Dal pensiero all' azione



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Pierre Mounoud Dal pensiero all' azione A,cura di Iolanda Fabbri e Alessandra Farneti 3 L' ontogenesi di 'differenti forme di pensiero * TI linguaggio e le abilità motorie come differenti manifestazioni non specifiche 1995 La Nuova Italia Scientifica 1 Propongo una riflessione sull' esistenza di differenti tipi di pensiero e, più precisamente, su ciò che potrebbe essere un pensiero con o senza linguaggio. Per iniziare, mostrerò che i primi stadi dello sviluppo linguistico non differiscono da quelli dello sviluppo del pensiero, contrariamente all' opinione di Vygotskij, per citare solo un autore. Penso, infatti, che il modo in cui il bambino giunge ad appropriarsi della funzione complessa del linguaggio non differisce dal modo in cui egli conosce gli.oggetti, le persone del proprio ambiente e il proprio corpo. Tenterò in seguito di dimostrare che accade la stessa cosa negli stadi successivi dello sviluppo. Questo approccio mi porta a concludere che dovremmo sostituire alla dicotomia fra pensiero verbale e non verbale un comonto fra differenti tipi di pensiero che caratterizzano le fasi di costruzione della conoscenza, incluso il linguaggio. Malgrado le difficoltà di definire il pensiero, ci sono stati numerosi tentativi, nel corso di questo secolo, di caratterizzarne differenti forme, utilizzando per lo più semplici dicotomie. TI pensiero senza linguaggio si riferisce ad una di queste opposizioni, e c'è ragione di supporre che esista un pensiero senza linguaggio distinto da un pensiero con linguaggio (o pensiero verbale). L'opposizione tra pensiero con o senza linguaggio è in diretta relazione con l'opposizione fra intelligenza pratica e concettuale - o rappresentativa - (K6hler, Guillaume, Meyerson, Piaget, Wallon ecc.). Tale dicotomia, classica all'inizio del secolo, esiste ancora oggi sotto differenti appellativi, come "pensiero non- o pre-simbolico" vs. pensiero simbolico. * P. Mounoud (I988), The Ontogenesis 01 Different Types 01 Thought, Language and Motor Behavior as Non-specific Manijestation, in L Weiskrantz (ed.), Thought wit out Language, Oxford University Press, Oxford, pp, 24 45, 69

, DAL PENSIERO ALL AZIONE La distinzione fatta da Piaget (1974) tra "riuscire" e "capire" si può considerare come una riformulazione di questo problema. Quest'ultima distinzione si basa sull'idea che il nostro comportamento sia guidato da due diversi tipi di obiettivi, l'uno diretto all'adattamento alla realtà, come la ricerca di immediato successo, e l'altro volto, in modo più disinteressato, alla conoscenza in quanto tale, indipendente da ogni motivazione pragmatica. In passato (Mounoud, 1970) ho criticato la dicotomia fra intelligenza pratica e rappresentativa nel senso piagetiano di singola transizione cronologica. Allora consideravo che tale distinzione non fosse in relazione con la presenza o 1'assenza del linguaggio; la mia tesi era invece che in ogni stadio dello sviluppo cognitivo, anche durante lo stadio senso-motorio, si passa da un tipo di intelligenza pratica ad un tipo di intelligenza rappresentativa o concettuale. Per comprendere meglio questo problema vorrei ricordare brevemente alcune delle dicotomie usate da Piaget per caratterizzare forme successive di intelligenza. Nello stadio senso-motorio, suddiviso in sei sottostadi, Piaget (1936) definiva tre tipi successivi di intelligenza: «pratica, soggettiva e oggettiva». Quando più tardi intraprese lo studio delle operazioni concrete, ridenominò il terzo tipo di intelligenza senso-motoria (<<oggettiva») «pratica», al fine di ricostituire la stessa relazione (pratica vs. concettuale) in questo stadio (Piaget, Inhelder, 1948). Infine, quando definì lo stadio delle operazioni formali, riformulò l'opposizione fra concreto e formale Unhelder, Piaget, 1955). Questi cambiamenti di termini (da oggettivo a concreto, da concettuale a concreto) per caratterizzare un dato livello di sviluppo, esprimono, secondo me, la stessa difficoltà: quella di contrapporre globalmente gli stadi di sviluppo attraverso tipi di intelligenza o pensiero. Come vedremo in seguito, preferisco usare questi termini per qualificare le trasformazioni che intervengono nel corso di un dato stadio, come Piaget aveva inizialmente fatto per lo stadio senso-motorio, e non per contrapporre differenti stadi. Potrei ricordare altre opposizioni dello stesso genere, come quella tra pensiero intuitivo e pensiero razionale, utilizzata da Piaget all'inizio del secolo e ripresa successivamente da altri, probabilmente per la sua rassomiglianza con distinzioni più recenti fra pensiero globale od olistico e pensiero analitico, o tra conoscenze implicite ed esplicite. I principali criteri adottati per confrontare queste diverse forme di pensiero riguardano inizialmente le loro finalità: la necessità di adattamento immediato, da una parte, e i bisogni di comprensione, di conoscenza e di spiegazione, dall' altra parte. In seguito, il criterio che le distingue è il funzionamento. TI pensiero senza linguaggio, o intuitivo, funzionerebbe in modo sincretico o globale, si applicherebbe ad una parte non delimitata (o non specifica) degli elementi di una data situazione e utilizzerebbe i criteri di riuscita o insuccesso senza ricerca di verifica: questo modo di funzionamento sarebbe principalmente detcrrninato dai dati della situazione (data-driven). TI pensiero con linguaggio o razionale funzionerebbe, invece, in modo analitico, si baserebbe di conseguenza su una parte delimitata e specifica degli elementi di una data situazione o di una classe di situazioni, utilizzerebbe i criteri di vero e falso con ricerca di prove e sarebbe determinato dalle concezioni del soggetto (conceptually-driven). Ciò che mi sembra chiaro è la complementarietà di queste differenti forme di pensiero. TI problema principale è di capire le loro relazioni necessarie e reciproche e la loro interdipendenza. Gli esseri umani sono simultaneamente orientati verso differenti obiettivi come quelli di adattamento e di conoscenza nel corso dell'ontogenesi, non c'è scelta fra queste alternative. Sia la conoscenza che 1'adattamento sono necessità legate alla natura del nostro organismo e alla particolarità dclla specie. Si ritiene che la specie umana attrav rso la filogenesi si sia liberata, almeno parzialmente, dagli imperativi dell' adattamento immediato, del soddisfacimento immediato dei bisogni per impegnarsi in attività riflessive (o di pensiero) che le permettono di accedere alla comprensione del "possibile", da cui l'origine della sua libertà ipotetica. 3.1 Un quadro di riferimento sullo sviluppo Esamino ora la mia prospettiva di sviluppo del pensiero. Innanzitutto, io considero lo sviluppo cognitivo come un processo generale comune 'a tutti. i campi della conoscenza, in contrasto con le concezioni che postulano dei processi specifici a ciascun dominio cognitivo. Naturalmente, l'esisrenza di un processo generale non esclude, a mio avviso, processi specifici sottostanti. In secondo luogo, penso che questo processo generale si ripeta a più riprese nel corso dello sviluppo, definendo così i principali stadi evolutivi. Tale processo si può definire come un processo di tematizzazione o di C071cettualt'zzazione degli scambi complessi che un organismo sviluppa con il suo ambiente (fisico, sociale, linguistico ecc.). Esso viene definito come "aggettivazione", "presa di coscienza" 'o "astrazione". Questo processo, tuttavia, non si limita semplicemente ad esplicitare, ad esprimere o a capire 70 71

ciò che è stato esperito o espresso automaticamente: non si tratta solo di un processo di metacognizione, dove i comportamenti dapprima esperiti ad un livello di coscienza sono poi concettualizzati ad un altro livello. Ci sono diverse ragioni per cui il processo di tematizzazione Hon può essere ridotto ad una semplice presa di coscienza. Prima di tutto, c'è una trasformazione qualitativa del comportamento nel corso dello sviluppo. Fra la "marcia automatica" del neonato e la deambulazione autonoma del bambino di un anno non c'è solo la semplice aggiunta di consapevolezza. Lo stesso accade per la prensione precoce del bambino e la successiva prensione del bambino di un anno. In questi casi c'è una completa riorganizzazione della modalità di intera-o zione con l'ambiente. Possiamo fare la stessa osservazione in altri stadi dello sviluppo: ad esempio, l'evoluzione della abilità di seriazione o clas ificazione a tre anni e a dieci anni (Mounoud, 1986, CAP. 2 in questo testo). La seconda ragione è che il processo di consapevolezza è un fe nomeno transitorio. Nel corso dello sviluppo il bambino analizza o diviene consapevole di certe caratteristiche delle sue azioni e degli oggetti su cui agisce (come nel caso dell' apprendimento della deambulazione, del linguaggio, della scrittura ecc) Dal momento in cui ci si impadronisce di un' abilità ad un certo livello, però, questa consapevolezza scompare:. noi siamo inconsapevoli o sviluppiamo delle "misconsapevolezze" circa le regole che governano il nostro comportamento (ad esempio le regole grammaticali della nostra lingua materna). La terza ragione è quella del progresso. Si può comunemente accettare che lo sviluppo del bambino consista. di miglioramenti costanti, ma non abbiamo altrettanta sicurezza quando consideriamo la complessità delle forme di conoscenza anteriori a quelle che si descrivono. D'altra parte, il progresso si accompagna talvolta a regressioni o anche ad una perdita di competenza. Un caso esemplificativo è la perdita, all' età di un anno, dell' abilità di discriminare tra fonemi contrastanti che non esistono nella lingua materna del bambino (Werker, Tees, 1983): ciò può essere dovuto ad un deficit attenzionale, come ha suggerito ]usczyk (1985). lo credo infatti che tutto lo sviluppo e tutte le trasformazioni della conoscenza avvengano nell' ambito di un contesto che chiamerò di "perdita e guadagno". I guadagni ottenuti a livello delle capacità accresciute di pianificazione e di controllo, nel tempo e nello spazio, compensano le perdite in altre aree (dr. gli esempi riportati sopra). Sembra, quindi, che a ciascun livello di sviluppo il comportamento del bambino evidenzi un processo generale di tematizzazione (o concettualizzazione) che riguarda non solo le proprietà degli oggetti, ma anche le caratteristiche delle proprie azioni. T aie processo è all' o rigine di ciò che viene comunemente chiamato "nuove forme di comportamento", compreso il linguaggio. La mia tesi è che tale processo dipende dalle capacità di simbolizzazione del bambino, che includono sia la rappresentazione analogica, di solito qualificata come non o presimbolica, che la rappresentazione astratta o simbolica. Nel corso dello sviluppo emergono più volte nuove capacità simboliche (alla nascita, intorno ai due anni, intorno ai dieci anni). No\ chiamiamo capacità di simbolizzazione l'abilità di tradurre o trasporre su un altro piano, per mezzo di un nuovo sistema di codifica, le esperienze attuali dell' organismo, che sono inizialmente determinate' da un differente sistema di rappresentazione. In questa prospettiva non è possibile parlare di pensiero senza simbolizzazione, essendo il linguaggio proprio una delle sue espressioni. TI processo generale di tematizzazione è un processo complesso che include diverse fasi. Attraverso queste fasi, si possono determinare differenti tipi di pensiero, vale a dire differenti livelli di conoscenza e comprensione o di pianificazione e controllo delle azioni. L'elaborazione di nuove rappresentazioni implica una nuova demarcazione, una nuova segmentazione o scomposizione di informazioni. TI soggetto deve, quindi, ridefinire le azioni che produce e gli oggetti con cui interagisce, incluso il proprio corpo. Egli deve procedere ad un nuovo campionamento del flusso di informazioni in entrata e in uscita al fine di costruire nuove rappresentazioni. Questa trasposizione sembra svolgersi in due fasi chiaramente distinte. Nella prima fase, che io chiamo semantica (o pragmatica), gli aspetti più importanti che vengono elaborati sono quelli semantici (senza escludere con ciò le elaborazioni morfologiche); nella seconda fase, denominata morfologica, i principali aspetti trattati sarebbero morfologici, ma anche semantici. Quesre due fasi consistono nel tradurre o rappresentare, per mezzo del nuovo codice, i differenti contenuti (oggetti, persone, il proprio corpo) con cui il bambino interagisce. È necessario distinguere fra diversi tipi di codice che danno origine a rappresentazioni a differenti livelli. È la comparsa di nuove capacità di codifica (che io ho chiamato: percettiva alla nascita, concettuale verso i due anni e semiotica o formale intorno ai dieci anni) a determinare gli stadi di sviluppo cognitivo del bambino. Queste nuove capacità di codifica costringono il bambino a riorganizzare e a rideterminare il suo comportamento (Mounoud, 1979, 1983, 1985; Mounoud, Vinter, 1981, 1985; Vinter, 1985, 1987). Durante la prima fase di questo processo di tematizzazione (dai 6" 72 73

ai 12 mesi dello stadio senso-motorio), gli oggetti e le azioni del soggetto - poiché esse sono inizialmente çleterminate da rappresentazioni globali (coordinazioni inter-senso-motorie) - sono scomposti nelle loro componenti (segmenti, elementi, organi), che saranno definite ed elaborate sotto forma di rappresentazioni elementari (analogiche). Questa prima delimitazione è pragmatica; cioè le componenti o i segmenti presi in considerazione consistono in unità elementari funzionali suscettibili di avere significati autonomi. Le differenti componenti o i segmenti definiti dalle ral"presentazioni elementari sono dapprima isolati e giustapposti, con poche relazioni tra di essi e pochi precisi legami con le configurazioni da cui sono stati astratti e isolati. Possiamo confrontarli ad engrammi senza legami (Hamad, 1982). Questa prima fase termina con l'integrazione e la coordinazione delle componenti isolate in rappresentazioni totali (non scomponibili, non analizzabili) o totalità funzionali (engrammi legati). Questo ultimo processo è simile all'operazione di «riduzione» ricordata da Bisiach (1988) e può essere confrontato al raggruppamento percettivo (perceptual grouping) o raggruppamento cognitivo (cognitive chunking) di unità significanti. La prima fase illustra il tipo di elaborazione delle informazioni che Fodor et al. (1974) hanno chiamato «strategie di sintesi a partire dall' analisi»., Durante la seconda fase, queste configurazioni d'insieme o totalità funzionali definite da rappresentazioni totali (pattetns percettivo-motori o engrammi legati) sono analizzate dal punto di vista della loro morfologia, in rapporto alla capacità di controllare le variazioni di dimensioni più astratte. T ali dimensioni non sono definite indipendentemente dalle totalità, come accade nella prima fase, ma piuttosto in rapporto ad esse. In altri termini, in questa seconda fase, le rigide totalità funzionali costruite nella prima fase sono analizzate sia in base alle relazioni tra le loro parti (relazioni intraoggettuali) sia dal punto di vista delle relazioni fra le dimensioni di differenti totalità. Questa seconda fase corrisponde a ciò che Fodor et al. (1974) definiscono «strategia di analisi a partire dalla sit:ttesi». Per quanto riguarda lo stadio senso-motorio (o stadio delle rappresentazioni percettive), ho già descritto tale processo in dettaglio e in diverse occasioni (Mounoud, 1983, 1987a; Mounoud, Vinter, 1981; Mounoud, Hauert, 1982; Vinter, 1986, 1989) relativamente allo sviluppo della prensione, dell'imitazione, della percezione del volto e dell'immagine di sé. Qui illustrerò solo il processo generale di tematizzazione, prendendo come esempio la ptensio e e le produzioni verbali, nel primo anno di vita, e il processo di segmentazione delle. parole, nel secondo e terzo anno. 3.1.1. Lo sviluppo delle condotte di prensione Per raggiungere una migliore comprensione dello sviluppo della prensione, è necessario considerare le condotte manifestate dal bambino dm:ante le prime settimane di vita. Diversi autori (Bower et al., Iç)7oa, 1970b; Trevarthen et al., 1975; Hofsten, 1982) hanno dimostrato che i bambini sono capaci, nei primi giorni di vita, di un tipo di prensione abbastanza sorprendente: essi sono in grado di protendere le braccia in direzione di un oggetto in movimento, sotto il controllo visivo. La condotta di prensione del neonato dimostra la sua capacità di elaborare alcune categorie di informazione relative alla situazione e alle proprie azioni. La maggior parte delle componenti, se non tutte, dei movimenti di prensione sono presenti nelle prime condotte del neonato, in una forma notevolmente ben organizzata (come, ad esempio, l'apertura della mano durante l'avvicinamento o la prensione a pinza pollice-indice). Le attività coordinate testa-braccio-mano si dissoceranno progressivamente in attività elementari. Esse sono solo parzialmente cool'dinate. Questa dissociazione permette al bambino di identificare differenti segmenti o componenti relativi a varie funzioni: apertura e chiusura della mano nell' atto di afferrare o di lasciare l'oggetto; flessione ed estensione del gomito in rapporto all' avvicinamento o all' allontanamento della mano; rotazione del pugno in base a diversi orièntamenti e configurazioni della mano ecc. (fase semantica o pragmatica). Si possono dunque stabilire delle corrispondenze fra certi movimenti e le percezioni che le accompagnano (secondo me, all'origine delle rappresentazioni percettive elementari). Queste attività elementari saranno progressivamnete reintegrate, col risultato che appariranno nuovi movimenti di prensione globalmente organizzati (basati su rappresentazioni percettive totali). Questi movimenti sono di solito descritti come determinati qall' attività visi. va, vale a dire programmati prima della loro esecuzione, poiché la mano si apre nel corso della traiettoria, e infine si ferma sull' oggetto. Questo ci porta al periodo che va dalle 24 alle 32 settimane, che White et al. (1964) considerano come il livello più alto dell' attività di prensione. Da questo momento il successivo comportamento si evolve (fase morfologù:a) includendo più precisi adattamenti (l'orientamento del braccio; l'apertura e chiusura della mano) basati sulle caratteristiche dell' oggetto da raggiungere (forma, dimensioni, peso, orientamento). Tali adattamenti guideranno ad una complessa riorganizzazione dell' attività di prensione e delle sue componenti. Dopo le 74 75

3. L' ONTOGENESI DI DIFFERENTI FORME DI PENSIERO 32 settimane, quest' attività d'insieme non scomponibile, non modulabile, qual è la prensione, dà origine ad una completa riorganizzazione che comprende il controllo di differenti parti o unità di questa attività per adattarsi alle differenti condizioni in cui si può esplicare. Questa seconda fase, qualifìcabile come l'ultima evoluzione, è stata descritta da Halverson (1931). Nel suo studio sullo sviluppo della prensione fine, egli considera che all'età di 12 mesi il bambino raggiunge un livello di prensione paragonabile a quello dell' adulto, cosa che è stata confermata da studi più recenti (Hofsten, Ronnqvist, 1988). Altri esempi del secondo livello di organizzazione (da 6-9 mesi a 16 mesi circa) sono: l'adattamento del reaching in funzione d.i diversi orientamenti dell' oggetto da raggiungere (Bushnell, 1982; Lockmann, Ashmead, 1983; Hòfsten, Ronnqvist, 1988), come pure l'adattamento del grasping in funzione del peso degli oggetti (Mounoud, 1973; Mounoud, Bower, 1974). Affronterò ora, in maniera schematica, lo sviluppo della produzione verbale al fine di stabilire in quale modo esso è confrontabile al processo appena descritto. 3.1.2. Prime produzioni verbali È noto che attorno all' età di un anno il bambino produce le prime parole iniziando la fase conosciuta come "periodo di una sola parola" che va dai 7-8 mesi fino ai 18 mesi circa (Dromi, 1986). Questo periodo è stato anche chiamato «stadio olofrastico» da McNeill (1970). Per lui queste singole parole corrispondono alle frasi adulte complete, il che è stato contestato da numerosi autori. Questo periodo è seguito da quello della combinazione di parole o costruzione di frasi (McShane, 1980), che inizia con la produzione di due elementi (Gregoire, 1937; Braine, 1963). La comparsa di singole parole corrisponde all' acquisizione di significati lessicali referenziali: in altre parole, la costruzione di simboli ovvero la possibilità di collegare il significato a precise sequenze verbali. Secondo me, la comparsa di parole rappresenta la formazione di totalità inizialmente non scomponibili. Questa interpretazione è simile a quella di Studdert-Kennedy (1986). Per l'autore,< le parole sono percepite come gesti sequenziali e coordinati in modo articolato e possono essere riprodotte senza che il bambino abbia un concetto di relazioni fonemiche o un programma articolato in cui segmenti individuali sono concatenati. Nelle prime produzioni verbali del bambino, F erguson (1986) ha dimostrato che è la parola l'unità di contrasto e non i segmenti fonetici. Questo risultato può apparire contraddittorio rispetto al dato sperimentale secondo cui, in età precoce, il bambino è sensibile alla struttura interna delle parole, a livello dei segmenti fonetici (Mac Kain, 1987; Mehler, 1983). È noto che proprio nel momento in cui appaiono le prime parole, diminuisce la capacità del bambino di discriminare i contrasti fonemici che non appartengono alla sua lingua madre (Werker, Tees, 1983). In aggiunta, come sottolinea Jusczyk (1985, p. 223), diversi studi sulla percezione fonetica (Edwards, 1974; Garnica,1973; Shvachkin, 1973) suggeriscono che «il bambino di un anno è spesso incapace di fare molte distinzioni fonemiche di cui invece è capace un bambino di due mesi». Nel modello qui presentato la fase che precede la comparsa di totalità non scomponibili (in questo caso le parole) è definita dalla elaborazione di componenti o segmenti elementari. Da questo punto di vista il fatto che le parole non siano scomponibili non è contraddittorio con la produzione anteriore dei bambino di componenti o segmenti più piccoli della parola. Contrariamente a quanto afferma Studdert-Kennedy (1986), lo sviluppo non procede sempre da un livello di indifferenziazione ad uno di differenziazione, o sulla base di una «strategia di analisi a partire dalla sintesi» (Fodor et al., 1974). Nel periodo della produzione delle singole parole, i bambini sembrano impegnati attivamente nel miglioramento della forma delle parole che essi producono. Le produzioni iniziali sono spesso approssimative e, per progredire, il bambino deve modjficare alcune parti delle totalità. Durante il "periodo di una parola" le trasformazioni nella forma delle parole registrate da Dromi (1986) si basano su cambiamenti fonologici, come l'aggiunta di fonemi precedentemente omessi, la modificazione di consonanti e/o vocali, e la sostituzione di un fonema appropriato ad uno distorto, così come su modificazioni morfologiche che includono inflessioni di numero, genere e diminutivi dei nomi, e persona, forma e tempo dei verbi. Dromi insiste sul fatto che i processi fonologici e morfologici sono altamente correlati e possono funzionare in modi simili quando sono adattati dal bambino per modellare la sua produzione verbale. Secondo tale interpretazione queste trasformazioni mostrano che il bambino è impegnato in un' analisi o decomposizione delle totalità che Menyuk e Menn (1979) chiamano «analisi di unità significative». Esse si realizzano dapprima sulla base di unità sillabiche, definite dalla loro posizione nella parola e, in seguito, sulla base di segmenti fonetici (Menyuk, Menn, 1979; Bever, 1982). Inoltre, secondo Mehler (1983, p. 141), «la risposta a fonemi o a tratti distintivi appare dopo l'accesso al lessico in cui le parole sono comprese in e per se stesse». 76 77

La descrizione dello stadio precedente «il periodo di una parola» è certamente più difficile e la maggior parte dei dati sperimentali non sono interpretabili in modo univoco, specialmente per quanto riguarda la percezione dd linguaggio Bisogna anche ricordare, come sottolineano Menyuk e Menn (1979), che le produzioni fonemiche del periodo preverbale non sono state seriamente prese in considerazione dai linguisti. ' Esaminiamo ora per concludere lo sviluppo delle produzioni vocali preverbali. Dall' età di 3 mesi il bambino inizia ad imitare e produrre suoni linguistici. Secondo Stark (1979) il coing (tubare) è stato spesso descritto come simile a vocali. Infatti, esso contiene brevi dementi consonantici. I suoni prodotti dal bambino possono essere descritti come "vocali sillabiche nasalizzate" o come "consonanti sillabiche nasali".,inizialmente i suoni dd coing sono prodotti come singoli dementi; successivamente tali segmenti SOilO prodotti in serie. Ciò è un esempio di quanto Zlatin (1975) ha chiamato «sillabilicazioni precoci». Le produzioni descritte come "gioco vocale" appaiono dapprima come segmenti isolati nei quali il bambino prolunga le vocali o le consonanti come stati stabili, diminuendo il grado di cambiamento: tali segmenti dd gioco vocale sono prodotti successivamente in lunghe serie. Dai 6 mesi circa il bambino produce il balbettio ripetuto, definito come la produzione di serie di sillabe consonanti-vocali (cv), in cui la consonante è sempre la stessa; la durata delle sillabe e quella delle transizioni consonanti-vocali sono vicine alla forma adulta. Non è ancora raggiunto, tuttavia, un preciso controllo temporale. Intorno ai nove mesi, emerge il balbettio non ripetuto in cui appaiono delle sillabe vocali-consonanti-vocali (vcv) e anche consonanti-vocali-consonimti (cvc). In sintesi, è possibile dire che fra i 3 e i 12 mesi il bambino produce segmenti dementari isolati, giustapposti e ripetuti, che sono progressivamente meglio modellati, controllati e più complessi. Sulla base dei dati sperimentali fin qui citati, noi proponiamo le seguenti tappe per caratterizzare il processo di daborazione linguistico. Alla nascita c'è un' organizzazione globale delle attività rdative al linguaggio (che a mio avviso è basata su rappresentazioni prefonnate): essa sarebbe responsabile in particolare della sincronia temporale tra i movimenti delle labbra (prdinguaggio) e delle braccia dd bambino, e il linguaggio dell' adulto, che prefìgura l'attività verbale (Trevarthen, 1979). La coordinazione inter-senso-motoria consente anche al bambino di localizzare i suoni. Questa organizzazione renderebbe conto della capacità del neonato di discriminare i contrasti uditivi dd linguaggio. Durante il primo anno, il bambino dabora (oltre agli aspetti prosodici e soprasegmentari dd linguaggio, cfr. Crystal, 1979) segmenti o componenti elementari di natura sillabica (isolati ci giustapposti o reduplicati), provenienti da un nuovo codice percettivo che porta a rappresentazioni dementari: ciò si può con&ontare allo schema interpretativo definito da Jusczyk (1985). Tali rappresentazioni dementari, che risultano dalla decodifica percettiva delle informazioni visuo-uditive e propriocettive, permettono al bambino di produrre specifici modelli articolatori a livello sillabico. Quindi, verso l'anno, c'è una coordinazione o integrazione di questi segmenti o componenti che dà origine alle parole come totalità non scomponibili (strategia di sintesi a partire dall'analisi). In seguito esse divengono scomponibili, prima in unità sillabiche definite dalle loro rdative posizioni nella parola e poi in unità fonemiche più astratte. Infine, come nota ]usczjk (ivi, pp. 219, 223), «comincia il processo di costruzione di una serie di rappresentazioni spettrali prototipiche. Costruire tale dizionario è un processo lungo e difficile». Anche se l'attuale interpretazione rileva un "realismo fortuito" (una delle forme di precausalità descritte da Piaget), noi consideriamo che le analogie tra lo sviluppo delle prime produzioni verbali e quello di altri tipi di comportamento come la prensione, siano così strette da condurci ad inferire un processo generale di tematizzazione sotto stante la genesi dei campi specifici. Ci resta da considerare ora quello che è per me l'aspetto più singolare della ontogenesi dd comportamento nei bambini: la ripetizione di questo processo generale nd corso dello sviluppo. Esam,inerò, quindi, brevemente la capacità dd bambino fra i 4 e gli 8 anni di analizzare e segmentare le parole e, alla fine, con&onterò il suo progresso in quest' area con l'abilità a costruire semplici 'strumenti. Ancora una volta cercherò di dimostrare la non specificità dello sviluppo linguistico. 3.1.3. La segmentazione delle parole e l'apprendimento della lettura I Per quanto riguarda l'apprendimento della lettura, la questione dei prerequisiti da apprendere è stata riformulata in modo interessante h98j)' I. Un' esposizione più dettagliata di questo esempio è contenuta in Mounoud 78 79

da Liberman e collaboratori (Liberman et al., 1974, 1977; Shankweiler, Lìberman, r976), poi ripresa e sviluppata, fra gli altri, da Alegria, Morais e Coment (Alegria, Morais, 1979; Morais et al., 1987). Secondo Alegria e Morais (1979), l'apprendimento ddla lettura nel sistema alfabetico presuppone la capacità di analisi esplicita (o segmentazionel del linguaggio in fonemi. Questa capacità appare nel bambino attorno ai 6 anni; aumenta rapidamente all'inizio dell' apprendimento della lettura e sembra che sia un importante «acceleratore» di questa abilità. È presente in una piccola percentuale (17%) di bambini di 6 anni, dopo tre mesi di scolarità primaria, ma raggiunge un' alta percentuale (70%) dall'inizio del secondo anno. Gli autori pensano che 1'apprendimento della lettura o la scolarità abbiano un «netto effetto acceleratore» sulla capacità di segmentazione fo-.. nemica. Le attività di segmentazione o frazionamento verbale sono comunque realizzate anche dai bambini di età inferiore ai 6 anni, specialmente la segmentazione sillabica che è raggiunta dal 46% dci bambini di 4 anni (4;ro) (Liberman et al., 1974). Non si tratta qtùndi dl una generale impossibilità dei bambini al di sotto dei 6 anni di frammentare o scomporre un continuum percepito uditivamente da un punto di vista temporale (o spaziale). Tali capacità di segmentazione sillabica spiegherebbero perché i bambini giapponesi apprendono a leggere il (ikatakana" (un sistema di scrittura sillabica e non alfabetica), senza una istruzione sistematica prima di entrare a scuola (Sakamoto, Makita, 1973) e in che modo Rozin e Gleitman (1977) siano pervenuti a far apprendere a leggere una scrittura sillabica a bambini con difficoltà nel sistema alfabetico, senza effetti notevoli sulla loro capacità a leggere con il sistema alfabetico. La segmenta:done sillabica ci sembra possibile perché si basa su unità (elementi o segmenti) che possono avere una realtà propria e, talvolta, un significato proprio per il bambino, indipendentemente dalle totalità in cui esse sono inserite. Al contrario, la segmentazione fonemica si basa su unità che sono state descritte come "astratte" o "formali" e che non hanno esistenza o significato indipendente dalla totalità di cui sono parte. Esse possono risultare solo dalla segmentazione di questa totalità in parti e non esistono al di fuori di questa. In altri termini, il fonema esisterebbe solo come parte di una totalità e non sarebbe accessibile al livello concettuale di 3, 4 o 5 anni, mentre la sillaba esisterebbe in modo indipendente dalla entità più grande che la include come segmento. Ciò non significa comunque che la sillaba abbia lo stesso status quando è identificata come un' entità isolata' o co ne parte di un tutto. Tali distinzioni sono naturalmente re- lative al punto di vista del soggetto in tappe specifiche del suo sviluppo. Liberman ha mostrato che i bambini possono segmentare le parole in sillabe dall' età di 4 anni, mentre uno studio più recente di De Bellefroid, Ferreiro (1979) mette in evidenza che la sillaba diviene "parte" di una parola (con una posizione definita rispetto alle altre parti) solo dall' età di 6 anni. La sillaba come parte di una parola è cosi «definita rispetto all'insieme delle parti della parola» dalla sua relativa posiziorie. Quindi, durante lo sviluppo, la sillaba può avere due statuti fondamentalmente differenti: a) prima dei 6 nni avrebbe lo statuto di una "unità indipendente" (inseparabile dal significato) che può essere raggruppata o giustapposta con altre sillabe; b) dopo i 6 anni essa avrebbe lo statuto di parte di una parola, definita essenzialmente dalla sua relativa posizione. Tale esempio, tratto dagli psicolinguisti, è utile per mostrare come la trasformazione della capacità di segmentazione delle parole durante l'acquisizione della lettura, nello stadio delle rappresentazioni concettuali, possa essere spiegata per mezzo del processo generale di tematizzazione, precedentemente illustrato a proposito delle prime produzioni verbali nello stadio delle rappresentazioni percettive. L'esistenza di differenti sistemi di trascrizione grafica del linguaggio (ideografico e fonografico) fornisce una dimostrazione supplementare del fatto che i processi relativi al linguaggio (compreso il linguaggio scritto) sono espressione di un processo più generale. TI sistema ideografico è relativo soprattutto alla prima fase del processo generale, descritta come una prima forma di pensiero (strategie di sintesi a partire dall'analisi a predominanza semantica), mentre il sistema fonologico evidenzia in particolare la seconda tappa del processo generale, descritto come un secondo tipo di pensiero (strategie di analisi a predominanza morfologica a partire dalla sintesi). Questa è una delle prove più convincenti che i fenomeni collegati al linguaggio non sono specilici de1linguaggio. Vorrei ora esemplificare il processo generale di tematizzazione in rapporto al modo in cui il bambino definisce semplici oggetti, come gli strumenti, in situazioni di p1'oblem-solving. Questo esempio mi permetterà anche di dimostrare la capacità di integrare elementi in una unità (corollaria della capacità di segmentare). 3.1.4. La costruzione di strumenti TI processo generale di tematizzazione, che descrive il passaggio da un' organizzazione pragmatica o concreta ad una di tipo formale o 80 81

DAL PENSIERO ALL' AZIONE 3. L'ONTOGENESI DI DIFFERENTI FORME DI PENSIERO astratto, può essere illustrato attraverso i risultati di alcune ricerche condotte sulla costruzione di semplici strumenti di bambini fra i 4 e gli 8 anni (Mounoud, 1970). In questi studi erano messi in evidenza due livelli radicalmente differenti di analisi e problem solving. Questi due livelli sembrano corrispondere strettamente alle due fasi del processo generale di tematizzazione. Un primo livello di analisi dei problemi e di definizione degli strumenti, tipico dei bambini di 4-5 anni, è basato sulla scomposizione del problema in compiti o azioni-proprietà elementari; ad esempio, si tratta di raggiungere, aggirare, spingere o prendere. Tali azioni sono utilizzate per definire differenti segmenti o pezzi di uno strumento. Ciascun segmento ha cosi la sua proprietà: estendere, aggirare, spingere, prendere, afferrate, agganciare ecc. Questo tipo di segmentazione può essere facilmente chiamato pragmatico o semantico come le prime strategie di segmentazione delle parole, tipiche dei bambini di 4-5 anni. Al secondo livello gli strumenti sono definiti da una funzione generale o da una trasformazione globale che si specifica progressivamente attraverso le relazioni fra differenti parti dello strumento e delle situazioni. Tali parti sono significative solo in rapporto all'insieme e le relazioni sono elaborate in riferimento al significato dell'iritero strumento. Un esempio, in proposito, sarebbe un oggetto designato a muovere un cubo di legno per evitare ostacoli o uno strumento costruito per estrarre da una bottiglia un blocco sormontato da un uncino. Le proprietà che definiscono gli strumenti si situano a livello di relazioni come la lunghezza, l'inclinazione, o la curvatura, delle differenti parti, le quali non sono più definite isolatamente da proprietà specifiche, bensì dalle loro reciproche relazioru. T aie concezione di strumento può essere descritta come morfologica, formale o astratta e, quindi, corrisponde alle capacità formali o astratte di analisi e segmentazione delle parole. TI secondo livello è caratteristico dei bambini di 7 e 8 anni. La segmentazione e la composizione sono possibili ad entrambi gli stadi, ma esse sono di natura completamente differente. È come se, per i bambini di 4 e 5 anni, lo strumento fosse gradualmente definito dalla giustapposizione di segmenti o pezzi, aventi ciascuno una proprietà definita o una diretta relazione con le differenti azioni del bambino (aspetto pragmatico-semantico). Ciò ricorda le collezioni figurali definlte da Inhelder, Piaget (1959) nel campo delle classificazioni (strategia di sintesi a partire da analisi semantical. Al contrario, al secondo livello di 7-8 anni, lo strumento è definito da una trasformazione globale relativa a certe costrizioni e condi- 1 zioni inerenti le situazioni. Lo strumento è definito come una totalità composta di parti (che hanno significato solo rispetto alla totalità) per cui soltanto le relazioni strutturali fra le parti determinano la sua funzione (strategie di analisi morfologica attraverso la sintesi). Le proprietà dello strumento, della situazione e delle azioni prese in considerazione a 4 e 5 anni o 7 e 8 anni non hanno lo stesso statuto, malgrado l'apparenza o malgrado, soprattutto, il punto di vista dell'adulto. In entrambi i casi, ad esempio, si deve affrontare il problema della lunghezza, ma è diverso il significato che i bambini di 4 o 5 anni attribuiscono agli aggettivi "lungo" e "corto" da quello dei bambini di 7 e 8. Nel primo caso noi saremmo in presenza di ciò che Piaget chiamava pre-concetti, in quanto l'oggetto e ciò che esso significa non sono chiaramente dissociati. Per questi bambini oggetti e strumenti sono caratterizzati da proprietà isolate o componenti che possono essere giustapposte per costituire quelle che potremmo chiamare "amalgame" (Wermus, 1977). Le proprietà degli oggetti sono direttamente dipendenti dal significato delle azioni eseguite su di essi o alle 'quali essi si sostituiscono. Gli oggetti rappresentano o sostituiscono le azioni, essi sono una sorta di trasposizione delle azioni, di traduzione analogica, un "sostituto". La loro definizione dipenderà dalla presenza o assenza di questo o quel segmento al quale è collegato un particolare significato e in cui il tutto non è considerato. Con i bambini di 7-8 anni gli strumenti divengono il "supporto" di significati d'insieme che non sono più relativi a questa o a quell' a zione particolare ma ad una o diverse trasformazioni dell'insieme. Gli strumenti non sono più definiti dalla presenza o assenza di quella caratteristica isolata, ma unicamente dai rapporti che sussistono fra le loro differenti parti. L'età di 6 anni costituisce la transizione fra questi due livelli di organizzazione. È intorno ai 6 anni che si verifica!'integrazione di elementi precedentemente isolati e giustapposti, che potrà dare. origine a delle trasformazioni. Ho notato che quando i bambini giungono a definire uno strumento per mezzo di una proprietà olistica, essi sono momentaneamente incapaci di costruire o modificare uno strumento. Essi sono soddisfatti solo della scoperta di uno strumento che ha l'insieme di caratteristiche previste. Prima dei 6 anni si può dire che gli oggetti non esistono "concettualmente" per il soggetto come totalità. La loro sola esistenza concettuale sarebbe legata alle azioni attuali o precedenti, associate ad essi e di cui essi rappresentano una sorta di prolungamento o di so- 82 8

stituto. Gli oggetti avrebbero solo un'identità "concettuale" parziale, locale e momentanea. A partire da 6 anni circa, gli oggetti divengono identificabili in modo stabile e globale e acquisiscono un'identità globale senza che le relazioni tra le parti dell' oggetto o tra differenti oggetti siano ancora controllate. La loro identità non dipende più da contingenze attuali dell' azione, ma è ancora limitata dal livello di organizzazione delle relazioni che il bambino è capace di dominare, sia tra le parti costitutive dell' oggetto che tra differenti oggetti. Vorrei segnalare che abbiamo ritrovato le due tappe di questo processo generale anche nelle nostre ricerche sullo sviluppo dell'immagine di sé nel bambino da 3 a I I anni (Mounoud, Vinter, 198 I). Si tratta di una ricerca volta a studiare, per mezzo di uno specchio deformante, la precisione e la stabilità dell'immagine del proprio volto. In particolare, abbiamo studiato il modo in cui i bambini sono influenzati dal confronto iniziale con le deformazioni del loro viso. La nostra scoperta è che, all' età di 6 anni, i bambini hanno una rappresentazione più precisa e fedele di se stessi. Similmente, nelle nostre ricerche sulla pianificazione e il controllo dei movimenti, e più precisamente nel nostro studio sull'inseguimento visuo-manuale di bersagli che si muovono in modo periodico, nei bambini dai 3 ai 9 anni (Mounoud et al., 1983, 1985 ), abbiamo messo in evidenza il passaggio da un controllo "locale" ad un controllo "globale" dei movimenti. Abbiamo interpretato questo passaggio come la comparsa della capacità di anticipare gli spostamenti di "andirivieni" del bersaglio e i movimenti del braccio, come totalità e non più localmente, passo dopo passo, in un modo che permette la risoluzione del problema di coincidenza fra i movimenti del bersaglio e quelli del braccio. 3.2 Conclusioni In tale presentazione, ho cercato di descrivere un processo generale di tematizzazione, a prescindere dai differenti contenuti, al fine di spiegare l'emergenza di differenti tipi di pensiero (semantico vs. morfologico) in ciascuno stadio evolutivo. Questo processo non può essere correttamente compreso.senza una definizione dello stadio iniziale. Data la natura ricorsiva di questo processo generale, ogni stato finale, così generato, può divenire esso stesso lo stato iniziale di quello successivo. Non di meno, per quanto riguarda l'ontogenesi, è importan- 1 te definire lo stato iniziale del neonato (che si può considerare come lo stato finale dell' embriogenesi). Ho descritto lo stato iniziale del neonato in termini di coordinazioni intersenso-motorie determinate da ciò che abbiamo chiamato rappresentazioni d'insieme preformate (Mounoud, Vinter, 1981). Nella prima fase del processo di tematizzazione sono costruite nuove 'rappresentazioni elementari (analogiche), basate su componenti significative, per mezzo di un nuovo sistema di codifica (segmentazione o analisi semantica). T ali rappresentazioni elementari sono sia isolate, sia composte in particolari configurazioni slegate, descritte come "giustapposte" o "reduplicate"; esse sono chiamate «amalgame» (Wermus, 1977), «apposizioni» (Bogen, 1969), o «collezioni figurali» (Inhelder, Piaget, 1959). In seguito le rappresentazioni elementari sono integrate o coordinate in rappresentazioni totali (simboliche), o in totalità legate, inizialmente non scomponibili, risultanti da "raggruppamenti percettivi" o " chunks cognitivi" di unità semantiche. Durante una seconda fase, queste rappresentazioni totali sono analizzate progressivamente da un punto di vista morfologico in unità astratte definite dalla segmentazione delle loro dimensioni e dalle loro interrela.zioni (segmentazione o analisi morfologica). 3 3 Riflessioni Dopo questa presentazione,. ho scoperto un articolo stimolante di MacNeilage (1986), che con i suoi colleghi ha recentemente formulato un'interessante ipotesi sulla relazione tra finizio del linguaggio e la coordinazione bimanuale in una prospettiva evoluzionista (MacNeilage et al., 1984). Essi suggeriscono che la specializzazione manuale dell' emisfero sinistro possa evolversi inzialmente per una coordinazione bimanuale piuttosto che per le attività manuali in generale. Essi considerano anche che la specializzazione primaria dell' emisfero sinistro sarebbe finalizzata ad una modalità di organizzazione che si definisce «quadro-contenuto» (<<the frame and content mode of organisation» ), che determinerebbe sia la coordinazione bimanuale che i livelli fonologici e smtattici di produzione del discorso. Alla fine, essi ipotizzano che questa «modalità di organizzazione quadro-contenuto» delle coordinazioni bimanuali e la spedalizzazione emisferica che è ad essa associata non sono specifiche della specie umana ma sono anche presenti nelle scimmie: antropoidi. La loro ipotesi sulla modalità di organizzazione «quadro-contenu- 8.11 85

, DAL PENSIERO ALL AZIONE 3. L'ONTOGENESI DI DIFFERENTI FORME DI PENSIERO to» trova la sua origine in un' analisi prodotta da Shattuck-Hufnagel. (I979) relativa ad errori fonologici nella produzione linguistica (exchange errors). Gli errori di sostituzione consistono nel permutare la posizione di due segmenti (fonemi) appartenenti a due sillabe successive. In particolare, per spiegare gli errori di scambi di posizione è necessario che il soggetto separi la struttura sillabica (frame) dai segmenti (conteni). Quindi si suggerisce che a livello fonologico, la produzione verbale includa uno stadio in cui gli elementi fonologici - consonanti e vocali - sono inseriti in un quadro strutturale sillabico. MacNeilage (I986) nota nello studio di Garrett (I975) errori della stessa natura a livello morfo-sintattico del linguaggio: errori di scambi di posizione all'interno di un dato contesto. sintattico. Tali errori dimostrano l'intervento della modalità di organizzazione framecontent. In sintesi, per questi autori, l'evoluzione consisterebbe nel trasporre questa modalità di organizzazione dalle coordinazioni bimanuali al livello fonologico del linguaggio, e dal livello fonologico a quello sintattico. A proposito delle basi neurofisiologiche di tale organizzazione, MacN eilage (I 986) considera che l'area matoria supplementare (SMA) localizzata nel gyrus frontale superiore degli emisferi cerebrali, così come altre aree subcorticali funzionalmente correlate nei gangli basali, nel talamo-ventrale e nei nuclei subtalamici, giocano un ruolo predominante. Queste differenti aree corticali e subcorticali mostrano attività bilaterali durante compiti svolti con una mano sola (compiti motori volontari continui che includono azioni più complesse di singoli gesti ripetuti) come pure durante la produzione linguistica. Egli considera che l'importanza della SMA nel linguaggio è stata sottovalutata. lo considero che ci siano importanti convergenze fra le ipotesi sviluppate da MacNeilage e colleghi e quelle che ho presentato qui e in precedenti pubblicazioni (ad esempio Mounoud, I986). Ho provato a confrontare lo sviluppo della prensione unimanuale con le prime fasi della produzione linguistica, al fine di caratterizzare similarità strutturali fra queste due sequenze evolutive.. Più precisamente, ho cercato di dimostrare la comparsa di un nuovo tipo di segmentazione di totalità e di integrazione di segmenti, all'inizio del secondo anno di vita (segmentazione morfologica di totalità in unità astratte e integrazione di elementi in totalità definite che sono più della SOmma delle loro parti). Con MacNeilage io sono propenso a considerare i movimenti di prensione con una mano sola come una sotto classe del controllo bimanuale. Ho provato anche a sottolineare l'analogia. fra questa nuova organizzazione e quella che appare intorno ai 6 anni, relativa alla segmentazione di parole nell' apprendimento della lettura con il sistema alfabetico, nonché la sua somiglianza con l'organizzazione del linguaggio a livello morfo-sintattico (Mounoud, I 985). In rapporto all' apprendimento della lettura, sono stato molto colpito dall'ipotesi di Gladstone e Best (I985, p. 98) relativa alla collaborazione interemisferica e che essi chiamano «funzione integrata nel tempo» dei corpi callosi, «quando la funzione callosa è considerata in una prospettiva diacronica». Ricordo brevemente che il ruolo dei corpi callosi è nel contempo facilitatore e inibitore, regolando il flusso d'informazione all'interno e fra gli emisferi cerebrali. TI corpo calloso costituisce anche parte integrante del sistema che regola le capacità attentive e la distribuzione dell' attenzione fra i due emisferi. Inoltre, la regione anteriore dei corpi callosi sarebbe implicata nella coordinazione delle abilità motorie bimanuali. Gladstone e Best si riferiscono al modello di cambiamento evolutivo nel coinvolgimento emisferico in compiti complessi (proposto da Goldberg, Costa, I98I) basato sulle differenze nella rappresentazione corticale di nuove informazioni vs. informazioni acquisite. L'emisfero destro sarebbe funzionale a codificare nuove informazioni, mentre l'emisfero sinistro sarebbe più adatto a rappresentare informazioni già acquisite, codificate in modo compatto, iri modo tale che nel corso del processo di acquisizione delle conoscenze si produca un cambiamento dall' emisfero destro all' e misfero sinistro. lo ritengo che il modello a due fasi qui presentato si potrebbe basare su una sorta di slittamento dall' emisfero destro all' e misfero sinistro, o per lo meno su un cambiamento progressivo nella collaborazione interemisferica. Riguardo al mio modello, questo cambiamento nell'implicazione emisferica si ripeterebbe parecchie volte nel corso dello sviluppo, in 'particolare intorno ai 9 mesi e ai 6 anni. 86 87