Introduzione La presente tesi analizza gli effetti del trasferimento di azienda sul rapporto di lavoro, fenomeno che si verifica nelle ipotesi in cui ci sia una sostituzione nella gestione di un complesso produttivo o di una parte di esso. Ovviamente la disciplina di tale istituto è volta a contemperare esigenze del tutto opposte: da una parte quelle di flessibilità delle imprese, dall altra quelle di tutela e garanzia dei lavoratori. Tale analisi trova si concentra nella considerazione normativa dell art. 2112 c.c., che, nella versione definitiva: In caso di trasferimento d azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sè motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma. Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003,n. 276. È principio consolidato, sia alla stregua del previgente testo dell art. 2112 c.c., sia alla stregua delle modifiche di cui appresso si dirà, che la disciplina del trasferimento d azienda di cui alla norma codicistica è espressione del principio dell inerenzadel rapporto di lavoro al complesso aziendale, al quale resta legato in tutti i casi in cui questo, pur cambiando la titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell attitudine all esercizio dell impresa. III
L attuale disciplina è, comunque, il risultato di una serie di modifiche legislative che, a partire dagli inizi degli anni 90, hanno avuto di mira l arminizzazione della disciplina giuslavoristica interna con i principi e i dettami della normativa comunitaria. Il riferimento, in particolare, è alle direttive del 14. febbraio. 1977, n.77/1877 CEE e del 29. giugno. 1998, n.98/50 /CE, riprodotte nella direttiva 12. marzo. 2001, n. 2001/23/CE. La prima innovazione legislativa veniva attuata con l art. 47 ex legge n. 428/1990 che modificava in parte l art. 2112 c.c. introducendo la normativa di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nel processo di trasferimento di una azienda e definendo le ipotesi di deroga alla disciplina civilistica. Altra modifica veniva introdotta dal d.lgs. 02. febbraio, 2001, n. 18, che provvedeva a novellare l articolo del codice civile di riferimento e ad integrare l art. 47 suddetto. Terza e ultima novella è stata apportata dall art. 32 d.lgs. n. 276/2003, c.d. Legge Biagi, modificato dal d.lgs. 251/2004 Naturalmente queste modifica sono supportata dai risvolti giurisprudenziale che nel tempo si sono succeduti, giurisprudenza che non ha carattere solo ed esclusivamente interno, infatti, le pronunce della Suprema Corte spesso sono state precedute da quelle della Corte di Giustizia; in ogni caso sia le prime che le altre hanno avuto sempre un obiettivo unitario ossia quello di assicurare una tutela effettiva del prestatore di lavoro, non trascurando la ricerca di una efficace linea di flessibilità aziendale. Infine, particolare attenzione si rivolge alla disciplina del trasferimento parziale di azienda nell ottica di evitare tale prassi come mezzo di elusione dei licenziamenti collettivi. IV
Capitolo I La normativa comunitaria e nazionale sul trasferimento di azienda. SOMMARIO: 1.1. L art. 2112: confini e origini del trasferimento di azienda - 1.2. La Direttiva 14.02.1997 n. 77/187 CEE. - 1.2.1. La riforma dell art. 2112 c.c.: la legge 1990 n. 428 art. 47. - 1.3. - Le Direttive n. 50 /1998 e 23/2001 CE. - 1.4. - La II novella all art. 2112 c.c. e l integrazione all art. 47 l. 428/ 1990. Il d.lgs 18/2001. 1.4.1. - La nozione autonoma del trasferimento d azienda. - 1.5. - Il decreto legislativo 276/2003, l attuazione della c.d. legge Biagi, la riforma della riforma e il definitivo assetto dell art. 2112. 1.1. L art. 2112: confini e origini del trasferimento di azienda. L analisi della disciplina normativa applicabile al trasferimento di azienda non può prescindere da un breve studio della nozione di azienda fornita dal nostro codice civile. In proposito, l art. 2555 c.c. definisce l azienda come il complesso dei beni organizzati dall imprenditore per l esercizio dell impresa. Mentre, l art. 2082 c.c. definisce l imprenditore come colui che esercita professionalmente un attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi. Dal combinato disposto della due norme emerge il rapporto giuridico esistente fra azienda e impresa, ossia, un rapporto di mezzo a fine : l azienda costituisce l apparato strumentale di cui l imprenditore si avvale per lo svolgimento e nello svolgimento della sua attività 1. L imprenditore, nell esercizio dell attività d impresa, utilizza, perciò, un insieme eterogenei di beni, collegati tra loro, al fine di conseguire gli scopi specifici. Preme sottolineare che oltre i beni materiali ed i servizi, essenziale è il lavoro dei prestatori d opera che, coordinato ed organizzato dall imprenditore, costituisce parte integrante dell oggetto dell attività d impresa. La giurisprudenza dominante ritiene che gli elementi che compongono l azienda non possano essere distinti in essenziali o ausiliari, ma debbano essere coordinati in posizione paritetica. Viceversa, ove si ravvisi un rapporto di subordinazione tra un bene principale e beni ausiliari si dovrebbe concludere per la non esistenza dell azienda. 1 Campobasso Diritto commerciale ; Vol. I, Utet,Torino 2005, 138 1
Altro elemento costitutivo dell azienda è senza dubbio quello organizzativo. Infatti, i beni per formare un azienda devono essere coordinati e organizzati dall imprenditore in modo idoneo a dimostrare l attitudine all esercizio dell impresa (unità di tipo funzionale). Non rappresenta elemento costitutivo dell azienda l avviamento, costituendo quest ultimo, infatti, un semplice indice rilevatore della stessa. In quest ottica può aversi un azienda, anche nel caso di impresa inattiva, purchè essa abbia le potenzialità di divenire produttiva (capacità di creare profitto). Significative sono in merito, quelle pronunce che ritengono perfettamente ammissibile la cessione di un azienda inattiva e improduttiva. 2 Nessuna influenza viene, invece, attribuita al titolo giuridico che legittima un determinato soggetto all utilizzo del bene, di guisa che la titolarità dell azienda potrà essere disgiunta dalla titolarità dei beni che la compongono. Per ciò che concerne il nostro interesse, oltre la norma definitoria dettata dall art. 2555 c.c., rilevante sotto il profilo statico e strutturale, la restante normativa codicistica considera l azienda da un punto dinamico, regolando, in particolare, le conseguenze che si producono ove si abbia un suo trasferimento, sia a titolo definitivo (es. vendita) che temporaneo (es. affitto, usufrutto). Il rilevo economico, giuridico e sociale connesso all ipotesi del trasferimento d azienda emerge e trova conferma nel fatto che esso è disciplinato da una serie di disposizioni, tra tutte naturalmente l art. 2112 c.c., le quali sotto diversi profili si distaccano dalla disciplina di diritto comune delle analoghe vicende di circolazione dei beni e/o complessi di beni non destinati all esercizio dell attività di impresa. L art. 2112 c.c. si applica in caso di trasferimento di un complesso aziendale ed in caso di concessione in godimento dello stesso a titolo di usufrutto o affitto; il concetto di trasferimento implica un richiamo ai concetti di successione e soprattutto di acquisto, per indicare il passaggio di titolarità di un diritto soggettivo da un soggetto ad un altro. In ordine all acquisto si distingue: a) un modo di acquisto a titolo originario; b) un modo di acquisto a titolo derivativo. Il trasferimento d azienda di cui all art. 2112 c.c. è legato alla seconda ipotesi. Infatti il trasferimento, comunemente, comprende la dismissione di un diritto da parte del cedente e il subingresso dell acquirente nella posizione giuridica del primo. In generale l acquisto a titolo derivativo si configura anche nel caso in cui il trasferimento di complesso aziendale non sia atto di disposizione da parte del titolare ma, viceversa, consegua in via coattiva. Al riguardo, sembra si fuoriesca dalla sfera di 2 Cass. Civ. sent. n. 897, 25.01.2002, in Cd Juiris Data, Giuffrè, II, 2006 2
applicazione dell art. 2112 c.c., in quanto la norma in esso contenuta riferirebbe il suo ambito al solo trasferimento volontario. Tuttavia, non mancano pronunce di segno opposto: la norma suddetta deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell'azienda non derivi dall'esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della p.a., con conseguente diritto dei dipendenti dell'impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l'impresa subentrante, purché si accerti l'esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese. 3 Con tale sentenza la Suprema Corte si adeguava ai recenti indirizzi espressi, in merito a una più estesa applicazione della normativa sul trasferimento di azienda, dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee. 4 L analisi dei confini riguardanti il concetto di trasferimento di azienda è strettamente connesso alla nozione di azienda di cui si diceva pocanzi.tutta la disciplina presuppone che il trasferimento sia connesso alla continuazione da parte dell acquirente dell esercizio dell impresa e quindi l utilizzazione del complesso aziendale, e il trasferimento dei rapporti di lavoro. Inoltre, nella gran parte dei casi l azienda assume rilevanza economica e sociale non solo in virtù dei beni che la compongono ma, soprattutto, in virtù dei rapporti giuridici indispensabili per l esercizio dell impresa e il conseguimento degli obiettivi economici. Infatti, non sono rare le ipotesi in cui il trasferimento dei rapporti contrattuali inerenti ad una attività impresa rappresenti il presupposto al trasferimento di azienda. Rivolgendo l attenzione alla definizione di azienda espressa dall art. 2555 c.c. si nota una contrapposizione dei beni ai diritti, dalla nozione di bene organizzato devono considerarsi esclusi i rapporti di credito e debito ed in generale ogni rapporto contrattuale diretto all esercizio dell impresa. Tutto ciò costituisce la giusta premessa per far comprendere come la trasmissione dei rapporti contrattuali costituisce un elemento accidentale al trasferimento d azienda lasciato alla volontà delle parti; il patto contrario, esplicitamente previsto dall art. 2558 c.c., conferma la natura eventuale di questo carattere. Perciò, le parti dell accordo traslativo, possono escludere tali rapporti contrattuali senza che lo stesso perda le caratteristiche proprie di negozio di alienazione dell azienda. L art. 2555 c.c. non indica il rapporto giuridico intercorrente tra il complesso dei beni organizzati ed il suo titolare, di conseguenza, gli atti di disposizione di quest ultimo possono non essere traslativi del diritto di proprietà ma di un diritto reale di godimento; il 3 Cass. civile, sez. lav., 27 aprile 2004, n. 8054, in Cd Juris Data, Giuffrè, II, 2006. 4 Corte di Giustizia, sentenze 25 gennaio 2001, C-172/99, 26 settembre 2000, C-175/99 e 14 settembre 2000, C-343/98, in http://europa.eu.int. 3
che significa che il fenomeno del trasferimento di azienda non consiste solo nel trasferimento della proprietà dei beni aziendali: esso comporta anche la cessione, all acquirente dell azienda, dei contratti che assicuravano all imprenditore alienante il godimento di quei beni dei quali non era proprietario. Un aspetto particolarmente interessante dell art. 2112 c.c. è rappresentato dal fatto che esso non richiede necessariamente la prosecuzione dell attività d impresa come condizione imprenscindibile per la sua applicabilità. La fattispecie normativa che dispone la responsabilità solidale dell acquirente può, infatti, trovare applicazione anche nel caso di trasferimento d azienda cui segua l immediata cessazione dei rapporti di lavoro. La successione dei rapporti contrattuali connessi all esercizio dell impresa costituisce un fenomeno di più ampie dimensioni rispetto al mero trasferimento d azienda, infatti, il nostro legislatore ha regolato le due fattispecie in modo distinto e separato. Al di là di questa breve delimitazione in ordine all ambito di applicazione dell art. 2112, occorre subito precisare che prima delle riforme settoriali avutesi nel corso del tempo tale articolo originariamente disponeva: In caso di trasferimento dell azienda, se l alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento. L acquirente è obbligato in solido con l alienante per tutti i crediti che il prestatore aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data dall alienante, semprechè l acquirente ne abbia dato conoscenza all atto del trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell azienda trasferita o dal libretto di lavoro. Con l intervento delle associazioni professionali alle quali appartengono l imprenditore e il prestatore di lavoro, questi può consentire la liberazione dell alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto di azienda. Tale disposizione ha rappresentato per quasi cinquant anni l unica disciplina normativa dell istituto. Solo con l intervento della Comunità Europea per il tramite della direttiva n. 187 del 14.02.1977 la fattispecie si arricchisce di opportune garanzie, in particolare ad opera dell art. 47 della legge 1990 n. 428, infatti, questo intervento del nostro legislatore oltre a riscrivere la disposizione dell art. 2112 c.c., costituisce la base per l introduzione nel nostro ordinamento di un nuovo sistema di tutela del lavoratore nel caso di trasferimento d azienda. 4