Osservatorio trimestrale sulla crisi di impresa

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1 Marzo 2011 Osservatorio trimestrale sulla crisi di impresa Quarto trimestre 2010

2 Ma nel quarto trimestre i dati destagionalizzati mostrano un calo del 9% rispetto al picco del terzo trimestre Secondo gli archivi di Cerved, nel terzo trimestre del Oltre 20 mila le imprese fallite durante la crisi I fallimenti La lunga corsa dei fallimenti è proseguita nell ultima parte del 2010, che risulta l anno peggiore per i default da quando nel 6 è stata riformata la disciplina fallimentare. Ciò nonostante, gli ultimi dati sembrano suggerire che la fase più difficile sia alle spalle e una possibile inversione di tendenza nei prossimi mesi. Tra ottobre e dicembre del 2010 si contano circa fallimenti: pur facendo registrare per l undicesimo trimestre consecutivo un tasso di crescita a due cifre rispetto allo stesso periodo dell anno precedente (+11%), il valore risulta notevolmente inferiore rispetto ai tassi osservati nei trimestri precedenti (che si erano attestati in un range tra il +19% e il +42%). Segnali positivi confermati dai dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative: su base omogenea, il numero dei fallimenti aperti tra ottobre e dicembre evidenzia infatti una flessione dell 8,8% rispetto al picco registrato tra luglio e settembre. Complessivamente, nel 2010 sono state aperte più di 11 mila procedure fallimentari: è il valore più alto da quando, tra il 6 e il 7, è stata riformata la disciplina sulla crisi di impresa, che di fatto ha escluso un numero rilevante di piccole aziende dall ambito di applicazione della legge. Rispetto al 9 le procedure sono aumentate di circa il 20%, proseguendo la dinamica già sostenuta dell anno precedente (+25%). Nel corso degli ultimi due anni gli incrementi maggiori hanno riguardato le società di capitale (+27,5% tra dati grezzi destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi Il numero di fallimenti (12010, dati trimestrali) q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q4q1q2q3q ,5% Aperture di fallimenti in Italia numero di procedure e tassi di crescita sull'anno precedente 4,4% +0,7% 23,2% +7,3% I fallimenti per forma giuridica tassi di variazione sullo stesso periodo dell'anno precedente 22,9% +5,9% ,0% 16,7% Società di Capitali Società di Persone altre forme 16% 40,7% +21,6% +25% 13,3% +19,6% Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

3 9 e 8 e +23,2% tra 2010 e 9), la forma giuridica in cui si concentra il numero maggiore di fallimenti. Tra le società di persone la frenata nel 2010 è netta (+22,9% nel 9 contro il +10% nel 2010), mentre nelle altre forme i tassi si attestano al +16,7% nel 9 e al +13,3% nel Le imprese che operano nell industria restano le più colpite dalla crisi: tra 9 e 2010 hanno dovuto dichiarare default più di 5 mila imprese manifatturiere, con un incidenza rispetto alle aziende che operano nell industria che è aumentata tra 9 e 2010 da 36,1 (fallimenti su 10 mila aziende operative) a 45,2 (oltre il doppio dell insolvency ratio calcolato per il complesso dell economia, pari a 20). Nel comparto delle costruzioni all incremento del 34% nel 9 è seguito nel 2010 un rallentamento (+15%). Con più di 4 mila fallimenti negli ultimi due anni, le costruzioni risultano il secondo ramo d attività per insolvency ratio (che, nel 2010 si è attestato a 27,5). Oltre un terzo dei 20 mila fallimenti aperti nel 9 e nel 2010 ha toccato imprese che operano nel commercio, negli esercizi ricettivi, nei trasporti o nelle comunicazioni, con un incremento delle procedure del 17% nell ultimo anno e un insolvency ratio leggermente inferiore rispetto alla media complessiva (19,3 contro 20). Le società che operano nelle attività finanziarie e nei servizi hanno evidenziato nel 2010 un IR pari a 15,1 (12,5 nel 9), con un incremento delle procedure pari al 22,9%. L incidenza più bassa dei fallimenti si registra tra le aziende che operano negli altri comparti (IR pari a 7,6 nel 2010). 36,1 45,2 Manifattura e produzione e distribuzione energia 27,4% 24,8% Manifattura e produzione e distribuzione energia Insolvency ratio per macrosettore di attività 24,2 fallimenti aperti su 10 mila imprese operative 27,5 Costruzioni Alimentari Legno e prodotti in legno Elettronica Carta ed editoria Altre industrie Minerali non metalliferi Metallurgia Tessili e abbigliamento Meccanica Calzature, borse e cuoio Gomma e plastica Mezzi di trasporto 16,6 19,3 Commercio, alberghi, ristoranti, trasporti e comunicazioni 12,5 15,1 Attività finanziarie, immobiliari, noleggio e informatica I fallimenti per macrosettore di attività tassi di variazione sullo stesso periodo dell'anno precedente 28,7% Attività finanziarie, immobiliari, noleggio e informatica 22,9% 22,0% 17,9% Altro 19,6% 17,1% Commercio, alberghi, ristoranti, trasporti e comunicazioni I fallimenti nell'industria insolvency ratio (fallimenti ogni 10 mila imprese operative) 12,8 17,8 22,9 23,5 32,2 36,5 39,7 45,5 38,4 46,6 40,7 47,2 38,5 53,5 43,7 58,7 49,6 63,3 58,4 70,9 60,7 6,3 Altro 33,6% ,6 14,7% Costruzioni ,4 83,4 87, Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

4 In ambito manifatturiero, la crisi si è fatta sentire soprattutto nel settore dei mezzi di trasporto (IR pari a 87,2 nel 2010 per un incremento del 44% rispetto all anno precedente), nella produzione di articoli in gomma e plastica (83,4, ma una riduzione del 5%), in settori tipici tradizionali come quelli dell industria calzaturiera e del tessile (IR pari rispettivamente a 70,9 e 58,7) e in uno avanzato come quello della meccanica (IR 63,3) nel quale sono fallite più di imprese. Nonostante un incremento dei casi di procedura del 37% nel corso del 2010, l industria alimentare rimane la meno esposta (IR pari a 17,8), seguita da quella del legno (23,5) e dall elettronica (36,5). Mentre nel 9 l impennata dei fallimenti aveva riguardato soprattutto le aree del Nord (con incrementi del 35% nel Nord Ovest e del 28,4% nel Nord Est), nel 2010 la dinamica del fenomeno è risultata più omogenea sul territorio nazionale: le procedure crescono a un tasso del 21,5% nel Nord Ovest, del 20,9% nel Centro, del 18,4% nel Nord Est, del 17,4% nel Sud e nelle Isole. Il Nord rimane comunque l area del Paese in cui è maggiore l incidenza dei fallimenti: l insolvency ratio si attesta a 23,8 punti nel Nord Ovest (dove si contano oltre 6 mila fallimenti nell ultimo biennio), soprattutto a causa dell alto livello dell indice registrato in Lombardia (28,1), la regione italiana che conta il maggior numero di casi (più di 4 mila nel corso del 92010). Più bassa della media italiana l incidenza in Piemonte (18,6), in Liguria (15,4) e soprattutto in Val d Aosta (6,7). Nel Nord Est l IR tocca quota 21,7 nel 2010, con valori più elevati nel Friuli (25,9), nel Veneto (25,2), leggermente 28,4% 18,4% I fallimenti per area geografica tassi di crescita rispetto all'anno precedente 35,0% 21,5% 20,9% 17,5% 18,1% 17,4% Nord Est Nord Ovest Centro Sud e Isole 18,4 21,7 Insolvency ratio per area geografica fallimenti aperti su 10 mila imprese operative 19,7 23,8 17,8 21,2 13,0 Nord Est Nord Ovest Centro Sud e Isole Valle d'aosta Basilicata Molise Trentino Alto Adige Calabria Sardegna Puglia Sicilia Liguria Campania Piemonte Lazio Abruzzo Emilia Romagna Umbria Toscana Veneto Friuli Marche Lombardia I fallimenti per regione insolvency ratio e tassi di variazione (tra parentesi), ,1 6,7 (25%) 11,1 (+30%) 11,2 (+%) 12,2 (9,2%) 13,6 (+15,3%) 14,1 (+74,8%) 14,2 (+1%) 14,6 (+17,1%) 15,4 (+11,4%) 16,7 (+18,5%) 18,6 (+25%) 18,8 (+14,9%) 19,2 (+10,2%) 19,3 (+9,8%) 20,0 (7,9%) 22,6 (+31,5%) 25,2 (+34%) 25,9 (+5,1%) 26,4 (+32,2%) 28,1 (+21,7%) Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

5 inferiori della media dell area in Emilia Romagna (19,3), e decisamente più bassi in Trentino Alto Adige (12,2, regione in cui il fenomeno è in calo). Tra le regioni centrali (in media l IR si attesta nel centro a 21,2) a soffrire sono soprattutto quelle a maggiore vocazione industriale come le Marche (26,4) e la Toscana (22,6), che fanno registrare incrementi tra 2010 e 9 superiori al 30%. In calo i fallimenti in Umbria, con un IR pari a quello nazionale, mentre nel Lazio l IR ha toccato quota 18,8. In tutte le regioni del Sud e delle Isole gli IR si attestano tra gli 11 e i 15 punti; fanno eccezione la Campania (16,7, con un incremento del 18,5%) e l Abruzzo (19,2 con un incremento del 10,2%). Con un insolvency ratio pari a quasi il doppio della media italiana (39), Ancona è la provincia in cui nel 2010 l incidenza dei default è maggiore (e ha mostrato un netto peggioramento tra 9 e 2010), seguita da Pordenone (36), Milano (34), Lucca (33) e Treviso (33). Le province maggiormente colpite dai fallimenti sono nel CentroNord, mentre Teramo risulta essere la prima del Mezzogiorno. Viceversa, Rieti (IR pari a 2,1), Benevento (4), Grosseto (4,2), Aosta (6,7) e Crotone (7,2) risultano le province del Paese meno toccate dai fallimenti. Se si considerano le venti Camere di Commercio in cui è iscritto il numero maggiore di imprese operative, a parte le già citate Milano e Treviso, sono Bergamo (IR pari a 30), Vicenza (29), Venezia (28,2) le province con la maggiore incidenza dei fallimenti. Vicini alla media nazionale gli indici calcolati per Torino (21,9), Roma (21,4) e Napoli (20,3). I dati indicano chiaramente che la maggior parte dei fallimenti riguarda imprese di piccola dimensione (con Le province con i maggiori IR fallimenti su 10 mila imprese operative rkg provincia 1 Ancona 29,7 39,3 2 Pordenone 33,2 36,1 3 Milano 27,8 34,4 4 Lucca 23,0 33,2 5 Treviso 27,1 33,1 6 Prato 28,9 31,0 7 Lecco 23,9 30,2 8 Terni 34,5 30,0 9 Bergamo 25,8 30,0 10 Novara 17,0 29,6 11 Vicenza 18,1 29,1 12 Lodi 16,4 28,5 13 Teramo 29,2 28,3 14 Venezia 21,5 28,2 15 Monza e Brianza 19,9 27,9 16 Gorizia 31,7 27,3 17 Vibo Valentia 18,9 27,0 18 Brescia 21,9 26,7 19 Pistoia 23,3 25,7 20 Arezzo 15,8 25,2 Gli IR nelle province con più imprese fallimenti su 10 mila imprese operative rkg provincia 1 Milano 27,8 34,4 2 Treviso 27,1 33,1 3 Bergamo 25,8 30,0 4 Vicenza 18,1 29,1 5 Venezia 21,5 28,2 6 Brescia 21,9 26,7 7 Firenze 17,6 24,5 8 Bologna 23,2 23,2 9 Padova 20,1 22,5 10 Torino 19,2 21,9 11 Roma 19,6 21,4 12 Catania 18,0 20,8 13 Napoli 17,7 20,3 14 Verona 10,7 19,1 15 Palermo 15,7 18,1 16 Genova 16,9 17,6 17 Bari 16,6 15,6 18 Salerno 13,0 14,9 19 Caserta 11,3 13,2 20 Cuneo 6,4 9, Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

6 un attivo che tre anni prima dell insorgere della crisi era inferiore a 2 milioni di euro), anche se il fenomeno cresce a ritmi più sostenuti all aumentare della dimensione aziendale: le procedure sono aumentate tra 2010 e 9 del 17,7% tra le società con un attivo minore di 2 milioni, del 32% tra quelle con un attivo compreso tra 2 e 10 milioni, del 46% tra quelle con attivo compreso tra 10 e milioni, del 105,6% per le società maggiori. L incidenza delle procedure è risultata nel 2010 particolarmente alta tra le aziende che tre anni prima della crisi avevano un attivo compreso tra 2 e 10 milioni di euro (un IR pari a 136), per calare tra quelle di dimensione maggiore (IR pari a 127 tra quelle nella fascia 10 milioni e a 54 per quelle con attivo oltre milioni); più basso l IR tra le società che non avevano presentato un bilancio tre anni prima della crisi e quelle con un attivo inferiore a 2 milioni (pari rispettivamente a 74 e a 69). Fallimenti per dimensione dell'impresa dimensione di impresa in base al totale dell'attivo, solo società di capitale ,7% ,3% % ,5% ,6% no bilancio minore di 2 mil tra 2 e 10 mil tra 10 e mil maggiore di mil Nota: valori di bilancio di tre anni prima rispetto all'apertura della procedura; escluso le società finanziarie Insolvency ratio per dimensione dell'impresa fallimenti su 10 mila operative per dimensione dell'attivo, solo società di capitale 1 136,0 127,2 110,4 94,5 64,6 73,9 69,2 60,5 54,5 29,3 no bilancio minore di 2 mil tra 2 e 10 mil tra 10 e mil maggiore di mil Nota: valori di bilancio di tre anni prima rispetto all'apertura della procedura; escluso le società finanziarie I concordati preventivi Il maggiore utilizzo del concordato preventivo da parte delle imprese italiane è proseguito nel 2010, anche se a ritmi più lenti rispetto a quelli osservati negli anni precedenti. Nell ultima parte del 2010 le società italiane hanno presentato 280 domande di concordato preventivo, un valore in lieve aumento rispetto al quarto trimestre del 9 (+1,4%). Con questi dati, il numero di domande 2 1 Domande di concordato preventivo (52010, dati trimestrali) q1 q2 q3 q4 q1 q2 q3 q4 q1 q2 q3 q4 q1 q2 q3 q4 q1 q2 q3 q4 q1 q2 q3 q Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

7 presentate nel corso di tutto l anno supera le mille unità, facendo registrare un incremento del +5,6% rispetto ai 957 casi dell anno precedente (che, invece, risultava essere in forte aumento sul 8, +62%). Nell anno che si è chiuso, le domande di concordato preventivo sono però aumentate più lentamente rispetto alle aperture di procedure fallimentari: nel 9 si apriva un concordato ogni 10 fallimenti, nel 2010 il rapporto è passato a 1:11. Le dinamiche settoriali evidenziano andamenti differenziati tra i vari rami di attività: si riducono le domande di concordato nella manifattura (14%), che con oltre 400 domande rimane il campo di attività con il numero maggiore di casi, mentre aumentano di un terzo tra le imprese che operano nel commercio, tra gli alberghi e i ristoranti e nella logistica, del 16% nelle costruzioni, del 39% tra le società che operano nei servizi e del 4% negli altri comparti. La flessione delle domande di concordato della manifattura nel 2010 dipende soprattutto dal brusco calo osservato nella meccanica (33%), nel settore tessile e dell abbigliamento (32%), nelle industrie diverse (23%). Più lieve la riduzione nel comparto metallurgico (2,9%), che nel 2010 risulta il settore manifatturiero con il numero maggiore di casi, mentre aumentano a ritmi elevati i concordati preventivi nel settore dei minerali non metalliferi (+18,5%), nell alimentare (+29%), nell elettronica (+24%). Dopo gli aumenti diffusi a tutto il paese nei ricorsi al concordato preventivo osservati nel 9, nell anno che si è chiuso le dinamiche territoriali evidenziano significative differenze. Continua il maggiore utilizzo ,4% Domande di concordato preventivo +17,8% +9,4% +15,7% +21,9% +12,2% +34% +62% +5,6% ,3% Manifattura e produzione e distribuzione energia 2,9% Concordati preventivi per macrosettore +33,5% Commercio, alberghi, ristoranti, trasporti e comunicazioni +16,1% +38,7% Costruzioni Attività finanziarie, immobiliari, noleggio e informatica I concordati preventivi nell'industria settori manifatturieri in cui sono stati aperti più concordati nel ,9% 32,4% 23,2% Metallurgia Meccanica Tessili e Altre industrie abbigliamento +18,5% Minerali non metalliferi I concordati preventivi per area geografica numero di concordati e tassi di crescita sull'anno precedente 8,1% +17,8% 7,6% Alimentari +4,4% Altro +29,2% +24% Elettronica Nord Est Nord Ovest Centro Sud e Isole +55,7% Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

8 dello strumento nel Nord Ovest (+17,8%), in cui spiccano il +35% del Piemonte e il +10% della Lombardia. Nel Mezzogiorno e nelle Isole il fenomeno è in accelerazione (dal +24% del 9 al +56% del 2010). Viceversa, si riducono dell 8,1% le domande nel Nord Est (6,7% in Veneto e 5,3% in Emilia Romagna) e del 7,6% nel Centro, dove si osserva una lieve riduzione in Toscana (3,7%), una netta caduta nelle Marche (42%) e una forte impennata nel Lazio (+48%). Nel 2010, l uso del concordato è risultato stabile tra le piccole imprese e in crescita tra le mediograndi. I dati dicono infatti che tra le piccole società di capitale con un attivo di bilancio (tre anni prima della domanda) inferiore a 10 milioni di euro, il ricorso al concordato preventivo si conferma ai livelli dello scorso anno (è stabile tra 2010 e 9 per quelle con meno di 2 milioni e +0,6% per quelle con attivo tra 2 e 10 milioni). Crescono con tassi a due cifre (+16%) le domande tra le aziende nella fascia 10 milioni e del 5,9% tra le società maggiori ,3% I concordati preventivi per regione 6,7% regioni in cui sono stati aperti più concordati 3,7% 5,3% +34,9% 42,4% +48,3% +52,2% Lombardia Veneto Toscana Emilia Piemonte Marche Lazio Campania Romagna Concordati preventivi per dimensione di impresa +4,9% in base al totale dell'attivo, solo società di capitale con bilancio valido 1 0% +0,6% no bilancio minore di 2 mil tra 2 e 10 mil tra 10 e mil maggiore di mil Nota: valori di bilancio di tre anni prima rispetto all'apertura della procedura; escluso le società finanziarie +16% +5,9% Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

9 Più di otto anni per chiudere un fallimento il focus Tra il 6 e il 7 è stata riformata la legislazione italiana in materia fallimentare con l obiettivo tra gli altri di rendere più efficienti e più snelle le procedure di liquidazione delle società fallite. A questo avrebbe dovuto contribuire anche la modifica della definizione di piccoli imprenditori, cui non è applicata la disciplina: prima della riforma erano considerati piccoli imprenditori (e quindi non fallibili) coloro ai quali era riconosciuto un reddito inferiore rispetto al minimo imponibile; con le norme di luglio 6 e le correzioni del 7 sono state introdotte delle soglie sugli investimenti, sui ricavi e sui debiti delle aziende in crisi che hanno allargato notevolmente la platea di imprese non soggette alle norme fallimentari. Nonostante l impegno del legislatore, i dati sulle durate delle procedure fallimentari disegnano il quadro di una situazione ancora molto grave, che non accenna a migliorare. In media, i fallimenti chiusi nel 2010 sono durati 104 mesi (più di otto anni e mezzo): solo il 12% ha avuto una durata breve (meno di due anni), il 13% ha impiegato tra i 3 e i 4 anni, il 17% ha richiesto tra i 5 e i 6 anni, mentre più della metà delle procedure ha avuto una durata superiore ai sei anni. La distribuzione per durata delle procedure chiuse nel 2010 indica anche che i casi patologici non sono affatto una rarità: nel 15% dei fallimenti l iter giudiziario ha richiesto più di 15 anni per arrivare a una conclusione; nel 4,3% addirittura più di 20 anni. Le serie storiche indicano che i benefici attesi della Durata delle procedure fallimentari anni riforma non si sono ancora manifestati sul nostro 8,0 8,4 8,6 sistema: la durata media delle procedure è 7,0 7,1 7,4 7,4 6,7 6,0 6,2 continuamente aumentata nel corso di questo decennio, passando dai 6 anni del 1 fino ai quasi 9 anni del Se si analizza la percentuale di fallimenti chiusi entro un anno (rispetto al totale dei fallimenti aperti nell anno), emerge un continuo peggioramento fino al 7 (la percentuale passa dal ,5% al 5,4%) e poi un miglioramento nell anno Fallimenti chiusi in tempi brevi fallimenti chiusi entro 1 o 2 anni in % sul totale dei fallimenti aperti 17,9% 18,2% 17,7% successivo alla riforma (6,9% nel 8), seguito però 17,2% 17,3% 17,7% 16,8% da un nuovo calo nel 9 (5,2%). Tendenze simili se 13,8% si considera la quota di fallimenti chiusi entro i due anni: in altri termini, il carico pendente di procedure 7,5% 7,5% 6,6% 6,4% 6,4% 6,9% 6,0% 5,4% 5,2% aperte prima dell introduzione delle nuove norme pesa ancora molto sui tribunali e non è stato ancora compensato dagli effetti delle nuove norme Cerved Group Spa Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

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