III Le esperienze nei piani provinciali e comunali



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III Le esperienze nei piani provinciali e comunali 2 PARTE III L invarianza idraulica delle trasformazioni urbanistiche nel contesto della VAS di Davide Broccoli, Leonardo Giorgi, Paolo Mazzoli e Alberto Pistocchi 1. Introduzione Lo sviluppo urbano può determinare pesanti alterazioni della dinamica naturale del ciclo idrico, a causa di due meccanismi principali di azione: l impermeabilizzazione dei suoli e la riduzione della capacità di invaso delle superficie naturali. L impermeabilizzazione del suolo sposta porzioni anche significative delle piogge che, in condizioni naturali, si infiltrerebbero nel suolo, verso il drenaggio superficiale. Ciò ha conseguenze sia in termini di aumento delle portate in condizioni di piena, e quindi del rischio idraulico, sia in termini di riduzione della ricarica delle falde acquifere e di rilascio più rapido delle acque che in condizioni inalterate si infiltrerebbero e raggiungerebbero i corsi d'acqua solo dopo tempi più lunghi; a differenza di un bacino naturale, un bacino impermeabilizzato può presentare portate in condizioni di magra più basse, e falde tendenzialmente più profonde, inducendo una aridificazione degli ecosistemi del suolo e dei corsi d acqua. Negli ultimi decenni l urbanistica ha dedicato crescente attenzione al primo meccanismo, introducendo in vari piani territoriali norme volte a limitare le aree impermeabilizzate. Esempi classici di questo approccio negli anni 90 sono in Italia il Piano Regolatore di Reggio Emilia e una generazione di piani successivi che prescrivevano specifici indici urbanistici in tal senso. Il contenimento dell'impermeabilizzazione è sicuramente un obiettivo di per sé utile alla sostenibilità dello sviluppo urbano; è necessario mantenere una infiltrazione nei suoli il più possibile elevata. Tuttavia, ogni impermeabilizzazione, benché parziale e mitigata, comporta effetti che è opportuno mitigare. Alla fine degli anni 90, in vari piani territoriali dell'emilia Romagna (Piano Regolatore

368 Casi ed esperienze [Parte III] di Faenza, Stralci del Piano di Bacino del Reno), si è iniziato ad affermare un concetto complementare a quello di limitare l impermeabilizzazione, e cioè l idea di compensare gli effetti dell impermeabilizzazione con opportuni volumi di invaso che consentissero il rilascio graduale delle portate in eccesso in caso di piena. L idea, inizialmente proposta da Lamberti e Leoni (1997) a seguito dell analisi di piene del reticolo della bonifica bolognese in bacini precedentemente rurali ma sottoposti ad intensa urbanizzazione, è stata attuata inizialmente con norme che prescrivevano un volume di invaso minimo per unità di area sottoposta a trasformazione di uso del suolo che comportasse impermeabilizzazioni. Tale regola, molto semplice da applicare, presenta tuttavia tre inconvenienti: la relativa arbitrarietà della scelta del volume di invaso richiesto (che inizialmente è stato posto pari a 500 m 3 /ha); la difficoltà di imporre un simile valore di volume di invaso, relativamente elevato e quindi potenzialmente costoso, a interventi di piccola dimensione che, conseguentemente, ne sarebbero esenti anche se il loro effetto cumulato potrebbe assumere notevole importanza; in presenza di una regola relativamente rigida, i progettisti non sono incentivati a cercare di mantenere le superficie permeabili il più possibile estese all interno delle aree di trasformazione (ad es. realizzando parcheggi con pavimentazioni drenanti). Per superare questi tre inconvenienti, Pistocchi (2001) ha introdotto uno specifico metodo di valutazione, che consente di calcolare il volume di invaso necessario a mantenere la portata di piena di progetto invariata rispetto alle condizioni precedenti la trasformazione di uso del suolo. Il metodo richiede la valutazione della percentuale di area interessata da trasformazioni che diviene impermeabile, e consente di calcolare un volume di invaso conseguentemente proporzionale alla effettiva imperemabilizzazione. Il metodo consente la riduzione dell arbitrarietà nella valutazione del volume di invaso (anche se permangono criteri di tipo parzialmente convenzionale), e soprattutto può essere applicato con gradualità a tutte le opere che comportano una impermeabilizzazione, ed incentiva i progettisti in ciascuna situazione a ridurre al minimo necessario le impermeabilizzazioni. Il metodo, sviluppato nel contesto del Piano Regolatore del Comune di Cesena (Dall Ara e Pistocchi, 2000), è stato poi fatto proprio dal Piano Stralcio per il Rischio Idrogeologico dell Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli a partire dal 2001. 2. Il metodo: realizzazione degli invasi di compensazione delle impermeabilizzazioni Secondo tale metodo, la misura del volume minimo d invaso da prescrivere in aree sottoposte a trasformazione, detta I la quota dell area che viene trasformata e P la quota che viene lasciata inalterata (tale che I+P=1, ovvero il 100% dell area), è data da: w=w (Ø/Ø ) (1/(1-n)) - 15 I w P (1) essendo w = 50 mc/ha, Ø=coefficiente di deflusso dopo la trasformazione, Ø =coefficiente di deflusso prima della trasformazione, n un parametro noto in idro-

Le esperienze nei piani provinciali e comunali [III,2] 369 logia come esponente della curva di possibilità climatica che, per i casi di maggiore interesse, vale 0.48. Il volume così ricavato è espresso in mc/ha e deve essere moltiplicato per la superficie territoriale dell intervento, a prescindere dalla quota P che viene lasciata inalterata. Per la stima dei coefficienti di deflusso Ø e Ø si fa riferimento alla relazione convenzionale (studiata in modo da penalizzare le impermeabilizzazioni sovrastimandone i coefficienti di deflusso, al contempo sottostimando i coefficienti di deflusso delle parti permeabili): Ø =0.9Imp + 0.2 Per (2 a) Ø=0.9Imp+ 0.2 Per (2 b) in cui Imp e Per sono rispettivamente le quote dell area totale da ritenersi impermeabile e permeabile, prima della trasformazione (se connotati dall apice ) o dopo (se non c è l apice ). Una volta definito il volume necessario a compensare una certa impermeabilizzazione del suolo, la sua realizzazione pratica richiede di collocarlo a monte del punto di scarico dell'area trasformata nel reticolo di drenaggio. Di regola, le soluzioni più economiche e di minore impatto sono date da aree verdi allagabili, o dall invaso su tetti. L Autorità dei Bacini Romagnoli ha predisposto indicazioni di massima in una Direttiva specifica. In termini operativi, i comuni possono definire gli indici di fabbricazioni inserendo sistematicamente, attraverso metodi semplici e facilmente generalizzabili, nelle valutazioni tecnico-economiche ed ambientali anche la necessità di mantenere invariati i colmi di piena proveniente dai lotti di trasformazione e in particolare di nuova edificazione. In questo modo, è possibile lasciare al singolo progettista la scelta del tasso di impermeabilizzazione connessa ad una trasformazione di uso del suolo, associandovi in maniera diretta un intervento mitigativo proporzionato, e si può consentire l applicazione del criterio dell invarianza idraulica delle trasformazioni urbane non solo a grandi interventi (come ad esempio le aree produttive) ma a tutte le trasformazioni d uso del suolo, in modo certamente più equo ed efficace. Fisicamente, questi volumi potranno essere ricavati con il sovradimensionamento dei collettori fognari dotati di opportuni dispositivi di efflusso, oppure realizzando vere e proprie vasche che, se ben progettate, assumono anche valenze paesaggistiche. È, per inciso, da rimarcare che l efficacia degli invasi di laminazione delle piene di cui si sta parlando è esclusivamente locale, per cui invasi sovradimensionati in un lotto non servono, in generale, a compensare effetti negativi prodotti altrove. 3. L invarianza idraulica delle trasformazioni urbanistiche e la valutazione ambientale strategica La relazione (1) è stata applicata al territorio della Provincia di Napoli, valutando le frazioni permeabili ed impermeabili in base all uso del suolo attuale ed ipotizzando una condizione iniziale di territorio completamente permeabile (Per =1). In tal modo si può

370 Casi ed esperienze [Parte III] calcolare la distribuzione dei volumi di invaso richiesti per riportare le portate di piena a valori propri del territorio naturale. Tale distribuzione si associa ad un costo da sostenere per riportare il territorio ad un comportamento idrologico corrispondente allo stato precedente l urbanizzazione. Si tratta pertanto di un indice di artificializzazione idrologica del territorio urbanizzato. La figura 1 mostra una simile valutazione riferita al territorio della provincia di Napoli. Figura 1 Volume di invaso richiesto per ripristinare la rispsota idrologica in caso di piena corrispondente ad assenza di urbanizzazione. In modo complementare, il metodo può essere impiegato per valutare l impatto delle trasformazioni di uso del suolo previste da un piano in termini di aggravio delle piene che il reticolo di drenaggio deve smaltire. In particolare, il confronto fra il volume di invaso richiesto per riportare il bacino alle condizioni precedenti l urbanizzazione, ed il volume richiesto per non alterare la condizione attuale, fornisce una misura della rilevanza del problema nel contesto in cui opera il piano. In entrambe le modalità, il metodo può quindi essere proposto per la valutazione ambientale di piani e progrmami in termini di impermeabilizzazione del suolo. L urbanizzazione provoca una più ampia alterazione del ciclo idrologico (inquinamento da dilavamento e acque di prima pioggia, riduzione della ricarica della falda e delle portate di magra) che non vengono presi in considerazione attraverso la valutazione del volume di invaso. Tuttavia, un territorio dotato di maggiore capacità di invaso è un

Le esperienze nei piani provinciali e comunali [III,2] 371 primo passo verso la minimizzazione degli effetti di aggravio delle piene fluviali e dei rischi idraulici associati, e fornisce opportunità significativamente potenziate di interventi integrati, che coniugano gli aspetti idraulici con quelli di più ampia gestione delle risorse idriche. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI LIBRI L. GIORGI, A. PISTOCCHI, D. BROCCOLI e A.BRATH, La problematica dei territori di pianura sottoposti a rapida urbanizzazione, in E.M. Ferrucci, A. Pistocchi (a cura di), «Le analisi idrologico-idrauliche per la pianificazione di bacino. Manuale operativo di caratterizzazione del rischio idraulico», Rimini, Maggioli, 2004. A. PISTOCCHI e O. ZANI, L invarianza idraulica delle trasfromazione urbanistiche: il metodo dell'autorità dei bacini regionali romagnoli, Atti XXIX Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche, Trento, vol. 3, 2004, pp. 107-114. A. PISTOCCHI, L invarianza idraulica delle trasformazioni urbanistiche, in L.Santini e D. Zotta (a cura di), Atti III conferenza nazionale Input 2003: informatica e pianificazione urbana e territoriale Costruzione e gestione della conoscenza, Firenze, Alinea, 2003. P. LAMBERTI e G. LEONI, Problematiche delle reti di bonifi ca in aree fortemente antropizzate: il caso della bonifi ca renana nel territorio della bassa bolognese, in A. Brath, U. Maione, (a cura di), Atti del Corso di Aggiornamento Moderne tecniche e criteri per la sistemazione dei corsi d acqua in territori fortemente antropizzati Politecnico di Milano, Bios Ed., 1997. PERIODICI A. PISTOCCHI, La valutazione idrologica dei piani urbanistici: Un metodo semplifi cato per l invarianza idraulica dei piani regolatori generali, «Ingegneria Ambientale», vol. XXX, n.7/8, 2001, pp. 407-413. E. DALL ARA e A. PISTOCCHI, Gradienti paesaggistici nel piano ed invarianza idraulica, in A.Biscaglia e P. Vitillo, «Cesena, PRG e tutele ambientali», Urbanistica Quaderni Archivio, Suppl. Urbanistica, n. 117, 2002, pp. 112-127. IN RETE http://www.regione.emilia-romagna.it/baciniromagnoli/diret_idra.htm.