LE OPINIONI FORMAZIONE ON LINE. Una nuova opportunità



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La Rivista del Consiglio Le opinioni LE OPINIONI Una nuova opportunità FORMAZIONE ON LINE Con l introduzione del sistema della formazione continua si sono moltiplicati i corsi di aggiornamento per gli avvocati. In un contesto di formazione tradizionale vai la pena sottolineare la novità della formazione on line introdotta dal nostro Ordine. Il sistema è articolato sui due pilastri della formazione video registrata e della formazione attraverso il caso giuridico. La prima è partita circa un anno e mezzo fa mentre la secondo è on line da 10 mesi. I video corsi realizzati in collaborazione con TVA (circa 20 on line al momento) hanno per oggetto registrazioni di seminari tenutisi in aula o lezioni svolte da colleghi e realizzate proprio per questo specifico strumento, e sono fruibili semplicemente collegandosi via computer purché dotato di scheda audio per poter ascoltare la lezione. Il vantaggio rispetto alla lezione in aula è quello di poter interrompere l ascolto e poterlo riprendere in un secondo momento. Completamente diverso il sistema SEDLEX basato sul caso giuridico. In questo caso il collega sì trova di fronte ad un testo contenente un caso dialogato e sceneggiato, che consente all utente di calarsi nella realtà lavorativa rendendo quindi la formazione meno nozionistica e più pratica. Il caso è accompagnato da un apparato critico nel quale sono raccolte le norme, la giurisprudenza e la dottrina più aggiornata, riguardo al caso che dovrà essere affrontato, cene consente l apprendimento e l approfondimento teorico. Inoltre vi è la possibilità di stampare i materiali formativi in pdf, cosa che consente all avvocato di poterli consultare durante l attività lavorativa. Ogni corso infatti si basa su un dossier Per la formazione a distanza di norma viene riconosciuto un credito per caso, salvo che non si tratti di lezioni particolarmente lunghe, nel qual caso si possono avere anche più crediti. 31

Le opinioni La Rivista del Consiglio La formazione a distanza ha avuto un successo notevole. Si pensi che già oltre 4.000 gli avvocati che hanno aderito e hanno acquisito crediti formativi cori il nuovo programma di formazione a distanza attraverso il caso giuridico (SEDLEX), certamente quello più innovativo. Ancora più significativo il dato sul gradimento atteso che i temi trattati sono apprezzati dal 90% degli iscritti, il metodo usato è considerato utile, se non molto utile, da oltre il 70% dei partecipanti e l approfondimento dei contenuti è considerato rilevante (da abbastanza a molto rilevante) da circa il 90% degli avvocati (rilevamento questionario di gradimento SEDLEX). L Ordine degli Avvocati di Milano mette tutti gli avvocati iscritti all Ordine di Milano in condizione di accedere gratuitamente ai corsi relativi alle materie obbligatorie (deontologia, previdenza e ordinamento forense). I corsi relativi alle altre materie sono invece a pagamento. Si può accedere ai corsi sia passando dal sito Riconosco (https://secure.dcssrl.it/eventicoamilano/) e cliccando sui corsi di interesse sia dal sito dell Ordine Maggio 2011 Sergio Barozzi Consigliere Ordine Avvocati di Milano 32

La Rivista del Consiglio Le opinioni L ISTITUTO DELLA MEDIAZIONE può, e in che misura, essere un utile alternativa alla giustizia civile? Mentre la discussione è accesa tra gli operatori della giustizia e a livello istituzionale si è in attesa della decisione della Consulta, investita dal TAR del Lazio, circa il giudizio di costituzionalità relativo al D.L. 4 marzo 2010 n. 28 e al conseguente regolamento attuativo di cui al D.M. del 18/09/2010 n. 180, si sono costituiti e sono stati riconosciuti dal Ministero della Giustizia, già alcune centinaia di Organismi che si sono strutturati per sostenere il ruolo della mediazione ai fini conciliativi, così come previsto dalla legge nazionale emanata anche in attuazione della direttiva europea. Coloro che, come chi scrive, hanno aderito a partecipare al corso di formazione base per mediatori, possono riferire con più completezza sul funzionamento e sulle prospettive dell istituto nuovo, in quanto generalizzato, per l Italia e per molte altre nazioni europee. L istituto nasce nei paesi anglosassoni e in particolare negli USA, dove incontra un notevole successo. Peraltro, anche in Italia l istituto, a carattere volontario, è praticato con un certo successo presso le Camere di Commercio soprattutto nel settore dei rapporti commerciali, mentre altri settori, come quelli delle controversie bancarie, finanziarie e assicurative, godono di trattamenti sostitutivi rispetto al normale contenzioso giudiziario. Tali procedure sono caratterizzate da una notevole rapidità e svolgono anche una funzione deflattiva del carico giudiziario civile della magistratura ordinaria. Il legislatore italiano, recependo la direttiva europea, pare essere andato oltre la legge delega, rendendo obbligatoria la mediazione preventiva. pena l improcedibilità giudiziaria, in numerose e importantissime tipologie di controversie civili, scatenando reazioni notevoli nel mondo giudiziario corrente. Lasciando per ora da parte la fondatezza o meno delle ragioni esposte dal ceto legale, riteniamo opportuno richiamare l attenzione degli operatori sull impatto che l istituto potrà avere verso il comune cittadino, piuttosto provato dall andamento attuale della giustizia ordinaria. La legge comune, peraltro eccessivamente datata, così come codificata e applicata da molti decenni nei nostri tribunali, non è di eccessivo ausilio specie per lo sviluppo esponenziale dei commerci e in genere di tutti i rapporti giuridici che negli ultimi cinquant anni in particolare hanno avuto uno sviluppo e modifiche ad ampio respiro internazionale, sia per quanto concerne la natura, che per quanto concerne l importanza. La legge e il processo attuale faticano non poco a stare al passo con lo sviluppo tecnologico e psicologico mondiale. 33

Le opinioni La Rivista del Consiglio Gli USA, da cui la vecchia e gloriosa Europa, con molto ritardo, recepisce gli spunti innovativi, essendo più al passo con i tempi, hanno compreso che i veri motivi che generano la maggior parte dei contrasti di diritto tra i contraenti, i vicini e in generale tra gli uomini, sono più profondi, e talvolta reconditi rispetto alle leggi che spesso sono invocate e fatte valere in sede giudiziaria pretestuosamente, come cortina fumogena degli effettivi e reali interessi che si intendono perseguire. Per l individuazione di tali interessi occorrono tecniche molto raffinate. Spesso, scavando sotto i pretesi diritti fatti valere in giudizio, si scoprono i veri interessi che contrappongono le parti in contesa tra loro. L esempio tipico è dato dal contrasto tra i genitori separati o separandi in ordine all affidamento dei figli. I matrimonialisti ne sanno qualcosa! Di questa tecnica gli statunitensi sembrano divenuti maestri. Si tratta della conduzione attenta della contesa improntata all osservazione psicologica delle parti contrapposte in modo tale da farle sentire a loro agio nell incontro di mediazione. Il mediatore, senza dar mostra di parteggiare per l una o l altra tesi, deve apparire comprensivo delle rispettive istanze, lasciando che il dialogo si svolga senza inibizioni e con spontaneità, fino a quando saranno le parti stesse a raggiungere un accordo che le soddisfi entrambe nei propri effettivi e reali interessi. In effetti già il nostro vigente codice civile dà un input importante a questa modalità procedurale, allorquando all art. 1965 2º comma C.C. tratta della transazione, che consente l allargamento della materia di indagine e di risoluzione a rapporti anche diversi da quello esplicitamente oggetto della controversia. L impressione che si trae da questa metodologia non è pertanto sfavorevole se finalizzata all introduzione di un sistema utile e alternativo alla giustizia civile che, viceversa, applica con rigidità le norme positive di diritto. Si deve ritenere, tuttavia che, a parte parecchi casi di persone già esperte, particolarmente dotate di capacità di analisi psicologica, di doti diplomatiche e di concretezza e adeguata cultura giuridica, per preparare, in avvenire, i mediatori che siano in grado di risolvere le liti con successo, occorrerà prevedere tra gli esami universitari l inserimento di una materia riguardante la tecnica psicologica per la mediazione conciliativa, materia eventualmente da affiancare alla normale procedura civile. Milano, 6 giugno 2011 Matteo De Stasio Avvocato in Milano 34

La Rivista del Consiglio Le opinioni PRIME OSSERVAZIONI Processo civile telematico e D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 Il 18 maggio 2011 è entrato in vigore il DM 21 febbraio 2011 nº 44 pubblicato in G.U. 18 aprile 2011. Di seguito alcune mie osservazioni dell impatto che esso avrà nel PCT. 1. Secondo il DM in esame (art 16) i depositi degli atti telematici si attuano tramite PEC ordinaria. Il deposito si ha per eseguito (tecnicamente la comunicazione per via telematica si ha per perfezionata) nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna breve da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli artt. 45 e 48 del CAD (fin qui tutto bene si potrebbe dire, finalmente una norma chiara che consente all avvocato di avere prova certa della data di deposito del proprio atto). Peccato che regole tecniche della PEC (DM 2-11-2005) all art. 13 prevedano che: Qualora il gestore del mittente non abbia ricevuto dal gestore del destinatario, nelle dodici ore successive all inoltro del messaggio, la ricevuta di presa in carico o di avvenuta consegna del messaggio inviato, comunica al mittente che il gestore del destinatario potrebbe non essere in grado di realizzare la consegna del messaggio. Qualora, entro ulteriori dodici ore, il gestore del mittente non abbia ricevuto la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio inviato, inoltra al mittente un ulteriore avviso relativo alla mancata consegna del messaggio entro le 24 ore successive all invio, così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 2005. Tradotto in altre parole: ipotizziamo l avvocato che abbia un atto in scadenza il 19 maggio e che in tale data proceda al deposito tramite PEC. Se il messaggio di posta (per qualsiasi ragione non escludibile ed anzi probabile con l uso degli strumenti informatici) non venisse accettato dal gestore del ricevente, il mittente (avvocato) lo verrebbe a sapere a 24 ore dal tentato deposito, quindi a termine ormai scaduto. 2. Quanto alla prova del deposito degli atti effettuati tramite PEC va osservato che, come riferito al punto precedente, il gestore di posta certificata del sistema Giustizia rilascia agli avvocati solo la ricevuta breve dei depositi effettuati con PEC (art. 16). Test effettuati dal Ministero danno tranquillità del fatto che la ricevuta 35

Le opinioni La Rivista del Consiglio breve conterrà l hash (che, con linguaggio atecnico, possiamo definire come un file costituito da una stringa di caratteri alfanumerici che individua in modo univoco il messaggio originale trasmesso - allegato compreso -, in modo da poter dimostrare in ogni momento la coincidenza tra quanto spedito e quanto ricevuto/depositato in ambito PCT). Per mero dovere di cronaca aggiungo che test da me eseguiti mediante utilizzo della PEC in uso agli avvocati (quindi su server di posta certificata diversi da quello ministeriale) non hanno restituito l hash. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che tale file è prodotto dal gestore di posta destinatario (quindi da quello ministeriale) mentre il mio test, per ragioni oggettive (non essendo il sottoscritto abilitato alla sperimentazione sul gestore ministeriale), è stato effettuato sui server di uno dei gestori ordinari di posta certificata. 3. L avvocato e la cancelleria dovranno conservare le ricevute di accettazione e di consegna per ogni invio (oneri di archiviazione e cartacei). La circostanza che tale attività verrà svolta da software a ciò dedicati non supera il problema introducendo anzi l ulteriore problema dell efficienza del sistema. 4. I gestori di posta certificata per legge devono conservare i log delle trasmissioni per trenta mesi - art. 11 comma 2 DPR 11-2-2005 n. 68 (quello Ministeriale ex art. 4 comma 3 DM in commento. Il Ministero della giustizia garantisce la conservazione dei log dei messaggi transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata per cinque anni. ). Giusto per intenderci il log potrebbe, con improprietà di linguaggio ma per semplicità espositiva, essere paragonato ai registri di passaggio di cancelleria (quelli, sempre per intenderci, che quando non si trova un fascicolo o altro consentono di risalire a tutte le manipolazioni subiti dagli stessi sino a trovarlo). Credere che un processo si concluda in 30 mesi ovvero 5 anni è ingenuità (per non dire altro). 5. Per cause con dati sensibili (sinistri, malpractice, lavoro, separazioni ecc...) l avvocato che tratta abitualmente tali dati non potrà più ricevere dal mondo giustizia i provvedimenti in formato integrale ma solo per estratto, infatti il testo integrale dell atto sarà messo a disposizione dell interessato sul portale dei servizi telematici (ex art. 51 comma 1 DL 112/2008 come modificato dall art 4 DL 193/2009 convertito con modificazioni in L 22-2-2010 n. 24). Quindi maggiori oneri di lavoro e ridondanza di connessioni telematiche. 6. Il sistema di PEC (ordinaria) è applicabile solo nel caso dell art. 170 36

La Rivista del Consiglio Le opinioni cpc primo comma (ex art. 51 DL 25-6-2008 112, come modificato dal DL 193/2009 convertito in legge 22 febb 2010 nº 24) e non in quelli dei comma due e tre del medesimo articolo per i quali si manterrà il sistema attuale di CPECPT (posto che l art. 16, 4º comma DPR 68/ 2005 - istitutivo della PEC - non è stato abrogato e prevede testualmente che Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative. ) 7. Al futuro portale dei servizi telematici del sistema giustizia si accederà con carta di identità elettronica o con carta dei servizi - art. 64 comma 1 DL 82/2005 - o (se autorizzati art 64 comma 2 Dl 82/2005) con la smart card e la business key che usiamo ora. 8. quindi l avvocato dovrà utilizzare: 8a la PEC ordinaria per comunicare ex art. 170 1º comma; 8b la CPECPT (smart card e business key già in uso attualmente) per comunicare ex art. 170 2º e 3º comma; 8c la carta dei servizi per accedere al portale dei servizi telematici. 9. Tralascio, per ora, il mondo a sé delle notifiche. Mi limito a riferire che per quelle tra colleghi (limitatamente ai casi ove ciò è possibile) si dovrà, dapprima, farsi autenticare in analogico l atto (art. 4 L 53/1994) per poi acquisirlo digitalmente e trasmetterlo telematicamente (non mi pare un sistema coerente con un processo che si vuol definire telematico) e per quelle nelle quali l ufficiale giudiziario converte il file digitale ricevuto dall avvocato in analogico e lo notifica a soggetto non dotato di pec non è più tenuto a ritrasmettertelo con la relata di notifica per via telematica (l art. 17 ultimo comma DM 21 febbraio 2011 nº 44 si interrompe, infatti, con la previsione delle mera notifica al destinatario non essendo stato in esso riproposto il comma di chiusura di cui all art. 6 DPR 13-2-2001 n. 132 secondo il quale Eseguita la notificazione, l ufficiale giudiziario restituisce per via telematica l atto notificato, munito della relazione della notificazione attestata dalla sua firma digitale ) In altre parole: con il malpensato DM 44/2011 l ufficiale giudiziario - nel caso accennato - riceve l atto lo notifica e non deve più restituirlo o dare notizia al notificante della notifica se eseguita o meno (a tacere d altro sarebbe bastato ricopiare un norma già scritta per evitare complicazioni interpretative). 10. (e varie) Ometto di trattare le conseguenze del fatto che Il DM 21-2- 37

Le opinioni La Rivista del Consiglio 2011 nº 44 doveva essere emanato dal Ministero dell Innovazione di concerto con quello di competenza (Giustizia) mentre è stato emesso dal Ministero della Giustizia. Accenno solo al fatto che il DM 21-2- 2011 nº 44 NON È regolamento governativo, come lo è quello di cui al DPR 123/2001 istitutivo del PCT e quindi non può abrogare le norme di quest ultimo (il realtà il DM 21-2-2011 non parla di abrogazione ma testualmente scrive cesseranno di avere effetto nel processo civile... ). Rimane da verificare quale giudice disapplicherà il DPR 123/2001 (di rango superiore) a favore delle DM 21-2-2011 nº 44. Se ciò dovesse accadere sono sin d ora prevedibili eccezioni processuali che verranno portate sino alle magistrature superiori. Quanto sopra sono solo meri accenni, non esaustivi, dell intera materia, sui principali problemi introdotti dapprima con il DL 193/2009 ed ora con il DM 44/2011. In calce riporto trascritte parte di alcune mie slides (predisposte per un convegno del 2010) che rimangono di attualità. La speciale attenzione che mi impegna da più di vent anni nell applicazione degli strumenti informatici al mondo del diritto mi porta ad una certa passionalità espositiva per la quale mi scuso nella speranza che chi mi leggerà apprezzi il miglior spirito del mio dire che, quale unica finalità, ha il funzionamento degli strumenti telematici a servizio dell avvocatura e del mondo giustizia in genere. Per mero esercizio personale aggiungo che sto pensando ad un processo telematico ideale nel quale l informatica venga utilizzata per quello che realmente serve: ridurre in sicurezza l intervento umano favorendo l impiego delle risorse, anche solo energetiche, risparmiate in attività tipiche dei vari soggetti del processo stesso. Maurizio Sala Avvocato in Milano, Bucarest e Mosca L art 4 del Decreto Legge 193/2009 (convertito con modificazioni in legge 22 febb 2010 n 24) l art. 16 comma 4 del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (regolamento per l utilizzo della PEC) che vieta l uso della PEC nel processo civile non è stato abrogato. il riformato art. 51 DL 112/2008 comma 1 consente (tra gli altri) l uso 38

La Rivista del Consiglio Le opinioni della PEC per le notificazioni e comunicazioni di cui all art. 170, primo comma, c.p.c. quindi la PEC non è utilizzabile (ad esempio) nei casi di cui all art 170 3º comma (notificazioni e comunicazioni alla parte costituita personalmente) e 4º comma cpc (scambio di comparse e memorie consentite dal giudice). Ad avviso di chi scrive non è possibile sostenere la tesi, pure proposta, di abrogazione implicita dell art. 16 comma 4 DPR 68/2005 perché: ciò contrasterebbe con l art. 13-bis della legge 23-8-1988 n. 400 che sotto la rubrica Chiarezza dei testi normativi recita: Il Governo, nell ambito delle proprie competenze, provvede a che: (a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate; nel parere obbligatorio (chiesto ed offerto) dal CSM alla Commissione Giustizia della Camera in sede di lavori per la conversione in legge del DL 193/2009 era stata rilevata la discrasia sopra denunciata, ma nel testo convertito in Legge 24/2010 non è stato ritenuto di abrogare l art. 16 4 co DPR 68/ 2005, con evidente volontà di mantenerlo. L art. 4 terzo comma DL 193/2009, come detto, ha riformato l art. 51 del DL 25 giugno 112/2008 il cui comma 1 seconda parte recita testualmente che: La notificazione o comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall amministrazione, dell atto integrale cui il destinatario accede mediante gli strumenti di cui all articolo 64 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 art. 64. Modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni. 1. La carta d identità elettronica e la carta nazionale dei servizi costituiscono strumenti per l accesso ai servizi erogati in rete dalle PA per i quali sia necessaria l autenticazione informatica. 2. Le PA possono consentire l accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l autenticazione informatica anche con strumenti diversi dalla carta d identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, purché tali strumenti consentano di accertare l identità del soggetto che richiede l accesso. LA PEC nel processo ricevuta di accettazione (recte presa in carico) 39

Le opinioni La Rivista del Consiglio ricevuta di consegna le prove delle notifiche (necessità di conservazione delle ricevute) il problema dell ultimo miglio la ricevuta di consegna è rilasciata solo al mittente dell atto quindi il difensore della parte che non ha eseguito l invio telematico non ha la possibilità di sapere se il difensore dell altra parte (che avrebbe dovuto seguire un invio telematico) abbia o meno rispettato il termine a suo carico La cancelleria dopo aver distinto tra atti contenenti dati sensibili e non prodotto l estratto dei secondi eseguita la notifica tramite PEC dell estratto messo a disposizione sul sito internet il testo integrale dell atto contenente i dati sensibili ed associato le due ricevute di presa in carico e di consegna della PEC potrà chiudere il fascicolo In Udienza per il caso di mancanza delle ricevute PEC ipotesi A il giudice si collega telematicamente al fascicolo informatico ed accerta l avvenuta comunicazione del biglietto di cancelleria e prosegue l udienza ipotesi B il giudice comunica all avvocato che non può proseguire nell udienza in assenza dell altro difensore (ipotizziamo il caso più semplice di giudizio con due sole parti) B1 l avvocato si reca in cancelleria ottiene la stampata delle due ricevute, torna dal giudice dimostrando l avvenuta comunicazione alla controparte e l udienza si tiene B2 l avvocato non ottiene la copie delle due ricevute e deve chiedere un rinvio, il giudice con ordinanza manda alla cancelleria di effettuare le comunicazioni di rito (con rischio di ripetizione della problematica prospettata anche all udienza successiva) L art. 4 comma 8 lettera d DL 193/2009, come detto, ha introdotto nel cpc il nuovo terzo comma dell art. 149 bis secondo il quale: La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario Ciò significa che: la notifica si ha per eseguita indipendentemente dal fatto che il soggetto destinatario (l avvocato ad esempio) abbia letto il documento oggetto di notifica non è previsto un meccanismo simile a quello della compiuta giacenza nel processo analogico 40

La Rivista del Consiglio Le opinioni l attestazione dell avvenuta notifica (coincidente con la ricevuta di consegna del gestore centrale) è demandata al gestore PEC del destinatario, quindi ad un soggetto privato (che pur svolge funzione pubblica) Inoltre i messaggi PEC sono diffusi in internet su canali sicuri ma vengono memorizzati sui server dei gestori in chiaro, il gestore PEC deve tenere disponibili i log dei messaggi per trenta mesi (attesi i tempi di durata di un giudizio e gli effetti che la mancata possibilità di dimostrare l avvenuta notifica di un atto - anche a distanza di molto tempo dalla sua effettuazione - possono avere nel processo, lasciamo al lettore ogni opportuna riflessione), la ricevuta rilasciata dal gestore PEC contiene alcuni elementi relativi alla trasmissione email (indirizzo mittente, indirizzo destinatario, data, ora) mentre con riferimento al contenuto del messaggio non dice nulla di più che il nome del documento ad essa allegato (in buona sostanza: se l allegato denominato, ad esempio, contratto è vuoto, la ricevuta emessa dal gestore PEC certificherebbe solo che a quella determinata mail era allegato un documento denominato contratto nulla aggiungendo sul contenuto di esso per dimostrare eventuali disfunzioni del sistema l avvocato dovrà produrre il log del gestore di posta (ricordiamo che i gestori di posta iscritti nelle liste CNIPA che, quindi, possono somministrare il servizio PEC, sono 23) mentre oggi (con il collegamento tramite il punto d accesso) diciamo - un po atecnicamente - che l interlocutore è uno solo: il Dominio Giustizia In altre parole: ancorché i punti di accesso siano esterni al SiCi essi sono controllati dal Ministero Giustizia che ha, evidentemente, specifico interesse al regolare funzionamento del processo e dei suoi strumenti (anche tecnici) che costituiscono il sistema giustizia, al contrario i gestori PEC sono controllati dal CNIPA in modo meno stringente e fornisco una serie di servizi non necessariamente collegati al sistema giustizia. 41

Le opinioni La Rivista del Consiglio L AUDIZIONE DEL MINORE VITTIMA DI ABUSO NORMATIVA E PRASSI 1. L acquisizione delle dichiarazioni del minore tra l esigenza dell accertamento del fatto e la tutela della personalità L audizione del minore nel circuito processuale vigente è un momento cruciale del procedimento che lo coinvolge a qualunque titolo, sia esso autore di reato, vittima o testimone. In particolare, quando si ha a che fare con un minore vittima di reato, nella maggior parte dei casi egli è anche l unico testimone. Questo binomio deve comportare una particolare attenzione sulla strutturazione delle modalità di assunzione della testimonianza del minore, della valutazione della sua capacità a testimoniare e della valutazione, da ultimo, delle sue dichiarazioni come fonte di accusa. L acquisizione delle dichiarazioni del minore vittima di reato dovrà avvenire, dunque, rispettando la tutela di due esigenze: l accertamento del fatto secondo i requisiti idonei a garantire la genuinità e l attendibilità della prova e la tutela della personalità del minore. Questo binomio teleologico è garantito dal rispetto di tre momenti processuali molto complessi e delicati, ovvero la valutazione della capacità testimoniale del minore, l audizione dello stesso, la valutazione della sua testimonianza. Uno dei principi fondamentali del rito accusatorio introdotto nel nostro Paese nel 1988 è costituito dalla formazione delle prove in giudizio nel contraddittorio tra le parti. È il principio dell oralità e del contraddittorio affermato dall art. 111 della Costituzione che è e deve essere un nodale punto di riferimento del nostro processo. Alla luce di questo principio, le prove raccolte nelle fasi preliminari al giudizio non sono tendenzialmente utilizzabili, se non per contestare ai testimoni eventuali dichiarazioni difformi rese davanti al pubblico ministero alla polizia giudiziaria o al difensore durante le investigazioni difensive. Devono quindi essere ripetute, formate in giudizio, perché ivi possano essere utilizzate dal giudice che dovrà valutarle ai fini della decisione. Se tuttavia, l attesa del dibattimento per la formazione della prova comporterebbe dispersione o inquinamento, allora, attraverso lo strumento dell incidente probatorio è possibile anticipare il momento astrattamente riservato al dibattimento ad una fase ad esso preliminare, che nella maggior parte dei casi si colloca in quella delle indagini. 42

La Rivista del Consiglio Le opinioni Le ipotesi di tale anticipazione sono tassativamente indicate dall art. 392 c.p.p. che, unitamente ai seguenti, disciplina, sempre nel rispetto delle garanzie del contraddittorio, ovvero alla presenza del pubblico ministero, delle parti e dei difensori, sotto la direzione del giudice per le indagini preliminari, la raccolta anticipata della prova che sarà, in tal modo, direttamente utilizzabile in dibattimento, quando verrà celebrato. Lo si è detto: un elemento costante dell abuso sessuale è la sua consumazione in un contesto inaccessibile a terzi. Il minore è solo con chi ne abusa ma non ci sono altri testimoni. Ecco, dunque, che la sua narrazione viene ad assumere un valore privilegiato e irrinunciabile, perché diventa il centro di tutta la materia probatoria. Spesso, infatti, il sospetto di comportamenti abusivi - quando non è sollecitato direttamente da un adulto che ha notato nel minore comportamenti disturbati o sintomi di sofferenza - muove da una rivelazione del minore (resa in maniera più o meno consapevole o esplicita), ad un adulto di riferimento, il quale a sua volta la comunicherà all autorità giudiziaria. Questa figura assumerà nel corso del dibattimento la veste di testimone de relato. In quest ultima fase si pone il problema di come utilizzare nel processo questo suo patrimonio di conoscenze indirette, che per assurgere a livello di prova piena, valutabile a tutti gli effetti dall organo giudicante, dovrà necessariamente passare attraverso il filtro dell art. 195 c.p.p.. Alla luce di tali principi, anche quando la condotta asseritamente lesiva dei diritti di un minore sia comunicata alle autorità competenti dall adulto che ha ricevuto la confidenza direttamente dal minore, si dovrà assumere la testimonianza dello stesso perché la rivelazione possa essere valutata a fini decisori la sede idonea è quella dell incidente probatorio. 2. La valutazione della capacità di testimoniare del minore Un importante sentenza della Suprema Corte in tema di valutazione della testimonianza minorile nei reati sessuali, afferma che la valutazione del contenuto delle dichiarazioni del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazioni delle complesse indicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame sia dell attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, sia della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Proficuo è l uso dell indagine psicologica che concerne due aspetti fondamentali: l attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità (Cass. pen., sez. III, 26 maggio 2003, n. 22935). 43

Le opinioni La Rivista del Consiglio Il riferimento normativo è naturalmente all art. 196 c.p.p. con riferimento al quale è inutile affermare che dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere pienamente ammissibile la testimonianza di minori di anni 14 (Cass. pen., sez. VI, 11.03.2008, Dottore Stagna, ANPP, 2009, 808), anche se si tratta di bambini in tenerissima età (Cass. pen., sez. II, 6.03.2003, Artico, GD 2004, 5, 93). Tuttavia, se è vero che nel sistema normativo non sussistono preclusioni o limiti alla capacità del minore di rendere testimonianza, ciò non affranca il giudice dal dovere di controllare le attitudini e la capacità del minore a testimoniare con impegno assai più solerte e rigoroso rispetto al generico vaglio al quale sottopone un testimone adulto. A tal fine può rivelarsi necessario il ricorso allo strumento dell indagine psicologica per verificare sotto il profilo intellettivo e affettivo, la concreta attitudine del minore a testimoniare, la sua capacità a recepire informazioni, a comprendere le domande e ad elaborare risposte, a non confondere la fantasia con la realtà, a ricordare, a raccordare tra loro le informazioni che ricorda, a esprimerle in una visione completa. Elementi tutti che vanno stimati in base all età del minore, al contesto in cui vive, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e alla natura dei suoi rapporti familiari, ciò anche al fine di escludere qualsiasi esperienza esterna di sollecitazione o suggestione. Tuttavia, se da un lato è vero che tale valutazione è imprescindibile, dall altro il ricorso all indagine psicologica attraverso lo strumento della perizia non è necessario se tale capacità risulta evidente dalle condizioni cognitive del minore e dall assenza di predisposizione alla confusione tra fantasia e realtà. La giurisprudenza sul punto si è pronunciata fermamente: In tema di valutazione della testimonianza del minore persona offesa del reato di violenza sessuale, non ricorre la necessità di indagine (peritale) psicologica in relazione alle dichiarazioni di persona adolescente, la cui naturale maturazione è connessa all età, ove si possa escludere la presenza di elementi, quali una particolare predisposizione all elaborazione fantastica o alla suggestione, tali da rendere dubbio il narrato (Cass. pen., sez. III, 31.03.2010, n. 12560, che a sua volta richiama Cass. pen., sez. III, 6.11.2007, n. 44971 e Cass. pen., sez. III, 4.10.2007, n. 42984). Nella prassi, tuttavia, può capitare che il giudice valuti la capacità testimoniale del minore senza ricorrere ad una indagine psicologica e poi il dubbio sull idoneità a rendere testimonianza sorga a seguito della sua escussione, in alcuni casi addirittura nel corso del giudizio, magari a distanza di anni dall assunzione della testimonianza in incidente probatorio. Ebbene, questi casi, (in cui anche tardivamente la valutazione delle competenze del minore a rendere testimonianza) si pone come inevitabile, devono far riflettere sull eventualità 44

La Rivista del Consiglio Le opinioni che tale accertamento possa e debba essere disposto con maggiore attenzione ogni qualvolta in cui, per l età del minore, la sua situazione personale, il contesto sociale e familiare in cui è inserito, si ritenga che anche successivamente possa sorgere un dubbio sull idoneità dello stesso a testimoniare. La valutazione della capacità a testimoniare del minore secondo quanto indicato dalla letteratura scientifica (1), dalle linee guida (2) e dalla giurisprudenza (3) richiede una preliminare valutazione del grado di sviluppo psichico e del quadro di personalità dello stesso (l accertamento del livello cognitivo generale, della capacità di ricordo di eventi autobiografici e non, integrazione delle informazioni in una visione complessa, capacità di comprensione delle domande, capacità linguistica-espressiva, attenzione, source monitoring, capacità di discriminare realtà e fantasia), svolta attraverso la disamina di tutti quegli elementi che possono influire sulla capacità di percepire, comprendere, elaborare i fatti e rievocarli in modo utile e corretto (capacità a testimoniare generica). La valutazione di questa capacità non può indurre a trascurare l esame di tutti quegli elementi che possono influirvi in modo significativo, come le condizioni emozionali del minore e le dinamiche del contesto ambientale e familiare di appartenenza. Il riferimento è alla capacità testimoniale specifica che corrisponde non solo all esame delle modalità con le quali il minore ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda, all abilità di organizzare e riferire un ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione ma si spinge alla valutazione di eventuale influenze suggestive, interne od esterne, che possono avere influenzato la sua capacità a recepire. (1) Caffo E., Camerini G. B., Florit, G., Criteri di valutazione nell abuso all infanzia. Elementi clinici e forensi,, McGraw-Hill, Milano, 2002; Gulotta, Cutica, Guida alla perizia in tema di abuso sessuale e alla sua critica, Giuffrè, Milano, 2009. (2) Linee guida in tema di abuso sui minori della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell infanzia e dell adolescenza), Erikson, 2007. (3) Cass. pen., sez. III, 3 ottobre 1997, n. 8962: «La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell attitudine psicofisica del teste a esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Proficuo è l uso dell indagine psicologica che concerne due aspetti fondamentali: l attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo e affettivo, e la sua credibilità. Il primo consiste nell accertamento della sua capacità a recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle ed esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all età, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari. Il secondo - da tenere distinto dall attendibilità della prova che rientra nei compiti esclusivi del giudice - è diretto a esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna» 45

Le opinioni La Rivista del Consiglio 3. L audizione del minore e la valutazione della testimonianza Si è detto della direttiva n. 73 della legge delega al codice di procedura penale che esigeva la previsione che l esame dei testimoni minorenni possa essere effettuato in ogni momento dal giudice, tenute presenti le esigenze di tutela della personalità. Una prima applicazione di tale direttiva ha trovato posto nella disciplina dell udienza che riguarda un minore vittima di abuso. In particolare si era stabilito che il giudice potesse disporre a porte chiuse l esame dei testimoni minorenni (4) (art. 472, commi 3 bis e 4). Con la l. 66 del 1996, che ha ridisegnato la disciplina sostanziale e processuale dei reati sessuali, si è stabilito poi che nel caso di dibattimento per reati di cui agli artt. 600 bis e seguenti, 601, 602, 609 bis e seguenti si proceda sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. Doveroso è il collegamento all art. 147, comma 4, disposizioni di attuazione al codice di procedura penale che stabilisce che non possono in ogni caso essere autorizzate le riprese o le trasmissioni dei dibattimenti che si svolgono a porte chiuse a norma dell art. 472, commi 1, 2 e 4 c.p.p., ciò perché nel bilanciamento degli interessi coinvolti, quello della tutela della personalità del minore, del suo diritto ad uno sviluppo equilibrato è superiore al diritto di cronaca e all interesse sociale di conoscenza del dibattimento. Sulla stessa linea si colloca il comma 6 dell art. 114 c.p.p. che stabilisce che è vietata la pubblicazione delle generalità e dell immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiate dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che, anche indirettamente, possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Tale tutela per i minori era stata auspicata dalla direttiva n. 71 della legge delega e ha trovato consacrazione in questa norma che ben evidenzia come la tutela dell interesse del minore a non veder la propria immagine esposta in relazione alla vicenda giudiziaria prevalga sull interesse collettivo alla piena conoscenza della vicenda medesima (5). Naturalmente esula dall ambito del divieto di pubblicazione il caso di dibat- (4) Inutile sottolineare che la dottrina ha specificato che il riferimento di questa norma è ai processi contro imputati maggiorenni, poiché le udienze dibattimentali dinanzi al Tribunale per i minorenni secondo il disposto dell art. 33 d.p.r. 448/1988 sono tenute di regola a porte chiuse. L esclusione della pubblicità nel processo penale minorile trova la sua giustificazione nell interesse, ritenuto prevalente, di salvaguardare la personalità in formazione del minore dai danni psicologici che potrebbero derivare dalla pubblicità dei fatti di causa. (5) Quando agli imputati minori provvedono gli artt. 33, c. 1 e 13 d.p.r. 448/88 rispettivamente per il dibattimento e per le fasi anteriori. 46

La Rivista del Consiglio Le opinioni timento che si svolge a porte chiuse per intero (472, comma 3 bis, c.p.p.) perché il minore è persona offesa, o in parte (472, comma 4, c.p.p.) quando si procede all esame del minore, perché in questi casi è vietata, come si è visto, addirittura la ripresa. Entrando nel merito del momento più idoneo all assunzione della testimonianza del minore si deve riconoscere che rispetto alla disciplina introdotta nelle prime fasi di vigenza del rito accusatorio, ulteriori e decisivi passi in avanti sono stati fatti in occasione della riforma dei reati sessuali del 1996 e dell introduzione della legge sulla pedofilia nel 1998, che per prime sono intervenute sull art. 392 c.p.p., una norma oggetto di continue novelle da parte del legislatore fino all ultima operata dall art. 9 del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazione nella l. 23 aprile 2009, n. 38 (cd. legge sullo stalking). Innanzi tutto si è disposto che, in tutti i procedimenti penali per tali reati, l assunzione della testimonianza di persona minore degli anni 16 a mezzo di incidente probatorio possa avvenire anche al di fuori dei casi eccezionali previsti dal comma 1 dell art. 392 del codice di rito, enunciando una puntuale disposizione affinché, ove si ritenga di procedere a tale audizione, questa sia effettuata nel minor tempo possibile, cercando di evitare che sia differito alla fase del giudizio (art. 392, comma 1 bis, c.p.p.). I vantaggi di tale scelta legislativa sono evidentemente offerti dall immediatezza dell assunzione della testimonianza che non deve attendere la fase dibattimentale ma che può essere assunta in un momento storico più vicino ai fatti denunciati e ciò significa diminuire la possibilità che nel frattempo il minore venga suggestionato, sottoposto a interrogatori da parte dei familiari, dal sospetto autore del reato, da terapeuti o addirittura dalle forze dell ordine, significa contenere il rischio che sia esposto a dimenticanze e contaminazioni e consente allo stesso di superare il trauma dell esperienza vissuta, perché dopo non sarà più sentito e potrà intraprendere, anche attraverso un percorso psicoterapeutico, il processo psicologico di ricostruzione dei legami affettivi e di rielaborazione dell esperienza vissuta. E infatti salvo esigenze straordinarie, difficilmente immaginabili, non vi sarà più alcuna ragione di intraprendere un nuovo esame del minore: l art. 190 bis, comma 1 bis, c.p.p., disciplina la regola secondo la quale, se un testimone minore degli anni sedici è già stato interrogato in sede di incidente probatorio, non sarà più possibile ascoltarlo nuovamente, a meno che non si ponga la necessità di investigare fatti o circostanze diversi da quelle oggetto delle precedenti dichiarazioni, o che il giudice o qualcuna delle parti lo ritengano necessario, sulla base di specifiche esigenze. 47

Le opinioni La Rivista del Consiglio Questo da un lato garantisce al minore (seppur di anni sedici in un complicato intervento di schizofrenia legislativa) di non essere nuovamente sottoposto ad ulteriori audizioni, dall altro può rivelarsi un limite per il diritto alla prova qualora le parti abbiano l esigenza di risentirlo. Tuttavia, ancora una volta, il legislatore ha preferito privilegiare la tutela del minore nel processo sacrificando, almeno in parte, il diritto delle parti ad una puntuale ricostruzione dei fatti secondo le regole del rito accusatorio. La disposizione più significativa in materia di audizione del testimone minorenne è introdotta dall art. 498, comma 4, c.p.p., che costituisce una deroga alla disciplina ordinaria dell esame testimoniale e vieta l uso della cross examination prevista per il rito accusatorio, prevedendo che l audizione del minore venga condotta dal giudice, su domande e contestazioni a lui proposte dalle parti e con l eventuale collaborazione di un familiare del minore o di un ausiliario esperto in psicologia infantile. Questa disciplina, che nella prassi viene applicata nella quasi totalità dei casi, è prevista comunque fatte salve le ipotesi in cui appaia manifesto che l esame incrociato non presenti alcun evidente pericolo di turbamento della serenità del teste minorenne. Tale particolare regime è ispirato alla duplice esigenza di tutelare il minore così da scongiurare il pericolo di traumi a carico di una personalità ancora fragile e nello stesso tempo la sua attendibilità. Tale conclusione è suffragata dalla possibilità di servirsi di un esperto in psicologia infantile anche per evitare la suggestionabilità del minore e suggerire all operatore le tecniche più opportune per l esame testimoniale. È evidente, comunque, che se è vero che nell esame del minore non si osservano propriamente i canoni di escussione dettati dell art. 499 c.p.p. deve in ogni caso essere assicurato lo scopo avuto di mira da quelle norme e cioè quello di preservare l attendibilità delle dichiarazioni. Da notare che in giurisprudenza si è escluso che l esame del teste minorenne condotto secondo il metodo ordinario dell esame incrociato di accusa e difesa anziché con le cautele stabilite dall art. 498 c.p.p. integri un ipotesi di inutilizzabilità della testimonianza così assunta (Cass. pen., sez. I, 21.2.1997, Mirino, in GD, 1997, 18, 75). Se questo da un lato, da un punto di vista strettamente giuridico può essere vero, ci si chiede che tipo di conseguenze un esame così condotto possa avere sulla serenità del teste e sulla attendibilità delle sue risposte. Come è noto, è stata poi convalidata una consuetudine giudiziaria, già da alcuni anni collaudata in diversi tribunali italiani, con l ufficiale introduzione dell esame del minore nelle forme dell audizione protetta. Più precisamente si è previsto che, quando le esigenze del minore lo rendano necessario o oppor- 48

La Rivista del Consiglio Le opinioni tuno, il suo esame si svolga, con modalità particolari (e quindi liberamente stabilite, secondo il prudente apprezzamento del giudice, ponderandole volta per volta sulle circostanze concrete di ogni caso), anche in luogo diverso dal tribunale presso strutture specializzate (locali muniti di impianti di audio-videoregistrazione e collegati con altri spazi riservati agli osservatori e separati dai primi con appositi specchi unidirezionali). L innovazione, introdotta in un primo tempo con esclusivo riferimento all esame praticato con le forme dell incidente probatorio (art. 398, comma 5 bis), è stata poi estesa nel 1998 anche alla fase dibattimentale propriamente intesa, anche se con una formulazione confusa che ad una prima lettura sembra non distinguere tra procedimenti penali per reati di abuso sessuale e procedimenti penali per ogni altro reato (art. 498, comma 4 bis, c.p.p.); si è aggiunto poi che in ogni caso, per i reati di abuso sessuale, l esame del minore vittima del presunto reato deve comunque essere sempre effettuato mediante l uso di un vetro a specchio e di un impianto citofonico (art. 498, comma 4 ter, c.p.p.). La valutazione della testimonianza, infine, è la fase processuale che per eccellenza spetta unicamente al Giudice, il quale potrà esprimersi al termine della fase istruttoria sull attendibilità della prova testimoniale in relazione a tutte le risultanze processuali. Nel nostro sistema, tenendo conto del principio del libero convincimento, non esiste in linea di massima alcun divieto ad assumere la testimonianza della persona offesa, anche se costituita parte civile, come unica fonte di prova nell affermazione di penale responsabilità. Pertanto quando nel processo penale risulta impossibile ottenere testimonianze di terzi estranei al reato - e nel caso di reati sessuali contro vittime minorenni spesso lo è -il giudice può attingere unicamente alle dichiarazioni delle persone offese, avendo cura, tuttavia, di porsi maggiori scrupoli nella valutazione della attendibilità della stessa. Il riferimento è naturalmente alla necessità di un vaglio rigoroso alle riferite modalità e circostanze dell accaduto, all uniformità dell accusa e agli eventuali interessi ad essa sottesi. Maria Chiara Zanconi avvocato in Milano e Monza Bibliografia Cabras C., (a cura di), Psicologia della prova, Giuffrè, Milano, 1996. Caffo E., Camerini G. B., Florit, G., Criteri di valutazione nell abuso all infanzia. Elementi clinici e forensi, McGraw-Hill, Milano, 2002. 49

Le opinioni La Rivista del Consiglio Carponi Schittar D., Bellussi G., L esame orale del bambino nel processo, Giuffrè, Milano, 2000. Giarda A., Spangher G. (a cura di), Codice di Procedura Penale Commentato, IV ed., Ipsoa, Milano, 2010. Grosso P.G., L abuso sui minori e il processo penale, nel seminario di studio Ruoli, funzioni ed aspetti relazionali nel procedimento penale per reati di abuso o maltrattamento ai danni di minori, Torino, 2006. Gulotta G., Cutica I., Guida alla perizia in tema di abuso sessuale e alla sua critica, Giuffrè, Milano, 2009. Gulotta G., Elementi di psicologia giuridica e diritto psicologico, Giuffrè, Milano, 2002. Gulotta G., La investigazione e la cross-examination, Giuffrè, Milano, 2003. Lattanzi G., Lupo E., Codice di Procedura Penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. IV e V, Giuffrè, Milano, 2008. Linee guida in tema di abuso sui minori della SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell infanzia e dell adolescenza), Erikson, 2007. Mazzoni G., Si Può Credere a Un Testimone? La testimonianza e le trappole della memoria, Il Mulino, Bologna, 2003. 50

La Rivista del Consiglio Le opinioni DE MARSICO, IL TRIBUNALE E I MESSAGGI DEL FIUME Ricordi di vita professionale 1. Tra i ricordi della mia vita professionale fa parte quello relativo all incontro, nella sede di Pavia, con Alfredo De Marsico. I più informati tra i lettori senz altro ricordano almeno alcuni dei numerosi passaggi della sua lunga carriera. De Marsico, professore universitario di Diritto e Procedura penale (a Bari, e poi a Bologna, Napoli e Roma), deputato al Parlamento dal 1924 al 1943, e in quell anno ministro di Grazia e Giustizia, senatore della Repubblica dal 1953 al 1958, era stato anche, prima e dopo, uno splendido principe del foro, e certamente tra i più grandi oratori del 900. Egli era scampato alla pena di morte eseguita a carico di altri componenti del Gran Consiglio del fascismo, per la clamorosa ribellione a Mussolini del 25 luglio 1943 (era stato lui l estensore dell o.d.g. Grandi). 2. Correva la fine degli anni 60 (non ho voluto vincere la pigrizia per andare a recuperare il fascicolo dal mio archivio) e gli addoloratissimi genitori di un giovane napoletano (figlio unico) che era rimasto vittima di un incidente sulla strada statale n. 35 gli avevano affidato la difesa dei loro interessi di parti civili. De Marsico, di ben oltre settant anni, con spirito d umiltà e di condiscendenza - viaggiava sempre utilizzando il treno - aveva accettato la trasferta e l incarico, non so se e quanto retribuito. Mi è rimasto in mente il nome dell imputato (Giubileo). Lo si accusava, oltre che di omicidio colposo, anche di frode processuale, per aver sostituito, prima degli accertamenti di polizia, le ruote piuttosto logore del camion col quale era stato operato l investimento. Forse per non mortificare il mio ruolo nella pratica - gli avevo procurato la copia dattilografica degli incartamenti, con annesse fotografie dei rilievi tecnici - mi volle incaricare di occuparmi, in causa, della parte relativa alla frode processuale. Ricordo che, quel mattino, mi recai di buon ora a rilevarlo in piazza della Vittoria, alla Bella Napoli (probabilmente De Marsico vi si sentiva come a casa sua). Il presidente del collegio giudicante era l attivissimo dott. Giuseppe Raffa, mentre l ufficio del P.M. era rappresentato da un valoroso sostituto, ora defunto: il dott. Gualtiero Majani. Del dibattimento, che di per sé non poteva presentare particolari difficoltà, ricordo solo qualche dettaglio di carattere marginale, per una certa (comprensibile) esuberanza espressiva del padre del defunto. Intervenne quindi, con paca- 51