UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA FACOLTÀ DI FARMACIA E MEDICINA CORSO DI LAUREA DI 1 LIVELLO IN TECNICHE DI LABORATORIO BIOMEDICO

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA FACOLTÀ DI FARMACIA E MEDICINA CORSO DI LAUREA DI 1 LIVELLO IN TECNICHE DI LABORATORIO BIOMEDICO Tesi di Laurea Ruolo del Tissue Microarray (TMA) nel sistema di qualità del moderno laboratorio di Anatomia Patologica e sua applicazione nella standardizzazione e nei controlli di qualità della metodica immunoistochimica RELATORE LAUREANDA CORRELATORE Testa Andrea Biccari Sara Virgili Roberto Matr. n : 1307528 ANNO ACCADEMICO 2011/2012

Un ringraziamento speciale a tutte le persone che mi hanno sempre sostenuto in questo lungo e faticoso percorso. Uno in particolare va alla mia famiglia: Grazie per aver sempre creduto in me.

INDICE INTRODUZIONE pag 1 CAPITOLO 1: Il controllo di qualità nel moderno laboratorio di Anatomia Patologica pag 3 1.1 Definizione del concetto di Qualità pag 3 1.2 ISO 9000: Le norme della qualità pag 3 1.3 Descrizione del Controllo di Qualità in ambito laboratoristico pag 4 1.4 La necessità di un Sistema di Qualità, a fronte delle varie problematiche, nel laboratorio di A.P. pag 6 1.5 La Certificazione di Qualità in Anatomia Patologica pag 8 CAPITOLO 2: Standardizzazione e Controllo di Qualità della metodica pag 10 Immunoistochimica (IHC) 2.1 L importanza diagnostica delle analisi immunoistochimiche pag 10 2.2 Artefatti e rischi di errore in immunoistochimica pag 10 2.2.1 Fissazione pag 11 2.2.2 Smascheramento antigenico pag 12 2.2.3 Problemi con l anticorpo primario pag 12 2.2.4 Problemi con il sistema di rivelazione pag 12

2.3 Standardizzazione nell IHC pag 13 2.3.1 Ottimizzazione della ricezione del campione pag 14 2.3.2 Standardizzazione della fissazione e del processamento dei campioni pag 14 2.3.3 Standardizzazione della richiesta di immunocolorazione pag 15 2.3.4 Standardizzazione della selezione dei campioni pag 15 2.3.5 Standardizzazione del sistema di ripristino antigenico pag 16 2.3.6 Ottimizzazione dell'anticorpo primario pag 19 2.3.7 Ottimizzazione dell'inibizione degli enzimi e della biotina endogeni pag 20 2.3.8 Standardizzazione del sistema di rivelazione pag 20 2.3.9 Ottimizzazione del complesso substrato/cromogeno pag 21 2.3.10 Lettura e interpretazione del preparato immunoistochimico pag 21 2.4 Controlli di qualità nell IHC pag 24 2.4.1 Controllo di qualità interno (intra-laboratorio) pag 26 2.4.2 Controllo di qualità esterno (inter-laboratorio) pag 32 2.5 Audit immunoistochimico pag 33 2.6 Il Tissue Microarray come strumento per il controllo di qualità della metodica immunoistochimica pag 34

CAPITOLO 3: Il TissueMicroarray (TMA) e le sue Origini pag 36 3.1 Generalità e cenni storici del Tissue MicroArray pag 36 3.2 Altre applicazioni (oltre al CTRL di qualità nell IHC) pag 38 3.3 Tipi di TMA pag 43 3.4 Vantaggi, svantaggi e limitazioni del TMA pag 46 3.4.1 Vantaggi pag 46 3.4.2 Svantaggi pag 49 3.4.2.1 Il potenziale problema della rappresentatività nel TMA pag 51 3.4.3 Le principali limitazioni del tissue microarray pag 53 3.5 Crio-Array tissutali pag 53 CAPITOLO 4: Strumenti e Tecniche di costruzione del TMA: manuale e semi- automatizzata pag 56 4.1 Il lungo percorso verso l Automazione pag 56 4.2 Tissue MicroArrayer manuale: Tissue Micro Array Builder pag 57 4.2.1 Costruzione manuale del TMA pag 58 4.2.2 Problemi tecnici particolari pag 65 4.3 Tissue Microarrayer semi-automatico: Microarrayer G. TMA CK 4500 pag 67

4.3.1 Creazione semi-automatizzata di un TMA mediante lo strumento Microarrayer G. TMA CK 4500 pag 69 4.3.2 Vantaggi pag 72 CAPITOLO 5: Indagini in situ applicabili al TMA pag 73 5.1 IHC, ISH (FISH,CISH,SISH), Colorazioni istochimiche, In situ PCR, In situ RT-PCR pag 73 5.1.1 Immunoistochimica (IHC): generalità pag 73 5.1.2 Ibridazione in situ (ISH): FISH, CISH, SISH pag 75 5.1.3 Ibridazione in situ fluorescente (FISH): generalità pag 76 5.1.4 Colorazioni istochimiche pag 77 5.1.5 In situ PCR pag 78 5.1.6 In situ RT-PCR pag 78 CAPITOLO 6: Standardizzazione e Controllo di qualità nella valutazione dello stato di HER2 (IHC e FISH) con il TMA pag 79 6.1 INTRODUZIONE: Il passaggio dall IHC qualitativa all IHC quantitativa pag 79 6.1.1 Valutazione dell eleggibilità alla terapia con Herceptin mediante determinazione dello stato di HER2 nel carcinoma mammario: IHC e ISH pag 80 6.1.2 L importanza dei Controlli di qualità nella metodica pag 84 immunoistochimica di HER2

6.1.3 Obbiettivo dello studio pag 86 6.2 MATERIALI E METODI pag 87 6.2.1 Costruzione del TMA per il controllo di qualità interno nella valutazione dello stato di HER2 pag 87 6.2.2 Metodica immunoistochimica per c-erbb2 pag 94 6.2.3 Metodica FISH per HER 2 pag 99 6.3 DISCUSSIONE E RISULTATI pag 108 6.4 CONCLUSIONI pag 116 IMMAGINI pag 117 SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA pag 130

INTRODUZIONE Solo fino a pochi anni fa, lo studio della patogenesi molecolare procedeva in modo seriale, identificando ed esaminando una molecola e/o un campione alla volta. Oggi, per la prima volta, i considerevoli progressi tecnologici hanno consentito di realizzare un sistema in grado di rendere parallelo il processo di identificazione, consentendo quindi di effettuare un gran numero di test contemporanei, con importanti ricadute tanto medico-scientifiche, quanto economiche. Sebbene non ancora di uso comune nella routine clinico-diagnostica, i microarray rappresentano una fondamentale innovazione, destinata ad avere spazi sempre maggiori nell intero panorama delle discipline mediche. La loro versatilità, la possibilità di effettuare un grandissimo numero di test su quantità di materiale biologico relativamente esigue, la velocità con cui gli esami possono essere effettuati, sono dei fattori che schiudono nuove prospettive, offrendo delle opportunità fino ad ora impensabili. A fronte di una sempre maggiore capacità analitica offerta dai microarray, è necessario segnalare il fatto che si tratta di una tecnologia solo parzialmente matura ed ancora soggetta ad una significativa evoluzione. Tuttavia, sarebbe un errore ritenere che si possa trascurare un simile strumento; infatti, dall approccio pioneristico dei primi anni, si è finalmente giunti a dei sistemi più affidabili e semplici da usare, sicuramente alla portata di un laboratorio moderno ed evoluto. È opportuno ricordare che sotto il termine generico di microarray vengono riunite tecnologie (e conseguentemente applicazioni) molto diverse tra loro, quali: i microarray di proteine, i DNA microarray, e i microarray tissutali. Nel campo dell Anatomia Patologica, la tipologia dei microarray che viene impiegata è quella dei microarray tissutali: Tissue Microarray o TMA, essendo tale disciplina medica l unica depositaria del materiale più prezioso unico e irripetibile e cioè i tessuti e le cellule. Tante sono le applicazioni previste dal TMA in ambito anatomo-patologico. Tra tutte, riveste particolare importanza l utilizzo del TMA come strumento per la standardizzazione e il controllo di qualità della metodica immunoistochimica. In ambito tradizionale l'analisi dell'espressione di una determinata proteina in un tessuto, viene effettuata su sezioni di tessuto singolarmente messe su vetrino, colorate e analizzate. - 1 -

A seconda del risultato, l'anatomo-patologo può fare una valutazione di espressione relativa al tipo di tumore da cui è affetto il paziente. Se si volessero confrontare tra loro vari tessuti di diversi pazienti, o dello stesso paziente, per comprendere analogie e differenze nella progressione della malattia, si dovrebbe svolgere la stessa operazione per un elevato numero di volte: un attività molto dispendiosa in termini di tempo, che comporta il consumo di preziosi reperti di tessuto e l utilizzo di grandi quantità di reagenti spesso molto costosi. Grazie invece alla realizzazione dei TMA si possono analizzare mediamente 100-1000 campioni alla volta, facilitando notevolmente gli studi di tipo comparativo su larga scala, con notevoli vantaggi di economia (di tempo, reattivi e tessuti) e di riproducibilità degli esperimenti. Questa particolare attenzione, posta nei confronti del TMA nella standardizzazione e nei controlli di qualità dell IHC, deriva innanzitutto dalla necessità di porre una soluzione ai problemi di standardizzazione sorti in seguito all evoluzione del concetto base dell IHC, non più vista solamente come un analisi di tipo qualitativo ma anche semiquantitativo, e poi dalla possibilità concreta che il TMA, in un futuro ormai prossimo, possa essere utilizzato a tal scopo nella routine IHC laboratoristica, viste le enormi potenzialità, gli innumerevoli vantaggi e la sempre maggiore qualità ormai richiesta per qualunque servizio di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica. Infatti la necessità di mantenere standard diagnostici ha reso sempre più critica l esigenza di un efficace controllo di qualità che, mentre fino a qualche anno fa poteva essere avvertito solo come un vanto degli istituti all avanguardia, oggi è diventato un presidio ormai irrinunciabile. - 2 -

CAPITOLO 1 Il controllo di qualità nel moderno laboratorio di Anatomia Patologica 1.1 Definizione del concetto di Qualità : Il concetto di Qualità può essere tradotto come la capacità di un prodotto o di un servizio di soddisfare con le proprie caratteristiche i requisiti, ovvero le esigenze e le aspettative, espresse, implicite e inespresse, del cliente. Quindi è il cliente che, in base a quanto si sentirà compreso nei propri bisogni, esigenze ed aspettative, giudicherà il servizio/prodotto e la sua Qualità. La Qualità, da principio-guida sviluppatosi in ambito prettamente industriale, si diffonde anche alle aziende fornitrici di servizi, sia in ambito privato che pubblico. I settori toccati sono molti (alimentare e ristorazione, assicurativo, servizi sanitari, trasporti, spedizioni, etc ) e, specie nel settore della sanità, si configura un concetto di Qualità ancora più alto che tocca anche aspetti di etica sociale. 1.2 ISO 9000: Le norme della qualità Le norme ISO 9000 sono un insieme di idee, principi e regole che forniscono evidenza che l organizzazione (certificata) lavora secondo un certo standard di riferimento e che è in grado di fornire prodotti/servizi con le caratteristiche di qualità volute (che possono essere stabilite tra il cliente e l organizzazione o da leggi/regolamenti). Queste norme non certificano il prodotto/servizio ma il sistema che li produce. Qualunque sia la componente qualitativa da valutare (efficienza, efficacia, qualità tecnico-scientifica o soddisfazione del cliente) i possibili parametri da considerare sono sempre di tre ordini e riguardano la struttura (di che cosa si dispone: personale, organizzazione, ambienti fisici e risorse in genere), il processo (che cosa, quanto e come si fa: natura delle prestazioni e loro volume) gli esiti (che cosa si ottiene). - 3 -

Gli standard relativi alla qualità appartenenti alla famiglia delle ISO 9000 sono le norme più importanti e le più conosciute. Oggi le norme ISO (International Organization for Standardization) adottate a livello europeo dal CEN (European Committee for Standardization, l'acronimo deriva dal francese Comité Européen de Normalisation) e infine recepite dall'ente di normazione nazionale (in Italia l'uni, Ente Nazionale di Unificazione) sono norme "armonizzate" e diventano norme UNI EN ISO. Le ultime versioni della norma promuovono il passaggio dalla certificazione di conformità a quella di efficacia. L attenzione si sposta dalla verifica dell applicazione del singolo requisito formale e della sua conformità alla Norma, alla verifica se l applicazione dei requisiti consente di raggiungere effettivamente gli obiettivi attesi, di migliorarli continuativamente e di darne evidenza oggettiva, utilizzando il cliente come punto di avvio e di arrivo di un ciclo che, a fronte di specifiche richieste, gli consenta di valutare, alla chiusura del ciclo, la soddisfazione delle sue aspettative. In conclusione la ISO 9000 definisce un modello di Sistema Qualità, inteso come strumento di carattere organizzativo/gestionale, focalizzato sul monitoraggio e controllo dei processi che hanno una diretta influenza sulla qualità del servizio erogato, definendo per ogni attività aziendale i criteri da individuare, pianificare e tenere sotto controllo, per la gestione e la valutazione delle proprie attività e delle necessità interne ed esterne. Questo si traduce nella individuazione di adeguate risorse e di un sistema di misurazione basato su indicatori chiari e misurabili (gli indicatori sono dei valori numerici che non misurano direttamente la qualità, ma segnalano l esistenza di un problema da risolvere). 1.3 Descrizione del Controllo di Qualità in ambito laboratoristico Il controllo di qualità consiste in una serie di procedure che consentono di verificare la qualità di un prodotto e quella dei risultati ottenuti. È la valutazione continua dello stato delle procedure, dei metodi di analisi e dei dati prodotti dal laboratorio con l obiettivo di ridurre al minimo tutte le circostanze che potrebbero comportare difformità rispetto ai risultati da raggiungere. - 4 -

Lo scopo del controllo di qualità è far sì che i risultati delle analisi eseguite abbiano la minima variabilità intra ed inter laboratorio e ciò, tradizionalmente, si cerca di ottenerlo tramite l esecuzione, da parte del laboratorio, del Controllo di Qualità Interno (CQI) e attraverso la partecipazione a programmi di Valutazione Esterna di Qualità (VEQ). Il controllo di qualità può essere infatti attuato su 2 diversi livelli: interno ed esterno. Il controllo di qualità interno è definito come un gruppo di procedimenti messi in atto dai componenti di in servizio per verificare quotidianamente lo standard di affidabilità del laboratorio stesso. Esso comprende i sistemi ed i metodi adottati al fine di intercettare nel modo più rapido possibile un qualunque evento che pregiudichi l accuratezza (esattezza e precisione) del metodo utilizzato in laboratorio. Il controllo di qualità esterno, definito come il controllo dei risultati del laboratorio da parte di un organismo esterno, è un sistema di monitoraggio continuo delle prestazioni di laboratorio che si concretizza principalmente mediante la partecipazione dello stesso a Studi Collaborativi in cui si confrontano le prestazioni di laboratori diversi (in grado di accertare l'omogeneità, l attendibilità, l affidabilità e la confrontabilità dei risultati ottenuti). L'obiettivo della VEQ non è altro che il miglioramento della qualità delle prestazioni dei laboratori, attraverso la produzione e la circolazione di dati che: consentano al laboratorio di confrontare l'affidabilità delle proprie prestazioni con quella di altri laboratori; facilitino l'individuazione delle aree in cui le determinazioni sono ancora poco affidabili; stimolino il miglioramento dell'affidabilità degli esami svolti. L adozione di procedure di controllo di qualità nel laboratorio consente pertanto di monitorare i risultati prodotti nelle attività di routine laboratoristiche, garantendo che essi siano sotto controllo statistico e quindi affidabili nel tempo. - 5 -

1.4 La necessità di un Sistema di Qualità, a fronte delle varie problematiche, nel laboratorio di A.P. L Anatomia Patologica è un servizio di medicina specialistica il cui scopo è: formulare diagnosi corrette, adeguate e accurate. Le problematiche di un servizio di Anatomia Patologica riguardano prevalentemente: - Processi prevalentemente artigianali; - Poca automazione; - Sistemi di lavoro complicati e difficili da standardizzare; - Necessità di più personale rispetto alla media degli altri Servizi; - Richiesta di esperienza e specializzazione dei profili professionali; - Tempi più lunghi per la formazione del Personale; - Irripetibilità di campionamento; - Problemi medico-legali legati all errore diagnostico; - Obblighi legali per l archiviazione dei reperti/referti; - Continua informazione e formazione sulle nuove tecnologie e metodiche; - Settori diagnostici specialistici; - Elevata richiesta di aspettativa da parte del cliente; - Aumento del rischio di errore su diagnosi non di routine. Alla luce delle varie problematiche insorte nel laboratorio di Anatomia Patologica e per le sempre più frequenti connessioni della diagnosi anatomo-patologica con problemi di tipo medico legale, ma soprattutto per l esigenza di una diagnostica di grande qualità e di una migliore preparazione culturale dei patologi in formazione, è necessario intervenire mediante la costruzione di un Sistema di Qualità in grado di mantenere sotto controllo costante tutto il processo produttivo, per riprogettare l assetto organizzativo, per razionalizzare e ottimizzare i processi, per rivedere la gestione delle risorse umane e dei materiali e per identificare i vari problemi. Il ruolo critico che spesso una diagnosi isto- o citopatologica è in grado di esercitare sulle successive decisioni da prendere circa il trattamento di un paziente, comporta quindi il mantenimento da parte dei patologi di elevati standard diagnostici attraverso verifiche di vario tipo: - 6 -

la verifica di qualità esterna (External Quality Assessment- EQA) e la verifica di qualità interna (Internal Quality Assessment- IQA). Poiché è diventato sempre più evidente il ruolo critico di ciascuna tappa del processo diagnostico, anche di quelle che si svolgono fuori dal laboratorio (raccolta di notizie cliniche ed anamnestiche sufficienti, adeguato prelievo del campione, tempi e modalità di consegna idonei, ecc.) il concetto di quality control (controllo di qualità) si è esteso confluendo nell espressione più larga di quality assurance (assicurazione di qualità) con cui si identifica un processo di analisi che considera sia le componenti intra che extra-laboratoristiche. Il Sistema di Qualità, secondo la normativa europea UNI EN ISO 9000 è in grado di costruire un sistema gestionale completo, in grado di mantenere sotto controllo costante tutto il processo produttivo, dall'accettazione dei campioni e dei materiali d'uso e consumo, all'emissione dei referti diagnostici. L'adozione di tale sistema ci pone nella condizione di costituire innanzitutto un Comitato di Controllo con un Coordinatore Responsabile (tutti i componenti del comitato sono ciascuno responsabili del settore assegnato). Il Comitato di Controllo deve essere costituito: - Dal Responsabile del Servizio (o suo delegato); - Dal Tecnico Coordinatore (Capo Tecnico) o da un tecnico con funzioni di coordinamento; - Da rappresentanti del personale laureato, medico e biologo. Il Comitato di Controllo deve inizialmente analizzare quali sono le cause di NON QUALITA rilevate nel Servizio di competenza, procedurando tutte le attività dell'u.o. secondo le regole ed i metodi previsti dalle Norme ISO e predisponendo tutti i protocolli applicativi e metodologici per il Controllo di Qualità (CQI); oltre ai protocolli dovranno essere predisposti opportuni moduli/schede per le necessarie verifiche. La competenza del capo tecnico (tecnico coordinatore) nel CQI si inserisce nella realizzazione di protocolli e schede che ricoprono tutte le fasi del processo citoistologico, nell'organizzare il lavoro dei tecnici tenendo conto dell'obiettivo del raggiungimento del Sistema di Qualità, nel controllare che tutte le procedure istituite vengano attuate e mantenute, nel verificare in modo periodico il mantenimento di dette procedure. - 7 -

Per ogni fase identificata si dovrà procedere alla stesura della procedura completa e di protocolli operativi, atti a fornire gli strumenti per un controllo di qualità interno ed eventualmente anche per un controllo di qualità esterno. La stesura delle procedure si attua attraverso la trascrizione degli obiettivi, delle responsabilità, dell'applicazione, dei riferimenti e della documentazione. L'insieme di tutto ciò porta alla realizzazione dei manuali operativi del Sistema di Qualità. La normativa ISO 9000 ci indica nei suoi 20 punti principali la strada da percorrere per realizzare correttamente i protocolli ed i manuali della qualità. (uno dei motti più significativi che ricorrono nell'implementazione di un Sistema di Qualità è "scrivere ciò che si fa e fare ciò che si è scritto"). L'introduzione di protocolli operativi, moduli di controllo e stesura delle procedure produrrà inizialmente due fenomeni: - Incremento della mole di lavoro oltre la routine, assegnazione di nuovi compiti, ecc; - Possibile iniziale indisponibilità di parte del personale. Mentre per il primo fenomeno tutto il servizio si dovrà organizzare, per il secondo ci potrà essere sicuramente una modificazione in meglio in tempi relativamente brevi, in quanto migliorando la qualità del lavoro prodotto, si riducono sensibilmente i possibili momenti di discussione o di richiamo professionale. Per contro l'introduzione di un Sistema di Qualità può sicuramente contribuire alla crescita professionale di tutte le figure presenti in un' U.O., specialmente di quella tecnica. 1.5 La Certificazione di Qualità in Anatomia Patologica Per un Servizio di Anatomia Patologica uno dei principali obiettivi è quello di garantire ai propri utenti (clienti) un livello qualitativo costante ed elevato delle prestazioni erogate, sia in termini di tempi che di adeguatezza e completezza diagnostica. L'unico mezzo per raggiungere e mantenere tale livello è riuscire ad ottenere la certificazione ISO 9000. La certificazione di qualità dei laboratori di Anatomia Patologica è effettuata da soggetti terzi specializzati attestante che un prodotto o un servizio è conforme a norme particolari o a specifiche tecniche. - 8 -

Essi verificano che il laboratorio possegga tutti i requisiti previsti dalla norma UNI EN ISO 9000 e che nel laboratorio in oggetto siano state adottate tutte le procedure necessarie ed idonee a garantire il corretto svolgimento della mission di un laboratorio di Anatomia Patologica che consiste nell erogare servizi di diagnostica Istologica, Citologica, Molecolare ed Autoptica secondo standard di eccellenza tecnico-professionale e nel rispetto delle normative vigenti. Questo rappresenta per le organizzazioni di oggi solo il punto di partenza nel lungo percorso della qualità. L adozione della certificazione di qualità è certamente utile per promuovere una razionalizzazione delle attività e quindi una limitazione dell errore nello svolgimento delle procedure. Il controllo di qualità deve essere applicato a tutto il processo produttivo anatomopatologico, quindi dall arrivo del campione in laboratorio all uscita del referto diagnostico, ed in tutti i principali settori dell anatomia patologica che sono: - ISTOLOGIA; - CITOLOGIA; - ESAMI ESTEMPORANEI; - ESAMI AUTOPTICI; - ISH; - BIOLOGIA MOLECOLARE; - IMMUNOISTOCHIMICA. - 9 -

CAPITOLO 2 Standardizzazione e Controllo di Qualità della metodica Immunoistochimica (IHC) 2.1 L importanza diagnostica delle analisi immunoistochimiche Le analisi immunoistochimiche sono strumenti ormai irrinunciabili in diversi campi della diagnostica istopatologia. Il significato di questo tipo di indagini è generalmente di due tipologie: - Completamento diagnostico attraverso l identificazione di anomalie di espressione di particolari antigeni correlabili con particolari caratteristiche di valenza prognostica o predittiva (ad es. la valutazione semiquantitativa dell espressione di Recettori ormonali e di HER2 nel carcinoma della mammella); - Validazione di ipotesi diagnostiche basata sull identificazione di specifici profili immunofenotipici (ad esempio l identificazione di un profilo CD20+, CD5+, CD23, con iper-espressione di ciclina-d1 consente di confermare l ipotesi diagnostica di un linfoma B). 2.2 Artefatti e rischi di errore in immunoistochimica La metodica IHC può esitare in risultati artefattuali con conseguenze estremamente gravi sulla formulazione della diagnosi. Le colorazioni artefattuali possono essere falsi negativi o falsi positivi. Per falso negativo si intende l assenza artefattuale di una colorazione attesa; per falso positivo, una colorazione artefattuale, cioè non giustificata dalla reale presenza dell antigene. Le principali cause di tali colorazioni artefattuali possono essere ricondotte sia a problemi di natura tecnica che ad errori di natura professionale. - 10 -

I problemi tecnici possono riguardare: Fissazione; Processazione; Smascheramento antigenico; Anticorpo primario; Sistema di rivelazione; Gli Errori professionali sono invece relativi alla: Selezione del pannello anticorpale; Sensibilità del pannello anticorpale; Scelta del tipo di anticorpo; Scelta del clone dell anticorpo; Interpretazione dei risultati; Interpretazione dei dati della letteratura. 2.2.1 Fissazione Il tipo di fissativo e la durata del processo di fissazione possono influenzare il risultato dell IHC: Problema Conseguenze Soluzione Ritardata Aumento della degradazione proteolitica, diminuzione della antigenicità t fissazione <30min sezionare campioni Insufficiente Eccessiva Si completa per coagulazione durante il processo di disidratazione Formazione di legami covalenti, con riduzione dell antigenicità deparaffinare, rifissare e riprocessare prelievi dedicati IHC Aumentare i tempi di AR - 11 -

2.2.2 Smascheramento antigenico I fattori che condizionano lo smascheramento antigenico in un mezzo liquido sono: 1) Condizioni di riscaldamento: T( C) x t (min) = smascheramento antigenico; 2) ph: - Ag che sono indifferenti al ph della soluzione smascherante, - Ag con buoni risultati a ph acido, - Ag con buoni risultati a ph basico; 3) La composizione della soluzione smascherante ha minore importanza. N.B.: lo smascheramento inadeguato causa falsi negativi e/o positivi. 2.2.3 Problemi con l anticorpo primario I principali problemi con l anticorpo primario sono: - scarsa sensibilità; - scarsa specificità; - diluizione non ottimale; - tipo di smascheramento; - tempo di incubazione insufficiente. 2.2.4 Problemi con il sistema di rivelazione I principali problemi inerenti il sistema di rivelazione riguardano: Scarsa sensibilità; Mancata inibizione delle attività enzimatiche endogene (perossidasi, fosfatasi alcalina ) e della biotina; Scelta del cromogeno. Per concludere l IHC: - Non è una bacchetta magica, è un arma potente che può indurre in errore se mal utilizzata; - Comporta il consumo di risorse; - Non sempre è efficace il controllo dell efficacia e dell appropriatezza; - Non uniforme accettazione ed utilizzo tra i Patologi; - 12 -

- Non uniforme disponibilità territoriale di reagenti ed attrezzature: eterogenea e non chiara inclusione nel nomenclatore tariffario. Le soluzioni a questi problemi sono rappresentate: - dalla competenza specifica: Esperienza - dell approfondimento: Cultura - dalla standardizzazione: Controllo di qualità 2.3 Standardizzazione nell IHC Standardizzare significa darsi dei criteri pratici e vincolanti ottimizzando la metodologia dei protocolli per ottenere risultati riproducibili e confrontabili all interno del proprio laboratorio e con altri centri. La standardizzazione dell intero processo immunoistochimico è indispensabile per avere la certezza di una corretta interpretazione diagnostica dei risultati. Essa si ottiene attraverso una rigorosità metodologica e disponendo di un buon programma di controllo di qualità che preveda un azione costante di verifica di tutti quei fattori e di quelle fasi che ne fanno parte. Pertanto il processo di standardizzazione deve comprendere diverse fasi, alcune delle quali sono proprie del laboratorio (fase pre-analitica e post-analitica) e altre che sono di competenza di altri settori o professionalità del centro di diagnostica (segreteria, patologi ecc.). L insieme delle fasi analitiche (trattamento di AR, applicazione del sistema di rivelazione, lavaggi e natura del tampone, temperatura di incubazione, evidenziazione della reazione, contrasto nucleare), e pre-analitiche (fissazione e processazione, taglio e controllo dello spessore e raccolta delle sezioni) evidenzia in maniera eclatante l impossibilità di poter procedere ad una standardizzazione della qualità del prodotto senza introdurre sistemi di automazione della metodica. In questi ultimi decenni infatti è stato soddisfatto il bisogno primario di elevare il grado di standardizzazione all interno dei settori di immunoistochimica attraverso l introduzione di macchine semiautomatiche in grado di gestire le fasi di dispensazione dei reagenti, lavaggi, rivelazione della reazione antigene-anticorpo e contrasto nucleare. L ulteriore avanzamento tecnologico ha potenziato gli strumenti di nuova generazione, dotandoli di un hardware capace di gestire con flessibilità le programmazioni impostate coi sistemi applicativi oggi disponibili e in grado inoltre di automatizzare anche le fasi di sparaffinatura e trattamento di - 13 -

AR. La precisione della programmazione di lavoro in automazione è tale da riuscire a sopperire alla variabilità di tutte le fasi di smascheramento antigenico e uso di sistemi di rivelazione diversi, affinando così la riproducibilità del prodotto finale. Ciò ha determinato la loro rapida diffusione nei laboratori di routine. Per concludere è importante quindi che la standardizzazione sia relativa a ciascun momento operativo e alle varie fasi nel loro complesso, solo così sarà possibile rendere ottimale il lavoro del Centro, garantendo che l attività, tecnica e diagnostica, sia condotta in modo adeguato, limitando gli errori di laboratorio e nell interpretazione dei risultati. 2.3.1 Ottimizzazione della ricezione del campione In questa fase si fa riferimento all ottimizzazione della fase di accettazione dei campioni, istologici e/o citologici, sui quali dovranno essere effettuate le indagini immunoistochimiche. Abitualmente questa fase rientra fra le competenze della segreteria e non è differente dall attività di accettazione del materiale per le indagini tradizionali isto-citomorfologiche. Si tratta di ottimizzare tutte le normative nell accettazione di un campione, sia esso sottoforma di pezzo anatomico (biopsia, frammento chirurgico, ecc.), sia di preparato istologico o citologico già allestito. È bene, infatti, che nel momento del ricevimento del materiale siano perfezionate le eventuali pendenze relative all anagrafica del paziente, alla tipologia del campione, alla sede anatomica del prelievo, alle notizie cliniche e ai motivi che hanno determinato l exeresi o il prelievo. Devono inoltre essere regolamentate le informazioni relative alla provenienza (reparto, esterno, ecc.) e al medico inviante. Nel caso di pezzi anatomici e di materiale citologico è buona norma fornire agli interessati anche ragguagli circa i medium di trasporto. 2.3.2 Standardizzazione della fissazione e del processamento dei campioni Per quel che riguarda la fissazione del campione, non solo il tipo di fissativo, ma anche la sua composizione e il tempo di fissazione deve essere ottimizzato e registrato per ciascuna indagine immunoistochimica. Difatti, il fattore predominante per ottenere una immunocolorazione ottimale e congrua risiede nella fissazione adeguata dei campioni. - 14 -

Anche se spesso non attuabile, sarebbe ideale utilizzare sempre un fissativo con le medesime caratteristiche e poter fissare adeguatamente per tempi costanti tutti i campioni pervenuti in Anatomia Patologica. La standardizzazione delle procedure di processazione del campione è fondamentale. E necessario aumentare l accuratezza in questa fase di preparazione tecnica del campione, ottimizzando i tempi e le temperature delle diverse fasi di processazione. 2.3.3 Standardizzazione della richiesta di immunocolorazione Un punto particolarmente importante da ottimizzare in questa fase è la regolamentazione delle richieste di immunocolorazione. La selezione degli anticorpi da inserire nella richiesta di indagine immunoistochimica può seguire differenti vie e tutte devono essere standardizzate. La scelta degli anticorpi da utilizzare può essere formulata in forma predefìnita abbinando un gruppo di anticorpi al tessuto (rene, fegato, linfonodo, ecc.) oppure alla citomorfologia della lesione (cellule fusate, rotonde, pleomorfe, ecc.). Un altra modalità è quella di operare attraverso un algoritmo primario (pan-citocheratine, CD45, proteina S100, vimentina) da applicare su qualunque caso e in seguito impiegare un ulteriore algoritmo (secondario) in relazione alle positività osservate con le immunocolorazioni dell algoritmo primario. Un altro approccio metodologico consiste nel selezionare un panel anticorpale in relazione allo specifico quesito diagnostico. Qualunque sia la metodologia preferita, il Patologo, dopo l osservazione microscopica del caso, dovrebbe proporre, in forma scritta, su modulistica predisposta o, nel caso di gestione computerizzata, via computer su scheda elettronica, le indagini immunoistochimiche necessarie alla soluzione del caso in esame. 2.3.4 Standardizzazione della selezione dei campioni Un altra difficoltà che si incontra nell organizzazione delle attività di Standardizzazione delle procedure immunoistochimiche è senz altro costituita dalla selezione dei campioni per ottimizzare le metodologie. Di solito sono impiegate sezioni di casi già utilizzati a fini diagnostici, prelevati dalla diagnostica di routine, risultati positivi alle precedenti immunocolorazioni, in quanto - 15 -

contenenti l'antigene relativo alle indagini immunoistochimiche da standardizzare. Questo procedimento, in realtà, ha insiti alcuni difetti. In primo luogo, l ottimizzazione della diluizione anticorpale, se realizzata secondo la logica della buona qualità, dovrebbe implicare numerose sezioni che, sono ottenibili in quantità ridotta dal campione, poiché in parte già consumato, data la provenienza dalla routine diagnostica. Tale materiale, difficilmente potrà essere adoperato successivamente, impedendo così il confronto dei risultati con quelli già ottenuti nelle prove precedenti. Un altro limite è costituito dal fatto che l antigene riconosciuto dall anticorpo da testare si presenta con distribuzione di intensità costante, in altre parole, in tutte le sezioni la quantità di antigene è uguale. Infine, l utilizzazione di questo sistema porta ad un rilevante dispendio di tempo e a uno spreco economico notevole. Sicuramente più vantaggioso è il sistema del Tissue MicroArray. Si tratta di prelevare, da vari blocchetti di differenti campioni paraffinati, un cilindro di tessuto del diametro massimo di 3mm. Ciascun cilindro è quindi montato assieme agli altri in un unica inclusione: si forma così un unico blocchetto composto da differenti campioni di tessuto. Questi sono scelti in base al contenuto dell antigene: rappresentano infatti un materiale di controllo sia positivo che negativo, quindi con differente intensità di espressione antigenica, fino all assenza dell antigene. Il TMA consente una rapida osservazione al microscopio dei tessuti. La conoscenza dei pattern antigenici delle immunocolorazioni effettuate permette inoltre di definire l avvenuta reazione, la sua specificità e la sua riproducibilità. La presenza dei diversi campioni raggruppati in un unica sezione istologica consente l esecuzione di controlli ripetuti nel tempo, favorendo quindi il riconoscimento di immunoreazioni inadeguate per cause indipendenti dal campione. 2.3.5 Standardizzazione del sistema di ripristino antigenico La riattivazione antigenica è l azione che consente di ripristinare allo stato nativo (o quasi) la molecola dell antigene, liberandola dai legami che si sono instaurati con i procedimenti di fissazione con la formalina. Standardizzare il recupero antigenico presuppone differenti azioni: in primo luogo la selezione del sistema per il ripristino dell antigenicità, analizzando la procedura enzimatica e quella mediante calore. - 16 -

Nell ambito poi delle diverse procedure devono essere ottimizzate le singole soluzioni di reazione, i tempi e le relative temperature, ricercando le soluzioni che offrono i migliori risultati. La digestione enzimatica è generalmente considerata come un metodo alternativo di recupero dell antigenicità, in realtà è il sistema preferenziale per smascherare alcuni particolari antigeni. Infatti, per alcuni antigeni, quali ad esempio la laminina e la fibronectina, la riattivazione si compie unicamente quando sono utilizzate le digestioni enzimatiche con specifici enzimi, mentre i sistemi di ripristino antigenico al calore non offrono risultati di rilievo e anzi spesso non sono in grado di fornire risultati positivi. È pertanto necessario ottimizzare le procedure per ciascun enzima efficace, ricercando il titolo enzimatico e il tempo di azione più opportuno per ottenere i migliori risultati. Il tampone di digestione e la temperatura saranno ovviamente stabiliti in relazione al tipo di enzima, poiché questo può lavorare soltanto con specifici gradi di acidità e di temperatura. Il tempo e la diluizione dell enzima potranno essere ottimizzati impiegando sezioni ottenute come precedentemente descritto e compiendo delle prove come schematizzato nell esempio seguente: Diluizione enzima Tempo di digestione 1:10 2 min 1:20 4 min 1:40 8 min 1:80 16 min La maggior parte degli antigeni è recuperata con l'impiego dei sistemi di riattivazione al calore. Anche questi però devono essere ottimizzati, poiché disponibili differenti sistemi per fornire il calore necessario e varie soluzioni saline, a diversi ph e molarità. Devono anche essere ottimizzate le temperature di azione e il tempo necessario per la riattivazione. Infatti, con le varie combinazioni possibili si possono raggiungere risultati clamorosamente differenti, per espressione di immunoreattività, per rumore di fondo e per legami non specifici. Nell'ambito della riattivazione al calore, il complesso che fornisce il calore ha un importanza relativa, mentre l energia fornita, il tempo di azione e la soluzione - 17 -

di riattivazione rivestono un importanza determinante per conseguire risultati ottimali nell immunocolorazione. Altro fattore fondamentale è la durata della fissazione ricevuta dai campioni. Più lungo è il periodo di fissazione, maggiore dovrà essere l intensità dell azione riattivante. Mantenendo costante l'energia fornita (ad esempio 750 W) e la soluzione riattivante, l ottimizzazione può essere conseguita applicando la procedura riportata di seguito a sezioni di tissue microarray e impiegando il forno a microonde. L'energia fornita di solito è quella di 750 W, poiché al di sopra di questa soglia non si consegue un sensibile miglioramento nella riattivazione. La procedura di ottimizzazione del ripristino dell'antigenicità prevede l'uso di una soluzione di riattivazione e l'esecuzione di test variando il numero di cicli e la durata per ciascun ciclo. Si eseguiranno quindi prove con 1-4 cicli per la durata di 3-20 minuti per ciascun ciclo, combinando fra loro le varie possibilità di accoppiamento dei due parametri, come ad esempio nello schema seguente: Durata Numero cicli 3 minuti 1 ciclo 2 cicli 3 cicli 4 cicli 5 minuti 1 ciclo 2 cicli 3 cicli 4 cicli 10 minuti 1 ciclo 2 cicli 3 cicli 4 cicli 15 minuti 1 ciclo 2 cicli 3 cicli 4 cicli 20 minuti 1 ciclo 2 cicli 3 cicli 4 cicli Ovviamente tali test dovranno essere ripetuti per ciascun tipo di soluzione di riattivazione. Sicuramente più rapida è la standardizzazione dello smascheramento antigenico effettuato mediante alte temperature di calore ottenuto in bagnomaria. Infatti, le temperature che permettono di recuperare l antigenicità hanno un ambito utile d'azione compresa fra 94 C e 98 C e il tempo necessario a tali temperature varia fra i 20 e i 45 minuti. I parametri da incrociare saranno quindi, oltre alla temperatura e alla durata dell'azione termica, anche quelli relativi alle soluzioni di riattivazione che abitualmente sono: tampone Citrato a ph6 lomm, tampone Tris a ph6 10mM, Tris a ph8 lomm, soluzione EDTA a ph8 1mM e EDTA a ph9 1mM. - 18 -

2.3.6 Ottimizzazione dell'anticorpo primario In questa fase della standardizzazione dobbiamo considerare due differenti parametri: il tipo di anticorpo da utilizzare e la sua diluizione. La selezione dell anticorpo presume in prima istanza la scelta fra un reattivo monoclonale e un antisiero policlonale. Come è noto, le caratteristiche di questi due reattivi sono differenti e la scelta dell uno o dell altro implica la risposta alla seguente domanda: Ho bisogno di privilegiare la sensibilità o la specificità? E più indicato l utilizzo del monoclonale per conseguire la maggiore specificità, mentre per raggiungere la più alta sensibilità è maggiormente indicato il policlonale. Per quanto riguarda ancora il tipo di anticorpo, nel caso del monoclonale, deve essere uniformata la scelta, oltre che del clone, anche dei caratteri relativi al tipo di produzione, cioè mouse o rabbit, ascitico o da coltura cellulare, liquido concentrato o liofilo. Per l anticorpo policlonale è invece necessario selezionare la specie animale di provenienza e la forma di distribuzione (liquido, liofilo). L incubazione con l anticorpo primario è un punto importante nella procedura immunoistochimica e il risultato dell immunocolorazione dipende dall uso di reagenti di qualità con adeguata concentrazione. Dobbiamo sottolineare che nell ambito delle attività immunoistochimiche è bene ottimizzare le diluizioni degli anticorpi. L utilizzo di antisieri pre-diluiti, pronti all uso, è infatti ingannevole ed è una delle cause di false colorazioni che si possono osservare. Il motivo per il quale si possono generare artefatti è intuitivo. La diluizione del reattivo è ottimizzata secondo parametri, tecniche, metodi, sistemi di rivelazione, ecc. standardizzati per il laboratorio del venditore. Ogni laboratorio quindi dovrebbe ottimizzare il titolo di tutti gli anticorpi, prima di introdurre gli stessi nella routine immunoistochimica. Anche se può apparire un lavoro impegnativo, si dovrebbe ricercare la diluizione ottimale per ogni lotto di anticorpi, affinché i risultati siano sempre attendibili e il laboratorio stesso realizzi un salto di qualità. Dal punto di vista pratico la valutazione della diluizione ottimale dell anticorpo si esegue dopo aver standardizzato i preparati tissue microarray. Si eseguono quindi diluizioni scalari dell antisiero, iniziando di solito dalla diluizione consigliata dal produttore. Importante è utilizzare campioni a differente espressione antigenica nonchè tessuti privi dell antigene. - 19 -

Il tempo di incubazione, la concentrazione anticorpale, l intensità di colorazione specìfica e la gradazione cromatica di fondo, sono tutti parametri intercorrelati che dovrebbero essere valutati sempre contestualmente. La combinazione ottimale di diluizione sarà indicata dal vetrino con la colorazione specifica più intensa e l intensità di fondo più bassa. Tale condizione fornisce un maggior contrasto alla colorazione specifica rendendo più facile l interpretazione del preparato. Ricordiamo qui ancora alcuni concetti sostanziali relativi all immunoreattività. Innanzitutto esiste una relazione fra concentrazione dell anticorpo, tempo di incubazione e temperatura di reazione. Se il tempo di incubazione è prolungato maggiore è la diluizione richiesta per l anticorpo e viceversa. Aumentando la temperatura dovrà essere ridotta la durata di incubazione e/o la concentrazione anticorpale. Ricordiamo inoltre che utilizzando anticorpi maggiormente diluiti anche la colorazione non specifica sarà ridotta. 2.3.7 Ottimizzazione dell'inibizione degli enzimi e della biotina endogeni Si devono standardizzare anche le procedure inerenti l inibizione della perossidasi, della fosfatasi e della biotina endogena, in relazione alle tecniche e ai metodi immunoistochimici da applicare successivamente. Per quanto riguarda l inibizione degli enzimi, oltre al tipo di bloccante, sono da incrociare due parametri: il tempo di azione dell inibitore e la sua concentrazione. 2.3.8 Standardizzazione del sistema di rivelazione Anche l impiego del sistema di rivelazione deve essere ottimizzato, indipendentemente dal metodo impiegato nella reazione immunoistochimica. Due sono i metodi maggiormente impiegati attualmente, cioè il sistema del complesso streptavidina-biotina-enzima e i sistemi biotin-free. L ottimizzazione della rivelazione mediante il complesso si ottiene analizzando i risultati delle immunocolorazioni che si ottengono incrociando alcune diluizioni del complesso e dell anticorpo primario. Similmente si possono ottimizzare anche i sistemi dei coniugati polimerici. In questo caso la standardizzazione è più veloce, poiché il sistema è venduto in fase ready to use e quindi il numero delle diluizioni da saggiare è sicuramente minore rispetto a quello del sistema ABC. - 20 -

2.3.9 Ottimizzazione del complesso substrato/cromogeno Si deve inoltre standardizzare la procedura inerente la soluzione composta dal substrato e dal cromogeno. Attualmente, il mercato fornisce soluzioni concentrate di cromogeno che devono essere diluite opportunamente nel tampone substrato. Questa condizione non solo facilita le procedure di standardizzazione, ma anche rende meno pericoloso il cromogeno che, essendo in fase liquida, ha perso la caratteristica di volatilità aerea quindi la sua potenziale tossicità. Ogni substrato reagisce con l enzima specifico in presenza di specifici valori di ph e di molarità e anche il cromogeno svolge la sua azione solo quando tali caratteristiche chimiche sono adeguate. Ne consegue quindi che la standardizzazione del sistema substrato/cromogeno si limita all equilibrio del tempo di colorazione e, pertanto, si devono eseguire test volti esclusivamente a stabilire la durata dell incubazione, per ottenere un immunocolorazione ideale. Ricordiamo qui che l intensità di colorazione del cromogeno è direttamente proporzionale al tempo di applicazione e che quindi il segnale più forte si osserva prolungando il tempo di reazione. Dobbiamo altresì segnalare che è necessario bilanciare opportunamente la durata d incubazione del cromogeno, poiché, per tempi lunghi oltre ad incrementarsi la colorazione specifica aumenta anche il rumore di fondo. 2.3.10 Lettura e interpretazione del preparato immunoistochimico La lettura avviene osservando gli elementi colorati ed esprimendo un giudizio di positività o di negatività, dal quale scaturisce un significato diagnostico, prognostico o terapeutico. Il risultato dell immunocolorazione non è solo la valutazione della cellula positiva o negativa, bensì implica una serie di considerazioni e quindi anche questa attività deve essere ottimizzata. Una prima considerazione verte sul fatto che esistono differenze significative fra la piccola biopsia e la sezione istologica di una certa dimensione. Nelle piccole biopsie l estensione e l intensità dell immunocolorazione si deve valutare nelle aree con la maggiore espressione di immunoreattività, mentre nelle sezioni più ampie si deve tenere in considerazione anche l espressione focale di antigeni e qualsivoglia intensità di colorazione. - 21 -

La definizione dell esistenza di immunocolorazione specifica o la negatività di una immunoreazione è, naturalmente, una questione complessa. Sicuramente il riscontro di una immunoreazione con intensità di colorazione differente da cellula a cellula è suggestiva di una immunocolorazione specifica, poiché la quantità di antigene espresso è differente nelle varie cellule. Il preparato immunoistochimico va esaminato osservando la localizzazione della positività (membrana, citoplasma, nucleo, ecc.) e la sua compatibilità con il marker impiegato, per accertare che il reperto sia un vero positivo o una colorazione falsamente positiva. Successivamente si deve analizzare il pattern di immunocolorazione (lineare, granulare, dot-like, ecc.) ed è necessario verificare che questo sia significativo di differenti condizioni normali e/o patologiche. Parallelamente si devono ricercare le reattività per i controlli interni al preparato, cioè quelle strutture o cellule che obbligatoriamente devono risultare positive per l antigene ricercato. Durante la lettura dei preparati una delle maggiori difficoltà consiste nella determinazione della positività di una lesione: il lettore poco esperto esige che tutte le cellule di una lesione siano positive, dimenticando due fattori fondamentali: in primo luogo che l espressione dell antigene non è uniforme e costante in tutte le cellule e secondo che il livello di fissazione varia all interno dello stesso campione. Secondo gli standard ormai accettati da tutti i Centri di riferimento per l immunoistochimica si considera come positività isolata la presenza di una quota di cellule immunoreattive inferiori al 5% e quale positività focale una quantità di cellule colorate compresa fra il 6% e il 25%. Al di sopra di tale soglia e fino al 70% degli elementi positivi l immunocolorazione è considerata come reazione positiva variabile, mentre se la reazione immunoistochimica risulta colorare oltre il 70% delle cellule l immunocolorazione è considerata uniformemente positiva. Tali indicazioni però non sono di ordine assoluto, ma devono essere valutate in rapporto al campione in esame e contestualmente alle problematiche anatomocliniche che hanno indotto la richiesta di indagine immunoistochimica. Infatti, esistono in campo patologico, alcune condizioni nelle quali il riscontro di una minima percentuale di cellule positive è sufficiente per formulare la diagnosi. Nella lettura del preparato immunoistochimico è bene valutare anche l intensità di colorazione ottenuta negli elementi con vera positività. Ovviamente questo giudizio è fortemente influenzato dalla soggettività e dall esperienza del lettore. - 22 -

Quale indicazione generale si considera intensità debole l immunocolorazione riconoscibile esclusivamente a forte ingrandimento microscopico (320-400X), intensità media l immunoreattività individuabile con un ingrandimento microscopico medio (160-200X) e intensità elevata l evidenza dell immunocolorazione già a piccolo ingrandimento microscopico (80-100X). In alcune particolari situazioni alcuni Patologi utilizzano il cosiddetto immunohistochemistry scoring system (H score), il quale permette di fornire un risultato semiquantitativo dell espressione del contenuto antigenico presente nel tessuto. L H score è un punteggio attribuito al preparato in esame che deriva dal prodotto fra la percentuale delle cellule positive e il grado di intensità dell immunocolorazione. Nello schema seguente riportiamo a titolo di esempio una valutazione effettuata impiegando lo scoring system in un ipotetico caso che presenta una percentuale totale del 75% di cellule positive. Cellule positive Intensità Calcolo Risultato 10 % debole (grado 1) 10X1 10 30 % media (grado 2) 30X2 60 35 % elevata (grado 3) 35X3 105 Il risultato finale dello scoring system sarà di 175, che si ottiene dalla somma (10+60+105 = 175) delle letture delle percentuali parziali moltiplicate per il grado di immunocolorazione. Il valore dell H score è soggettivo poiché l intensità di colorazione non sempre è obbiettivabile e la lettura è difficilmente riproducibile. L applicazione del sistema dell H score è particolarmente rischiosa nell ambito delle indagini di tipo predittivo di farmaco-sensibilità poiché a parità di punteggio spesso la risposta ai farmaci è differente. Proprio per eliminare il problema della variabilità soggettiva esistente nell interpretazione dei risultati, è necessario sempre utilizzare dei controlli di qualità interni in ogni mandata analitica e controlli periodici (interni ed esterni) per monitorare l andamento della metodica IHC in laboratorio nel corso del tempo. Nonostante l Immunoistochimica (IHC) sia ormai una tecnica consolidata e ampiamente utilizzata, il controllo della qualità è ancora oggi uno dei maggiori problemi nella pratica quotidiana. - 23 -