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1 IL PUNTO Le notizie di LiberaUscita Aprile N 23 SOMMARIO LE LETTERE DI AUGIAS Non aiuterò mai mio figlio a morire di Corrado Augias 322 La chiesa dalla parte degli oppressi di Corrado Augias LIBRI, TV E ARTICOLI Laici in ginocchio libro di Carlo Augusto Viano Di nessuna chiesa. La liberta del laico - libro di Giulio Giorello Eutanasia in TV Confronti: politica e religione di Giampietro Sestini Eutanasia e suicidio assistito in TV di Giampietro Sestini Il furore ideologico su famiglia e bioetica di Stefano Rodota Il 74% degli infermieri favorevoli all eutanasia di G. Vecellio Dialogo sulla vita - colloquio fra il cardinale Martini e il prof. Marino NOTIZIE DALL ASSOCIAZIONE Equinozio d autunno - di Urbano Cipriani Scambio di messaggi con Sophie In t Veld Dibattito sul suicidio assistito NOTIZIE DALL ESTERO Spagna un nuovo caso Sampedro Olanda condanna a 15 mesi per aiuto al suicidio Belgio differenze fra eutanasia e suicidio assistito USA proseguono le polemiche sul caso Terri Schiavo PER SORRIDERE Le vignette di Brusco Berlusconi e gli italiani LiberaUscita Associazione per la depenalizzazione dell eutanasia Sede: via Genova 24, Roma Tel fax Sito web: - info@liberauscita.it

2 321 - NON AIUTERÒ MAI MIO FIGLIO A MORIRE DI CORRADO AUGIAS Gentilissimo Augias, non sono d'accordo con lei sull'eutanasia. Sono mamma di una disabile di 33 anni che, a causa di una nascita male assistita, non parla, non cammina, non mangia da sola, non controlla gli sfinteri, il suo livello cognitivo è compromesso, a meno di un miracolo non sarà mai autosufficiente. Basta per non considerarla una persona? Lei comunica con me e con le persone che l'amano con gli occhi, da uno sguardo serio a uno gioioso capiamo il suo stato d'animo, da un suo sorriso riesco a percepire se ha male o è serena, la sua è una vita non degna di essere vissuta? Lei ha citato «l'atto d'amore» della mamma francese che ha ucciso un figlio paraiizzato e cieco. Noi continuiamo a lottare per offrire a quella creatura tutte le opportunità che la tecnica e la scienza offrono, lottiamo perché venga riconosciuto il suo diritto a una vita dignitosa che non si misura sicuramente a seconda delle sue limitazioni ma in base a quanto questa società vuole investire affinché non vi siano cittadini di serie A o cittadini di serie B, C, D. L'eutanasia è una scorciatoia per esonerare chi di dovere dal sostenere le persone con gravi disabilità, se le terapie antalgiche per i malati di cancro fossero veramente messe in atto correttamente, se le famiglie non fossero penaiizzate nell' assistenza, se le persone disabili venissero considerate e non solo a parole, se il rispetto per la vita fosse veramente al primo posto nel pensiero che chi governa, forse non saremmo qui a discutere sulla opportunità dell' eutanasia. Marina Cometto - combot@alice. it Risponde Augias Questa lettera merita il più profondo e commosso rispetto. Per un altro aspetto mostra a quali spaventosi equivoci la parola eutanasia possa dare luogo. Citavo giorni fa il caso di una donna francese che, con l'aiuto del suo medico, ha ucciso il figlio diventato tetraplegico e quasi cieco a seguito di un incidente d'auto. Relitto dal punto di vista fisico, il giovane Vincent, ventenne, era però lucidissimo e molto robusto. La sua condanna era di sopravvivere per cinquanta o sessant'anni steso su un letto e in una condizione fisicamente vegetativa. La madre riusciva a comunicare con lui utilizzando l'unico organo che Vincent poteva controllare: il pollice destro. La donna gli ripeteva una per una le lettere dell'alfabeto, Vincent la bloccava premendo il dito su quella voluta. E qui subentra una differenza fondamentale. La figlia della signora Cometto ha un livello cognitivo compromesso; il giovane Vincent era al contrario intellettualmente integro, prigioniero però di un corpo ormai inutilizzabile, una prigione orribile dalla quale gridava la sua volontà di uscire nel solo modo possibile. Aveva mandato un messaggio al presidente Chirac reclamando il suo diritto a morire. Ed è per questo che il tribunale ha in pratica assolto la madre e il medico anche se con l'espediente legale di un 'non luogo a procedere'. Eutanasia non vuoi dire eliminare i disabili o i meno fortunati ma aiutare a morire persone che in piena coscienza (o quando avevano piena coscienza) reclamano per se stesse il diritto ad abbandonare una condizione da loro ritenuta insostenibile. L'eliminazione dei disabili la facevano gli spartani, o i nazisti. Aiutare a morire chi lo chiede è un gesto di immensa, fraterna generosità. E coraggio LA CHIESA DALLA PARTE DEGLI OPPRESSI DI CORRADO AUGIAS da: la Repubblica di domenica 23 aprile 2004 Caro Augias, ho 45 anni, abito in provincia di Firenze e sono una persona di fede. Catechista da dodici anni presso la mia parrocchia, attiva in tante iniziative di carità e presente nei problemi della mia parrocchia, dei parrocchiani che conosco e, di tante

3 persone che mi chiedono aiuto, anche di altre religioni o atei. Non credo che sia giusta l'ingerenza della Chiesa su problemi politici e leggi italiane, per esempio i futuri Pacs. Ritengo che un vero Stato debba tutelare le scelte dei cittadini. Inoltre la Santa Sede indirizza, forse inconsciamente (lo spero, almeno) troppe persone di fede ad abbracciare un Partito anziché un altro. Da sempre ci sono partiti che tendono ad ingraziarsi le persone religiose, siamo in tanti e ciò significa tanti voti. Possibile che nessuno si accorga che siamo manovrati in nome di Gesù Cristo? Il nostro maestro e Signore non ha mai parlato di politica; si è accorta la Santa Sede che c'è un sacerdote che ha osato profanare, un sacramento come il battesimo e ha battezzato le bandiere di Forza Italia? L'ho sentito dall'alto del pulpito e forte del suo ministero, minacciando gli elettori, pochi giorni prima del voto, con queste parole: "Chi vota a sinistra fa peccato mortale". Sono rimasta esterrefatta. lo credo in Gesù Cristo, nella sua vita, nella sua morte e resurrezione come sola Via di salvezza. I peccati mortali sono altri, ben descritti nel catechismo a pagina 127. Rossana Daldone Antella - (Firenze) Risponde Augias I preti sono uomini anche loro, hanno le loro simpatie, comprese quelle politiche. Fa impressione però apprendere che un prete si schieri così apertamente dalla parte del potere, un prete di base voglio dire, uno che parla ai suoi parrocchiani; per le alte gerarchie il discorso sarebbe diverso, come diverse sono le loro responsabilità e gli interessi. Stasera andrà in onda su Raiuno un film molto bello che s'intitola "La buona battaglia", la regia è di Gianfranco Albano, interprete principale Flavio Insinna. Racconta la storia di don Pietro Pappagallo, un prete trucidato dai nazifascisti alle Fosse Ardeatine in quel tragico 24 marzo 1944 insieme ad altre 335 persone. C'erano insegnanti, operai, studenti, commercianti, c'erano molti ebrei, tutti quelli che i tedeschi e i loro sgherri fascisti (qui la feroce banda Koch) avevano rastrellato. E c'erano preti, come don Pappagallo, nato in Puglia, a Terlizzi, uomo pio, trascinato riluttante nella ferocia della guerra. Ci si può chiedere: qual è la differenza? Don Pappagallo in fondo faceva anche lui politica, proprio come il prete di Antella che malediceva a pochi giorni dal voto chi avrebbe votato per la sinistra. La differenza c'è, ed è profonda e per quel che poco che ne so io, riguarda proprio l'essenza del messaggio cristiano: don Pappagallo, stava con i comunisti e con gli altri antifascisti della Resistenza, stava dalla parte di coloro che in quel momento erano perseguitati e oppressi, come Gesù. Se si ha presente il vangelo, un prete che dal pulpito difende chi ha il potere dà veramente l'impressione di un atto contronatura. Il film è bello, ben girato, con ottimi interpreti. Qua e là prende lo spettatore alla gola. Gli ricorda che da queste parti abbiamo vissuto momenti molto più dolorosi degli attuali, ma con assai più salde certezze LAICI IN GINOCCHIO LIBRO DI CARLO AUGUSTO VIANO di: Mario Ricciardi da: il Riformista di martedì 28 marzo 2006 Gli esiti del referendum sulla fecondazione artificiale sono stati per alcuni una sorpresa e per altri una conferma. La scoperta che la chiesa esercita ancora un'influenza sugli orientamenti elettorali degli italiani, o la conferma che non ha mai cessato di farlo. Come c'era da prevedere, l'intervento dei vescovi è stato vissuto come un'ingerenza del potere ecclesiastico volta a interferire con la libera formazione dell'opinione dei cittadini. In particolare l'attivismo del cardinal Ruini ha provocato una reazione vivace nella politica italiana la cui intensità non accenna ad attenuarsi anche a mesi di distanza dal referendum. Ne è testimonianza la simpatia con cui molti a sinistra, e non solo, guardano all'impegno sui temi della laicità della Rosa nel pugno; e l'interesse suscitato da diversi libri che hanno ripreso il vecchio dibattito sulla libertà della cultura in un paese che ospita nella propria capitale, sia pure nelle forme di un'entità statale sovrana, la sede della chiesa cattolica.

4 Sul fronte laico la prima reazione è stata quella di uno dei più brillanti filosofi italiani, Giulio Giorello, che con il suo Di nessuna chiesa (Cortina, 2005) ha lanciato il primo grido d'allarme. In realtà, la posizione di Giorello non quella tradizionale dei liberali "laici" italiani, che spesso avevano una robusta venatura anticlericale. Lo studioso milanese, al contrario, è da sempre attento a temi che si muovono al confine tra riflessione scientifica, metafisica e teologia, e ha dato un contributo importante alla diffusione di autori e opere della tradizione radicale protestante. Si potrebbe dire che l'ispirazione di Giorello non è quella dell'illuminismo anticristiano, di cui si sente l eco in molti laici italiani, ma che piuttosto essa proviene dalla società inglese degli anni della "rivoluzione gloriosa", con il suo brulicare di chiese che erodevano la pretesa al monopolio sulle idee dei fedeli attraverso la diffusione della lettura diretta delle scritture da parte dei credenti, liberi di cercare ciascuno la propria via alla salvezza. Di segno diverso è, invece, il libro di Carlo Augusto Viano, uno dei più importanti storici della filosofia attivi nel nostro paese, che con il suo Laici in ginocchio (Laterza, 2006) riprende proprio lo spirito più classico della tradizione laica italiana, il cui scopo è la completa separazione tra religione e sfera pubblica, con la conseguente ascrizione del culto e della fede a una dimensione privata, che nessuna conseguenza dovrebbe avere per le regole della convivenza civile. Come c'era da aspettarsi il libro di Viano ha in parte un taglio storico. L'autore delinea in modo essenziale, ma di grande efficacia, le complesse vicende che portano prima alla nascita, all'interno della tradizione cristiana, di uno specifico problema di rapporto con il potere civile; e poi alla crisi delle soluzioni che a tale problema erano state date dai pensatori del medio evo. La formazione degli stati nazionali è, in un certo senso, il punto di non ritorno per la pretesa politica del pontefice romano. Nel nostro paese la cosa ha una dimensione ulteriore, le cui conseguenze si avvertono ancora oggi. Lo stato unitario in Italia non nasce semplicemente contro la chiesa, ma addirittura da una guerra (sia pure con limitato spargimento di sangue) contro il potere temporale. La presa di Porta Pia ha un valore simbolico nella formazione dell'identità culturale dei liberali italiani che non poteva che rendere difficile il rapporto che essi avrebbero avuto con i cattolici. Rileggere le pagine di cattolici liberali come Passerin d'entreves o Jemolo è interessante proprio per il senso doloroso, che diventa quasi disagio esistenziale, di questa cesura tra la lealtà politica e quella religiosa. Meno tormentato è invece lo stile di Viano, quando afferma che credenze e pratiche religiose «non sono in sé più rispettabili di altri corpi di credenze e pratiche». Ciò che esso sembra richiedere è l'interdizione di temi e motivi religiosi dalla vita pubblica della nazione. Gli italiani dovrebbero essere lasciati liberi di decidere e sbagliare, contando solo sulle proprie risorse intellettuali e morali, senza l'aiuto del clero. C'è da aspettarsi che il libro di Viano susciterà una discussione vivace (un'anticipazione l'avremo oggi in un dibattito organizzato dal Centro studi "Politeia" presso l'università degli Studi di Milano). Anche chi non condivide le punte più aspre della polemica di Viano, deve riconoscere la sincerità e la forza dell'indignazione che la anima. Sentimenti, bisogna ammettere, che talvolta le gerarchie ecclesiastiche finiscono per ispirare anche a chi ha un atteggiamento più aperto di quello di Viano sul valore pubblico della religione DI NESSUNA CHIESA. LA LIBERTA DEL LAICO - LIBRO DI GIULIO GIORELLO Giulio Giorello, editorialista del Corriere della Sera, docente di Filosofia della scienza all Università degli Studi di Milano, è l autore di un breve volumetto dal titolo Di nessuna chiesa. La libertà del laico. Editore Cortina, Milano, anno 2005, euro 7,50, pag. 79. Ecco la sua sintesi in ultima di copertina: Uno spettro si aggira per l'europa: il relativismo, cioè il dogma che non c'è nessun dogma. Chierici e laici hanno stretto una santa alleanza

5 in nome dei nostri valori e delle nostre radici. Forse non sanno che dietro quel fantasma ci sono il corpo dell'individuo, la libertà della ricerca, le garanzie dei diritti e la stessa genuinità della fede. Tutto cancellato, se vince il progetto dei teo-con? Affatto, se il laico ha non solo la volontà di reagire ma anche la forza di attaccare. Non questa o quella chiesa, ma la "presunzione di infallibilità" che può viziare qualsiasi istituzione o comunità, compresa quella degli anticlericali. Essere laico vuoi dire non solo esercitare l'arte del sospetto ma anche agire per una solidarietà che non ha bisogno di un fondamento. Scrive Giorello: Nulla vieta di considerare la "vita" come qualcosa di sacro, magari intendendo quest'ultimo termine non solo nell' accezione cristiana. Ma ciò non può essere spacciato come fatto scientifico, e neppure come sua norma. In contesti come la fecondazione assistita, lo statuto dell' embrione umano, le diagnosi preimpianto, ecc., l'alternativa è tra un intervento responsabile e un irresponsabile inchinarsi al caso. Cosa altro è, infatti, il ricorso a un fiat della vita umana, il quale, per sua stessa natura, precluderebbe ogni possibilità di indagine o di cura? Perché demandare a una qualche forma di stato etico o teocratico il diritto/dovere di rappresentare e vincolare scelte così strettamente personali? Perché presupporre che i singoli cittadini vivano sempre in una condizione di "minorità" che impedirebbe loro di assumersi le proprie responsabilità? Non sarebbe molto più umano lasciare a ciascuno il peso della propria sofferenza, ma anche quello della propria scelta? Negare delle opportunità oggi concretamente disponibili in nome di un qualche valore, che come ogni valore non è necessariamente condiviso, significa ancora.una volta discriminare i membri di una comunità in modo arbitrario. (gps) EUTANASIA IN TV CONFRONTI: POLITICA E RELIGIONE DI G. SESTINI Venerdì 31 marzo, alle ore 23:10, è andata in onda su RAI 2 una puntata di Confronti dedicata a Politica e religione, in cui Paolo Flores d Arcais, direttore di Micromega, e Renato Farina, vicedirettore di Libero, sono stati intervistati da Gigi Moncalvo. Una parte non secondaria del dibattito ha trattato dell eutanasia. Paolo Flores d Arcais ha sostenuto che non esiste incompatibilità fra eutanasia e religione : Ciascun essere umano ha il diritto di sottrarsi alla tortura, e tale diritto non può essergli negato nè da un eventuale maggioranza parlamentare nè dalla Chiesa cattolica. Renato Farina dapprima ha tentato di definire l eutanasia come uccisione di persone (ossia omicidio), poi ha replicato con i soliti slogan : no all eutanasia perchè anche i dolori più atroci sono controllabili, no all eutanasia anche a consenzienti perchè inevitabilmente si scivola sui non consenzienti (leggi: bambini in Olanda); no all eutanasia perchè la vita è sacra. Il dibattito ha affrontato anche il tema dell intromissione della Chiesa in politica. D Arcais ha contestato Ruini quando invita i cattolici ad imporre la loro morale religiosa a tutti gli italiani attraverso la legge. Ruini parli di peccati, non di reati. Farina ritiene invece che l etica della maggioranza debba essere rispettata (e quindi imposta anche alle minoranze) e che sia più importante obbedire a dio che agli uomini (chissà se sarebbe dello stesso parere se i cattolici fossero minoranza?). Circa il peso reale che gli appelli di Ruini possono avere sull elettorato, D Arcais ritiene che gli italiani siano abbastanza laici da distinguere la religione dalla politica, mentre reputa che le pressioni della Chiesa hanno influenza (anche se impropria) sul comportamento dei politici. Farina ritiene invece che i principi religiosi non hanno valore se restano chiusi nell animo delle persone, e quindi debbono tradursi in indicazioni politiche. In conclusione: nulla di nuovo sotto il sole. La controriforma avanza e gli atei devoti fanno da apripista.

6 Sempre più le prossime elezioni misureranno il livello di civiltà di questo popolo EUTANASIA E SUICIDIO ASSISTITO IN TV DI GIAMPIETRO SESTINI Il 12 aprile u.s. alle ore 23:30 è andata in onda su canale 4 una puntata de L antipatico dedicata all eutanasia. Conduttore Maurizio Belpietro, partecipanti Carlo Giovanardi e Silvio Viale. All inizio della trasmissione è stato trasmesso l intervista di un medico sul tema Suicidio assistito o eutanasia? L intervistato riferiva il caso di una signora che ha fatto ricorso al suicidio assistito soltanto perchè si era rotto un braccio e concludeva assimilando questo caso alle pratiche eugenetiche di memoria nazista. Viale ha ricordato che l interruzione della vita può avvenire per sospensione delle cure (accanimento terapeutico), incremento dei farmaci (cure palliative) e intervento del medico su decisione del malato terminale (eutanasia attiva), affermando che rientra nel dovere professionale del medico di prolungare la vita del malato e, se necessario, assisterlo nella sua decisione di porre termine alle proprie sofferenze. Giovanardi ha ribadito la sua contrarietà all eutanasia attiva, che porta inevitabilmente a sopprimere persone non consenzienti oppure consenzienti che però hanno cambiato idea. Viale ha fatto presente che l eutanasia attiva viene praticata non solo in Olanda ma anche in Italia: da alcune ricerche i casi possono essere stimati in un migliaio l anno. La pratica eugenetica nazista era cosa totalmente diversa, in quanto veniva praticata scientemente per eliminare individui non graditi, contro la loro volontà. La differenza fra cure palliative e eutanasia attiva è molto labile. Giovanardi ha paventato che l eutanasia porti alla eliminazione di persone coscienti (come nel caso della signora che si era rotto il braccio) ed ha ricordato il caso di Terri Schiavo, morta dopo 15 giorni di digiuno in modo crudele, per decisione del marito che si era risposato e malgrado la disponibilità dichiarata dai genitori di curarla a casa. E stato quindi trasmesso un breve estratto del noto filmato di un suicidio assistito effettuato in una clinica svizzera di Dignitas. Il filmato mostra il dr. Sobel che prepara un pozione e ammonisce una paziente sulle conseguenze mortali e irreversibili che ne derivano se sarà assunta. Nonostante ciò, la paziente beve la pozione. Viale ha precisato che l autopsia condotta su Terri Schiavo ha dimostrato che non poteva assolutamente sentire nessun dolore o stimolo in quanto il suo cervello era completamente distrutto. Giovanardi è tornato sul rischio dell eutanasia nazista. Viale, infine, dopo aver ricordato che circa persone si sono iscritte alla Exit svizzera, ha dichiarato che ritiene suo dovere di medico assistere i pazienti anche quando chiedono di essere lasciati morire in pace. LiberaUscita ringrazia Silvio Viale per aver affrontato decisamente e chiaramente il confronto con due interlocutori pregiudizialmente contrari all eutanasia, in quanto anche il conduttore Belpietro era chiaramente d accordo con Giovanardi. Da parte nostra, ci limitiamo a ricordare che lo stesso Papa Giovanni Paolo II, giunto stremato al termine della vita, ha invocato lasciatemi andare dal Padre mio IL FURORE IDEOLOGICO SU FAMIGLIA E BIOETICA DI STEFANO RODOTA da: la Repubblica di sabato 1 aprile 2006 (prima pagina) in questa infuocata e sgangherata campagna elettorale si discute di alcuni temi come se si trattasse di pagine bianche che i futuri legislatori potranno riempire a loro piacimento, e non di questioni sulle quali già il Parlamento si è pronunciato in maniera impegnativa. Non si tratta di questioni di poco conto, ma di quelle che accendono gli animi: riconoscimento delle coppie di fatto, diritti degli omosessuali, eutanasia, donazione terapeutica. E su ciascuna di esse esistono documenti internazionali che l Italia ha

7 sottoscritto, che sono stati approvati dal Parlamento. Sono, in primo luogo, la Carta europea dei diritti fondamentali e la Convenzione europea di biomedicina. Proviamo a seguirne la trama, per trame qualche indicazione per l'oggi e per il futuro. L'articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali afferma che "il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio". Questa norma ha profondamente cambiato la formula contenuta nell'articolo 12 della Convenzione europea dei diritti de!l'uomo del Per tre motivi. E stato cancellato il riferimento a "l'uomo e la donna": questo costituisce un evidente riconoscimento della legittimità delle unioni tra persone dello stesso sesso. Non si parla più di un diritto di sposarsi e di costituire una famiglia come era scritto nella Convenzione, lasciando intendere che si trattava di un unico diritto. Ormai siamo chiaramente di fronte a due diritti distinti e separati: il matrimonio tradizionale e le altre forme di unione sono così posti sullo stesso piano, e queste ultime non possono più essere considerate come una eccezione. L'innovazione è profonda, il quadro istituzionale è del tutto cambiato. La parola "famiglia", nella Carta dei diritti fondamentali, è adoperata in senso lato, descrittiva di ogni forma di comunione di vita e non può, quindi, essere interpretata in modo restrittivo, obiettando, ad esempio, che l'articolo 29 della nostra Costituzione ne parla di famiglia fondata sul matrimonio. Peraltro, guardando davvero a fondo nella Costituzione, non si può ignorare che nell'articolo 2 si parla di diritti inviolabili dell'uomo "sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità". Già studiosi e giurisprudenza hanno riconosciuto che le convivenze rientrano appunto tra quelle formazioni sociali. Nel nostro sistema, dunque, non esistono ostacoli all'accoglimento della innovazione operata a livello europeo. D'altra parte, il riferimento alla legge nazionale contenuto nella Carta, non significa che le legislazioni dei diversi paesi possano trascurare quella innovazione o svuotarla del tutto di significato. Nell'articolo 52 della stessa Carta, infatti, si dice esplicitamente che deve essere rispettato il "contenuto essenziale" dei diritti e delle libertà da essa riconosciuti. Ed è proprio questa la linea progressivamente adottata negli altri paesi che evidentemente, a differenza di noi, prendono sul serio l'europa. Siamo, dunque, di fronte ad un diritto fondamentale, il cui rispetto è necessario per rendere possibile il libero sviluppo della libertà di ciascuno, come vuole la nostra Costituzione. Basterebbe questa considerazione per escludere la legittimità di discriminazioni nei confronti degli omosessuali. Discriminazioni che, essendo fondate su una "condizione personale", violerebbero quanto è detto nell'articolo 3 della Costituzione in materia di eguaglianza. E questo principio è stato ribadito dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta appunto le discriminazioni basate sulle "tendenze sessuali". Questa norma fu oggetto di attacchi, con toni smodati, da parte di qualche deputato quando il Parlamento italiano votò la Carta dei diritti. E questa fu una bella prova di ignoranza, perché il divieto di discriminazione era già contenuto nel Trattato di Amsterdam. La faziosità acceca, ed impedisce di vedere addirittura le norme che dovrebbero semplicemente essere applicate. Ma ora la strada è nitidamente indicata, e si tratta di seguirla. Ancora più chiara è, o dovrebbe essere, la questione del testamento biologico o delle direttive anticipate, cioè di quei documenti che consentono a ciascuno di dare liberamente disposizioni che riguardano la fine della vita. Impropriamente questo tema è stato classificato con I'etichetta dell'eutanasia, con il deliberato proposito di suscitare le preoccupazioni che questa parola continua ad evocare. Ma, guardando alla concreta situazione giuridica, dobbiamo concludere che qui la strada non solo è indicata, ma tracciata in modo preciso. L'articolo 9 della Convenzione europea sulla biomedicina parla chiaro: "Al momento di un intervento medico concernente un paziente che al momento dell'intervento non è in grado

8 di esprimere il proprio volere, devono essere presi in considerazione i desideri da lui precedentemente espressi". Questa convenzione è stata firmata dall'italia e ratificata con la legge 28 marzo 2001, n. 145, che l'ha introdotta nel nostro ordinamento. Non si può, quindi, discutere intorno alla opportunità di riconoscere il testamento biologico, come fanno alcuni candidati. Questo è un impegno già assunto a livello internazionale, che l'italia non può violare. L'unico vero problema è il colpevole ritardo del Governo, che avrebbe dovuto emanare alcuni decreti per adattare i principi della Convenzione all'ordinamento italiano (della cui assoluta necessità, per quanto riguarda il testamento biologico, si può anche dubitare). Il prossimo Governo, quale che esso sia, deve soltanto adempiere a questo obbligo. Poiché il tema dell eutanasia è entrato con prepotenza tra quelli elettorali, bisogna una volta ancora sottolineare come esso non abbia nulla a che fare con il divieto dell'accanimento terapeutico, già previsto dal codice deontologico dei medici seguendo una indicazione data anche da Pio XII fin dal Interrompere le cure quando non apportano più alcun beneficio al morente, e anzi ne prolungano inutilmente la sofferenza, è ormai un imperativo morale e un obbligo giuridico. Altrimenti si fa terrorismo ideologico, si falsifica la realtà, si viola l'umanità stessa delle persone che, a parole, si dichiara di voler proteggere. A questa lista delle ignoranze e delle falsificazioni deliberate, che hanno inquinato la campagna elettorale, conviene aggiungere la questione della cosiddetta clonazione terapeutica, della ricerca sulle cellule staminali. Anche qui un riferimento ai documenti internazionali, ed è ancora la Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea ad assumere rilevanza. Nel suo articolo 3 si vieta soltanto la "clonazione riproduttiva degli esseri umani", di persone identiche ad un essere già vivente. Il divieto è mirato, e la sua specificità dice chiaramente che le forme di clonazione non riproduttiva sono ammesse e che non può essere posto questo ostacolo per limitare la ricerca scientifica. E ci si deve augurare una discussione più distesa proprio sulla ricerca riguardante le cellule staminali embrionali, senza rifugiarsi nell'ipocrisia di chi, ad esempio, si oppone alla utilizzazione degli embrioni congelati, che altrimenti andrebbero distrutti, e suggerisce di acquistare all'estero le linee cellulari necessarie. Come dire: noi ci salviamo l'anima e profittiamo del lavoro "sporco" fatto da altri. Ignorare i dati di realtà e le norme giuridiche è frutto di accecamento ideologico. Dopo le elezioni conosceremo tempi in cui, per queste materie, il furore cederà alla riflessione? Ne dubito, ma me lo auguro IL 74% DEGLI INFERMIERI FAVOREVOLI ALL EUTANASIA - DI G. VECELLIO da: notizie radicali del 18 aprile 2006 Bisogna dirlo a Carlo Giovanardi: all'ombra della Mole proliferano nazisti. Accade questo: la dottoressa Michela Paschetto ha realizzato un sondaggio i cui risultati sono stati giudicati così interessanti e "clamorosi" da essere pubblicati sull'ultimo numero di Torino medica, l'organo ufficiale dell'ordine dei medici: "nella certezza di aprire un dibattito sereno". Da questa inchiesta emerge che tre infermieri su quattro dicono sì all'eutanasia, il 74 per cento degli interpellati; e il 44 per cento si è trovato più volte di fronte a pazienti che hanno chiesto espressamente e ripetutamente di morire perché venisse posto fine alle loro atroci e senza speranza sofferenze. L'83 per cento di questo 74 per cento è favorevole alla "dolce morte" passiva, il 46 per cento anche a quella attiva. Il 76 per cento degli infermieri interpellati invoca il testamento biologico; e l'8 per cento si dice disposto a praticare l'eutanasia anche illegalmente, senza richiesta esplicita del paziente. 37 infermieri su 100 si dicono disposti ad aiutare il loro paziente a mettere fine a un calvario, anche ricorrendo al suicidio assistito.

9 La maggioranza degli interpellati ha fra i 30 e i 40 anni, lavora in terapie intensive, lungodegenze e chirurgie. Molti sono cattolici: "il 76 per cento degli infermieri che crede è favorevole all'eutanasia volontaria. Il contatto quotidiano con il dolore ha messo in crisi le loro convinzioni", dice la dottoressa Paschetto, che aggiunge: "La mia convinzione dimostra quanto gli infermieri vivano e sentano' il problema. Oltre il 50 per cento dice di essersi documentato molto, partecipando a convegni, leggendo libri e articoli. E' un tema, questo, che può essere confinato tra quelli solitamente definiti dei "diritti civili"? O non è anche questo un problema sociale? Quante persone coinvolge e riguarda? L'enorme sofferenza, dolore, avvilimento nel constatare che il proprio corpo non risponde più, non è anche questo un qualcosa che a giusto titolo di può definire "problema sociale"? Come sia, i risultati del sondaggio torinese confermano quelli emersi da un'indagine del Centro di Bioetica dell'università cattolica di Milano: il 4 per cento dei rianimatori interpellati ha ammesso di praticare la cosiddetta "iniezione letale": e lo fa senza legge, senza ordine, senza controllo, senza "governo", sulla base di quello che dice loro la coscienza. Coscienza che senz'altro sarà più che rispettabile, ma si sarebbe assai più garantiti e tutelati se ci fosse una legge che regolamenta e "governa". I sondaggi dicono che solo 8 italiani su 100 pensano che bisogna prolungare la vita del malato terminale, ignorandone la sofferenza, e si dicono contrari all'eutanasia, gli altri 92, con varie sfumature, ritengono che sia necessario superare l'attuale normativa repressiva. Quello che pensava Indro Montanelli, e con lui pensano Margherita Hack, Luigi Veronesi, Rita Levi Montalcini, i premi Nobel Jacques Monod, Luis Pauling e George Thompson, per limitarsi ad alcuni "nazisti" come li qualificherebbe Giovanardi. Più nazista di tutti, nazista ad honorem, Tommaso Moro, che la chiesa cattolica ha proclamato santo dei politici. Nella sua opera più famosa, Utopia, si legge: "Nella migliore forma di repubblica i malati incurabili sono assistiti nel miglior modo possibile. Ma se il male non solo è inguaribile, ma dà al paziente continue sofferenze allora sacerdoti e magistrati, visto che il malato è inetto a qualsiasi compito, molesto agli altri, gravoso a se stesso, sopravvive insomma alla propria morte, lo esortano a morire liberandosi lui stesso da quella vita amara, ovvero consenta di sua volontà a farsene strappare dagli altri sarebbe un atto religioso e santo" DIALOGO SULLA VITA - COLLOQUIO CARD. MARTINI - PROF. MARINO a cura di Daniela Minerva - da: L espresso n. 16/2006 Carlo Maria Martini: «Caro professor Marino, ho letto con molto interesse e partecipazione il suo libro "Credere e curare". Mi ha colpito da una parte il suo amore per la professione medica e il suo interesse dominante per il malato e dall'altra la sua obiettività di giudizio, il suo equilibrio nel trattare problemi di frontiera, là dove le esigenze mediche si incontrano e talora sembrano scontrarsi con le esigenze etiche. Ho visto come lei non vuole rinunciare né alla sua oggettività professionale di medico né alla sua coscienza di uomo e anche di credente. Tutto ciò mi pare molto importante per quel dialogo sulla vita" che Interessa giustamente tanto I nostri contemporanei, soprattutto per quei casi limite in cui gli ardimenti della scienza e della tecnica destano da una parte meraviglia e gratitudine e dall'altra suscitano preoccupazione per la specie umana e la sua dignità. Tutto questo rende necessario e urgente un "dialogo sulla vita" che non parta da preconcetti o da posizioni pregiudiziali ma sia aperto e libero e nello stesso tempo rispettoso e responsabile». Ignazio Marino: «Vedo anch'io molte ragioni per un dialogo oggettivo, approfondito e sincero sul tema della vita umana. Viviamo infatti un momento storico particolare in cui il progresso scientifico ha rivoluzionato la posizione dell'essere umano nei confronti della vita, della malattia e della morte.

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