Gestire l infortunio e la malattia professionale



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MASTER SICUREZZA e la malattia professionale Avv. Monica Zanni Trento 5 maggio 2010

PRIMA PARTE Infortuni e malattie professionali: obblighi adempimenti difese

Che cosa è un infortunio sul lavoro E' un evento occorso per causa violenta in occasione di lavoro, dal quale deriva la morte o un'inabilità al lavoro -assoluta o parziale- oppure un'inabilità temporanea -assoluta- che comporti l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.

INABILITA' PERMANENTE ASSOLUTA: è la perdita definitiva e per tutta la vita dell'attitudine al lavoro INABILITA' PERMANENTE PARZIALE è la diminuzione parziale, ma essenziale e per tutta la vita, dell'attitudine al lavoro.

INABILITA' TEMPORANEA ASSOLUTA: è l'impossibilità totale e di fatto di attendere al lavoro per più di tre giorni

OCCASIONE DI LAVORO: sussiste ogni qualvolta l'infortunio è collegato, anche indirettamente, con l'attività lavorativa (es., anche quello dell'artigiano che rimanga infortunato nel corso di un sopralluogo del luogo in cui deve eseguire il lavoro)

INFORTUNIO IN ITINERE ovvero quello occorso al lavoratore nel raggiungere o rientrare sul posto di lavoro. Presupposti: sussiste un nesso tra l'itinerario seguito e l'attività lavorativa; l'uso del veicolo privato è imposto dalla inadeguatezza di altri mezzi di locomozione.

LA CAUSA VIOLENTA SUSSISTE: ogni qualvolta un'azione determinata e concentrata nel tempo arrechi danno all'organismo del lavoratore; anche quando l'infortunio non sia derivato da una forza esterna al lavoratore o non sia stato determinato da un atto abnorme compiuto dal lavoratore nello svolgimento della sua normale attività. Vi rientra anche l'azione di fattori microbici o virali che diano luogo ad invalidità.

Che cosa è una malattia professionale E' quello stato di aggressione dell'organismo del lavoratore - eziologicamente connesso all'attività lavorativa- a seguito e ad esito del quale residua una definitiva alterazione dell'organismo comportante, a sua volta, una riduzione della capacità lavorativa.

MALATTIE PROFESSIONALI TABELLATE che sono quelle elencate nella legge (DPR 1124/1965) MALATTIE PROFESSIONALI NON TABELLATE sono quelle non previste dalla legge ma riconosciute dall'inail e/o dall'autorità giudiziaria

Le prestazioni per le malattie professionali sono dovuto anche: quando il lavoratore ha cessato di prestare la sua opera nella lavorazioni; in caso di ricaduta.

PROVA DEL NESSO DI CAUSALITA' PRESUNZIONE LEGALE

Art. 1 DPR 1124/65 Elenca le attività protette ovvero le attività per le quali è obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro

Art. 3 DPR 1124/65 Prevede l'obbligatorietà dell'assicurazione per le malattie professionali indicate nella tabella dell'allegato 4, contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella stessa ed in quanto tali lavorazioni rientrino tra quelle previste nell'art. 1. SENTENZA CORTE COST., 18.02.1988, N.179

Art. 9 DPR 1124/65 I datori di lavoro soggetti alle disposizioni di legge sono le persone e gli enti privati o pubblici, compresi lo Stato e gli Enti locali, che esercitano le attività previste dall'art. 1.

Art. 52 DPR 1124/65 obblighi di denuncia del lavoratore Il lavoratore deve dare immediata notizia di qualsiasi infortunio che gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di lavoro. In caso di omissione, qualora il datore di lavoro, non essendo venuto altrimenti a conoscenza dell'evento, non abbia fatto la denuncia di cui all'art. 53, il lavoratore decade dal diritto all'indennizzo per il tempo antecedente.

Art. 52 DPR 1124/65 Il lavoratore deve denunciare la malattia professionale entro 15 giorni dalla manifestazione di essa, pena la decadenza dal diritto all'indennizzo per il tempo antecedente la denuncia.

Art. 53 DPR 1124/65 obblighi denuncia datore di lavoro Denuncia degli infortuni con prognosi superiore a 3 giorni entro 48 ore dalla notizia. Se l'evento ha causato la morte o vi sia il pericolo di morte del lavoratore, la denuncia va fatta mediante telegramma entro 24 ore.

Art. 53 DPR 1124/65 La denuncia deve contenere: generalità del lavoratore; giorno e ora dell'evento; cause e circostanze di esso, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione; natura e sede anatomica della lesione; rapporto con le cause denunciate; eventuali alterazioni preesistenti.

Art. 53 DPR 1124/65 Il datore di lavoro trasmette all'inail la denuncia di malattia professionale entro 5 giorni successivi a quello in cui ha ricevuto la denuncia del lavoratore.

Art. 53 DPR 1124/65 In caso di omessa, tardiva, inesatta e/o incompleta denuncia si applica la sanzione amministrativa dal 1290 a 7745.

Art. 54 DPR 1124/65 Il datore di lavoro deve dare notizia all'autorità di pubblica sicurezza di ogni infortunio sul lavoro che abbia come conseguenza la morte o l'inabilità per più di tre giorni.

Art. 54 DPR 1124/65 La denuncia deve indicare: generalità del datore di lavoro; luogo giorno e ora dell'infortunio; natura e causa accertata o presunta; circostanze, anche con riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e prevenzione; generalità lavoratore e occupazione abituale; lo stato del lavoratore, le conseguenze probabili dell'infortunio e la prognosi; generalità di eventuali testimoni.

Inchiesta interna e preparazione della difesa: Principio della libertà delle autoincriminazioni

L. 241/1990: trova applicazione nell'ambito del riconoscimento della malattia professionale? Diritto di accesso Diritto di partecipazione

Artt. 56-61 DPR 1124/65 INCHIESTA DELLA DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO per accertare, fra l'altro: natura del lavoro; circostanze dell'infortunio, cause e natura dello stesso, anche in relazione ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione; natura ed entità delle lesioni e stato della persona.

Art. 66 DPR 1124/65 Prestazioni dell'assicurazione: un'indennità giornaliera per l'inabilità temporanea; una rendita per l'inabilità permanente; un assegno per l'assistenza personale continuativa; una rendita ai superstiti e un assegno una tantum; cure mediche e chirurgiche; fornitura degli apparecchi di protesi.

Art. 13 D.Lgs. 38/2000 L'INAIL risarcisce non solo la riduzione o la perdita dell'attitudine al lavoro ma anche il danno biologico, in misura indipendente dalla capacità di produrre reddito: per menomazioni di grado pari o superiore al 6% ed inferiori al 16% l'indennizzo è erogato in capitale; per menomazioni dal 16% l'indennizzo è erogato in rendita. Inoltre viene erogata una ulteriore quota per l'indennizzo delle conseguenze di carattere patrimoniale.

Risarcibilità del danno: differenziale (biologico permanente e temporaneo); morale;

Art. 112 DPR 1124/65 L'azione del lavoratore per ottenere le prestazioni cui è tenuto l'inail si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale.

L'azione dell'inail per riscuotere le somme dovute dai datori di lavoro si prescrive in dieci anni dal giorno in cui se ne doveva eseguire il pagamento.

Art. 112 DPR 1124/65 Le azioni spettanti all'inail possono essere esercitate indipendentemente dall'azione penale, salvo i casi previsti negli artt. 10 e 11. L'azione civile di cui all'art. 11 si prescrive trascorsi tre anni dalla sentenza penale di non luogo a procedere L'azione di regresso si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile.

Art. 10 DPR 1124/65 L'assicurazione obbligatoria esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Permane la responsabilità quando: vi sia condanna penale per l'infortunio, anche nei confronti delle persone di cui il datore di lavoro deve rispondere a norma del codice civile; il procedimento penale sia stato archiviato; sia stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere per morte dell'imputato o per amnistia.

La Corte Costituzionale ha stabilito che, ai fini dell'esercizio dell'azione civile da parte dell'infortunato, l'accertamento del fatto di reato può essere compiuto dal giudice incidenter tantum.

Art. 11 DPR 1124/65 Esercizio dell'azione di regresso da parte dell'inail contro le persone civilmente responsabili: per recuperare le somme pagate a titolo di indennità e le spese accessorie; è sufficiente la sentenza civile per costituire l'ente in credito.

L'INAIL esercita altresì l'azione di surrogazione nei confronti dei responsabili del danno estranei al rapporto assicurativo.

Infortunio e malattia professionale Ipotesi di reato: art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) art. 589 c.p. (omicidio colposo)

Art. 61 D.Lgs. 81/2008 Esercizio dei diritti della persona offesa In caso di esercizio dell azione penale per i delitti di omicidio colposo o lesioni colpose, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche o che abbiano determinato una malattia professionale, il Pubblico Ministero ne dà immediata notizia all INAIL, affinché l Ente previdenziale eventualmente decida di costituirsi parte civile nel processo penale per esercitare l azione di regresso. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facoltà di esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa.

L INAIL costituendosi parte civile: pur non avendone l obbligo (la pubblica accusa è svolta dal Pubblico Ministero), può svolgere il ruolo di accusa privata nel processo penale, ricercando e chiedendo l ammissione delle prove che contribuiscano ad affermare la colpevolezza dell imputato. Pertanto, l INAIL può chiedere l ammissione di propri testimoni, può interrogare i testi delle altre parti, partecipa alla discussione finale;

può revocare in qualsiasi momento la costituzione di parte civile (art.82 cod. proc. pen.): ad esempio, se stipula con l imputato una transazione sul risarcimento richiesto; non è tenuta a formulare una specifica quantificazione del risarcimento; può chiedere al giudice penale di condannare l imputato al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutiva; può chiedere la liquidazione da parte del Tribunale dell intero importo corrispondente alla rivalsa.

Qualora l Inail ritenga di costituirsi parte civile l eventuale sentenza penale di condanna conterrà anche l accertamento relativo alla responsabilità civile del datore di lavoro; l eventuale sentenza penale di assoluzione farà stato nei confronti dell Inail precludendo la possibilità di un successivo ed autonomo esercizio dell azione di regresso in sede civile.

Qualora l Inail non ritenga di costituirsi parte civile l eventuale sentenza penale di condanna costituirà il presupposto per l esercizio da parte dell Istituto di una autonoma azione di regresso; l eventuale sentenza penale di assoluzione anche in questo caso farà stato nei confronti dell Inail, precludendo la possibilità di un successivo ed autonomo esercizio dell azione di regresso.

Anche l infortunato o i suoi eredi possono costituirsi parte civile nel processo penale per ottenere il risarcimento dei danni. Gli stessi soggetti possono tuttavia decidere di promuovere l azione in sede civile. In questa ipotesi, il giudice non sarà vincolato dalla sentenza penale e procederà in via incidentale ad accertare se la condotta del responsabile costituisce o meno violazione delle norme in materiale di prevenzione degli infortuni o di tutela dell igiene sul lavoro

Responsabilità amministrativa da reato degli enti D.Lgs. 231/2001

25-septies Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro 1. In caso di omicidio colposo commesso con violazione dell art. 55, II co., D.Lgs. 81/2008 si applicano una sanzione pecuniaria in misura pari a 1000 quote ed una interdittiva per una durata non inferiore a tre mesi e non inferiore ad un anno. Nelle altre ipotesi si applicano una sanzione pecuniaria non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote ed una sanzione interdittiva con durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

25-septies Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro 2. In caso di lesioni colpose gravi o gravissime si applicano una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote ed una sanzione interdittiva per una durata non superiore a sei mesi.

Il d.lgs. n. 231/2001 prevede che, quando viene commesso un reato (tentato o consumato) nell interesse o a vantaggio di un ente, anche quest ultimo sia chiamato a risponderne in sede penale, insieme alla persona fisica (datore di lavoro, dirigente, preposto, ecc.). L ente, a differenza della persona fisica, se riconosciuto colpevole non viene punito con sanzioni penali, bensì mediante l applicazione di apposite sanzioni amministrative.

Per ente s intendono le persone giuridiche, le società e le associazioni prive di personalità giuridica. Sono esclusi lo Stato, gli enti pubblici territoriali (Regioni, Comuni), gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Infine, tali norme non si applicano alle ditte individuali.

Quando risponde l ente L ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da: a)persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b)persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

Quando risponde l ente Il reato deve essere commesso nell interesse o a vantaggio dell ente e deve essere rilevabile una colpa di organizzazione.

Vi sono 2 tipi di sanzioni: pecuniarie; interdittive. Sanzioni

La sanzione pecuniaria Art. 10, D. Lgs. 231/01 La sanzione pecuniaria va applicata in misura non inferiore a mille quote. Il valore della singola quota va da 258 a 1.549 Euro.

La riduzione delle sanzioni pecuniarie Art. 12, primo comma, D. Lgs. 231/01 La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire 200 milioni (Euro 103.291), se: a) l autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

La riduzione delle sanzioni pecuniarie Art. 12, secondo comma, D. Lgs. 231/01 La sanzione è ridotta da un terzo alla metà, se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado: a) l ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato o si è efficacemente adoperato in tal senso; b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

La riduzione delle sanzioni pecuniarie Nel caso concorrano entrambe le condizioni previste dalle lettere a) e b), la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi (art.12, terzo e quarto comma, D. Lgs. 231/01)

Le sanzioni interdittive Art. 9, secondo comma, D. Lgs. 231/01 Le sanzioni interdittive, applicabili per una durata non inferiore ai tre mesi e non superiore ad un anno, sono: a) l interdizione dall esercizio dell attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell illecito;

Le sanzioni interdittive c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Presupposti per l applicazione delle sanzioni interdittive (Art. 13 D. Lgs. 231/01) Le sanzioni interdittive si applicano solo quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative; b) in caso di reiterazione degli illeciti.

Due ipotesi generali di esclusione delle sanzioni interdittive 1) Art. 13, terzo comma, D. Lgs. 231/01 Le sanzioni interdittive non si applicano quando risulti che l autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio proprio o di terzi e l ente non ne abbia ricavato vantaggio o ne abbia ricavato un vantaggio minimo.

Due ipotesi generali di esclusione delle sanzioni interdittive 2) Art. 17 D. Lgs. 231/01 Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono queste tre condizioni: a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

Due ipotesi generali di esclusione delle sanzioni interdittive b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

Prova liberatoria L art. 6, primo comma, D. Lgs. 231/01 stabilisce che quando il reato è commesso da soggetti in posizione apicale l ente non risponde se prova che: a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

Prova liberatoria b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

Se, invece, il reato è commesso dai sottoposti alla direzione o alla vigilanza dei soggetti apicali, l art. 7, primo comma, D. Lgs. 231/01 stabilisce che l ente non risponde se, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Linee guida per l idoneità dei modelli Art. 6, secondo comma, D. Lgs. 231/01 I modelli, per essere idonei, devono: a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere protocolli diretti a programmare la formazione e l attuazione delle decisioni dell ente in relazione ai reati da prevenire;

Linee guida per l idoneità dei modelli c) individuare le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

L efficace attuazione dei modelli Il D. Lgs. 231/01 richiede che i modelli siano non solo idonei e adottati, ma anche efficacemente attuati. Ai sensi dell art. 7, secondo comma, D. Lgs. 231/01, l efficace attuazione del modello, richiede: a) una verifica periodica e l eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell organizzazione o nell attività; b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Art 30: Modelli di organizzazione e di gestione Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi: a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

Art 30: Modelli di organizzazione e di gestione b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; d) alle attività di sorveglianza sanitaria; e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

Art 30: Modelli di organizzazione e di gestione f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori; g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.

Il modello deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell avvenuta effettuazione delle attività sopra indicate. In relazione alla natura e dimensioni dell organizzazione ed al tipo di attività, deve altresì prevedere un articolazione di funzioni che assicuri le competenze ed i poteri necessari per la verifica, la valutazione, la gestione ed il controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. Deve prevedere un idoneo sistema di controllo sull attuazione del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni d idoneità delle misure adottate.

Riesame e modifica del modello a) qualora vengano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all igiene sul lavoro; b) in occasione di mutamenti nell organizzazione e nell attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

Polizze assicurative RCT e RCO