretazione più stringente della sostenibilità ambientale (che richiede cioè una discontinuità sistemica dei modelli di produzione e consumo) reimpostano parte del dibattito sul design per la sostenibilità partendo dall'innovazione di sistema. Alcuni autori hanno cioè osservato che il criterio della progettazione del ciclo di vita dei prodotti, incontra degli ostacoli nei tradizionali modelli dell'offerta (di vendita dei prodotti) 18, che è pertanto necessario allargare oltre il prodotto la possibilità di innovazione. In particolare questa nuova attenzione all'innovazione di sistema ha avuto due declinazioni: da una parte i sistemi intesi come mix integrati di prodotti e servizi che nel loro insieme soddisfano una determinata domanda di benessere (sistemi dove l attenzione è data all ecoefficienza delle possibili partnership tra gli attori socio-economici appartenenti a una certa catena del valore) 19 dall altra, i sistemi intesi come ecosistemi artificiali aperti miranti all azzeramento degli scarti e delle emissioni (sistemi di simbiosi industriale dove l attenzione è data ai flussi di risorse in entrata e uscita da processi, collegati a diversi tipi di prodotti) 20. In realtà l innovazione di sistema così intesa rientra nei fondamenti e nei criteri già espressi nel Life Cycle Design. Qui comunque si pone con più nettezza (cioè, come l'assunto principale), che il punto di partenza è la riconfigurazione del sistema che porta a certi risultati. Il valore ambientale va poi comunque valutato sull'insieme degli effetti dei cicli di vita dei prodotti e servizi che compongono il sistema dell'offerta, nonché della loro unità funzionale. Molto sinteticamente, la frammentazione degli attori lungo le fasi del ciclo di vita del prodotto (nel quadro economico tradizionale dei paesi industrializzati), fa sì che l eco-efficienza del sistema ciclo di vita, non coincida con l interesse economico dei singoli attori che lo costituiscono 21. 15 Tomas Maldonado parla di neo-funzionalismo ambientale ; atti del seminario Design, didattica e ambiente, CIR.IS Politecnico di Milano, ANPA, 1998. 16 È generalmente accettato (anche se trattato con sfumature e pesi diversi da vari autori) che i requisiti ambientali di prodotto abbraccino i seguenti criteri: progettare per ridurre l uso di materiali e di energia in tutte le fasi del ciclo di vita; selezionare i materiali, i processi e le fonti energetiche non tossiche e nocive, da una parte, e quelle a minor esauribilità/maggior rinnovabilità dall'altra; progettare artefatti che durino nel tempo e siano usati intensamente; progettare in funzione della valorizzazione tramite riciclaggio, combustione o compostaggio dei materiali dimessi; progettare per il disassemblaggio/separazione di parti e materiali. 17 Si veda ad esempio: www.polimi.it/rapirete sezione "strumenti" e sezione corsi/docenti ; Cfr. anche Costa F., Vezzoli C., Formazione e domanda di professionalità ambientali nel settore del disegno industriale. Relazione sullo stato dell arte dell insegnamento della disciplina dei Requisiti ambientali dei prodotti industriali e della presenza di competenze progettualiambientali nelle aziende e negli studi di design, CIR.IS-INDACO Politecnico di Milano, ANPA, Milano, 2001. 18 Cfr. Stahel, W., Sustainability and Services, in Sustainable Solutions Developing products and services for the future, eds. Martin Charter and Ursula Tischner, Sheffield, UK: Greenleaf publishing, pp. 151-164, 2001; Cooper T., Sian E., Products to Services, the friends of the earth, Centre for Sustainable Consumption, Sheffield Hallam University, 2000. 19 Tratto da UNEP, Product-Service Systems and Sustainability. Opportunities for sustainable solutions. United Nations Environment Programme, Division of Technology Industry and Economics, Production and Consumption Branch, Parigi, 2002. 20 Tratto da Bistagnino L., Design con un futuro, Time and Mind edizioni, 2003, Torino. 5

Questa considerazione vale, sia nel caso di produttori di sistemi di prodotti-servizi appartenenti a una determinata domanda (di soddisfazione), sia di produttori slegati da questa appartenenza, ma collegabili in termini di uso in cascata di scarti ed emissioni dei processi produttivi. Parliamo dunque di eco-efficienza sistemica derivante da inedite convergenze di interesse tra i diversi attori: innovazioni non solo a livello di prodotti (o semilavorati), ma anche di relazioni (nuove forme di partnership) tra i diversi attori. Si cade dunque nell ambito del design strategico, cioè in competenze per la progettazione partecipata e per l'identificazione (design) di inedite forme di partnership tra gli attori di una determinata costellazione del valore 22 o di diversi processi produttivi simbioticamente collegabili 23. Queste considerazioni di fatto hanno iniziato a portare a una convergenza del design per la sostenibilità ambientale con l'area del design strategico. Per queste ragioni è stata introdotta l'espressione di design strategico per la sostenibilità 24. Quello che si sostiene è che il design per la sostenibilità ambientale deve avvalersi e integrare i metodi e gli strumenti del design strategico (e viceversa). Il design per la sostenibilità socioetica La discussione sulle modalità di consumo, nel quadro della transizione verso la sostenibilità, è entrata da qualche anno nell'agenda delle maggiori istituzioni governative internazionali a partire dall'organizzazione delle Nazioni Unite. Significativa è stata l'istituzione nel maggio del 2000, dell'unità Sustainable Consumption presso lo UNEP (United Nation Environmental Programme). L'assunto di partenza è che "nonostante il progresso fatto dal mondo industriale e dalle imprese nell'ultimo decennio [ ] è ancora drammaticamente evidente quanto i consumi oltrepassino la capacità della Terra di fornire risorse e accogliere gli scarti e le emissioni 25. Questa riconosciuta realtà tiene conto (come è negli assunti del concetto di sviluppo sostenibile) del cosiddetto principio di equità, per cui ogni persona, in un quadro di equa redistribuzione delle risorse, ha diritto allo stesso spazio ambientale, cioè alla stessa disponibilità di risorse naturali globali (o meglio allo stesso grado di soddisfazione che da queste, in vario modo, si può trarre). Le ultime considerazione sono di ordine etico e sociale. La questione è assai complessa, ma può essere riassunta nelle seguenti domande: come favorire nuovi criteri di qualità per svincolare la domanda sociale di benessere da una relazione direttamente proporzionale con l'aumento del consumo di risorse, caratteristica delle società industrialmente mature? E come questo può inquadrarsi e orientare le transizioni in atto delle società a industrializzazione matura e quelle auspicate per i paesi emergenti e in via di sviluppo? Come, in definitiva, la riduzione del consumo di risorse per unità di soddisfazione, può affiancarsi alla loro equa redistribuzione a livello locale e globale? Se poi, come in questo contesto, parliamo di design, è importante individuare quali risposte può dare la cultura del design a queste domande. 21 Ad esempio, il produttore ha interesse a ridurre i consumi di materiali e di energia nella fase di produzione. Non ha, al contrario, diretti interessi economici, né a contenere i consumi in fase di uso, né a ridurre l impatto della dismissione, né a valorizzare i rifiuti. Addirittura, a volte il produttore è interessato a vendere prodotti di breve durata, al solo scopo di accelerarne il ricambio. Si generalizza dicendo che in un modello tradizionale dell offerta: vi è un interesse economico nella riduzione del consumo di risorse nelle trasformazioni di fase; vi è un disinteresse o un interesse economico a un aumento del consumo di risorse nelle transizioni di fase. 22 Cfr. Normann R. e R. Ramirez, Le strategie interattive d'impresa. Dalla catena alla costellazione del valore, Etas Libri, Milano, 1995. 23 Cfr. Bistagnino L., op. cit.; Lanzavecchia C., Il fare ecologico. Il prodotto industriale e i suoi requisiti ambientali, Paravia Bruno Mondatori Editore, Torino, 2000. 24 Cfr. Manzini, E. Vezzoli C., Product Service Systems as a strategic design approach to sustainability. Examples taken from the Sustainable Innovation Italian prize, atti della conferenza Towards Sustainable Product Design, Amsterdam, 2001. 25 Tratto da: Elaine Geyer-Allely, Sustainable consumption: an insurmountable challenge ed Eva Charkiewicz, Changing consumption patterns in Central and Eastern Europe, in UNEP, Industry and Environment Review, n gennaio-marzo, 2002. 6

I pochi contributi teorici della cultura del progetto su questo terreno non sono necessariamente tutti recenti. Già alla fine degli anni '60 la cultura e la teoria del design in Italia è stata per varie ragioni, anticipatrice di una critica sulle modalità del consumo 26. O perlomeno alcuni esponenti della cultura del design si sono fatti portatori di temi legati alla responsabilità del progettista sulle modalità dei consumi, anche se in maniere diverse e non direttamente ed esclusivamente legate all impatto ambientale. Si pensi alla critica alla società dei consumi avanzata dai progetti di denuncia di esponenti del Radical Design, da una parte e, dall altra, la reazione di Tomas Maldonado che richiamava a una nuova speranza progettuale". La questione della responsabilità sociale dei progettisti fu poi riproposta agli inizi degli anni '70, anche se mai risolta nelle sue implicazioni per la pratica progettuale. Victor Papanek e Tomas Maldonado esprimono posizioni simili, per quanto riguarda il ruolo dei progettisti nei confronti della questione ambientale e della società dei consumi. Papanek scrive: "il progetto può e deve diventare un mezzo con il quale i giovani possono partecipare alla trasformazione della società 27. Negli ultimi anni si è (ri)aperto un dibattito sul ruolo del design in relazione alla dimensione socioetica della sostenibilità, i cui confini e le cui implicazioni non sono ancora oggi tracciabili con precisione. Quello che si può comunque osservare è che quando il tema dei consumi sostenibili si incrocia con la sostenibilità socioetica, lo spettro delle implicazioni, delle responsabilità e del potenziale ruolo della cultura del design si estende a diverse questioni quali: 28 i principi e le regole della democrazia, dei diritti umani e della libertà il raggiungimento della pace e della sicurezza i principi di equità mondiale nella disponibilità delle risorse (riduzione della povertà e dell'iniquità) il miglioramento delle informazioni, della formazione e dell'occupazione il rispetto delle diversità culturali, delle identità regionali e delle biodiversità naturale. Questo è un tema estremamente complesso e vasto e le implicazioni per il design sono poco analizzate e difficili da affrontare senza cadere in facili e poco costruttivi moralismi. Possiamo osservare nuovi, anche se episodici interessi della ricerca di design a muoversi su questo terreno. Un esempio, è l'ipotesi di lavoro (nata da un gruppo internazionale di esperti promosso dallo UNEP di verificare le potenzialità di estensione e applicazione del concetto (di design) di sistemi di prodotto-servizio eco-efficienti ai paesi in via di sviluppo o di nuova industrializzazione 29. Si propone cioè di indagare un percorso di sviluppo per questi paesi che "salti" la fase caratterizzata del possesso individuale e di massa di prodotti (che ha caratterizzato i paesi industrializzati) per arrivare direttamente a sistemi di percezione della qualità ancorati all'idea dell'accesso e della fruizione (che iniziano a caratterizzare i paesi a industrializzazione matura). Il tema è interessante per la ricerca in design, ma poche sono le considerazioni e gli autori che si sono spesi indicando percorsi e opportunità in questo senso. Un secondo esempio è quello relativo a un possibile ruolo del design nel potenziare i fenomeni di economia solidale (anche nei contesti a industrializzazione matura). Sono nati interessi di ricerca per le varie forme di comunità creative 30 caratterizzate da iniziative di autorganizzaione di cittadini consapevoli, critici e motivati, più o meno organizzati in reti e i distretti di economia solidale. Il tema 26 Per approfondimenti sul quadro italiano si veda: Pietroni L., Vezzoli C., op. cit. 27 Cfr. Papanek V., Progettare per il mondo reale. Il design: come è e come dovrebbe essere, Mondadori, Milano, 1973. 28 Cfr. World summit on sustainable development. Draft political declaration. Submitted by the president of the summit, Johannesbourg, Settembre 2002. 29 Cfr. UNEP, Product-Service Systems and Sustainability. Opportunities for sustainable solutions. United Nations Environment Programme, Division of Technology Industry and Economics, Production and Consumption Branch, Parigi, 2002. 30 Cfr. Florida, R., The Rise of the Creative Class. And How it is transforming work, leisure, community and everyday life, Basic Books, New York, 2002; Manzini E., La società creativa. Il mondo come potrebbe essere, atti del seminario Innovazione sociale sostenibile. Iniziative e progetti a confronto tra realtà milanesi e Università, Unità di Ricerca DIS e RAPI.labo Politecnico di Milano, Forum CONSUMOCRITICO e Insieme nelle Terre di Mezzo, Milano, 2003; Manzini, E., Jegou, F., Sustainable everyday. Scenarios of Urban Life, Edizioni Ambiente, Milano, 2003. 7

è dunque quello dell innovazione sociale sostenibile, intesa come la generazione di soluzioni ad alta qualità sociale e a basso impatto ambientale, che nascono da una partecipazione sociale attiva, che parte dal basso. In particolare l esplorazione di possibili interazioni, integrazioni e sinergie tra alcune realtà che operano nei territorio urbani e chi si occupa di design e innovazione per la sostenibilità 31. Un tratto comune rispetto alle due aree ora presentate sembrerebbe essere quello di un approccio di design strategico; ovvero di progettazione di innovative (e sostenibili) configurazioni degli attori socio-economici. Al di là di questi primi timidi e circoscritti tentativi, possiamo prevedere che il design per una innovazione socioetica sostenibile rappresenterà un terreno (assai complesso, ma allo stesso tempo stimolante e deontologicamente premiante) sui cui la ricerca di design dovrà trovare ipotesi di lavoro e risposte disciplinari. Design per la sostenibilità di specifici contesti I metodi e gli strumenti generali del design per la sostenibilità, sono importanti su un piano teorico, ma possono risultare più efficienti se sono resi specifici per determinati contesti di progettazione. Per contesti intendiamo sia i diversi settori merceologici, sia le caratteristiche socioeconomiche e ambientali di determinati luoghi. Possiamo infatti osservare che, trasversalmente alle dimensioni viste, la disciplina ha iniziato a specializzarsi in relazione a determinati settori merceologici. Producendo cioè conoscenze e strumenti, per esempio sul settore dei mobili 32, della moda, degli imballaggi 33. Alcuni studi 34 hanno messo in luce che la specificità per tipologia di prodotto dovrebbe essere evinta, da una parte da requisiti, funzionalità e caratteristiche del tipo di prodotto preso in considerazione, dall altra dal caratteristico profilo del suo impatto ambientale, necessario per definire le priorità di intervento progettuale (per ogni tipo di prodotto). Per quanto riguarda la specificità relativa a contesti di produzione e consumo, l attenzione è stata per esempio data per caratterizzare la teoria e la pratica del Life Cycle Design rispetto ai Sistemi Produttivi Locali (SPL) e in particolare ai distretti industriali, dove risulta particolarmente interessante l opportunità di sviluppare strumenti di orientamento o di valutazione semplificata condivisibili nelle reti degli attori medio-piccoli che compongono il distretto 35. Infine, si può interpretare in quest ottica anche quanto detto in precedenza sui contesti emergenti o sui distretti di economia solidale. Lo stato dell arte: tra ricerca e didattica Se assumiamo le dimensioni citate come una modalità interpretativa dell evoluzione della disciplina, traspare un panorama riccamente articolato. È dunque importante chiarire dove siamo in termini di ricerca e di didattica, e dove possiamo (dobbiamo) andare. A questo scopo può tornare utile inserire le dimensioni citate in una mappa che ne evidenzi, da una parte il livello di 31 Cfr. Vezzoli, C., Bello sostenibile! Ipotesi per il contributo dell università del design all innovazione sociale sostenibile, atti del seminario Innovazione sociale sostenibile. Iniziative e progetti a confronto tra realtà milanesi e Università, Unità di Ricerca DIS e RAPI.labo Politecnico di Milano, Forum CONSUMOCRITICO e Insieme nelle Terre di Mezzo, Milano, 2003. 32 Si veda ad esempio Lotti G.(a cura di), Progettare e produrre per la sostenibilità, Casa Toscana, Pisa, 2002; un manuale di linee guida per chi, nel settore dell arredo, si pone in modo attivo di fronte alla sfida della sostenibilità ambientale. Il lavoro è frutto del progetto ecofriendly forniture promosso dal Consorzio Casa Toscana. 33 Si veda ed esempio Pietroni L. (a cura di), Eco e Bio Packaging. Quando il design incontra il cartone, Comieco, Milano, 2003. 34 Si veda ad esempio Dahlström H., Company-specific guidelines, in The journal of sustainable product design, vol. Gennaio, 1999. 35 Cfr. Teatino A., SPL ed LCD. Competenze, strumenti e strategie progettuali per la diffusione del Life Cycle Design nei Sistemi produttivi Locali, dottorato di ricerca in Disegno Industriale e Comunicazione Multimediale XIV Ciclo, Facoltà del Design, Politecnico di Milano, 2002. 8

consolidamento disciplinare (che deriva dai risultati della ricerca in design) e dall altra il livello e la diffusione dell offerta formativa relativa (erogata dalle scuole di design) 36. Se facciamo riferimento allo schema proposto (figura 1), in basso a sinistra troviamo (0% di consolidamento e di formazione) i nuovi fronti della ricerca; in alto a destra (100% di consolidamento e di formazione) è il punto a cui dovremmo far tendere le varie dimensioni della disciplina; cioè a un alto consolidamento e a una formazione capillare. In questa mappa, la scelta di materiali/energie a basso impatto e il LCD/ecodesign di prodotto, si posizionano a un buon livello di consolidamento e un discreto livello di offerta didattica. Per il design di sistemi eco-efficienti il livello di consolidamento è inferiore e le offerte formative, come è anche logico, sono più episodiche. Sul fronte del design per la sostenibilità socioetica poco è stato elaborato a livello teorico (è, come si dice, un nuovo fronte della ricerca) e ovviamente minime sono le proposte didattiche. STATO DELL ARTE 0% formazione 100% nuovo fronte di ricerca design per la sostenibilità socio-etica design di sistemi eco-efficienti materiali/energie basso impatto LCD/ecodesign di prodotto 0% consolidamento 100% Fig. 1 Mappa dei livelli di consolidamento e di formazione del design per la sostenibilità Prospettive per una rinnovata e articolata offerta didattica Nel quadro di impegno internazionale che ha portato al lancio della Decade delle Nazioni Unite Education for Sustainable Development (2005-2014), la formazione in design si trova di fronte, delineato, una disciplina cresciuta nel tempo e che ancora promette di crescere. Vale a dire che, disciplinarmente e didatticamente parlando, è maturata negli anni una grande ricchezza di contenuti progettuali e didattici sul design per la sostenibilità. 36 La definizione dello stato dell arte proposto ha come punto di osservazione le attività e i progetti didattici sviluppati all interno della rete italiana di laboratori di Requisiti Ambientali per i Prodotti Industriali (RAPI.rete), costituitasi nel 1999 e coordinata dall autore dell articolo. 9

L offerta didattica deve riorganizzarsi con una maggiore e più ricca articolazione di contenuti e contenitori. Operativamente è importante e qualificante per l'offerta didattica delle Università dove si insegna design, proporre corsi e moduli su più livelli. Prima di procedere è utile ricordare che i designer, della cui formazione stiamo parlando, sono una variegata gamma di figure diversamente collocate nel quadro dei processi di sviluppo prodotti e diversamente connotate in termini di competenze e capacità. Due tratti comuni comunque li caratterizzano: il saper fare, inteso come capacità di dominare un sapere tecnico tale da poter definire un artefatto (o un insieme di artefatti), il saper immaginare, inteso come la capacità di prefigurare soluzioni che ancora non ci sono ma che ci potrebbero essere perché si fondano su una plausibilità tecnica (possono essere tecnicamente realizzate), economica (possono essere economicamente praticabili) e socioculturale (possono essere socialmente accettate). Torniamo alla sostenibilità. A un designer dobbiamo insegnare a saper fare fornendo un sapere tecnico sui criteri, i metodi e gli strumenti di progettazione per la sostenibilità il più possibile fondati e uniformi. Metodi e strumenti di definizione delle priorità, di orientamento, di valutazione e di comunicazione. Insegnare a saper immaginare è d altro canto particolarmente importante quando si parla di design per la sostenibilità data la radicalità del cambiamento richiesto. Bisogna fornire ai futuri designer le capacità per prefigurare innovazioni socio-tecniche radicalmente diverse (e più sostenibili) rispetto a quelle esistenti. Se ora incrociamo le considerazioni appena fatte con le dimensioni della sostenibilità presentate nel paragrafo precedente, possiamo ricavare alcuni utili elementi di orientamento (si veda la figura 2). Una prima ovvia osservazione è che per parti disciplinari più consolidate si può insegnare su entrambi i livelli (del sapere fare e del saper immaginare), mentre per quelle meno consolidate, dovendo ancora essere approntata una strumentazione operativa (metodi e strumenti), risulta limitato lo spazio per insegnare il saper fare. 10

0% formazione 100% - design per la sostenibilità socio-etica design di sistemi eco-efficienti materiali/energie basso impatto LCD/ecodesign di prodotto 0% consolidamento 100% + saper immaginare saper fare + Fig. 2 Caratteristiche dell insegnamento in relazione alle dimensioni del design per la sostenibilità - Dunque, insegnare il saper fare tecnico può (e deve) riguardare in maniera crescente i livelli più consolidati della disciplina e cioè (per ora) soprattutto la scelta di risorse, il LCD/ecodesign di prodotto, nonché parzialmente il design di sistemi eco-efficienti (iniziano a essere disponibili i primi strumenti) 37. Per il saper fare è importante consolidare la diffusione dei criteri e degli strumenti esistenti di scelta di materiali, fonti energetiche a basso impatto. Questo dovrebbe avvenire in corsi appositi o tramite l integrazione dei requisiti ambientali in corsi più generali sulla scienza dei materiali, sulla fisica tecnica o sui processi produttivi. La ricerca ha comunque ancora del lavoro da fare con un obiettivo di fondo: adattare al linguaggio dei designer la teoria e la tecnica della scienza dei materiali, delle fonti energetiche e dei processi produttivi a basso impatto ambientale, operando una sorta di traduzione dei contenuti altamente tecnici di queste materie. Accanto a ciò bisogna consolidare la diffusione di metodi e strumenti 38 fondati e uniformi sul design di prodotto, a partire dai concetti di ciclo di vita e di unità funzionale. E questo dovrebbe avvenire all interno di corsi monografici obbligatori ora generalmente denominati di Requisiti Ambientali dei Prodotti Industriali. 37 Si veda ad esempio van Halen C., Vezzoli C., Wimmer R. (a cura di), Methodology for Product Service System. How to develop clean, clever and competitive strategies in companies, Van Gorcum, Assen, Olanda, 2005; in particolare lo strumento SDO-MEPSS (Sustainability Design Orienting Tollkit) usabile gratuitamente al sito www.mepss-sdo.polimi.it. 38 Si può consultare per una panoramica descrittiva www.polimi.it/rapirete alla sezione strumenti. 11

In maniera consequenziale all approfondimento disciplinare su macro-aree merceologiche (es. interni, moda, elettrodomestici), dovrebbero essere promossi altrettanti moduli didattici. Infine, dovremmo iniziare a diffondere i primi metodi e strumenti elaborati per il design di sistemi eco-efficienti, promovendo moduli in master e corsi di design strategico e dei servizi, nonché corsi veri e propri a livello di laurea magistrale (specialistica). Se ora prendiamo in considerazione il secondo aspetto, insegnare a saper immaginare, questo deve riguardare in maniera crescente le innovazioni di carattere socio-etico e di sistema (si veda la figura 2). Non solo, come già detto, perché sono meno consolidate (più carenti sotto il profilo della strumentazione operativa), ma perché per loro natura, richiedono maggiori capacità di prefigurazione di nuove soluzioni. In quest ottica possiamo proporre una didattica di carattere sperimentale, che si colleghi con i nuovi fronti della ricerca: corsi sperimentali di design finalizzati alla produzione di un processo di fertilizzazione incrociata tra la ricerca e la didattica (si veda la figura 3). Se in un primo momento è la ricerca che fornisce input al processo formativo, in un secondo momento sono i risultati didattici che restituiscono feedback alla ricerca. Quest ultimo si riverserà nuovamente sulla didattica (con qualche consapevolezza in più), in una sorta di scambio osmotico di fertilizzazione incrociata, che può contribuire a verificare nuovi ruoli per il design. Pertanto per insegnare a saper immaginare soluzioni sostenibili può essere importante ripensare le università del design come luoghi di formazione avanzata e di promozione di nuove idee per la sostenibilità, se vogliamo come dei laboratori per la sostenibilità 39. OSMOSI FRONTI APERTI RICERCA/DIDATTICA SPERIMENTALE attività universitarie didattica complessiva didattica sperimentale fertilizzazione incrociata (tempo) fronti aperti della ricerca ricerca complessiva Fig. 3 Fertilizzazione incrociata: processo osmotico tra fronti aperti della ricerca e moduli di formazione sperimentale 39 Cfr. Penin L., Vezzoli, C., Campus: lab and window for sustainable design research and education. The DECOS educational network experience, in atti conferenza EMSU2004, Environmental Management for Sustainable Education, Monterrey, Messico, 2004. 12

Quando poi viene investita la dimensione socioetica della sostenibilità è importante, se non necessario, promuovere e creare meccanismi di apprendimento (per studenti ma anche per docenti) multiculturale e perciò anche multilaterale. Processi progettuali interattivi con scambi aperti tra studenti e realtà diverse da quelle in cui vivono (e questo può portare alla tanto decantata internazionalizzazione della didattica). Apprendimento multiculturale, che nella prospettiva del saper immaginare soluzioni radicalmente diverse da quelle esistenti (così come richiesto da una transizione verso una società più sostenibile), possono produrre quelle necessarie rotture nei modelli di percezione del benessere che si sono consolidati in specifici contesti. Questo per favorire un dibattito, che trascende la didattica, in qualche modo necessario (è parere dell autore) quando si vuole affrontare il design per la sostenibilità in tutte le sue dimensioni, anche quella socioetica. Conclusioni Concludiamo, ritornando all interpretazione di fondo qui proposta: il design per la sostenibilità è diventata una disciplina ricca di contenuti e quindi di possibili e necessarie articolazioni di ricerca e di didattica. Per diffondere con successo questa ricchezza nelle scuole del design, si deve agire insieme. Insieme vuol dire che, chi di questa disciplina si occupa (e altri che auspicabilmente si aggiungeranno) deve, da una parte mettere a sistema la pluralità dei saperi prodotta dai singoli, e dall altra deve creare un linguaggio quanto più possibile condiviso e coerente per l insegnamento. Una parte del cammino è stata fatta, ma per la ricerca del design si profilano anni fondamentali per promuovere e orientare l'elevato grado di innovazione, non solo tecnica, ma anche sociale e culturale, che la transizione verso uno sviluppo sostenibile ci richiede. Bibliografia AAVV, Fare e disfare, atti della conferenza, Politecnico di Milano, 1992. Charter M., Tischner U., Sustainable Solutions. Developing Product and Services for the Future, Greenleaf publishing, Sheffield, UK, 2001. Bistagnino L., Design con un futuro, Time and Mind edizioni, 2003, Torino. Brezet, H.; Hemel, C. van, Ecodesign. A promising approach to sustainable production and consumption, UNEP, Paris, 1997. Charkiewicz E., Changing consumption patterns in Central and Eastern Europe, in UNEP, Industry and Environment Review, n gennaio-marzo, 2002. Costa F., Vezzoli C., Formazione e domanda di professionalità ambientali nel settore del disegno industriale. Relazione sullo stato dell arte dell insegnamento della disciplina dei Requisiti ambientali dei prodotti industriali e della presenza di competenze progettuali-ambientali nelle aziende e negli studi di design, CIR.IS-INDACO Politecnico di Milano, ANPA, Milano, 2001, scaricabile da www.polimi.it/rapirete sezione relazioni. Cooper T., Sian E., Products to Services, the friends of the earth, Centre for Sustainable Consumption, Sheffield Hallam University, 2000. Dahlström H., Company-specific guidelines, in The journal of sustainable product design, vol. Gennaio, 1999. Florida, R., The Rise of the Creative Class. And How it is transforming work, leisure, community and everyday life, Basic Books, New York, 2002 Geyer-Allely E., Sustainable consumption: an insurmountable challenge, in UNEP, Industry and Environment Review, n gennaio-marzo, 2002. 13

Keoleian, G. A.; Menerey D. Life Cycle design Guidance manual. Environmental requirements and The product System, Environmental Protection Agency, USA, 1993. Lanzavecchia C., Il fare ecologico. Il prodotto industriale e i suoi requisiti ambientali, Paravia Bruno Mondatori Editore, Torino, 2000. Liberti R., Design per la moda. Tecnologie e scenari innovativi, Alinea editore, Firenze, 2003. Lotti G.(a cura di), Progettare e produrre per la sostenibilità, Casa Toscana, Pisa, 2002. Maldonado T., Disegno Industriale, Questione ambientale e didattica, in atti seminario Design, didattica e questione ambientale, Agenzia Nazionale per la Protezione dell Ambiente, Politecnico di Milano, 1998. Maldonado T., La speranza progettuale. Ambiente e società, Einaudi, Torino 1970. Mangiarotti R., Design for Environment, Maggioli editore, Rimini, 2000. Manzini E., La società creativa. Il mondo come potrebbe essere, atti del seminario Innovazione sociale sostenibile. Iniziative e progetti a confronto tra realtà milanesi e università, Unità di Ricerca DIS e RAPI.labo Politecnico di Milano, Forum CONSUMOCRITICO e Insieme nelle Terre di Mezzo, Milano, 2003. Manzini, E., Jegou, F., Sustainable everyday. Scenarios of Urban Life, Edizioni Ambiente, Milano, 2003. Manzini, E. Vezzoli C., Product Service Systems as a strategic design approach to sustainability. Examples taken from the Sustainable Innovation Italian prize, atti della conferenza Towards Sustainable Product Design, Amsterdam, 2001. Manzini E., Vezzoli C., Lo sviluppo di prodotti sostenibili. I requisiti ambientali dei prodotti industriali, Maggioli editore, Rimini, 1998. Marano A. (a cura di), Design e ambiente. La valorizzazione del territorio tra storia umana e natura, Edizioni Polidesign, Milano, 2004. Normann R. e R. Ramirez, Le strategie interattive d'impresa. Dalla catena alla costellazione del valore, Etas Libri, Milano, 1995. Papanek V., Design for the Real World, 1970 (ed. it. Progettare per il mondo reale. Il design come è e come potrebbe essere, Mondadori, Milano 1973). Penin L., Vezzoli, C., Campus: lab and window for sustainable design research and education. The DECOS educational network experience, in atti conferenza EMSU2004, Environmental Management for Sustainable Education, Monterrey, Messico, 2004. Pietroni L., Eco-materiali ed eco-prodotti made in Italy, Edizioni Kappa, Roma, 2004. Pietroni L. (a cura di), Eco e Bio Packaging. Quando il design incontra il cartone, COMIECO, Milano, 2003. Pietroni L., Vezzoli C., Il percorso Italiano, in Vezzoli C. (curato da), eco.disco. Il design per la sostenibilità ambientale., Agenzia Nazionale per la Protezione dell'ambiente e servizi Tecnici, DIS-INDACO Politecnico di Milano, edizioni Poli.design, Milano, 2004. Polidori C., Il Design qualunque, Edizioni Union Printing, Roma, 2003. Stahel, W., Sustainability and Services, in Sustainable Solutions Developing products and services for the future, Charter M. and Tischner U. (a cura di), Greenleaf publishing, UK, 2001. Teatino A., SPL ed LCD. Competenze, strumenti e strategie progettuali per la diffusione del Life Cycle Design nei Sistemi produttivi Locali, dottorato di ricerca in Disegno Industriale e Comunicazione Multimediale XIV Ciclo, Facoltà del Design, Politecnico di Milano, 2002. Van Halen C., Vezzoli C., Wimmer R. (a cura di), Methodology for Product Service System. How to develop clean, clever and competitive strategies in companies, Van Gorcum, Assen, Olanda, 2005. Vezzoli C., Design e sostenibilità, in Design Multiverso. Appunti di fenomenologia del Design, a cura di Manzini E. e Bertola P., Edizioni Polidesign, Milano, 2003. 14