Piano Provinciale di Emergenza della Provincia di Bologna Rischio Industriale (Art. 108 D. LGS. 112/98)

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1 PROVINCIA DI BOLOGNA ASSESSORATO AMBIENTE SETTORE AMBIENTE UFFICIO DI PROTEZIONE CIVILE Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale (Art. 108 D. LGS. 112/98) Novembre 2009

2 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 A cura del Settore Ambiente della Assessore: Emanuele Burgin Direttore Settore Ambiente: Gianpaolo Soverini Responsabile Ufficio Protezione Civile: Stefano Pisauri Ufficio Protezione Civile Stefano Pisauri, Gianfranco Fusi, Marco Davi, Caterina Grisorio Elaborazioni Grafiche Marco Davi 2 Ufficio Protezione Civile

3 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 PARTE PRIMA PREMESSA IL PIANO PROVINCIALE DI EMERGENZA RISCHIO INDUSTRIALE RAPPORTI CON LA LEGISLAZIONE SULL ALTO RISCHIO IL DECRETO LEGISLATIVO 17 AGOSTO 1999, N IL DECRETO LEGISLATIVO 21 SETTEMBRE 2005, N I PIANI DI EMERGENZA ESTERNA GLOSSARIO IL QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRATIVO DI RIFERIMENTO INQUADRAMENTO TERRITORIALE IL CLIMA DISTRIBUZIONE E VELOCITA DEI VENTI POPOLAZIONE ATTIVITA ECONOMICHE...22 Aree Industriali LE RETI DI TRASPORTO IL PROFILO AMMINISTRATIVO DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA LE COMUNITA MONTANE LE UNIONI E ASSOCIAZIONI DI COMUNI IL CIRCONDARIO IMOLESE IL RISCHIO INDUSTRIALE IL RISCHIO CHIMICO CONNESSO AGLI STABILIMENTI CRITICI...27 Il database provinciale...28 Le aziende soggette al D. Lgs. 334/99 e smi...29 Lavorazione oli minerali (D.P.R.420/94)...31 Stoccaggio e/o trattamento rifiuti pericolosi...33 Attività soggette a C.P.I. settori gomma/plastica, gas tecnici/speciali...34 Depositi fitofarmaci prodotti fitosanitari (attività 60 soggette a C.P.I.)...34 Attività con impiego di gas tossici IL RISCHIO DA TRASPORTO MERCI PERICOLOSE...38 Cenni sulla normativa relativa al trasporto stradale e ferroviario...38 Il trasporto di merci pericolose su strada...39 Il trasporto di merci pericolose sulla rete ferroviaria IL RISCHIO GAS...48 Relazione tecnica sul rischio gas in provincia di Bologna INCIDENTI INDUSTRIALI NELLA PROVINCIA...48 L esplosione allo stabilimento Baschieri & Pellagri...48 Tamponamenti di autocisterne con Gpl nel tratto autostradale bolognese...49 L esplosione di San Benedetto del Querceto a Monterenzio...50 Altri incidenti SCENARI DI EVENTO SCENARI CONNESSI AGLI STABILIMENTI CRITICI...53 Stabilimenti a Rischio di Incidente Rilevante (ex art. 6 del D.Lgs 334/99)...54 Gli stabilimenti classificati in altra tipologia SCENARI CONNESSI AL TRASPORTO MERCI PERICOLOSE...58 La tangenziale di Bologna...59 La linea ferroviaria di cintura di Bologna...60 Interporto IL CENSIMENTO DEGLI ELEMENTI ESPOSTI/VULNERABILI...62 La carta della densità abitativa Ufficio Protezione Civile

4 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA LE STRUTTURE OPERATIVE IN PROVINCIA DI BOLOGNA ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DI PROTEZIONE CIVILE...69 Il Centro Coordinamento Soccorsi...71 I Centri Operativi Misti...71 Le funzioni di supporto...73 Centri Operativi Comunali LA CARTOGRAFIA A SUPPORTO DEL PIANO Gli elaborati cartografici del piano...78 PARTE SECONDA INTRODUZIONE AL MODELLO DI INTERVENTO L ARTICOLAZIONE DELLE FASI IL MODELLO DI INTERVENTO NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA FASE DI ATTENZIONE...81 Gestore dello stabilimento...81 Prefettura U.T.G...81 Vigili del Fuoco...81 Sindaco...81 Centrale Bologna Soccorso FASE DI PREALLARME...81 Gestore dello stabilimento...81 Prefettura U.T.G...82 Vigili del Fuoco...82 Sindaco...82 Centrale Bologna Soccorso Agenzia Regionale Protezione Ambientale (ARPA) FASE DI ALLARME EMERGENZA ESTERNA ALLO STABILIMENTO...82 Gestore dello stabilimento...82 Prefettura - U.T.G Vigili del Fuoco...83 Sindaco...83 Polizia Municipale...84 Forze di Polizia...84 Dipartimento di Sanità Pubblica...84 Centrale Bologna Soccorso Agenzia Regionale Protezione Ambientale (ARPA)...84 Agenzia Regionale Protezione Civile...84 Provincia FASE DI CESSATA EMERGENZA...85 Prefettura U.T.G...85 Sindaco...85 Agenzia Regionale Protezione Civile LA PIANIFICAZIONE COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE LA FIGURA DEL SINDACO IL SISTEMA COMUNALE ED INTERCOMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE AZIONI DEI COMUNI CONSEGUENTI AL PIANO LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO INDUSTRIALE L INFORMAZIONE PREVENTIVA L INFORMAZIONE IN EMERGENZA AUTOPROTEZIONE IN CASO DI INCIDENTE INDUSTRIALE NUMERI DI EMERGENZA Ufficio Protezione Civile

5 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno PREMESSA PARTE PRIMA Il Decreto Legislativo 112/98, entrato in vigore per gli aspetti di protezione civile, con il Decreto del Consiglio dei Ministri del 12 dicembre 2000, ha profondamente innovato il quadro delle responsabilità in materia di pianificazione di emergenza vigente a quel momento, caratterizzato dall impianto prodotto dalla legge quadro L. 225/1992, introducendo il Piano comunale e intercomunale di emergenza (art.108, comma 1, lettera c, punto 3) e affidando alle Province la competenza nella predisposizione del Piano Provinciale di Emergenza, sulla base degli indirizzi regionali (art.108, comma 1, lettera b, punto 3). Un altra modifica significativa apportata dal D.Lgs. 112/98 è stata quella relativa alla competenza assegnata alle Regioni, circa l attuazione degli interventi urgenti in caso di crisi per eventi di tipo B, che da più parti è stata interpretata come un superamento del ruolo prefettizio definito dall art. 14 della L. 225/92 e relativo alla direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale raccordandosi con i sindaci interessati per eventi non fronteggiabili dal singolo comune. E innegabile inoltre che il D. Lgs. 112/98, mentre a livello locale, ha rafforzato il ruolo del Sindaco come rappresentante della collettività e come struttura fondamentale dell intero sistema di protezione civile, in particolare nell attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e dei primi interventi urgenti necessari a fronteggiare l emergenza, a livello provinciale ha di fatto creato un dualismo tra pianificazione dell emergenza e gestione dell emergenza stessa creando difficoltà e rischi di conflitti di competenze (Il sistema normativo della protezione civile, Formez n. 16, 2003). Tale conflittualità è stata negli anni successivi al centro di dispute che hanno prodotto ulteriori atti esplicativi. Tra questi richiamiamo la Legge 401/2001 con la quale viene fatto salvo il riparto delle attribuzioni previsto dal D.Lgs. n. 112/98 e la Circolare del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile n del 30 settembre 2002, con la quale si chiarisce che le competenze prefettizie di cui all art. 14 della L.225/92, devono continuare a convivere in un contesto di interesse pubblico, con il sistema di attribuzioni di cui all art.108 dello stesso D.Lgs. 112/98, al fine di realizzare la fondamentale integrazione e implementazione di risorse indispensabile in materia di protezione civile. In Emilia Romagna il principale quadro di riferimento normativo viene poi integrato da un altra legge che introduce nuovi ed importanti elementi; è la L.R. 1/05 Norme in materia di protezione civile e volontariato. Istituzione dell Agenzia Regionale di Protezione Civile, legge che si impernia sulla costituzione di una Agenzia Regionale e sul concetto di Sistema Regionale di protezione civile così come definito all art. 1 che recita all espletamento delle attività di protezione civile provvedono regione, province, comuni, comunita montane, unioni di comuni e ogni altra istituzione pubblica comprese le organizzazioni di volontariato che svolgono compiti anche operativi in materia. E in questo quadro di riferimento che la si è attivata, dando seguito alla competenza sulla pianificazione provinciale di emergenza e predisponendo il seguente Piano Provinciale di Emergenza Rischio Industriale; il piano è stato realizzato attenendosi alle indicazioni contenute nelle linee guida regionali sulla pianificazione di emergenza, approvate con D.G.R del , e successivamente sottoscritte con Protocollo tra Regione Emilia Romagna, Province, Uffici Territoriali di Governo, Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, Associazione regionale dell A.N.C.I e Delegazione Regionale dell Unione Nazionale delle Comunità Montane. 5 Ufficio Protezione Civile

6 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno IL PIANO PROVINCIALE DI EMERGENZA RISCHIO INDUSTRIALE Oggi alla luce delle più recenti circolari attuative dei dispositivi di legge, per Piano Provinciale di Emergenza si intende quello strumento che definisce l organizzazione provinciale del sistema di protezione civile, le modalità di attivazione e l insieme di procedure operative d intervento da attuarsi nel caso in cui si verifichi l evento atteso, contemplato in apposito scenario. Il Piano Provinciale di Emergenza (P.P.E.) è quindi uno strumento di pianificazione preventiva delle attività da porre in essere nel caso in cui si verifichi o sia imminente il verificarsi di un evento calamitoso. In quanto strumento di coordinamento territorialmente definito, assume particolare rilevanza la definizione puntuale delle procedure d intervento da attivarsi finalizzate a fronteggiare l evento atteso sul territorio provinciale. Il P.P.E. deve essere utilizzato per la gestione di eventi di tipo B ai sensi dell art. 2) della L.225/92 (eventi naturali o connessi con l attività dell uomo che per loro natura ed estensione comportano l intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria), ma i modelli di intervento definiti per le diverse ipotesi di rischio, possono essere utilizzati anche per eventi di tipo C (calamità naturali, catastrofi o altri eventi che per intensità ed estensione, devono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari) nonché essere di riferimento per la costruzione dei piani comunali di emergenza. In particolare la definizione delle competenze definite nel P.P.E. appare fondamentale in rapporto con le pianificazioni di emergenza comunali al fine di non generare contraddizioni e discrepanze; i comuni sono pertanto tenuti a riferirsi ai modelli d intervento previsti nei P.P.E. e coordinare la propria pianificazione ad essi. Lo scopo del P.P.E. è quello di fornire tutti gli elementi conoscitivi disponibili e definire le procedure d'intervento, finalizzando l azione a mitigazioni del rischio e salvaguardia della popolazione. In particolare: a) assicurare l intervento tempestivo, efficace e coordinato di tutte le forze disponibili, in ambito provinciale a favore della popolazione colpita da un evento calamitoso; b) definire le procedure e la loro attivazione per coordinare con efficacia la risposta del sistema di protezione civile nel territorio provinciale; c) avere il quadro delle disponibilità delle risorse fornite da tutte le amministrazioni pubbliche e private e prevederne l aggiornamento; Per raggiungere questi obiettivi la costruzione del P.P.E. deve essere condivisa da una moltitudine di soggetti che a vario titolo operano in ambito provinciale in situazione di emergenza e il piano stesso deve essere costruito secondo criteri di flessibilità e con l obiettivo prioritario, in caso di necessità, di favorire il reale coordinamento. Il presente Piano Provinciale di Emergenza - Rischio Industriale è un documento organico che caratterizza il rischio industriale in provincia di Bologna; esso viene concepito, composto e analizzato come la sintesi di tre elementi in forte connessione tra loro: 1) il rischio chimico, connesso alla presenza di stabilimenti in cui sono presenti, o in cui si reputa possano essere generate in caso di incidente, sostanze pericolose; 2) il rischio da trasporto merci pericolose; 3) il rischio gas, connesso alla presenza delle infrastrutture di trasporto e distribuzione di gas; La composizione di questi elementi, oltre a rappresentarne le singole caratteristiche, offre la possibilità di disporne una sintesi in termini di mappatura del rischio integrato, vista la forte sovrapposizione tra gli elementi considerati, la connessione funzionale degli stessi e la forte antropizzazione del territorio in questione. Ad esemplificazione di ciò si pensi a come una azienda 6 Ufficio Protezione Civile

7 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 ricadente nella legislazione dell alto rischio sia servita e sovrapposta ad una rete stradale ed ad una di trasporto/distribuzione gas. La sovrapposizione delle informazioni territoriali di queste tre componenti, unito alla rappresentazione degli elementi di vulnerabilità, ci fornisce un quadro complesso ed articolato di quello che nel presente documento viene considerato e definito, a tutto tondo, come rischio industriale. Il Piano definisce gli scenari di evento e rappresenta le risorse in termini di uomini e mezzi dislocati sul territorio per la relativa gestione. Nello specifico il Piano è sostanzialmente costituito in due parti; nella prima si illustrano le generalità del territorio provinciale, caratteristiche naturali, climatiche, amministrative e socio produttive (cap 1-4), si caratterizza il rischio industriale a partire dall analisi storica, si indicano le aree a maggior rischio e si riportano gli scenari di evento attesi (cap. 5-6), si definiscono il lineamenti di pianificazione di emergenza e l organizzazione del sistema di protezione civile provinciale (cap. 7-8); nella seconda parte viene definito il modello d intervento che delinea nel dettaglio le procedure che si attivano in caso di emergenza, articolate per fase di attenzione, preallarme e allarme, si forniscono elementi per la pianificazione comunale e si dettano norme di comportamento per la popolazione (cap 9-12). Il modello d intervento è il fulcro del piano in quanto articolato strumento adattato alle diverse realtà ambientali ed alle caratteristiche del singolo evento, che definisce le fasi nelle quali si articola l intervento di protezione civile; queste fasi sono caratterizzate da un livello di attenzione crescente nei confronti dell evento e della sua evoluzione, con l individuazione delle strutture operative e degli enti che devono gradualmente essere attivati e per i quali si stabiliscono relazioni e compiti. Il modello di intervento predisposto per il rischio industriale è stato elaborato articolando ed approfondendo sia le procedure contenute nelle linee guida regionali per la pianificazione di emergenza che i modelli contenuti nei piani di emergenza esterna prefettizi per le industrie a rischio di incidente rilevante (cfr par 1.5). Il Piano è inoltre corredato da una corposa cartografia (cfr. cap. 8) e da un allegato relativo al Rischio Gas in provincia di Bologna ; per la cartografia allegata si sottolinea come la disponibilità dei singoli tematismi in formato digitale (shapefile,.shp), nonché dell intera produzione cartografica (.pdf) a supporto della pianificazione, sia garantita dal server provinciale nell ambito del Progetto Azimut. Tale progetto che vede la Provincia ed ogni singolo Comune impegnati nella raccolta dei dati e compilazione di database a supporto della pianificazione di emergenza, si pone peraltro come snodo fondamentale di condivisione dei dati di protezione civile tra gli Enti in modalità clientserver, tramite gli appositi applicativi consegnati dall Ufficio Protezione Civile della Provincia di Bologna ai referenti comunali, insieme alle credenziali di autenticazione per l accesso al server. L adesione alla raccolta dei dati nelle forme previste dal progetto in questione, rientra nel quadro regionale di raccordo, omogeneizzazione e condivisione degli stessi, in ottemperanza alle linee guida per la predisposizione dei piani di emergenza provinciali e comunali. Relativamente al rischio gas viene allegata al Piano Provinciale di Emergenza Rischio Industriale la Relazione Tecnica, comprensiva degli allegati cartografici, predisposta dal Gruppo Interistituzionale Rischio Gas, realizzata nel 2008 all indomani del grave incidente di San Benedetto del Querceto a Monterenzio (cfr. par. 5.3) Hanno collaborato alla stesura del presente piano ed al perfezionamento del modello d intervento, l Ufficio Territoriale del Governo-Prefettura di Bologna, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, la Centrale Bologna Soccorso 118, il Dipartimento Sanità Pubblica Azienda Usl, il Centro Tematico Regionale Impianti a Rischio di Incidente Rilevante di Arpa e l Agenzia Regionale di Protezione Civile. Il Piano Provinciale di Emergenza - Rischio Industriale, risulta pertanto essere lo strumento di riferimento per enti e strutture operative con compiti di protezione civile ed attività diretta di gestione delle crisi dovute ad incidenti industriali che prevedano il concorso di una pluralità di soggetti tecnici e amministrazioni locali, con questi ultimi soggetti che sono chiamati ad assumerlo nella proprie pianificazione comunali e intercomunali di emergenza. 7 Ufficio Protezione Civile

8 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 La funzionalità di tale strumento è legata alle attività ordinarie che i soggetti con competenze specifiche sul rischio industriale svolgono, nonché dalla revisione e dall aggiornamento dei dati che questa attività produce; pertanto il presente piano potrà essere oggetto di revisione a seguito di modifiche dello stato dei luoghi e delle condizioni che determinano il rischio territoriale nonché a seguito aggiornamenti conoscitivi che permettano un maggior dettaglio dell elaborazione e dell analisi dei dati. Inoltre saranno apportate modifiche in caso di cambiamento sostanziale del quadro legislativo di riferimento con particolare riferimento al rischio industriale e/o di protezione civile. 1.2 RAPPORTI CON LA LEGISLAZIONE SULL ALTO RISCHIO Nel redigere un piano provinciale di emergenza sul rischio industriale, grande importanza assume la questione relativa agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante che in Italia viene disciplinata dal D. Lgs. 334/99 e s.m.i. La organica legislazione sull alto rischio industriale rappresenta il sistema normativo più avanzato sul tema del rischio legato alle attività umane e ha fortemente ispirato e guidato la costruzione di questo piano. 1.3 IL DECRETO LEGISLATIVO 17 AGOSTO 1999, N. 334 Il D.Lgs. 334/99 recepisce la direttiva 96/82/CE, meglio nota come "Seveso-bis", concernente il controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi alla detenzione di determinate sostanze pericolose, dettando disposizioni finalizzate a limitarne le conseguenze per l uomo e per l ambiente. Questo scopo viene perseguito mediante l'attuazione di un sistema efficace di prevenzione degli incidenti rilevanti che prevede: l'introduzione di un Sistema di Gestione della Sicurezza idonea pianificazione dell uso del territorio attraverso il controllo dell urbanizzazione un sistema ispettivo periodico sugli stabilimenti a rischio di incidente rilevante predisposizione di Piani di Emergenza Interna a cura del Gestore (P.E.I.) per gli stabilimenti in art. 8. predisposizione di Piani di Emergenza Esterna a cura dell Autorità competente (P.E.E.) per gli stabilimenti in art. 8 Il decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità maggiori o uguali a quelle indicato nell Allegato I (parti 1 e 2), e sostanzialmente individua 3 categorie di stabilimenti a rischio alto (art 8), medio (art.6) e basso (art.5) Risultano esclusi dall applicazione del decreto le seguenti attività: Stabilimenti, impianti o depositi militari. Pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti. Trasporto di sostanze pericolose e deposito temporaneo intermedio su strada, per idrovia interna e marittima o per via aerea. Trasporto di sostanze pericolose in condotta al di fuori degli stabilimenti. Attività delle industrie estrattive. Discariche dei rifiuti. Trasporto di sostanze pericolose per ferrovia. 1.4 IL DECRETO LEGISLATIVO 21 SETTEMBRE 2005, N. 238 Il D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 238 che recepisce la Direttiva 2003/105/CE, non modifica l impianto generale del D.Lgs. 334/99, ma, tra l altro, abroga l art. 5 comma 3, restringendo il campo di applicazione della normativa sui rischi di incidente rilevante nonché estende l obbligo di 8 Ufficio Protezione Civile

9 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 predisposizione dei P.E.E. anche per gli stabilimenti ricadenti nell ambito di applicazione dell art. 6 del D.Lgs. 334/ I PIANI DI EMERGENZA ESTERNA La legislazione di settore prevede quindi per sia per gli stabilimenti ricadenti nell ambito di applicazione dell art 8 (alto rischio) che dell art 6 (rischio medio), la predisposizione di uno specifico Piano di Emergenza Esterna (P.E.E). da parte dell Autorità competente. La redazione di tali piani è attualmente posta in carico alla Prefettura per gli stabilimenti che rientrano nel campo di applicazione dell art 8, ed alla Provincia per gli stabilimenti che rientrano nel campo di applicazione dell art. 6, attraverso la delega regionale data dalla L.R. 4/2007 (art.4). La competenza del Prefetto sugli art 8, rimane in essere in attesa dell effettiva delega alle Province prevista con l art. 10 della L.R. 26/2003, che avverrà con il perfezionamento della procedura di cui all art. 72 del D.Lgs. 112/1998 (accordo di programma tra Stato e Regioni). La redazione dei P.E.E. per gli art. 6, delegata dalla L.R. 4/2007 alla Provincia, deve avvenire d intesa con il Prefetto e il Comune, sentite l ARPA e la A.S.L competenti territorialmente sulla base di linee guida regionali. Visti i diversi livelli di pianificazione quali Piano Provinciale di Emergenza - Rischio Industriale, previsto dalla legislazione di protezione civile e Piani di Emergenza Esterna (P.E.E.) quali piani ad hoc per i singoli stabilimenti, previsti dalla legislazione di settore, appare necessario definire meglio i rapporti tra gli strumenti di pianificazione dell emergenza e gli standard prestazionali da raggiungere. Premesso che l art. 10 comma 3 della L.R. 26/2003, specifica che i P.E.E. sono parte integrante dei Piani Provinciali di Emergenza in materia di protezione civile e che le linee guida regionali sulla predisposizione di tali P.E.E. da parte delle Province, prevedono che nelle more della predisposizione dei P.E.E., le procedure di attivazione di una emergenza trovano già rappresentazione all interno dei piani provinciali di emergenza in materia di protezione civile, il presente Piano Provinciale di Emergenza, inserendosi in questo contesto normativo, costituisce uno strumento di gestione delle emergenze là dove non sussiste altra specifica pianificazione. Pertanto, dove esiste ed è stato approvato dall Autorità prefettizia uno specifico P.E.E., questo rappresenta lo strumento unico di riferimento per la gestione dell emergenza dello stabilimento industriale in art. 8 (alto rischio), mentre per quanto riguarda gli art. 6 (rischio medio), la Provincia, una volta approvato il presente Piano provinciale, nel dare seguito alle competenze specifiche sulla pianificazione di emergenza esterna, provvederà a redarre ed approvare successivi specifici piani di emergenza esterna ai sensi D.Lgs 334/99, che diventeranno lo strumento di riferimento specifico per la gestione delle emergenze di ogni determinato stabilimento. 1.6 GLOSSARIO Area di accoglienza: aree ove è possibile l allestimento di strutture in grado di assicurare un ricovero di media e lunga durata per coloro che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione. Area di ammassamento: area dove far affluire i materiali, i mezzi e gli uomini necessari alle operazioni di soccorso Area di attesa della popolazione: luogo sicuro dove la popolazione deve recarsi a seguito dell ordine di evacuazione. Bleve: Boiling Liquid Expanding Vapor Exploding; evento prodotto dal riscaldamento esterno di un recipiente contenente un liquido in pressione; il recipiente collassa e rilascia istantaneamente il contenuto che evapora e forma una sfera di gas infuocato (vedi fireball ) che si dilata e si eleva nell aria irraggiando calore. Cancelli: punti nodali della rete viaria presidiati da forze dell ordine, finalizzati ad interdire l afflusso di traffico e agevolare la tempestività degli interventi. 9 Ufficio Protezione Civile

10 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Centro Coordinamento Soccorsi (C.C.S): costituito presso le Prefetture una volta accertata la sussistenza di una situazione di grave emergenza a livello provinciale o subprovinciale, provvede alla direzione e al coordinamento degli interventi di Protezione Civile avvalendosi dei C.O.M. Centro Operativo Comunale (C.O.C.): in emergenza è l organo di coordinamento delle strutture di protezione civile; presieduto dal Sindaco provvede alla direzione soccorsi e alla assistenza della popolazione. Centro Operativo Misto (C.O.M.): struttura decentrata del coordinamento provinciale sul territorio, attivate dal Prefetto ai sensi dell art. 14 del D.P.R 61/81 e retti di norma dal Sindaco, finalizzate alla gestione e al coordinamento degli interventi esecutivi di Protezione civile verso i comuni afferenti Deflagrazione: rapida combustione del gas/vapore infiammabile con velocità di propagazione del fronte di fiamma nell ordine del m/sec Deposito: presenza di una certa quantità di sostanze pericolose a scopo di immagazzinamento, deposito per custodia in condizioni di sicurezza o stoccaggio. Detonazione: combustione di gas/vapore infiammabile con formazione di una onda di pressione che precede il fronte di fiamma e si muove con velocità dell ordine di m/sec Dispersione tossica: processo di emissione o fuoriuscita di un prodotto che miscelandosi con l aria o con l acqua si disperde nell ambiente, formando una nube tossica che può interessare direttamente le persone, infiammarsi o contaminare le acque superficiali o il suolo. Elementi a rischio: sono rappresentati dai beni quali la vita umana, il patrimonio immobiliare, culturale e ambientale, le attività economiche e le infrastrutture, presenti in un area vulnerabile; Emissione tossica: rilascio di una sostanza tossica che presenta un pericolo immediato per la salute e la vita e può costituire la fase precedente ad una dispersione Esplosione: rilascio di energia meccanica a seguito della combustione di gas/vapore infiammabile; può avvenire sotto forma di deflegrazione o di detonazione Esplosione confinata o semiconfinata: evento conseguente l innesco di una nube di vapori infiammabil, generatisi a seguito di un rilascio liquido o gassoso e successivamente migrat a in un ambiente completamento o parzialmente confinato Esposizione E: indica il valore economico del bene; Evento: ogni singola manifestazione di un fenomeno temuto perché suscettibile di produrre danni. Flash Fire: Incendio di nube gas /vapore infiammabile Fireball: Incendio globulare di una grande nube di sostanza infiammabile rilasciata istantaneamente Gestore: Persona fisica o giuridica che gestisce o detiene lo stabilimento o l impianto. IDLH: Immediately Dangerous to Life and Health; è la concentrazione massima nell ambiente di una sostanza alla quale un individuo sano può restare esposto per 30 minuti, senza che questo gli procuri morte o danni organici irreversibili e sintomi tali da impedire l esecuzione di appropriate azioni protettive o di evacuare il luogo dell incidente. Impianto: Unità tecnica all interno di uno stabilimento in cui sono prodotte, utilizzate, manipolate o depositate sostanze pericolose. Incendio: evento determinato dall innesco di gas o vapori che si possono sviluppare in differenti modi; a seguito di un rilascio ad alta velocità, oppura sotto forma di nube infiammabile (flash fire), per evaporazione da una pozza di liquido al suolo (pozza di fuoco) oppure dalla superficie liquida all interno di un serbatoio (incendio di serbatoio), per emissione da sostanze solide sottoposte a riscaldamento (incendio di solidi) oppure a seguito di un collasso catastrofico di un serbatoio a pressione. Incidente rilevante: qualsiasi evento come emissione, incendio o esplosione di particolare gravità, connesso ad uno sviluppo incontrollato di una attività industriale, che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per l uomo all interno o all esterno dello stabilimento e per l ambiente e che comporti l uso di una o più sostanze pericolose. LC50: Lethal Concentration 50; il livello di concentrazione di una sostanza tossica, assorbita per inalazione che causa il 50% di letalità in individui sani esposti, riferita ad un tempo di esposizione compreso tra i 30 minuti e 4 ore. L unità di misura è mg/m3. LD50: Lethal Dose 50; il livello di concentrazione di una sostanza tossica assorbita per ingestione o attraverso la pelle, che causa il 50% di letalità in individui sani esposti. L unità di misura è mg/m3. 10 Ufficio Protezione Civile

11 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Limite Inferiore di Infiammabilità (L.F.L.). È la più bassa concentrazione in aria di gas di un combustibile al di sotto della quale non si ha accensione in presenza di innesco. LOC: Level of Concern; è la concentrazione nell ambiente di sostanze pericolose alla quale, per una esposizione relativamente breve, possono prodursi effetti dannosi per la salute umana ma comunque reversibili. Il suo valore è generalmente pari a 1/10 di quello dell IDLH. Metodo Augustus: guida metodologica predisposta dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile per la pianificazione di emergenza che organizza i piani per funzioni di supporto. Modello di intervento: sequenza di attività scaturente dall'attribuzione di compiti ad autorità, enti, soggetti, gruppi od organizzazioni, deputati a porla in essere in caso di emergenza Nube di vapore infiammabile: nube formata dalla miscela di un prodotto infiammabile ed aria, avente una concentrazione compresa tra il limite superiore e quallo inferire di0infiammabilità del prodotto. Si può verificare quando avviene il rilascio diretto in atmosfera di gas/vapori infiammabile oppure un rilascio di liquido infiammabile che forma una pozza, dalla quale successivamente si liberano vapori infiammabili. La nube di vapore può essere in condizioni di confinamento oppure non confinata. Nube tossica e infiammabile: Nube formata dalla miscela di un prodotto tossico ed infiammabile ed ari, aevnte una concentrazione superiore alla soglia di pericolosità per inalazione ed alla soglia di infiammabilità. Si può verificare quando avviene il rilascio diretto in atmosfera di gas/vapori tossici e infiammabili o quando avviene il rilascio di liquido tossico e infiammabile che forma una pozza, dalla quale successivamente si liberano vapori tossici e infiammabili. Ordinanza: strumento giuridico utilizzato in caso di azioni indifferibili ed urgenti da porsi in essere anche in deroga a norme di legge, ma nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Organizzazioni di Volontariato: organizzazioni liberamente costituite da cittadini, dotate di propria autonomia e identità, strutturate per operare gratuitamente e con continuità a favore di terzi. Pericolo: proprietà intrinseca di una sostanza pericolosa o della situazione fisica esistente in uno stabilimento di provocare danni per la salute umana e per l ambiente. Pericolosità Pt: è la probabilità di accadimento di un predefinito evento nell intervallo temporale t; Rischio R: probabilità che un determinato evento si verifichi in un dato periodo o in specifiche circostanze. Il rischio è dato frequenza per la magnitudo dove la frequenza coincice con la probabilità che un evento si verifichi nell intervallo di tempo prefissato e la magnitudo indica la gravità delle conseguenze; è il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni alla proprietà e delle perturbazioni alle attività economiche dovuti ad un particolare fenomeno naturale. Ai fini applicativi è possibile approssimare il valore di R attraverso la formula, nota come equazione del rischio: R=E x V x Pt; Scenario incidentale: tipologia di incidente che si può verificare in un impianto, descritta nelle sue cause e sviluppi. I principali scenari incidentali sono: il rilascio di gas/vapor, il rilascio dei liquidi, l incendio, l esplosione confinata o semiconfinata, l esplosione non confinata, e lo scoppio di un recipiente. Sostanze pericolose: sostanze o preparati presenti come materie prime, prodotti, sottoprodotti, residui o prodotti intermedi, compresi quelli che si possono generare in caso di incidente. (Le sostanze interessate e le quantità soglia sono indicate nell Allegato I, parti 1 e 2). Stabilimento: l area sottoposta al controllo di un gestore nella quale sono presenti sostanze pericolose all interno di uno o più impianti (comprese le infrastrutture o le attività comuni o connesse). Tempo di Ritorno TR: tempo medio di attesa stimato tra l'occorrere di un determinato evento e il successivo con caratteristiche tali per cui, il valore della grandezza in esame venga eguagliato o superato. Triage Medico: processo di suddivisione dei pazienti in classe di gravità in base alle lesioni riportate ed alle priorità di trattamento e/o di evacuazione UVCE: Unconfined Vapor Cloud Explosion. Esplosione non confinata di una nube di vapore. Vulnerabilità V: attitudine di un elemento a rischio a subire danni per effetto di un evento calamitoso; è in funzione dell intensità del fenomeno e della tipologia di elemento a rischio. 11 Ufficio Protezione Civile

12 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno IL QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRATIVO DI RIFERIMENTO I documenti normativi e amministrativi di riferimento che sono stati utilizzati per la predisposizione del piano provinciale di emergenza e del modello di intervento sono: Legge 24 febbraio 1992, n. 225 Istituzione dei Servizio Nazionale della protezione civile D.P.R. 6 febbraio 1981, n. 66 Regolamento di esecuzione della L. 996/70 recante norme sul soccorso e l assistenza alla popolazione colpita da calamità di protezione civile. Legge Regionale 7 febbraio 2005 n. 1 Norme in materia di protezione civile e volontariato. Istituzione dell'agenzia Regionale di protezione civile Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 Conferimenti di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali in attuazione del capo I della L 15/03/97, n. 59. Legge Regionale 21 aprile 1999 n. 3 Riforma del sistema regionale e locale Legge 9 novembre 2001, n. 401 Conversione con modifiche del Decreto Legge 7 dicembre 2001, n. 343 recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte all attività di protezione civile D.P.C.M. del 3 dicembre 2008 Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze D.P.R. 8 febbraio 2001, n. 194 Regolamento nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile D.M. 28 maggio 1993 Individuazione dei Servizi locali indispensabili di Comuni, Province e Comunità Montane Circolare Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile, n del 30/09/2002 Linee Guida per la predisposizione dei Piani provinciali e comunali. Regione Emilia Romagna - D.G.R del Legge 19 maggio 1997 n. 137 Sanatoria dei decreti-legge recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di incidenti connessi con determinate attività industriali Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334, Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose ; Legge Regionale 17 dicembre 2003, n. 26 Disposizioni in materia di pericoli di incendi rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose ; Decreto Legislativo 21 settembre 2005, n. 238, Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose ; Legge Regionale 06 marzo 2007, n. 4 Adeguamenti normativi in materia ambientale. Modifica a leggi regionali D.P.C.M. 25 febbraio 2005 Linee Guida per la predisposizione del piano d'emergenza esterna di cui all'articolo 20, comma 4, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334 D.M. 09 maggio 2001 Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile, 2006 Linee guida per l informazione alla popolazione sul rischio industriale ; Decreto 24 luglio 2009, n. 139 Regolamento recante la disciplina delle forme di consutazione della popolazione sui piani di emergenza esterna, ai sensi del dell art. 20, (6) D.lgs. 17 agosto, n. 334; Linee guida regionali per la redazione dei Piani di Emergenza Esterni per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante soggetti agli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 334/99 e s.m.i. D.P.C.M. 6 aprile 2006 Coordinamento iniziative e misure finalizzate a disciplinare interventi di soccorso e assistenza alla popolazione in occasione di incidenti stradali, ferroviari, aerei e di mare, di esplosioni e crolli di strutture e di incidenti con presenza di sostante pericolose D.M. 20 ottobre 1998 Misure di sicurezza per gli scali merci terminali di ferrovia non ricompresi nel campo del D.M. 5 novembre Ufficio Protezione Civile

13 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 D.Lgs. 13 gennaio 1999, n.41 Attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia Decreto Ministeriale 4 settembre 1996 Attuazione direttiva 94/55/CE concernente il riavvicinamento della legislazione degli stati membri relativo al trasporto di merci pericolose su strada Decreto Ministeriale 15 maggio 1997, n. 114 Attuazione direttiva 96/86/CE che adegua al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE Decreto Ministero infrastrutture e trasporti 19 settembre 2005 Disciplina del trasporto su strada delle merci pericolose in cisterne Decreto Legislativo 23 maggio 2000, n. 164 Attuazione direttiva n. 98/30/CE norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144 Decreto Ministero Industria 22 dicembre 2000 Individuazione della rete nazionale dei gasdotti ai sensi dell articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 Decreto Ministeriale 30 giugno 2004 Aggiornamento della Rete nazionale gasdotti Autorità per l energia elettrica e il gas (A.E.E.G.), deliberazione del 29 settembre 2004 n. 168/04 Testo integrato delle disposizioni dell Autorità per l energia elettrica e il gas in materia di qualità dei servizi di distribuzione, misura e vendita del gas. 13 Ufficio Protezione Civile

14 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno INQUADRAMENTO TERRITORIALE La provincia di Bologna rappresenta la prima provincia per estensione e popolazione in Emilia Romagna, con i suoi 3.702,5 km 2, 1.582,7 (43%) dei quali ricadono in ambito di pianura, 1.329,7 (36%) in ambito collinare e i restanti 790 km 2 in ambiente montano. Circa l 80% della superficie provinciale appartiene al bacino del fiume Reno, secondo bacino in regione per estensione dopo quello del fiume Po, con una superficie scolante pari a km 2. Il territorio provinciale è sostanzialmente distinto a nord della via Emilia dalla pianura alluvionale di origine continentale e a sud dalla catena degli Appennini su cui si sono impostati trasversalmente diversi corsi d acqua a carattere torrentizio; La montagna occupa circa il 21% del territorio della provincia con rilievi concentrati nella porzione sud occidentale; il monte più alto è rappresentato dal Corno alle Scale che raggiunge m di altezza, le altre cime significative sono il M. Gennaio (1.814 m), il M. La Nuda (1.827 m). I terreni di pianura sono caratterizzati da una principale direttrice di inclinazione da S a N e sono suddivisi in terre alte e terre basse; le terre alte, costituite dai terreni della fascia più prossima alla via Emilia, hanno una altimetria che varia da quota 50 a quota 14 m circa, mentre le terre basse, hanno quote che da metri 14 circa diminuiscono gradatamente fino a toccare valori minimi di appena 5,00 metri in vicinanza del Reno. La pianura è solcata da corsi d acqua arginati, perlopiù pensili, con sostanziali modifiche al loro percorso originario che di fatto hanno artificializzato il sistema e da una fitta rete di canali che provvede allo smaltimento ed al recapito finale delle acque meteoriche nei corsi d acqua del bacino Reno. Il principale corso è il f. Reno che nasce in Toscana e sfocia nel mare Adriatico dopo circa 206 km di lunghezza per un bacino imbrifero di circa km 2 raccogliendo quasi tutte le acque del bolognese Gli altri corsi sono il T. Samoggia (44 km) maggiore tributario di sinistra del Reno che a sua volta riceve il T. Lavino da destra, ed il T. Setta (40 km) maggiore affluente montano dello stesso Reno. Procedendo verso SE si ha il T. Savena (54 Km) che in pianura s immette assieme al T. Zena nel T. Idice quest ultimo deviato dopo Budrio artificialmente in Reno, il T. Sillaro (66 km) che dopo Castel S. Pietro riceve il T. Sellustra ed il F. Santerno (85 km) che privo di affluenti significativi confluisce nel F. Reno fuori dal territorio provinciale. 3.1 IL CLIMA Le caratteristiche geografiche e morfologiche determinano sensibili differenze nel clima per cui i parametri di temperatura e piovosità sono largamente indicativi delle caratteristiche climatiche. La situazione meteoclimatica del territorio provinciale è quella della pianura padana in cui prevale un clima di tipo prevalentemente continentale caratterizzato da notevoli escursioni tra le temperature invernali e le temperature estive ed alti valori di umidità relativa. La conformazione della Pianura Padana, chiusa a N dall arco alpino e a S dagli Appennini, influenza la distribuzione spaziale delle precipitazioni; in particolare, la quantità di precipitazione totale aumenta al variare della quota, sia su base annuale, che stagionale, questo dovuto all intensificazione della precipitazione in presenza di moti verticali forzati dall orografia. D altra parte il clima locale rende le caratteristiche delle precipitazioni invernali differenti da quelle estive: mentre le precipitazioni invernali sono principalmente legate all incidenza di fenomeni con scala sinottica, quelle estive sono di natura più convettiva, legate al verificarsi di condizioni di instabilità locale, in corrispondenza di alti valori di temperatura e di umidità specifica, in bassa quota, specialmente in pianura. In sintesi le precipitazioni annue variano tra i 500 e i 1000 mm in pianura mentre in montagna variano tra i 1000 e i 2000 mm con andamento crescente con le quote. In montagna il clima è abbastanza umido e piovoso anche se si registrano accentuate variazioni locali di vallata in vallata. 14 Ufficio Protezione Civile

15 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Nel territorio provinciale si possono distinguere tre fasce altimetrico-climatiche caratterizzate da parametri climatologici caratteristici; l area di montagna è caratterizzata da un clima temperato fresco con precipitazioni superiori ai 1200 mm/anno e 20 gg nevosi/anno. L area collinare ha un clima intermedio tra quello montano e quello di pianura con condizioni più miti in inverno rispetto a quest ultimo, mentre l area di pianura è caratterizzata da un clima di tipo subcontinentale con scarsità di precipitazioni e clima rigido in inverno e afoso in estate. In inverno la circolazione di venti è generalmente debole con calme che danno luogo ad inversioni termiche e persistenza di nebbie; le precipitazioni sono scarse, la temperatura media oscilla tra 1 e 4 gradi e l umidità relativa è molto alta (80-85%). In primavera la stagione è caratterizzata da un clima poco nuvoloso con depressioni e sistemi frontali provenienti da nord-ovest, le precipitazioni aumentano di intensità e raggiungono valori di mm/mese e a maggio spesso assumono carattere di rovescio. L autunno è la stagione in cui si registrano le maggiori piogge con medie mensili superiori ai 90 mm. La tabella 1 mette a confronto dati di temperatura e precipitazioni medie tra le stazioni più significative delle tre fasce altimetrico-climatiche della provincia; le variazioni più significative sono quelle relative al valore di precipitazione media annua che si dimezzano tra i dati di Porretta Terme in alto appennino e Molinella all estremo nord in bassa pianura. Per quanto riguarda le temperature non si osservano particolari e significative differenze territoriali se si eccettuano i valori delle temperature minime giornaliere tra Porretta T. e le altre stazioni. DATI CLIMATOLOGICI MEDI ( ) BOLOGNA MOLINELLA PORRETTA T. TEMPERATURA MEDIA 13,2 12,6 12,0 MEDIA TEMPERATURE MAX GIORNALIERE 17,8 17,7 18,1 MEDIA TEMPERATURE MIN GIORNALIERE 8,6 7,5 5,9 PRECIPITAZIONI ANNUE ,6 Tabella 1. Principali parametri climatici suddivisi per fasce altimetriche (Fonte dei dati: I Numeri del Clima S.M.R. Arpa) La tabella 2 riporta le medie mensili per i parametri di precipitazione, temperatura minima e massima mensili registrati dal 1950 al 1985 nelle stazioni meteo di Castiglione dei Pepoli (Cottede), Imola e Molinella. MESI IMOLA (47 s.l.m.) MOLINELLA (11 s.l.m.) CASTIGLIONE PEPOLI (650 m) Precipit medie Temp. Min. Temp. Max Precipit medie Temp. Min. Temp. max. Precipit. Medie Temp. min. GENNAIO 52,8-0,7 5,8 18,7-1,6 5,3 156,2-1,5 4,2 FEBBRAIO 51,2 1,1 8,7 19,5-1,5 8,1 133,5-1,3 5,1 MARZO 72,3 4,4 13,2 33,5 2,1 14,1 146,8 1,0 7,7 APRILE 83,9 7,8 17,6 72,0 6,1 16,8 130,9 4,1 12,4 MAGGIO 67,8 11,9 22,4 36,6 10,3 22,5 87,3 7,9 16,9 GIUGNO 65,9 15,6 26,7 54,3 13,5 25,6 69,5 11,3 20,8 LUGLIO 42,5 17,7 29,8 44,6 16,5 29,1 43,0 13,8 24,6 AGOSTO 67,8 17,4 29,2 35,0 17,0 29,7 58,6 13,9 24,8 SETTEMBRE 76,7 14,5 25,2 46,8 13,4 25,0 101,8 11,4 20,7 OTTOBRE 76,8 10,1 19,4 68,3 9,2 18,0 148,8 7,1 15,0 NOVEMBRE 95,5 5,0 12,2 36,1 3,8 10,5 211,9 3,4 9,2 DICEMBRE 75,2 0,5 7,1 21,4-0,7 6,0 177,2-0,5 5,2 DATI ANNUI 825,6 8,8 18,2 460,8 7,5 17, ,4 5,9 13,9 Temp. max. Tabella 2. Precipitazioni e temperature medie mensili delle stazioni di Imola, Molinella e Castiglione dei Pepoli a confronto. (Fonte dei dati: I Numeri del Clima- S.M.R. Arpa) 15 Ufficio Protezione Civile

16 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Secondo questo andamento meteorologico medio i mesi più piovosi sono novembre, ottobre ed aprile, mentre le precipitazioni minime si registrano in luglio ed agosto. Per quanto riguarda le temperature, gennaio e febbraio sono i mesi più freddi mentre la media delle temperature massime dei mesi di luglio ed agosto si mantiene di poco al disotto dei 30 sino a m s.l.m.. Particolarmente interessante appare la tabella 3 dove sono riportati i dati climatologici riferiti alla stazione Bologna Borgo Panigale per il periodo di osservazione confrontati con l andamento degli stessi nel periodo Il confronto evidenzia la consolidata anomalia termica positiva nelle temperature con i rialzi più accentuati nei primi mesi dell anno e per i valori medi e massimi. Le precipitazioni negli ultimi anni hanno evidenziato sia anomalie negative che positive. I mesi che maggiormente, rispetto ai decenni passati, hanno subito queste riduzioni di apporti idrici sono stati febbraio e giugno e in misura minore marzo. I mesi invernali sono diventati più stabili e privi di precipitazioni per gran parte dei giorni con sensibili riduzioni dei giorni di pioggia. La velocità media del vento è aumentata ed è costantemente intorno a 2,5 m/s mentre si ha diminuzione dei giorni di pioggia, dell umidità media, dei giorni di nebbia e dei giorni con temporale. DATI CLIMATOLOGICI TEMPERATURA MEDIA 13,2 14,5 14,4 13,7 13,5 14,6 14,9 MEDIA TEMPERATURE MASSIME 17,8 19,3 19,4 18,8 17,9 19,3 20,1 GIORNALIERE MEDIA TEMPERATURE MINIME 8,6 9,5 9,8 9,4 9,2 8,9 9,7 GIORNALIERE NUMERO GIORNI CON GELO PRECIPITAZIONI ANNUE NUMERO GIORNI DI PIOGGIA UMIDITÀ RELATIVA MEDIA VELOCITÀ MEDIA DEL VENTO 1,4 2,6 2,7 2,6 2,5 2,5 2,6 NUMERO DI GIORNI CON NEBBIA NUMERO GIORNI CON TEMPORALE Tabella 3 Dati climatologici della stazione meteorologica di Bologna Borgo Panigale (fonte dei dati: riepiloghi meteorologici del Servizio Meteo di Arpa Regione Emilia Romagna) 3.2 DISTRIBUZIONE E VELOCITA DEI VENTI Il vento è un parametro particolarmente importante per la dinamica degli inquinati in atmosfera; velocità basse o situazioni prossime alla calma di vento favoriscono il ristagno degli inquinanti mentre velocità di vento più elevate possono favorire l allontanamento dei fenomeni più acuti di inquinamento favorendo la dispersione. In provincia di Bologna le stazioni di rilevamento della velocità e della direzione dei venti che hanno una serie storica sono quelle di Bologna Borgo Panigale, San Pietro Capofiume presso Molinella e Settefonti di Ozzano dell Emilia. Dai dati climatologici desunti dalle osservazioni dei dati della stazione Bologna Borgo Panigale si può osservare che la struttura dei venti in provincia di Bologna interessa tutte le provenienze nel corso dell anno (fig. 1) con una significativa prevalenza da SO seguita da un altro massimo proveniente da NO ed un terzo da O; poco frequenti gli apporti dai quadranti N e S. Per le singole stagioni i dati confermano per primavera ed estate, prevalenza di apporti da SO ed E, in autunno la provenienza da SO accompagnata da significativa presenza di venti provenienti da NO e riduzione degli apporti dai quadranti orientali, mentre in inverno è netta la prevalenza di venti provenienti da NO e O. La velocità del vento prevalente è compresa tra 1 e 3,6 m/s. 16 Ufficio Protezione Civile

17 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Figura 1.Direzione del vento prevalente nel corso dell anno dati stazione di Bologna - Borgo Panigale SETTORI m/s ,18 m/s 6, TOTALE N NE E SE S SO O NO Variabile m\s TOTALE Tabella 4. Distribuzione delle frequenze annuali delle classi di velocità del vento in millesimi Figura 2. Direzione del vento prevalente nel corso dell autunno dati stazione di Bologna - Borgo Panigale SETTORI ,18 6, TOTALE m/sec m/sec m/sec m/sec N NE E SE S SO O NO Variabile m\s TOTALE Tabella 5. Distribuzione delle frequenze stagionali delle classi di velocità del vento in millesimi: Autunno. 17 Ufficio Protezione Civile

18 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Figura 3.Direzione del vento prevalente nel corso della primavera dati stazione Bologna - Borgo Panigale SETTORI ,18 6, TOTALE m/sec m/sec m/sec m/sec N NE E SE S SO O NO Variabile m\s TOTALE Tabella 6. Distribuzione delle frequenze stagionali delle classi di velocità del vento in millesimi: Primavera Figura 4.Direzione del vento prevalente nel corso della estate dati stazione di Bologna - Borgo Panigale SETTORI ,18 6, TOTALE m/sec m/sec m/sec m/sec N NE E SE S SO O NO Variabile m\s TOTALE Tabella 7. Distribuzione delle frequenze stagionali delle classi di velocità del vento in millesimi: Estate 18 Ufficio Protezione Civile

19 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Figura 5. Direzione del vento prevalente nel corso dell inverno dati stazione di Bologna - Borgo Panigale SETTORI ,18 6, TOTALE m/sec m/sec m/sec m/sec N NE E SE S SO O NO Variabile m\s TOTALE Tabella 8. Distribuzione delle frequenze stagionali delle classi di velocità del vento in millesimi: Inverno. Il valore medio annuo della velocità del vento negli ultimi 6 anni evidenziato in tabella 3, è nettamente superiore ai dati climatologici di tabella 4, in particolare nei mesi invernali, mentre in estate la variazione in aumento è meno accentuata. Le classi di velocità del vento superiori a 3,6 m/s e a 6,18 m/s sono dovute più frequentemente dall apporto del quadrante SO soprattutto in primavera ed estate mentre in inverno sono date da apporto NO. A completamento del quadro sopra esposto, si riportano i dati relativi alla direzione di provenienza e intensità del vento sulla base dei dati storici disponibili delle stazioni di Molinella e Ozzano dell Emilia Ozzano desunte dalla pubblicazione I numeri del clima Tavole climatologiche dell Emilia-Romagna a cura di Arpa Servizio Meteorologico Regionale 19 Ufficio Protezione Civile

20 Piano Provinciale di Emergenza della Rischio Industriale - anno 2009 Figure 6 e7.direzione e intensità venti stazioni di S. Pietro Capofiume e Settefonti. Fonte dati: Arpa S.M.R. 20 Ufficio Protezione Civile

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