Farmaci dalle piante: il ruolo delle biotecnologie
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- Alberta Parente
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1 Farmaci dalle piante: il ruolo delle biotecnologie Sin dall antichità le piante sono state una preziosa fonte di sostanze medicamentose prima e di principi attivi poi. Più recentemente, grazie all impiego delle tecniche d ingegneria genetica, gli organismi vegetali hanno acquisito importanza anche per la produzione di proteine ricombinanti, con applicazioni profilattiche, diagnostiche e terapeutiche. Le tecnologie alla base della produzione dei farmaci verdi risultano, per molti aspetti, vantaggiose ed adattabili a diverse esigenze di Eros Fabrizi e Caterina Lucchini Nell immaginario comune l utilizzo delle piante in campo medico richiama immediatamente alla mente parallelismi come Aspirina e Salice piangente, Acido rosmarinico e Rosmarino o, per i più esperti, Tassolo e Tasso del Pacifico. Le piante possono però essere utilizzate non solo per l estrazione di agenti farmacologicamente attivi, ma anche per l espressione ad alti livelli di proteine eterologhe, attraverso una pratica denominata Molecular Farming. L insieme delle proteine che attualmente possono essere ottenute con queste tecnologie è già molto vasto ed include antigeni per la produzione di vaccini a subunità, anticorpi per uso diagnostico e terapeutico, anticoagulanti, ormoni, enzimi, microbicidi, albumina, interferoni e così via (Ma et al. 2003, Ma et al. 2005). Rispetto ad altri sistemi produttivi le piante offrono alcuni particolari vantaggi come il minor costo per gli impianti di produzione, la capacità di assemblare e modificare molecole complesse, l assenza di patogeni e/o tossine potenzialmente pericolosi per la salute umana e la possibilità di adattare più facilmente i livelli di produzione secondo le esigenze (Fischer and Emans 2000, Ma et al. 2003, Twyman et al. 114
2 2003). L essere in grado di ingegnerizzare organismi vegetali, oltre ad affascinare le menti di numerosi scienziati, porta con se anche risvolti assai più concreti. È stato stimato, infatti, che il valore di mercato dei prodotti ricombinanti biofarmaceutici sintetizzati in pianta raggiungerà negli Stati Uniti i 2,2 miliardi di dollari nel 2011, una somma considerevole! Il dottor Teodoro Cardi, Primo Ricercatore presso l Istituto di Genetica Vegetale del CNR di Portici, porta avanti da numerosi anni progetti di ricerca incentrati sulla genetica vegetale. Cardi ci ha raccontato la storia dei primi esperimenti che hanno visto l utilizzo delle piante come biofabbriche per la produzione di molecole complesse di origine animale. Questi risalgono alla fine degli anni 80, quando fu dimostrata la possibilità di esprimere in cellule vegetali proteine umane come l ormone della crescita, gli interferoni, l albumina ed gli anticorpi funzionali (Fischer and Emans 2000). Negli stessi anni fu anche dimostrata la possibilità di produrre molecole antigeniche in cellule vegetali e fu sviluppato il concetto di vaccino edibile, cioè l uso di parti commestibili delle piante per la somministrazione di un vaccino orale (Mason 2002). Agrobacterium tumefaciens. Fig.1- Il plasmide Ti. Come si rende una pianta transgenica? Il plasmide Ti L ingegnerizzazione delle cellule vegetali è pratica non proprio banale. I motivi sono molteplici, uno su tutti la presenza di una parete cellulosica, intorno alla membrana plasmatica, che costringe molte volte a dover lavorare con i cosiddetti protoplasti, cellule vegetali private della parete. La Natura ci ha però fornito di un organismo ad-hoc, che per mestiere è in grado di trasferire materiale genetico alle cellule vegetali. Un cavallo di Troia benemerito che le moderne biotecnologie hanno utilizzato ed utilizzano per far esprimere nelle cellule di molte piante proteine eterologhe. Il batterio del suolo Gram-negativo Agrobacterium tumefaciens, questo il nome del microrganismo in questione, è un fitopatogeno che trasforma geneticamente le dicotiledoni con un processo che rientra nel suo normale ciclo vitale. In seguito a trasferimento, integrazione ed espressione dei geni di un particolare segmento di DNA plasmidico del batterio, il T-DNA, all interno del genoma della cellula vegetale, A. tumefaciens conduce la pianta alla formazione di tumori del colletto. Il T-DNA altri non è che un segmento del ben più grande plasmide Ti (fig.1) presente nella maggior parte dei ceppi di A. tumefaciens. L ingaggio di questo batterio nei confronti del suo bersaglio verde prevede prima di tutto la fissazione alla cellula vegetale, di solito in corrispondenza di una ferita aperta, e secondariamente, l induzione dei geni della virulenza (denominati geni vir) presenti nel plasmide Ti stesso. Questi geni posti al di fuori della regione T-DNA sono indispensabili per il trasferimento della suddetta regione dal batterio alla cellula vegetale. Il T-DNA viene trasferito con un processo che ricorda da vicino la coniugazione batterica. La maggior parte dei geni localizzati nella regione del T-DNA viene attivata solo successivamente all integrazione nel genoma della cellula vegetale. L attività neoplastica di questo segmento di plasmide è perpetrata attraverso l attivazione di vie metaboliche che, da ultimo, portano 115
3 Citochinine. La sintesi delle Opine non è utile alla pianta transgenica e potrebbe stornare risorse da utilizzarsi nella produzione del transgene. I plasmidi Ti sono molto grandi ( kb), il che consiglia l eliminazione di tutte le sequenze accessorie (inclusa la sequenza vir) per rendere più snello il vettore di clonaggio. Il plasmide Ti nasce in A. tumefaciens e non è dunque in grado di replicarsi in E. coli senza l aggiunta della corretta sequenza di origine della replicazione. E. coli. all overespressione dell Auxina e delle Citochinine, potenti regolatori positivi della proliferazione cellulare e della crescita della pianta. In questo particolare e quanto mai interessante sistema il cerchio viene chiuso dalla produzione, da parte della pianta trasformata, di inconsueti prodotti di condensazione tra amminoacidi e chetoacidi o zuccheri (Opine) che vengono impiegati dal batterio come fonte di carbonio. Pur essendo degli straordinari veicoli naturali d informazione genetica, questi plasmidi presentano delle limitazioni che devono essere tenute in considerazione prima di poter sfruttare il sistema per l ingegnerizzazione delle piante: I fitormoni prodotti dalle cellule trasformate impediscono la rigenerazione della pianta matura. Ciò impone la rimozione dei geni dell Auxina e delle TABELLA 1 - Metodi per ottenere piante transgeniche rispettive caratteristiche Metodo Trasferimento genico mediato dal plasmide Ti Bombardamento biolistico Vettori virali Trasferimento diretto nei protoplasti Microiniezione Elettroporazione Fusione dei liposomi Caratteristiche Sistema molto efficiente ma ristretto a pochi tipi di piante. Applicabile ad un vasto numero di piante e di tessuti; facile e poco costoso. Metodo poco efficace per introdurre il DNA nelle cellule delle piante. Applicabile solamente ai protoplasti delle piante che si prestano ad essere rigenerate in piante vitali Limitata utilità perché si può iniettare una sola cellula alla volta; esige elevate competenze tecniche. Limitata generalmente ai protoplasti delle cellule vegetali rigenerabili in piante vitali. Applicabile solamente ai protoplasti delle cellule delle piante che si prestano ad essere rigenerate in piante vitali. Altri metodi di transgenesi vegetale Anche se in alcune specie i metodi mediati da A. tumefaciens hanno un efficienza molto alta non tutte le piante si prestano ad essere trasformate in questa maniera, in particolare le monocotiledoni tra le quali i principali cerali come riso, frumento e mais. Per ovviare a questa limitazione vi è anche una seconda metodologia che si sta facendo sempre più spazio: la biolistica. Questo sistema prevede il vero e proprio bombardamento dei tessuti vegetali con microproiettili d oro o di tungsteno (diametro 0,4-1,2µm) rivestiti con il DNA che si vuole trasferire. I proiettili penetrano le cellule vegetali depositando il prezioso carico all interno del nucleo, senza danneggiare in maniera significativa le cellule. Anche se per il momento la biolistica e le strategie che contemplano l utilizzo del plasmide Ti restano le strade maestre (perché più funzionali), esiste un bacino di altre tecniche atte alla trasformazione delle cellule vegetali. Queste spaziano dall utilizzo di infezioni virali alla microiniezione (tab.1). La giusta espressione Come sottolineato anche da Cardi ad oggi sono disponibili diverse tecnologie per 116
4 inserire transgeni d interesse nelle cellule vegetali. Nei sistemi d espressione transiente il transgene non s integra nel genoma e non è quindi trasmesso alla generazione successiva. Le metodiche di trasduzione stabile invece prevedono l integrazione del transgene nel genoma nucleare o plastidiale e la successiva trasmissione, con modalità diverse, alla progenie (Fischer and Emans 2000, Streatfield 2007). L espressione transiente di un transgene può essere perseguita sia in una fase preliminare, per saggiare costrutti diversi e le condizioni migliori per l accumulo della proteina, sia come tecnologia di produzione vera e propria. Il principale vantaggio, infatti, è la velocità con cui si ottengono i risultati (Leone et al. l uso di promotori tessuto-specifici o compartimento ottimale per le modifiche 2008). Il livello d espressione dei transgeni inducibili consente la sintesi della proteina post-traduzionali e la stabilità (Streatfield solitamente non è elevato ma molti ricombinante in tessuti o stadi di sviluppo 2007, Benchabane et al. 2008). promotori ed altre sequenze regolatrici diversi, mentre sequenze per l indirizzamento In alternativa, l integrazione dei transgeni sono note per ottimizzare i risultati. Inoltre, subcellulare ne consentono l accumulo nel può essere ristretta ai soli genomi dei plastidi,
5 con i seguenti vantaggi: alto livello d espressione; trasduzione di geni multipli in operoni di tipo procariotico, codificanti per vaccini multimerici o molecole complesse; biosicurezza (il polline della gran parte delle piante superiori non contiene plastidi funzionali); limitato effetto negativo sul metabolismo cellulare delle proteine sequestrate nei plastidi. Molte molecole con ampie potenzialità d utilizzo farmacologico sono state recentemente prodotte nei plastidi, utilizzati come bio-fabbriche, raggiungendo livelli di espressione molto alti nel caso di subunità vaccinali e proteine terapeutiche (Daniell 2006, Bock 2007). Numerose specie vegetali sono state utilizzate per la produzione di proteine ricombinanti. Allo stesso tempo sono stati valutati organi di accumulo diversi o sistemi alternativi (es. colture idroponiche, colture di cellule in sospensione) (Fischer and Emans 2000, Ma et al. 2003, Twyman et al. 2003, Schillberg et al. 2005). Ad oggi non c è però consenso unanime sulla specie vegetale Agrobacterium tumefaciens. VETTORI BASATI SUL PLASMIDE Ti Esistono due diverse strategie per effettuare il trasferimento e l integrazione della regione T-DNA nella pianta di interesse. Un metodo prende vantaggio dall utilizzo di un sistema definito vettore binario che contiene sia l origine di replicazione di E.coli, sia quella di A. tumefaciens. Le varie fasi del clonaggio si effettuano tutte in E.coli e poi si introduce il vettore in A. tumefaciens. In quest ultimo è presente un plasmide Ti definito disarmato, mancante cioè della regione T-DNA ma che possiede i geni vir. La complementazione in trans di questi due plasmidi assicura il passaggio della sequenza d interesse alla cellula vegetale. Il secondo metodo si basa su un vettore definito cointegrato. In questo caso il costrutto di clonaggio viene fatto ricombinare con un plasmide Ti disarmato, grazie a sequenze di omologia che consentono tale processo. In questo modo si ottiene un nuovo plasmide ricombinate del tutto competente per il trasferimento genico. o sul metodo di modificazione genetica che permetta il miglior risultato in assoluto. Ogni valutazione è infatti strettamente dipendente dal tipo di sostanza desiderata e dal contesto produttivo ed industriale di specie (Leone et al. 2008). Similmente ai prodotti di origine naturale un livello minimo di espressione, di norma superiore all 1% delle proteine totali solubili, è il fattore più importante per la commercializzazione di proteine ricombinanti che devono essere, una volta sintetizzate, purificate prima della somministrazione. È evidente che l efficienza delle tecnologie impiegate per la purificazione influenzino il livello finale di produzione, nonché il costo complessivo. Tale livello è anche importante per il concepimento di vaccini per la somministrazione orale, che pur richiedendo un minor grado di purificazione, devono essere formulati in concentrazioni tali da rendere praticabile l ingestione e, allo stesso tempo, evitare fenomeni di tolleranza orale (Streatfield 2007). Il livello di produzione in planta delle proteine ricombinanti è dunque strettamente dipendente dalle caratteristiche intrinseche del sistema scelto (biomassa per unità di superficie, quantità di proteine totali prodotte), dal livello di espressione del transgene e dalla stabilità della proteina eterologa d interesse (Schillberg et al. 2005). In questo ambito le biotecnologie vegetali hanno saputo ideare, sviluppare e rendere operativi numerosi approcci per ottimizzare i diversi aspetti citati (Leone et al. 2008). Biosicurezza In tutti i settori d avanguardia quello della sicurezza è un tassello molto importante in mosaici già di per se assai complicati. In questo ambito il tema principale verte 118
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7 METODOLOGIE INNOVATIVE DI TRANSGENESI VEGETALE L industria biotecnologica Medicago utilizza l agroinfiltrazione per produrre molecole ricombinanti d interesse farmaceutico a livello commerciale. Proprio in questo periodo l azienda Canadese sta sviluppando un vaccino basato su particelle virali (VLP) che sta dando buoni risultati nei test pre-clinici ( L Americana SemBioSys sta attualmente testando, in fase di trial clinico, la propria tecnologia di transgenesi per la produzione di insulina ricombinante e dell Apolipoproteina A1Milano. Tecnologie innovative, basate su vettori virali di nuova generazione, sono state messe a punto presso la ICON Genetics ( com/html/home.htm), ottenendo livelli di produzione molto alti, (fino a 5 g per kg di peso fresco, per più di 50 proteine d interesse farmaceutico) (Gleba et al. 2007). sul contenimento dei transgeni e dei prodotti ottenuti mediante tecniche di modificazione genetica. Cardi ci ha spiegato che esistono innumerevoli sistemi di controllo e contenimento. Una possibilità è adottare sistemi di produzione chiusi in bioreattori, basati su colture di cellule in sospensione, di radici, o di piante acquatiche. Per l allevamento di piante d interesse agrario è invece necessario ricorrere ad aree remote e segregate o a serre. Per ridurre al minimo la probabilità di diffusione dei transgeni, sono state ideate diverse tecnologie, come la trasduzione dei plastidi, la trasformazione di piante maschiosterili o con geni che impediscono la germinazione dei semi (tecnologia terminator) e molte altre (Ma et al. 2005, Murphy 2007). Infine, per impedire la contaminazione delle filiere alimentari, è stato proposto di impiegare, per scopi di molecular farming, solo piante no food/no feed. Oltre che l allevamento in condizioni controllate e l adozione dei meccanismi di contenimento biologico su descritti, come ulteriore misura precauzionale, si possono anche adottare sistemi di espressione inducibili e marcatori morfologici che consentano di tracciare le colture destinate al molecular farming, mantenendole separate dalle altre (Ma et al. 2005, Murphy 2007). Modificare il genoma di una pianta può voler dire moltissime cose. Nel caso del molecular farming gli organismi vegetali possono essere ingegnerizzati per produrre proteine utili alla salute umana. Le biotecnologie vegetali ci hanno mostrato qual è la strada per utilizzare le piante come bioreattori verdi in grado di migliorare la produzione farmaceutica e di aprire nuove interessanti prospettive di reddito per l agricoltura. bibliografia - Arntzen C., Plant-derived vaccines and antibodies: potential and limitations. Vaccine 23, Benchabane M.,., Preventing unintended proteolysis in plant protein biofactories. Plant Biotechnology Journal 6, Bock R Plastid biotechnology: prospects for herbicide and insect resistance, metabolic engineering and molecular farming. Current Opinion in Biotechnology 18, Daniell H., Production of biopharmaceuticals and vaccines in plants via the chloroplast genome. Biotechnology Journal 1, Fischer R., Molecular farming of pharmaceutical proteins. Transgenic Research 9, Gleba Y., Viral vectors for the expression of proteins in plants. Current Opinion in Biotechnology 18, Leone A., La pianta come biofabbrica per la produzione di prodotti naturali e proteine eterologhe di interesse farmaceutico. In: Ranalli P. (Ed.) Le piante industriali per la multifunzionalità e sostenibilità dell agricoltura italiana nel terzo millennio, in corso di stampa. - Ma J.K.C., Molecular farming for new drugs and vaccines. EMBO Reports 6, Ma J.K.C., The production of recombinant pharmaceutical proteins in plants. Nature Review Genetics 4, Mason H.S., Plant-based vaccines: expression and oral immunogenicity. In Vitro Cellular & Developmental Biology - Plant 38, Murphy D.J., Improving containment strategies in biopharming. Plant Biotechnology Journal 5, Schillberg S., Opportunities for recombinant antigen and antibody expression in transgenic plants-technology assessment. Vaccine 23, Streatfield S.J., Approaches to achieve high-level heterologous protein production in plants. Plant Biotechnology Journal 5, Twyman R.M., Molecular farming in plants: host systems and expression technology. Trends in Biotechnology 21,
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