Dall Unità d Italia al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla Puglia *



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Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Vol. X (2011): 195-226 Cleup, Padova - ISBN: 978-88-6129-833-0 Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla * Nunzio Mastrorocco Istituto Pugliese di Ricerche Economiche e Sociali (IPRES) Umberto Salinas Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Università di Bari Aldo Moro Riassunto: Il presente contributo intende, per un verso, evidenziare brevemente le evoluzioni e le dinamiche demografiche della popolazione italiana nel corso degli ultimi 150 anni, per un altro, corroborato da dati previsionali, contribuire all intuizione ed interpretazione di possibili scenari demografici futuri nazionali e trans-nazionali. Nella prima parte dello studio vengono illustrati le dinamiche demografiche della popolazione italiana dal 1861 ad oggi; le variabili connesse alla natalità, nuzialità, fecondità, mobilità e mortalità sono analizzate sotto il duplice profilo di stock e di flusso mediante un articolata lettura strutturale. Una seconda sezione del contributo fornisce elementi prospettici, per la prima metà del XXI secolo, di quelle che potrebbero essere le modalità evolutive della popolazione italiana nelle sue componenti più importanti. Keywords:, popolazione,, dinamiche demografiche. * Il presente lavoro è stato elaborato in collaborazione fra gli Autori; tuttavia, è attribuibile a N. Mastrorocco la redazione dei par. 1, 3-4 e 6-8, a U. Salinas quella dei par. 2 e 5.

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 197 1. MOVIMENTI E SVILUPPI DELLA POPOLAZIONE ITALIANA IN 150 ANNI In una panoramica che attraversa due secoli, il presente studio si propone, così, di fornire valide indicazioni a chi è (e chi sarà) chiamato a gestire la questione demografica come materia, oggi, avulsa dai confini nazionali di un Paese ma, anzi, oramai - a pieno titolo - considerata una vera e propria priorità comunitaria e planetaria. A 150 anni dalla sua unità l ha visto una crescita demografica di notevole rilievo; nello specifico, infatti, la popolazione italiana si è più che raddoppiata passando da circa 26 milioni ad oltre 60 milioni di residenti (tav.1). Nel complesso la serie storica in questione consente agevolmente di evidenziare incrementi demografici importanti in due particolari momenti Tabella 1. Popolazione residente dell' ai confini attuali per Ripartizioni d' (dati in migliaia) Censimenti ITALIA Nord-Ovest Nord-Est Centro PUGLIA 31 dicembre 1861 26.328 6.991 5.336 4.369 9.632 1.335 31 dicembre 1871 28.151 7.429 5.780 4.733 10.209 1.440 31 dicembre 1881 29.791 7.853 6.011 4.914 11.013 1.609 10 febbraio 1901 33.778 8.765 6.595 5.757 12.661 1.987 10 giugno 1911 36.921 9.593 7.627 6.199 13.502 2.195 1 dicembre 1921 38.008 9.986 8.102 6.587 13.333 2.228 21 aprile 1931 41.043 10.560 8.595 7.199 14.689 2.508 21 aprile 1936 42.399 10.805 8.682 7.634 15.278 2.642 4 novembre 1951 47.516 11.745 9.417 8.668 17.686 3.221 15 ottobre 1961 50.624 13.157 9.504 9.388 18.575 3.421 24 ottobre 1971 54.137 14.938 10.026 10.298 18.875 3.583 25 ottobre 1981 56.557 15.291 10.427 10.786 20.053 3.872 20 ottobre 1991 56.778 14.951 10.395 10.894 20.538 4.032 21 ottobre 2001 56.996 14.939 10.652 10.889 20.516 4.021 1 gennaio 2011* 60.626 16.120 11.643 11.950 20.913 4.091 Fonte: ISTAT, SVIMEZ. * Dati di anagrafe.

198 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) Figura 1. Evoluzione demografica italiana per circoscrizione 25.000 Nord-Ovest Nord-Est Centro PUGLIA 20.000 15.000 10.000 5.000 0 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2011* della propria storia: il Ventennio fasciata periodo come noto in cui l esaltazione della crescita demografica rientrava prepotentemente tra le principali politiche di governo del Regime ed il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta che oltre a coincidere con la fase conclusiva della transizione demografica italiana rappresentò un periodo, senza precedenti, di massima espansione per l economia e produttività del nostro Paese (fig.1). Il dato circoscrizionale assegna all area del dell il primato assoluto; a seguire la popolazione del Nord-Ovest ha rappresentato nel corso di un secolo e mezzo sempre un peso pari a circa un quarto dell intero universo demografico italiano. Tendenze simili si sono registrate per la allorquando la propria incidenza è sempre oscillata tra il 5 ed il 7% della popolazione complessiva nazionale. Osservando il tasso di incremento della popolazione (tav. 2), calcolato in base alla formula dell'interesse composto e prendendo come intervallo di tempo quello intercorrente tra le date dei vari censimenti, si evince

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 199 Tabella 2. Tasso di incremento della popolazione (per mille). Censimenti ITALIA Nord-Ovest Nord-Est Centro PUGLIA 31 dicembre 1861 - - - - - - 31 dicembre 1871 6,7 6,1 8,0 8,0 5,8 7,6 31 dicembre 1881 5,7 5,6 3,9 3,8 7,6 11,2 10 febbraio 1901 6,3 5,5 4,6 7,9 7,0 10,6 10 giugno 1911 8,9 9,1 14,6 7,4 6,5 10,0 1 dicembre 1921 2,9 4,0 6,1 6,1-1,3 1,5 21 aprile 1931 7,7 5,6 5,9 8,9 9,7 11,9 21 aprile 1936 6,5 4,6 2,0 11,8 7,9 10,5 4 novembre 1951 7,6 5,6 5,4 8,5 9,8 13,3 15 ottobre 1961 6,4 11,4 0,9 8,0 4,9 6,0 24 ottobre 1971 6,7 12,8 5,4 9,3 1,6 4,6 25 ottobre 1981 4,4 2,3 3,9 4,6 6,1 7,8 20 ottobre 1991 0,4-2,2-0,3 1,0 2,4 4,1 21 ottobre 2001 0,4-0,1 2,4 0,0-0,1-0,3 1 gennaio 2011* 6,2 7,6 8,9 9,3 1,9 1,7 Fonte: ISTAT, SVIMEZ. * Dati di anagrafe. che l nel suo complesso ha sempre registrato una variazione positiva, ovvero, una crescita continua. La medesima tendenza la si è avuta solo per le regioni rientranti nella circoscrizione centrale del Paese. Tutte le altre circoscrizioni, infatti, nel corso di un secolo e mezzo hanno fatto registrare dei momenti di flessione delle proprie consistenze demografica; si pensi, ad e- sempio, alle regioni del che tra il 1911 ed il 1921 perdevano ogni anno 1,3 abitanti per mille residenti. Oggi le tendenze in atto vedono degli incrementi più sostenuti per quanto attiene le regioni centro-orientali rispetto a quanto si registra nelle restanti aree del Paese. A fronte di un fattore moltiplicativo (tav. 3) italiano, in 150 dalla sua unità, di circa 2,3 volte, il moltiplicatore della popolazione relativo agli ultimi 50 anni è di appena 1,2 con una variazione di poco meno di 20 punti percentuali. Interessante, per altro verso è il contesto della : essa, infatti, fa segnare un fattore moltiplicativo triplo (in un secolo e mezzo) ed una variazione dell ultimo cinquantennio pari al 19,6% La figura 2 illustra le evoluzioni negli ultimi 150 anni delle incidenze percentuali della popolazione del rispetto a quella del Centro- Nord, della popolazione della rispetto a quella del e della popolazione della rispetto a quella dell. Essa fa emergere che il peso della sul è stato costantemente in crescita passando da circa il 14% (1861) al 20% (2011). Su scala nazionale, invece, è

200 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) Tabella 3. Variazioni percentuali e fattore moltiplicativo per taluni periodi temporali Censimenti ITALIA Nord-Ovest Nord-Est Centro PUGLIA variazioni percentuali var 1861/2011 130,3 130,6 118,2 173,5 117,1 206,4 var 1861/1911 40,2 37,2 42,9 41,9 40,2 64,4 var 1911/1961 37,1 37,2 24,6 51,4 37,6 55,9 var 1961/2011 19,8 22,5 22,5 27,3 12,6 19,6 fattore moltiplicativo 1861/2011 2,3 2,3 2,2 2,7 2,2 3,1 1861/1911 1,4 1,4 1,4 1,4 1,4 1,6 1911/1961 1,4 1,4 1,2 1,5 1,4 1,6 1961/2011 1,2 1,2 1,2 1,3 1,1 1,2 Fonte: ISTAT, SVIMEZ. * Per il 2011 i dati sono di anagrafe. Figura 2. Evoluzioni delle incidenze % della popolazione del rispetto a quella del Centro-Nord, della popolazione della rispetto a quella del e della popolazione della rispetto a quella dell 60 25 58 20 56 15 54 52 50 Mez/CN (scala sx) Pug/Mez (scala dx) Pug/ITA (scala dx) 10 5 48 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2011* 0 passata da un peso del 5,1% al 6,7% dell ultima rilevazione. Più altalenante è stata, invece, l incidenza del rispetto a quella del Centro- Nord del Paese; essa ha raggiunto la maggiore quota nel 1901 allorquando la popolazione meridionale rappresentava il 60% di quella centrosettentrionale. Valori assai simili si raggiungono durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta. A seguire sembra osservarsi un trend decrescente sino all attuale proporzione del 53%.

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 201 Con riferimento al rapporto di mascolinità (fig. 3) emerge un dato importante che vede un esubero della popolazione maschile rispetto a quella femminile dall Unità d sino ai primi decenni del Novecento. Il fenomeno si spiega in funzione dell elevata mortalità da parto per le donne. Successivamente il gentil sesso ha conquistato un peso demografico via via crescente determinando incidenze maschi/femmine sempre più favorevoli a quest ultime che nel corso degli ultimi anni hanno fatto registrare (e fanno tuttora registrare) primati nella speranza di vita alla nascita. Nel corso del tempo, le differenze territoriali si sono gradualmente attutite fino a convergere a quote identiche, intorno a 94 maschi per 100 femmine. Figura 3. Rapporto di mascolinità 106,0 ITALIA Centro-Nord PUGLIA 104,0 102,0 100,0 98,0 96,0 94,0 92,0 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2011*

202 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) 2. SULLE PRINCIPALI EVOLUZIONI STRUTTURALI DEMOGRAFICHE DALL UNITÀ AD OGGI Dal punto di vista strutturale la popolazione italiana, nel corso della sua storia, ha visto radicalmente mutare la propria piramide dell età. Si passa, infatti, da una struttura (1861) in cui le consistenze delle classi infantili e giovanili sono assai massicce rispetto alle categorie adulte e anziane della popolazione che incidono minimamente sull intero universo, ad una struttura (2011) cosiddetta a salvadanaio in cui le classi più mature sono, appunto, quelle più pingue. E facilmente intuibile come il maggiore peso demografico si poggi su una base della piramide meno larga rispetto a quanto poteva accadere nel passato, e con chiare ripercussioni sull intero sistema previdenziale e pensionistico. 40 Figura 4 Popolazione 0 14 (%) 35 30 25 20 15 ITALIA Centro Nord PUGLIA 10 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2010* 69 67 ITALIA Centro Nord PUGLIA Figura 5 Popolazione 15 64 (%) 65 63 61 59 57 55 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2010*

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 203 23 21 19 ITALIA Centro Nord PUGLIA Figura 6 Popolazione 65+ (%) 17 15 13 11 9 7 5 3 31 dicembre 1861 31 dicembre 1871 31 dicembre 1881 10 febbraio 1901 10 giugno 1911 1 dicembre 1921 21 aprile 1931 21 aprile 1936 4 novembre 1951 15 ottobre 1961 24 ottobre 1971 25 ottobre 1981 20 ottobre 1991 21 ottobre 2001 1 gennaio 2010* La lettura dei dati demografici considerati per struttura (figg. 4, 5, 6) consente di verificare che la classe di individui tra 0 e 14 anni è risultata abbastanza equipollente nei primi decenni dall Unità d - per tutti i territori in questione. Tale fascia pesava, infatti, per poco più di un terzo sulla popolazione complessiva. All indomani della Seconda Guerra Mondiale inizia a definirsi un trend decrescente e differenziato; nel 1951 in l incidenza dei 0-14enni si aggira a circa un quarto della popolazione complessiva, nel Centro-Nord è pari al 23,3% a fronte di un dato pugliese pari a circa il 33% della propria demografia. Nei decenni successivi le tendenze hanno iniziato a convergere fino a raggiungere quote abbastanza vicine nel 2010 allorquando il peso relativo di questa classe di età fluttua tra il 14 e 15 % delle rispettive popolazioni. Il peso dei 15-64enni ha subìto delle differenze territoriali notevoli dal 1911 al 1981; prima di questa arco di tempo, infatti, nei territori osservati, l incidenza delle generazioni adulte si sovrapponevano intorno al 61-62% delle rispettive popolazioni. Negli anni 30 il divario crebbe sino ad assegnare al Centro-Nord del Paese un incidenza pari ai 2/3 del totale a fronte del dove l incidenza era pari al 58%. Negli ultimi anni, per effetto del graduale invecchiamento della popolazione le incidenze dei diversi territori in questione sono tornate a sovrapporsi intorno al 65-67% delle rispettive consistenze demografiche. Eloquenti sono le indicazioni che porvengono dalla figura 6. Allorquando si scorge immediatamente il trend crescente delle serie storiche relative alle consistenze percentuali della classe over 65 anni. Si è passati da una presenza di circa 4 anziani ogni 100 abitanti (nel 1861) ad un rapporto di uno a cinque nel 2010. La differenziazione territoria-

204 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) le si è iniziata a marcare durante gli anni Trenta del secolo passato avviando una serie storica relativa al Centro-Nord sempre superiore al. La presenza straniera maggiormente radicata nelle regioni centro-settentrinali lascia intuire e presagire una certa convergenza a livello circoscrizionale. Di non poco interesse il dato che vede la serie pugliese sempre superiore a quella dell intero dal boom economico sino ai nostri giorni. 3. TRASFORMAZIONI E DINAMICHE DEMOGRAFICHE IN ATTO L analisi dei tassi grezzi di natalità e di mortalità della popolazione in questi 150 anni permettono di evidenziare chiaramente la fase di transizione demografica attraversata dal Paese. Nel corso di 150 anni i tassi di natalità ed i tassi mortalità sono passati da quote che oscillavano tra 30 e 38 per mille (nel decennio successivo all Unità) a valori fluttuanti attorno al 10 per mille 1 (all indomani del boom economico allorquando, appunto, la transizione si è conclusa). Il processo in questione, più che per effetto dell incremento della mortalità, è spiegato in funzione di una graduale e decrescente fecondità della popolazione italiana direttamente influenzata da un calo dei matrimoni. 45,0 40,0 Figura 7 Tasso di natalità Centro-Nord 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 1870 73 1880 83 1899 02 1909 13 1920 23 1929 33 1934 38 1952 54 1955 59 1960 64 1965 69 1970 74 1975 79 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 1 Si faccia eccezione per le due guerre mondiali, in cui i tassi sono molti vicino ed irregolari, e solo nel 1993 i decessi hanno superato le nascite.

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 205 Nello specifico (fig. 7), la fa rilevare un tasso di natalità sempre superiore al dato del ed a quello italiano; tuttavia, durante il baby boom degli anni Sessanta, pur mantenendo un livello di quasi il 25 per mille non fa osservare quell incremento rilevato per il Centro-Nord, ove come noto si è concentrata maggiormente la crescita economica di quegli anni. A partire dagli anni Duemila le serie storiche fanno registrare uno storico avvicinamento fino a sovrapporsi nell ultimo quinquennio. Un andamento differente lo si registra per le serie storiche del tasso di mortalità (fig. 8). All indomani del Secondo Conflitto Mondiale i tassi si sono notevolmente abbattuti raggiungendo la quota di circa il 10 per mille e mantenendola tale sino ai nostri giorni. Lievi differenze si leggono nello specifico territoriale: dal 1955 ad oggi, infatti, la fa rilevare sempre i valori più bassi rispetto all intero Paese ed al nel suo complesso. In 150 anni la speranza di vita di un bambino italiano alla nascita si è più che raddoppiata passando da circa 35 anni di vita attesa e differenze minime tra maschi e femmine - per un neonato del 1861, ai circa 79,1 anni (per un maschi) ed oltre 84,3 anni (per una donna) nati nel 2010. Entrando nel merito del dettaglio territoriale (tav. 4), all inizio del secolo scorso la faceva registrare una speranza di vita di 39 anni a fronte del dato nazionale pari a 44,2. Oggi un bambino nato in si attende 35,0 30,0 Figura 8 Tasso di mortalità Centro-Nord 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 1870 73 1880 83 1899 02 1909 13 1920 23 1929 33 1934 38 1952 54 1955 59 1960 64 1965 69 1970 74 1975 79 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

206 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) di vivere 79,6 anni rispetto ad un maschietto italiano che registra un attesa di 79,1 anni. Il vantaggio si azzera allorquando si registra il dato femminile; nell ultimo secolo una neonata pugliese è passata da una speranza di vita di 40 anni (e 44,8 a livello nazionale) a 84,3 anni rilevati per le bambine nate nel 2010 (con identica quota per l nel suo complesso). In assoluto, dunque, il maggior guadagno in termini di anni di vita per entrambi i generi - lo ha fatto registrare la. Tabella 4. Speranza di vita alla nascita, per sesso (anni). Maschi Nord-Ovest Nord-Est Centro ITALIA 1901-1910 39,2 44,2 1910-1912 46,6 1921-1922 44,1 51,4 49,3 1930-1932 56,7 53,8 1950-1952 63 63,7 63,6 65,1 66,1 63,9 1960-1962 67 67,6 66,2 67 68,5 67 1970-1972 70,2 69,9 68 68,5 70,3 69 1975 70,5 70 68,4 68,8 70,9 69,4 1980 71,7 71,2 69,6 70 71,4 70,5 1985 72,9 72,6 71,4 71,7 72,9 72,1 1990 74,5 73,9 72,8 73,5 74,6 73,6 1995 75,6 74,9 74,2 74,9 75,4 74,8 2000 77 76,2 76,3 76,8 77 76,5 2005 78,6 77,6 78,1 78,5 78,5 78,1 2010 79,6 78,7 79,1 79,4 79,4 79,1 Femmine Nord-Ovest Nord-Est Centro ITALIA 1901-1910 40 44,8 1910-1912 47,3 1921-1922 44,8 50,8 1930-1932 59,1 56 1950-1952 65,2 65,6 68,4 69,6 69,8 67,5 1960-1962 70,7 71 72,5 73,4 73,6 72,1 1970-1972 74,6 74,2 74,9 75,7 76,2 75 1975 75,4 74,8 75,6 76,5 77,2 75,8 1980 76,9 76,4 77,3 77,9 78,1 77,2 1985 78,3 77,9 78,6 79,2 79,2 78,6 1990 80 79,4 80 80,7 80,7 80,1 1995 81,2 80,4 81,1 81,8 81,5 81,1 2000 82,1 81,5 82,5 83,1 82,6 82,3 2005 83,5 83 83,9 84,3 83,8 83,7 2010 84,3 83,9 84,4 84,8 84,5 84,3 Fonte: ISTAT, SVIMEZ.

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 207 4. I MATRIMONI, LA FECONDITÀ E LA FAMIGLIA ITALIANA Il numero di famiglie italiane tra il 1861 ed il 2011 è aumentato di ben 5 volte; questo è interpretabile in funzione della dimensione che essa ha registrato nel corso dell ultimo secolo e mezzo. Nello specifico, si è passati da 4.674.000 milioni di famiglie a quasi 25 milioni con una numerosità media quasi dimezzata; alla nascita dello stato italiano, infatti, il numero medio di componenti per famiglia era di 4,7 (1861) a fronte di 2,4 che identifica l attuale dimensione media. Per ben comprendere le dinamiche di natalità e fecondità è importante non prescindere dal quoziente di nuzialità (fig. 9). A fronte, infatti, di 8,2 matrimoni per mille residenti registrati nel 1861 si osserva oggi una quota più che dimezzata (3,8 per mille). E significativo è anche il fenomeno di matrimoni civili passati da una incidenza del 2,6% del totale (1931) ad una quota pari ad oltre un terzo del totale (35,7%). Nello specifico, osservando le serie storiche relative al fenomeno si evince che fino ai primi anni Sessanta del secolo scorso i tassi circoscrizionali Nord e Sud erano assai vicini e fluttuanti tra il 7 e 8 per mille, a seguire i differenziali territoriali iniziarono ad accrescersi facendo, comunque, mante- 9 Figura 9 Quozienti di nuzialità (per 1.000 abitanti) 8,5 8 7,5 7 Centro Nord 6,5 6 5,5 5 4,5 4 3,5 3 1862 70 1881 1900 1911 20 1931 35 1952 1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

208 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) nere il primato al (5-6 per mille) rispetto al Centro-Nord (4-5 per mille). Indicatore indiretto del fenomeno nuziale in atto è anche il numero delle separazioni coniugali; processo, questo, che ben identifica un evoluzione importante di un particolare aspetto della società italiana. Negli ultimi 130 anni, infatti, la crescita è stata esponenziale: si è passati da appena 717 casi registrati nel 1881 agli oltre 84 mila separazioni rilevate nel 2008 (fig. 10). Rapportando il numero di nati vivi per 1.000 donne in età feconda tra 15 e 49 anni, si è determinato il quoziente di fecondità generale (fig. 11). Il dato regionale evidenzia un primato assoluto nei primi anni post-unitati; Figura 10 75.890 84.165 44.920 30.899 717 628 814 971 1.399 1.329 1.694 5.242 4.695 11.796 1881 1891 1901 1911 1921 1931 1941 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2008 190,0 Figura 11 Quoziente di fecondità 170,0 150,0 130,0 110,0 90,0 70,0 50,0 30,0 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2008 175,8 186,4 157,2 172,2 172,3 148,1 145,5 112,6 96,4 84,4 61,2 47,9 40,1 38,2 168,0 172,0 164,8 162,6 156,9 144,4 138,0 110,3 94,8 81,6 60,3 49,6 40,8 38,7 Centro Nord 155,7 159,8 158,4 148,7 125,8 93,0 87,8 65,7 60,3 61,1 37,6 33,8 38,0 41,9 ITALIA 160,5 160,9 138,3 147,5 126,8 105,6 102,7 78,8 72,5 68,1 45,6 39,6 39,0 40,7

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 209 175,8 è il dato della nel 1871 a fronte di 155,7 nel Centro-Nord. Tale primato si è mantenuto costante per tutto l arco di tempo studiato; solo negli ultimi anni il Centro-Nord inizia a superare le regioni meridionali per effetto del maggiore contributo alle nascite garantito dalle donne straniere, per l appunto, maggiormente radicate nelle regioni centro-settentrionali. Assunto che per tasso di fecondità totale si intende il numero medio di figli per donna feconda, la donna italiana è passata dall avere, in media, circa 5 figli (nel 1861) durante l intero arco della propria vita feconda (15-49 anni), ad una quota vicino 1,4 figli attualmente registrati. E importante ricordare che il tasso di sostituzione, ovvero, necessario a garantire la sostituibilità della generazione delle madri con quello delle figlie è pari a 2,1. All indomani del famoso baby boom registrato in concomitanza del boom economico degli anni Sessanta, già sul finire degli anni Settanta il livello minimo di sostituzione non lo si raggiungeva più osservando delle flessioni continue e fino a registrare il minimo storico della fecondità italiana rilevato nel 1995 con poco più di un figlio per donna feconda. Solo molto recentemente il tasso inizia a far registrare una lieve ripresa ma per effetto di un forte contributo dato dalle mamme straniere, il cui tasso di fecondità è certamente superiore a quello delle mamme italiane. Il dato specifico relativo agli ultimi sessanta anni (fig. 12) evidenzia un notevole differenziale tra le diverse realtà circoscrizionali italiane. Il è nettamente superiore al Centro ed al Nord del Paese con va- 3,6 3,5 3,4 3,3 3,2 3,1 3 2,9 2,8 2,7 2,6 2,5 2,4 2,3 Figura 12 Numero di figli per donna (TFT) Nord Centro 2,2 2,1 2 1,9 1,8 1,7 1,6 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1 1952 1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

210 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) lori che superano abbondantemente il livello di sostituzione (2,1) fino ai primi anni Ottanta del secolo scorso. Per altro verso, è interessante osservare che già prima del boom economico il Centro-Nord del Paese faceva registrare un TFT inferiore al livello di sostituzione evidenziando un deficit generazionale madri/figlie. Il baby boom ha consentito una crescita ed un recupero sostitutivo ma già nei primi anni Settanta il Centro-Nord evidenziava un calo vertiginoso raggiungendo minimi storici pari ad un figlio per donna feconda. Come accennato la recente ripresa è funzione delle leggi di fecondità fatta registrare dalle donne straniere. Un indicatore altrettanto importante per evidenziare l evoluzione non solo demografica ma anche socio-economica che il nostro Paese ha attraversato nell ultimo sessantennio è l età media al parto delle madri (fig. 13). Su tutti i territori in questione la mantiene sempre il primato negli anni Cinquanta e Sessanta con quote che scendono da circa 31 a 28 anni. Fino a- gli anni Ottanta le mamme più giovani sono quelle del Centro (27-28 anni). Terminato l effetto media delle madri partorienti durante il baby boom le serie storiche sono tornate a salire posizionandosi in contro tendenza rispetto al trentennio precedente; oggi, infatti, l età media al parto delle madri centro-settentrionali è di quasi un anno superiore all età delle mamme meridionali: per il 2008, il dato nazionale è pari a 31,1, il Centro fa rilevare 31,6, il Nord 31,1, il 30,7 e la 30,9 anni. 33 Figura 13 Età media della madre al parto 32,5 32 31,5 31 Nord Centro 30,5 30 29,5 29 28,5 28 27,5 27 26,5 26 1952 1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 211 5. CONSIDERAZIONI SU TALUNI INDICI DI STRUTTURA Il continente europeo rimarrà quello con la più alta proporzione di anziani anche nel XXI secolo (sebbene la percentuale di anziani entro il 2030 raddoppierà sia in Asia sia in America Latina e Caraibi raggiungendo il 12% in Asia e l 11,5% in America Latina). La popolazione mondiale con un età di oltre 65 anni nel 2005 era di circa 475 milioni e le diverse stime delle Nazioni Unite suggeriscono che l incremento annuale continuerà ad essere di 10 milioni all anno per la prossima decade. I paesi industrializzati hanno, infatti, le più alte percentuali di anziani, all interno delle loro rispettive popolazioni, ma sono i paesi in via di sviluppo ad avere il numero maggiore di anziani in valore assoluto, con popolazioni numericamente molto più grandi. Il 60% della popolazione mondiale anziana vive, infatti, in questi paesi e il numero di tali persone, in futuro, è destinato ad aumentare quando il processo di transizione demografica nei PVS sarà concluso e, quindi, i tassi di fecondità raggiungeranno livelli simili a quelli attuali dei paesi industrializzati (ovvero, al di sotto della soglia di sostituzione). In definitiva, il processo di invecchiamento in (ed in Europa) rappresenta una delle prime sfide sociali cui non è possibile sottrarsi. Esso pone le principali basi in due fenomeni fortemente correlati tra loro: l innalzamento dell età media alla nascita e l abbassamento della fecondità. Ciò non può che alimentare un fisiologico processo di invecchiamento della popolazione che ha portato un rapporto, nel 1861, di 12 anziani ogni 100 giovanissimi (di età sotto i 15 anni), ad un indice di oltre 140 anziani per 100 under 15 anni calcolato per il 2010 ed una stima di 170 per il 2021. Il dato è fortemente significativo se lo si confronta con altre realtà nazionali: oggi, infatti, l è il secondo Paese più vecchio in Europa (dopo la Germania) ed il terzo nel mondo (il primato è del Giappone). Significativi sono anche i dati rinvenenti dalla lettura di talune classi di età. Nel 1861 i bambini italiani sotto i 5 anni rappresentavano il 13% della popolazione, oggi il loro peso è di circa 5%. Di contro la fascia anagrafica degli over 75 anni è passata da una incidenza dell 1%, nel 1861, ad un rapporto di una persona su 10, nel 2010. Nello specifico, con riferimento all indice di vecchiaia, quale rapporto tra la popolazione di individui in età over 65 anni e la popolazione di soggetti tra 0 e 14 anni, moltiplicato per 100, i dati osservati (fig. 14) mostrano chiaramente un trend sempre crescente ma scomponibile in due modalità differenti; fino, infatti, all inizio della Seconda Guerra Mondiale il rapporto in questione si sovrapponeva tra le diverse realtà territoriali prese in esame. In questo primo arco storico il ritmo di crescita delle serie era meno sostenuto rispetto all incremento - a ritmi esponenziali rilevato negli ultimi 50 anni,

212 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) 160 Figura 14 Indice di vecchiaia 140 120 Centro Nord 100 80 60 40 20 0 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2010* *Dati d anagrafe 80 Figura 15 Indice di dipendenza strutturale 70 60 50 Centro Nord 40 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2010* *Dati d anagrafe processo che innesca differenze territoriali sempre più marcate. Infatti, già nel 1991 il Centro-Nord del Paese registrava un tasso superiore alla parità (128,2%) a fronte del che faceva rilevare un valore pare a 59,5. Gli ultimi dati evidenziano per la una quota pari a 122,1 (in linea col ), il Centro-Nord una valore pari a 157,9 ed un contesto nazionale di 144 over 65 anni per 100 under 15-enni. Altrettanto importanti sono le indicazioni provenienti dall indice di carico sociale, detto di dipendenza strutturale (fig. 15). Esso, infatti, rap-

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 213 porta le classi demografiche improduttive (0-14 anni e 65anni ed oltre) alla fascia produttiva (15-64 anni). All indomani dell Unità non si registravano differenze circoscrizionali ed i valori si aggiravano intorno al 60-62% per effetto di una maggiore presenza giovanile (e, dunque, un maggior peso del numeratore del rapporto). Il divario iniziò a manifestarsi maggiormente tra gli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso: nel 1936, ad esempio, il contava un rapporto di 75 giovanissimi+anziani a fronte di 100 adulti in età da lavoro, il Centro- Nord, invece, faceva segnare una quota di 56,4%. Sul finire degli anni Ottanta le serie sono ritornate ad avvicinarsi e dopo quello che è stato per un secolo un trend decrescente, nei primi anni Duemila l indice è ripreso a risalire per effetto della crescente proporzione di anziani nella popolazione. Conferme in tal senso giungono, altresì, dall indice di dipendenza degli anziani (costruito rapportando gli over 65-enni alla classe adulta 15-64 anni) (fig. 16). Come ci si poteva attendere esso mantiene un trend decisamente crescente passando da quote pari a 6-7% del 1861 a circa il 31% attuale. Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi la serie del Centro-Nord è stata sempre la più elevata per effetto della tradizionale maggiore incidenza senile nella propria popolazione. 35,0 Figura 16 Indice di dipendenza degli anziani 30,0 25,0 Centro Nord 20,0 15,0 10,0 5,0 1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2010* *Dati d anagrafe 6. I MOVIMENTI MIGRATORI Gli aspetti che caratterizzano i movimenti migratori in entrata ed in uscita della popolazione italiana sono vastissimi. A fronte di una lunga storia emi-

214 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) Tabella 5. Espatri di italiani per periodo e nazione di destinazione. Valori assoluti. Paese di destinazione 1901-1920 Paese di destinazione 1951-1970 Stati Uniti 3.896.233 Svizzera 1.766.064 Francia 1.237.103 Germania 906.361 Svizzera 1.089.170 Francia 799.179 Argentina 1.050.112 Canada 398.124 Germania 876.117 Stati Uniti 360.420 Canada 148.733 Argentina 220.524 Totale espatri 9.854.755 Totale espatri 5.584.500 gratoria, l fa registrare flussi immigratori relativamente recenti. Nel dettaglio del nostro processo migratorio, il Paese ha vissuto due momenti particolari: il primo durante i primi due decenni del XIX secolo ed il secondo all indomani della Seconda Guerra Mondiale, per i quali i flussi emigratori sono stati rispettivamente di poco inferiori ai 10 milioni e 5,6 milioni di italiani. Se nella prima fase emigratoria gli italiani prediligevano rotte transoceaniche (come Stati Uniti, Argentina, Canada), dagli anni Cinquanta dello scorso secolo la destinazione dei nostri emigranti è stata l Europa (con in testa Svizzera e Germania) (tav. 5). Il grafico 17 illustra le tendenze relative agli espatri che hanno interessato la, il ed il Centro-Nord del Paese; eloquenti sono i due picchi raggiunti nei primi decenni del Novecento e nel ventennio a cavallo del boom economico. Importante è, altresì, evidenziare che nel primo grande esodo all estero le consistenze provenienti dal Centro-Nord sono sempre state superiori a quelle meridionali, tendenza inversa si ebbe a registrare, invece, nel ventennio 1950-70 allorquando i flussi del spesso raddoppiarono quelli delle regioni centro-settentrionali. La scala destra del medesimo grafico conferma quanto suddetto allorquando si verifica che già dopo il secondo conflitto mondiale l incidenza di espatri meridionali rispetto a quelli settentrionali è stata sempre superiore al 100% raggiungendo quote di circa il 240% nei primi anni Sessanta del secolo passato. E dopo una prima tendenza a decrescere, fatta registrare già sul principio degli anni Ottanta, sembra riprendere una leggera crescita del rapporto giustificata da una patologica maggiore difficoltà a trovare occupazione nelle regioni meridionali rispetto a quanto accadeva in quelle centrosettentrionali. Dopo essere stata per circa un secolo un Paese di emigrazione, a partire dagli anni Settanta del Novecento l è divenuta terra di immigrazione con una incidenza percentuale sulla popolazione residente che dal 1981 ad

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 215 400.000 380.000 360.000 340.000 320.000 300.000 280.000 260.000 240.000 220.000 200.000 180.000 160.000 140.000 120.000 100.000 80.000 60.000 40.000 20.000 0 Figura 17 Espatri. Scala sx = valori assoluti. Scala dx = incidenze % (scala sx) (scala sx) Centro Nord (scala sx) /Mezz /scala dx) Mezz/CN (scala dx) 1876 1879 1880 1884 1885 1889 1890 1894 1895 1899 1900 1904 1905 1909 1910 1914 1915 1919 1920 1924 1925 1929 1930 1934 1935 1939 1940 1942 1946 1949 1950 1954 1955 1959 1960 1964 1965 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 200,0 150,0 100,0 50,0 0,0 Figura 18 Incidenza % di stranieri sulla popolazione italiana 6,5 7,0 7,5 5,8 3,5 4,0 4,5 5,0 2,5 2,6 0,5 0,9 1981 1991 2001 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 oggi è passata dallo 0,5% a circa il 7,5% (fig. 18): dato, questo, in linea con la media europea ma molto al di sotto di nazioni come Spagna (12%), Germania (8,5%) e Regno Unito (8%). In valore assoluto (fig. 19) la quota della popolazione straniera è cresciuta esponenzialmente dal 1961 ad oggi, allorquando si è passati da appena 62 mila unità ad oltre 4,2 milioni di residenti; ulteriori stime elevano tale quota ad oltre 6 milioni di stranieri. A fronte del notevole valore economico rappresentato dagli stranieri che nel nostro Paese lavorano e pagano le tasse

216 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) andando a supportare il sistema pensionistico, non va trascurato, altresì, che il peso degli stranieri sui detenuti nelle nostre carceri si è impennato nell arco di vent anni (1991-2010) dal 15 al 36,7%. In generale, il processo di integrazione degli stranieri nella società o- spitante inizia a consolidarsi quando il progetto migratorio assume i caratteri della stabilità, aumentano, cioè, i ricongiungimenti familiari, si sviluppa il tasso di natalità delle donne straniere, s incrementa il tasso di scolarizzazione di bambini e ragazzi stranieri, etc. Figura 19 Popolazione straniera residente (1961-2010) 4.235.059 1.334.889 62.780 210.937 1961 1981 2001 2010 20 Nati stranieri per 100 nati vivi Figura 20 18 16 14 12 10 8 6 Centro Nord ITALIA 4 2 0 1993 1995 2000 2005 2006 2007 2008 2009

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 217 In questa ottica, molto importanti sono le indicazioni che rinvengono dallo studio dei nati stranieri per 100 bambini nati vivi (fig. 20). La giovinezza del fenomeno è spiegata dai tassi assai bassi dei primi anni Novanta: la quota dell nel 1933 era pari a 1,2 nati stranieri su 100 nati vivi, nel Centro-Nord il valore era pari a 1,9, nel era dello 0,4 ed in dello 0,3 per cento. Negli ultimi anni i differenziali sono molto cresciuti; le regioni centro-settentrionali, infatti, fanno registrare una quota pari a 15,1 a fronte del dato meridionale del 2,4% e della del 2%. E importante evidenziare (figg. 21-22) che il numero medio di figli per donna feconda differenziato tra le donne italiane e quelle straniere tende - col crescere della durata del progetto migratorio delle straniere a conver- Figura 21 Numero medio di figli per donna italiana e straniera Centro Nord Straniere ne Straniere ne Straniere ne Straniere ne 1,32 1,28 1,26 1,24 1,26 1,29 1,23 1,21 1,18 1,15 1,33 1,32 1,31 1,31 1,29 1,30 1,28 1,25 1,27 1,31 2,31 2,40 2,50 2,45 2,61 2,37 2,43 2,53 2,50 2,67 1,97 2,21 2,26 2,09 2,18 1,94 2,25 2,36 2,00 2,37 2008 2007 2006 2005 2004 0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00

218 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) Figura 22 Età media delle madri al parto Centro Nord Straniere ne Straniere ne Straniere ne Straniere ne 27,9 27,8 27,7 27,5 27,4 27,9 27,8 27,7 27,5 27,4 27,6 27,5 27,7 27,6 27,5 27,4 27,5 27,8 27,3 27,3 31,7 31,6 31,4 31,3 31,1 32,3 32,2 32,1 31,9 31,8 30,9 30,8 30,6 30,5 30,4 31,0 30,9 30,7 30,6 30,5 2008 2007 2006 2005 2004 24,0 25,0 26,0 27,0 28,0 29,0 30,0 31,0 32,0 33,0 gere. A fronte, infatti, di un tasso di fecondità totale tra il 2005 ed il 2008 salito, per le donne italiane, da 1,26 a 1,32, quello delle donne straniere è sceso da 2,61 a 2,31. Il processo appare ancora più evidente per il Centro- Nord; il livello concernente le donne italiane è passato da 1,15 a 1,29 e quello delle donne straniere si è flesso da 2,67 a 2,37. Il maggior decremento della natalità straniera si è registrata per la allorquando si è passati da 2,37 a 1,94 figli per donna straniera feconda. Tale fenomeno appare confermato anche dalla lettura dei dati relativi l età media della madre al parto. Sia per le mamme italiane che per quelle straniere l età media al parto è cresciuta di mezzo anno (31,7 anni per le italiane e 27,9 anni per le straniere, nel 2008). Di contro, nell ambito del contesto territoriale pugliesi le mamme stranieri sono quelle più giovani con una età media al parto di 27,4 anni.

Mastrorocco N., Salinas U. - Dall Unità d al 2050: dinamiche demografiche e modalità evolutive della popolazione. Specificità relative alla 219 7. MOBILITÀ E SALDO MIGRATORIO INTERNO In un contesto demografico sempre più incline alla mobilità territoriale delle popolazioni, particolarmente interessanti e degni sempre di maggiori approfondimenti appaiono i movimenti migratori all interno di una medesima nazione. Un analisi territoriale del fenomeno ovvero, di quelle aree maggiormente attrattive e una specifica osservazione di quelle che sono le nuove dinamiche nonché le nuove prospettive lavorative ed occupazionali potrebbero offrire utili indicazioni nella comprensione di fenomeni e problematiche demo-socio-economiche. Pur avendo, infatti, le migrazioni interne una minore visibilità, rispetto a quelle internazionali, esse mantengono un grande impatto economico e sociale influenzando fortemente i processi produttivi, le dinamiche demografiche e gli equilibri territoriali di un intero Paese. I dati più recenti evidenziano sia uno scenario migratorio interno sempre più innovativo e bilanciato, sia flussi - meno intensi ma più ragionati orientati verso direttrici differenziate e non tradizionali. Rispetto al passato le motivazioni che giustificano un cambio di residenza sono sostanzialmente di due tipi: una mobilità a medio e lungo raggio si sviluppa in funzione di un mancato incontro tra la domanda e l offerta di lavoro, mentre uno spostamento a breve distanza trova una sostanziale motivazione in determinanti di carattere personale e familiare. Un analisi dell excursus storico delle migrazioni interne nel nostro Paese meglio evidenzierebbe i radicali cambiamenti che negli ultimi decenni tale mobilità ha fatto registrare sia dal punto di vista quantitativo e qualitativo, sia per le direttrici seguite dai migranti. Non vi è dubbio, infatti, che in contro tendenza rispetto a quanto accadeva negli anni 60 e 70 del secolo scorso, l non fa più registrare un intenso spostamento di individui verso le regioni del triangolo industriale (Piemonte, Lombardia e Liguria): lentamente molte altre aree della nostra penisola hanno conquistato un ingente quota di manovalanza prima e di capitale qualificato dopo. Infatti, circa il carattere di una mobilità sempre più qualificata, ovvero, con più alti livelli d istruzione si registra una diretta relazione esistente tra mobilità interna e grado di istruzione dei migranti, stabilendo come un maggior grado d istruzione stia influenzando sempre più- in maniera determinante il recente processo di emigrazione giovanile dal verso il Centro-Nord dell. Il grafico 23 illustra agevolmente per il (e per la ) un saldo migratorio (costruito dalla differenza tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche) sempre negativo a fronte di una serie, sempre positiva, per il Centro-Nord del Paese. I maggiori picchi si registrano in concomitanza del boom economico, quando, cioè, la richiesta di manodopera al nord giustificava enormi flussi di lavoratori meridionali che si recavano precipuamente nel

220 Annali del Dipartimento di Scienze Statistiche Carlo Cecchi, Vol. X (2011) Figura 23 11.700 11.200 10.700 10.200 9.700 9.200 8.700 8.200 7.700 7.200 6.700 6.200 5.700 5.200 4.700 4.200 3.700 3.200 2.700 2.200 1.700 1.200 700 Figura 24 Abitanti pugliesi trasferiti nel Centro Nord, per titolo di studio Nessun titolo o licenz. elem. Lic. Media Diploma Laurea 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 triangolo industriale costruito tra Lombardia, Piemonte e Liguria. Come accennato una lieve ripresa dei flussi si evidenzia durante gli anni Novanta del secolo scorso ingenerando flussi con nuove caratteristiche rispetto al passato. Una lettura specifica della mobilità pugliese verso le regioni del Centro-Nord per titolo di studio conferma quanto suddetto (fig. 24). Nel corso