Provincia di Catanzaro

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1 Provincia di Catanzaro Assessorato Ambiente e Territorio Settore Tutela Ambientale PIANO ENERGETICO AMBIENTALE DELLA PROVINCIA DI CATANZARO PIANO DI INDIRIZZO DICEMBRE 2004

2 INDICE 1 INTRODUZIONE 3 2 IL PIANO DI INDIRIZZO 6 3 INQUADRAMENTO NORMATIVO Impegni internazionali e Programmi nazionali per la riduzione dei gas serra e per lo sviluppo sostenibile Impegni internazionali L Agenda Impegni europei Impegni nazionali Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile Norme e decreti sulle fonti energetiche rinnovabili e sul risparmio energetico Inquadramento programmatico le FER a livello UE Inquadramento programmatico - le FER a livello nazionale La normativa per lo sviluppo delle FER e il risparmio energetico in Italia Decentramento di deleghe e funzioni in campo energetico agli Enti locali 31 4 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO, GESTIONE E VERIFICA Gli strumenti di sostegno Strumenti di controllo Strumenti finanziari Diffusione dell informazione e della formazione Campagne di gestione dell energia negli edifici destinati ad uso pubblico Programmi di partecipazione Adeguamento legislativo e normativo dei piani territoriali e settoriali interessati La semplificazione amministrativa Gli strumenti di gestione e verifica Potenziamento delle strutture provinciali in materia di energia Formazione dei tecnici provinciali e degli enti locali Verifica del conseguimento degli obiettivi e aggiornamento del Programma energetico 54 5 L OFFERTA DI ENERGIA Il processo di metanizzazione Sviluppo del sistema di generazione elettrica Procedure autorizzative Criteri localizzativi La cogenerazione Le fonti rinnovabili La fonte idroelettrica La fonte eolica La fonte solare Le fonti da biomassa 84 SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004

3 6 LA DOMANDA DI ENERGIA Le attività produttive Il settore civile Edilizia privata Edilizia pubblica SINTESI DELLE ATTIVITÀ IL PIANO FINANZIARIO 116 SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 2 di 120

4 1 INTRODUZIONE La fruizione di un certo numero di servizi richiede l uso di energia. Questa domanda di servizi energetici finali riguarda, ad esempio, il bisogno di climatizzazione degli edifici, o quello di manipolazione, conservazione e cottura dei cibi, od ancora i bisogni di illuminazione e di comunicazione. Anche nelle attività produttive l energia costituisce uno dei fattori fondamentali di produzione, sia per il suo impiego diretto nei processi tecnologici, sia per il suo impiego indiretto attraverso l uso di materiali la cui produzione ha a sua volta richiesto energia. La domanda di servizi energetici finali è diversa da luogo a luogo ed evolve nel tempo, sia attraverso trasformazioni della modalità di manifestazione dei bisogni sociali, che attraverso la variazione dei livelli desiderati di loro soddisfacimento. Per il soddisfacimento dei bisogni della popolazione, ad un dato livello di intensità, nonché per le attività di produzione dei beni e dei servizi, sono generalmente possibili diverse opzioni circa le tecnologie e le modalità organizzative con cui viene attuata la conversione energetica finale che concorre a sua volta a rendere disponibile il servizio od il bene desiderato. Connessa alla selezione delle tecnologie di conversione e delle modalità organizzative vi è poi la scelta del tipo di vettore energetico utilizzato (prodotti petroliferi, gas naturale, energia elettrica, ecc.) e dell origine di quel vettore (fonti primarie fossili o rinnovabili). Vari fattori concorrono in modo più o meno consapevole alla scelta della combinazione tecnologia/vettore: costo della tecnologia e del vettore, impatto ambientale, comodità d uso reale o percepita, consuetudini, ecc. Storicamente, le politiche energetiche si sono concentrate soprattutto sull aumento della fornitura di energia, considerando la produzione ed il consumo di energia una delle sfide principali. D altra parte, il consumo di fonti primarie energetiche non rinnovabili, oltre a menomare la disponibilità di uno stock che si è formato nel corso di milioni di anni, contribuisce ad incrementare numerose criticità ambientali che devono essere affrontate seriamente. Alcune di queste criticità sono conosciute da molto tempo, mentre altre stanno attirando l attenzione e la preoccupazione durante questi ultimi anni. Tali criticità si estendono a vari livelli: locale, regionale e globale. A livello locale il problema è rilevante per quanto concerne in particolare la qualità dell aria, in relazione alla concentrazione di residui e sottoprodotti di combustione (come il monossido di carbonio, i composti organici volatili, gli ossidi di azoto, ecc.). A livello regionale vi è una criticità associata alle emissioni causate dal funzionamento di impianti energetici che, generate localmente, hanno impatti che si estendono oltre i confini del paese di origine (ad esempio, le emissioni di ossidi di zolfo e di azoto originate dalle centrali termoelettriche sono la causa delle cosiddette precipitazioni acide). A livello globale il problema è costituito dalla ri-emissione nell atmosfera del pianeta di carbonio in forma ossidata (CO 2 ) e di altre molecole opache alla radiazione infrarossa (effetto serra). Questo problema ha attirato l attenzione sia dei governi che della sensibilità popolare negli ultimi anni, a causa delle sue possibili conseguenze sul clima a livello planetario. Negli ultimi anni le emissioni di gas clima alteranti sono considerate un indicatore di impatto ambientale del sistema di trasformazione ed uso dell energia e le varie politiche concernenti l organizzazione energetica fanno in gran parte riferimento ad esse. L'energia ha assunto, quindi, una posizione centrale nella problematica dello sviluppo sostenibile: prima di tutto perché l'energia (o più esattamente l'insieme di servizi che l'energia fornisce) è una componente essenziale delle sviluppo; in secondo luogo perché il sistema energetico è responsabile di una parte importante degli effetti negativi delle attività umane sull'ambiente (a scala locale, regionale e globale) e sulla stabilità del clima. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 3 di 120

5 Vi è un consenso generale sulla insostenibilità del modo in cui l'energia è prodotta e utilizzata oggi nel mondo: in particolare, se questo modello continuasse nel futuro e fosse esteso a soddisfare la crescente domanda di energia da parte dei paesi in via di sviluppo, si andrebbe rapidamente incontro all'esaurimento delle risorse, a danni irreversibili all'ambiente, a effetti, tuttora incerti ma potenzialmente catastrofici, sul clima globale. Questa evoluzione dell interesse verso i temi energetici è stata accompagnata anche da una evoluzione delle modalità di controllo degli stessi. Vi è consenso inoltre sul fatto che, per andare verso un modello energetico più sostenibile, è necessario procedere lungo tre direzioni: una maggiore efficienza e razionalità negli usi finali dell'energia; modi innovativi, più puliti e più efficienti, di utilizzo e trasformazione dei combustibili fossili, che rimarranno necessariamente per i prossimi 50 anni la fonte energetica prevalente; un crescente ricorso alle fonti rinnovabili di energia. Prima di tutto, quindi, maggiore efficienza negli usi finali di energia nell'industria, nel settore abitativo e dei servizi, nei trasporti, nell'agricoltura e nella generazione di elettricità. Possiamo dire che, per quanto riguarda l'efficienza, molto è già stato fatto dalla prima (1973) e dalla seconda crisi energetica ( ) in poi, almeno nel campo dell'industria, e in quello della generazione di elettricità. Meno è stato realizzato nel settore abitativo e dei servizi e ancor meno nel settore dei trasporti. Per quanto riguarda le fonti rinnovabili di energia, una gran parte di queste sono di interesse per la Provincia: prima di tutto l'energia solare termica e quella fotovoltaica; l'energia eolica; quelle che hanno origine dalla biomassa agricola, sotto forma di coltivazioni, di sottoprodotti e co-prodotti agricoli, e biomassa forestale. L'utilizzo più pulito, efficiente e razionale dei combustibili fossili (per esempio attraverso le celle a combustibile, tramite la produzione di idrogeno come vettore energetico e così via) ha più una dimensione nazionale o meglio internazionale che non regionale, ma vi sono indubbiamente opportunità per dimostrarne le tecnologie o per accelerarne la diffusione anche a livello locale. Questa spinta verso un modello energetico più sostenibile avviene in un momento in cui, il modo stesso in cui si fa politica energetica sta rapidamente cambiando, in Italia come nel resto del mondo. Riassumiamo qui molto brevemente alcune delle principali caratteristiche del mutamento. Sede delle politiche energetiche: in passato praticamente solo i governi nazionali, oggi anche sedi più vaste e più ristrette; basti vedere l'importanza delle direttive dell'unione Europea (per esempio sulla liberalizzazione del mercato dell'elettricità e del gas) o del Protocollo di Kyoto, da una parte, e le crescenti responsabilità dei governi regionali e locali in materia energetica, dall altra. E evidente che la politica energetica si basa sempre di più su una relazione tra territorio e energia, come è necessario, sia per le fonti rinnovabili che per il risparmio energetico e non può quindi prescindere dalla dimensione locale (regionale, provinciale, comunale) e dalle competenze degli Enti Locali nel campo della programmazione territoriale. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 4 di 120

6 Strumenti delle politiche energetiche: da un sistema "top down" basato su strumenti di "comando e controllo" e sull'attuazione diretta delle politiche tramite gli enti energetici (in Italia Eni ed ENEL), a un sistema più partecipativo, che utilizza strumenti economici di mercato e sistemi di accordi volontari. Questo per la constatazione che il mercato può mettere in moto strumenti che hanno un'efficacia maggiore che non gli strumenti prescrittivi. Se quindi riusciamo a introdurre nel mercato quelle considerazioni che correggono la sua miopia e permettono di introdurre obiettivi di lungo termine, possiamo utilizzare la proverbiale efficienza del mercato per raggiungere obiettivi concreti. Questo percorso richiede di individuare obiettivi ragionevoli, realistici ma anche ambiziosi, studiare e sperimentare strumenti di regolamentazione del mercato e avere un sistema di monitoraggio dei risultati. Questo ultimo è uno degli elementi più difficili, anche perché l'interpretazione non è sempre facile (non basta vedere che una cosa succede, dovremmo anche sapere che cosa sarebbe successo se non avessimo attuato un certo strumento di politica. La relazione tra strumento e risultato non è sempre chiarissima). Attenzione delle politiche energetiche non più soltanto alla fornitura di energia (considerando la richiesta come un dato esogeno non modificabile) ma anche, e almeno nella stessa misura, alla domanda di energia, che può essere influenzata da strumenti economici e indirizzata verso una maggiore efficienza e razionalità. Sono i servizi energetici quelli a cui dobbiamo puntare, cioè scaldarci, raffreddarci, conservare i cibi, fornire alimentazione ai computer, non l'energia di per sé. Liberalizzazione del mercato dell'energia, in particolare per quanto riguarda l'elettricità e il gas, ma anche per quanto riguarda l'esplorazione e sfruttamento delle risorse energetiche. Appare chiaro che questa ridefinizione del mercato dell energia implica anche una ridistribuzione del ruolo dei soggetti, pubblici e privati, che a vario tutolo intervengono nel settore energetico. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 5 di 120

7 2 IL PIANO DI INDIRIZZO Gli elementi essenziali per la definizione del derivano necessariamente dalle valutazioni contenute nel Quadro Conoscitivo. Ricordiamo, a tale proposito, che scopo delle elaborazioni presentate in tale documento preliminare è stato l analisi della struttura sia dell offerta che della domanda di energia in Provincia di Catanzaro, sviluppata, per quanto possibile, attraverso - l elaborazione dei bilanci energetici provinciali, - la ricognizione delle risorse disponibili a livello locale sia sul lato dell offerta di fonti energetiche (rinnovabili e non) direttamente impiegabili, sia sul lato delle eventuali criticità e conseguenti eventuali margini di recupero e risparmio nei diversi settori di attività, - la successiva definizione degli interventi che, per questo, risultano auspicabili sotto il profilo energetico/ambientale e tecnologicamente fattibili, - l individuazione e analisi dei diversi fattori che, a diverso titolo e a diversi livelli (locale o più ampio), si frappongono alla realizzazione degli stessi. In tale quadro, il si propone di individuare gli strumenti più idonei alla definizione di una efficace programmazione energetica del territorio, di verificarne la disponibilità o meno a livello locale e le modalità o innovazioni (di qualsiasi tipo: gestionali, normative, tecniche, ecc.) eventualmente necessarie per la loro attivazione In estrema sintesi, quindi, con la redazione del Piano di indirizzo ci si pone l obiettivo di individuare, a livello locale, il mix ottimale di linee strategiche di intervento e di strumenti tecnici (sul lato produzione di energia da fonti convenzionali o rinnovabili e sul lato di gestione della domanda) che sia in grado di rispondere efficacemente all evoluzione del sistema in esame, indirizzandone i flussi energetici verso il contenimento delle emissioni così come stabilito nella conferenza di Kyoto (-6,5% entro il 2010 rispetto al 1990), integrandoli opportunamente con gli obiettivi di economicità di gestione, miglioramento del servizio agli utenti, stimolo all economia ed all occupazione, ecc. Dal punto di vista dell offerta energetica è evidente che una particolare enfasi deve essere posta all incremento dello sfruttamento delle fonti rinnovabili, benché in sintonia con determinati vincoli ambientali. D altra parte si ritiene che questo sfruttamento non possa prescindere da opportune considerazioni riguardanti anche le fonti fossili tradizionali. Dal punto di vista della domanda di energia si deve enfatizzare il risparmio nel suo ruolo di risorsa energetica. Nel quadro di una pianificazione integrata delle risorse, il risparmio si pone come valutazione del potenziale di gestione della domanda (DSM), esattamente al pari livello della valutazione del potenziale dell offerta. La struttura delineata per il, prevede un primo capitolo in cui si fornisce un quadro aggiornato della normativa di settore, evidenziando in particolare le rilevanti ripercussioni in ambito locale. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito ad un profondo cambiamento del quadro normativo di riferimento sia a livello nazionale, con il processo di liberalizzazione del mercato energetico ed il decentramento amministrativo, sia a livello regionale con la LR 34/2002. Tali novità vengono a definire uno scenario molto interessante, come vedremo, sotto molteplici aspetti che però resta ancora molto incerto, essendo ancora mancante di ulteriori norme attuative. Il quadro normativo andrà comunque a delinearsi come presupposto essenziale per l esposizione delle linee di Piano. Nel secondo capitolo si analizzeranno, in termini generali, le principali tipologie di strumenti e linee strategiche utilizzabili per la definizione di una efficace programmazione energetica locale. La contestualizzazione delle stesse nello specifico del quadro energetico della provincia di Catanzaro e della sua possibile evoluzione, così come delineati nell ambito del Quadro SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 6 di 120

8 Conoscitivo, sarà infine oggetto dei capitoli seguenti. In tal senso, sia sul lato domanda di energia che sul lato offerta, verranno definite le principali linee di sviluppo di iniziative specifiche, eventuali modalità di orientamento delle azioni di terzi verso i principi di sostenibilità energetica, verificata la possibilità di costituire partnership allargate su temi specifici e/o di mobilitare fondi e risorse. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 7 di 120

9 3 INQUADRAMENTO NORMATIVO Il ruolo dei soggetti, pubblici e privati, che a vario titolo intervengono nel settore energetico deve necessariamente essere inserito nel quadro generale di liberalizzazione e creazione dei mercati unici dell energia elettrica e del gas naturale, definiti a livello di Unione Europea, e attuati tramite decreti legislativi di recepimento: - Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell energia elettrica (detto anche decreto Bersani ); - Decreto Legislativo 23 maggio 2000, n. 164 Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell art. 41 della legge 17 maggio 1999 n Va subito precisato che i decreti legislativi di recepimento configurano un mercato liberalizzato in assenza di un Piano Energetico Nazionale di riferimento (l ultimo risale al 1988 e non è stato mai aggiornato), e quindi in assenza di scenari previsionali di crescita o riduzione, nel lungo periodo, dei consumi finali, di indicazioni precise rispetto agli obiettivi strategici sul lato dell offerta e della localizzazione ottimale degli impianti di produzione in assenza di una suddivisione dei bacini energetici alla scala regionale e/o sovra-regionale, se non quelle fornite dagli stessi operatori del settore, determinate sulla base di strategie aziendali o da un quadro generale fornito dall Autorità per l Energia. Si è, inoltre, in assenza di un testo unico sull energia che, introducendo decreti attuativi e regolamenti tecnici, definisca per il prossimo decennio ( ) il quadro di riferimento in cui tutti gli operatori energetici e non, possano trovare certezze, rispetto a cui misurare l utilità, la priorità, e la coerenza delle proprie iniziative. Nonostante queste carenze si possono individuare almeno tre grandi direttrici che possono concorrere ad aumentare tale peso specifico e ad introdurre elementi di sostenibilità e riqualificazione ambientale nella politica energetica alla scala regionale e locale e rispetto a cui verrà ricostruito il quadro normativo. 3.1 Impegni internazionali e Programmi nazionali per la riduzione dei gas serra e per lo sviluppo sostenibile Impegni internazionali Risoluzione di Lussemburgo (29 ottobre 1990) Impegna i paesi dell Unione Europea a stabilizzare entro il 2000 le emissioni di anidride carbonica al livello del Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (adottata alla Conferenza di Rio de Janeiro nel giugno 1992) Non vincola giuridicamente i 166 paesi firmatari ad alcun impegno formale se non quello di stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico. Viene inoltre istituita la Conferenza delle parti la quale esamina regolarmente l'attuazione della Convenzione e di qualsiasi relativo strumento giuridico che la conferenza delle Parti eventualmente adotta. Nei limiti del suo mandato assume le decisioni necessarie per promuovere l'effettiva attuazione della Convenzione. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 8 di 120

10 Tra le Conferenze delle Parti, tenute annualmente, dal 1995, come luogo di principale dibattito sulle azioni da intraprendere, a livello internazionale, per ridurre il fenomeno dei cambiamenti climatici, ricordiamo: Prima Conferenza delle Parti (Berlino 1995). Approva la proposta di ridurre le emissioni di anidride carbonica entro il 2005 del 20% rispetto ai livelli del Tali prescrizioni non sono state estese ai paesi in via di sviluppo. Le Parti firmatarie si sono impegnate ad adottare entro il 1997 un Protocollo legalmente vincolante sulle modalità d azione in merito all effetto serra. Seconda Conferenza delle Parti (Ginevra 1996). Ribadisce l impegno dell anno precedente, mettendo però in luce due problemi: la difficoltà a cambiare rotta sulle politiche ambientali ed energetiche dei paesi sviluppati e la consapevolezza che l azione di questi ultimi non porterà effetti positivi, a livello globale, se non si promuoveranno politiche di sviluppo ad alta efficienza e basse emissioni nei Paesi in via di sviluppo. Terza Conferenza delle Parti (Kyoto, Dicembre 1997) Il Protocollo d intesa, sottoscritto da parte dei 38 paesi più industrializzati (180 i paesi totali presenti), prevede una riduzione media, nel 2010, del 5,2% delle emissioni mondiali rispetto al 1990 (anno preso come riferimento). L Unione Europea, si è impegnata a ridurre dell 8% (sempre rispetto i livelli del 1990) le emissioni di gas ad effetto serra, con quote diverse nei singoli paesi. Quarta Conferenza delle parti (Buenos Aires, Novembre 1998). Viene adottato il cosiddetto Piano di Azione di Buenos Aires, con lo scopo di sviluppare un quadro regolatore finale del protocollo di Kyoto entro i successivi due anni. Sesta Conferenza delle Parti (Bonn, Luglio 2001) Viene definito il cosiddetto Accordo di Bonn che dovrebbe consentire, nonostante l'abbandono degli USA, di raggiungere il quorum del 55% delle emissioni mediante varie concessioni fatte allo scopo di convincere paesi quali il Giappone, la Russia, l Australia ed il Canada a ratificare il Protocollo. In sintesi, l Accordo di Bonn è centrato sui seguenti punti: I meccanismi di Kyoto - Emission Trading (ET), Joint Implementation (JI) e Clean Development Mechanism (CDM): sono stati esclusi degli espliciti limiti quantitativi rispetto alla possibilità di attuare la riduzione delle emissioni con tali meccanismi, come in precedenza proposto dall Unione Europea; l unico meccanismo associato ad una tassa è il CDM, in quanto il 2% dei crediti di emissione ottenuto con un progetto di questo tipo deve essere venduto sul mercato ed i proventi devono essere trasferiti ad un apposito fondo per il finanziamento di progetti volti a compensare gli effetti dei cambiamenti climatici; non si dovrebbero utilizzare crediti derivanti da installazioni nucleari all interno di progetti JI e CDM. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 9 di 120

11 Forestazione, uso del suolo e cambiamento d uso del suolo: è necessario dimostrare che le suddette attività siano iniziate a partire dal 1990 e siano di origine antropica. Il calcolo è fatto considerando la differenza tra le emissioni (rimozioni) al 2010 e quelle al 1990; per ogni nazione è stato stabilito un tetto alle quantità annuali di carbonio che possono essere associate alle attività di gestione forestale; è stato stabilito un limite dell 1%, rispetto alle emissioni del 1990, per quanto riguarda la riduzione delle emissioni ottenute con progetti CDM in campo forestale. Finanziamento ai paesi in via di sviluppo è stato istituito un fondo speciale per finanziare attività, programmi e misure relazionate ai cambiamenti climatici; è stato istituito un fondo per i paesi meno sviluppati per supportare un programma di lavoro in questi paesi; è stato istituito un fondo di adattamento per finanziare progetti concreti volti a compensare gli effetti dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo; non è stata specificata nessuna somma per questi fondi se non la quota del 2% associata ai progetti CDM. Adempimento degli impegni è stato istituito un comitato con lo scopo di verificare se un paese sta adempiendo ai propri obblighi in linea con gli obiettivi di Kyoto; in caso di mancato adempimento, si richiede di adempiere all impegno incrementando del 30% la quantità di emissioni non ridotte; durante il periodo di mancato adempimento un paese non può partecipare al commercio delle emissioni. Settima Conferenza delle Parti (Marrakesh, Novembre 2001) L impatto del cosiddetto Accordo di Marrakesh sull efficacia ambientale del Protocollo di Kyoto è piuttosto limitato rispetto a quanto definito nel precedente accordo di Bonn. In questo senso, la principale decisione riguarda la possibilità concessa alla Russia di incrementare il proprio tetto riguardo all utilizzo delle foreste come pozzi di carbonio. Secondo diverse stime, le conseguenze degli accordi di Bonn e Marrakesh ed il ritiro degli USA dal Protocollo di Kyoto determineranno una riduzione delle emissioni di CO 2 equivalente non più del 5,2%, come definito nel Protocollo stesso, ma dello 0,6%. Se si considerano anche gli effetti corrispondenti agli assorbimenti da parte dei pozzi di carbonio, la riduzione arriverà al 4,3% L Agenda 21 L'Agenda 21 rappresenta il programma d azione che deve essere definito alle diverse scale possibili (mondiale, nazionale e locale) in termini di politiche di sviluppo a lungo termine che tengano in considerazione le problematiche ambientali. A livello internazionale, le Nazioni Unite hanno istituito, all interno del Consiglio Economico e Sociale, la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile per promuovere l'adozione, da parte degli Stati, di strumenti di governo che seguano la logica dell'agenda 21. A livello comunitario, a Lisbona nel 1992, i paesi dell Unione Europea si sono impegnati a presentare alla Commissione per lo Sviluppo Sostenibile, istituita presso l'onu, i propri piani nazionali di attuazione dell'agenda 21 entro la fine del Nel 1994, oltre 120 unità locali europee hanno firmato a Aalborg (una cittadina danese) la Carta delle città europee per la sostenibilità, in cui hanno sottoscritto l impegno a implementare un Agenda 21 locale e a delineare Piani d Azione a medio o lungo periodo per uno sviluppo sostenibile. In questo ambito l energia è un settore chiave e le attività SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 10 di 120

12 antropiche devono essere mirate a uno sviluppo economico che non solo soddisfi i bisogni della presente generazione, ma soprattutto non comprometta la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri. In sintesi, deve essere sostenibile Impegni europei Nella discussione sul mantenimento del Protocollo di Kyoto, il ruolo dell Europa è stato fondamentale, dimostrando una leadership a livello internazionale. Anche dopo il ritiro degli USA, a giugno 2001 l Europa ha avviato unilateralmente la ratifica del Protocollo, con un impegno sottoscritto da tutti i ministri dell ambiente dell unione. Il 6 febbraio 2002 il parlamento europeo ha votato una risoluzione nella direzione della ratifica del Protocollo. Infine, con l accordo raggiunto dai ministri dell ambiente il 4 marzo 2002, l unione europea si è impegnata a completare, entro il primo giugno 2002, la ratifica del Protocollo. Programma Europeo per il Cambiamento Climatico ECCP (marzo 2000). Tale programma sottolinea che sono necessari maggiori sforzi affinché l Unione Europea possa adempiere agli obiettivi del Protocollo di Kyoto di riduzione delle emissioni dei gas di serra dell 8%. Il rapporto finale della prima fase dell ECCP delinea una serie di politiche e misure che formeranno parte della strategia Comunitaria. Un elemento importante del programma è l inclusione di iniziative già esistenti e che hanno bisogno di ulteriore sviluppo, allo scopo di produrre dei programmi coerenti e mutuamente compatibili (accordo con i produttori di automobili per la riduzione delle emissioni di CO 2, direttive per la promozione delle energie rinnovabili, piano d azione per la promozione dell efficienza energetica, libro verde sulla sicurezza della fornitura di energia, ecc.). Le misure identificate nell ECCP sono quindi state sviluppate nel contesto di queste iniziative già esistenti. I dati più recenti indicano che le politiche e le misure esistenti dovrebbero al massimo ridurre le emissioni al 2010 dell 1,4% sotto il livello del 1990, a fronte di un incremento tendenziale di circa il 7%. Sarebbero quindi necessari nuovi interventi atti a ridurre le emissioni di un ulteriore 6,6%. Considerando, però, le varie difficoltà ed incertezze di attuazione, si suppone che si debbano prevedere nuove azioni volte a ridurre le emissioni di un ulteriore 9%. Il programma prevede interventi nei seguenti settori: Meccanismi di flessibilità (come previsto dal Protocollo di Kyoto) Produzione di energia Consumo di energia Efficienza energetica nei dispositivi di uso finale e nei processi industriali Trasporti Industria Ricerca Agricoltura Per la maggior parte di questi settori sono già state definite delle azioni e dei quantitativi di riduzione delle emissioni ad esse associate, in considerazione del costo delle azioni stesse. La tabella seguente riporta, per ognuno di tali settori, il contributo previsto alla riduzione in base al costo delle azioni. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 11 di 120

13 Potenziale stimato di riduzione (Mt CO2 equivalenti) Settore di intervento <20 /ton >20 /ton Produzione di energia Consumo di energia Efficienza energetica Trasporti Industria Totale Come già menzionato, il Programma Europeo per il Cambiamento Climatico contempla diverse strategie e direttive già intraprese, tra cui quelle di seguito riportate. Libro verde: Verso una strategia europea di sicurezza dell approvvigionamento energetico (Novembre 2000) Accanto alla questione relativa a come far fronte ai cambiamenti climatici, l Europa ha intrapreso un dibattito sulla sicurezza dell approvvigionamento energetico attraverso un libro verde nato dalla constatazione che la dipendenza energetica europea è in continuo aumento. L Unione europea è molto dipendente dall approvvigionamento esterno. Essa importa oggi il 50 % del suo fabbisogno e questa percentuale sfiorerà il 70 % nel 2030, con una dipendenza più marcata per gli idrocarburi se le tendenze attuali continuano. La sicurezza dell approvvigionamento non mira a massimizzare l autonomia energetica o minimizzare la dipendenza, bensì a ridurre i rischi legati a questa ultima. Si impone, quindi, una riflessione sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico (per prodotti e zone geografiche). Tale riflessione è ritenuta necessaria proprio in un periodo nel quale si intrecciano due fenomeni molto importanti per il contesto dell energia: da un lato i nuovi investimenti energetici derivanti in gran parte dal nuovo mercato liberalizzato, dall altro la questione dei cambiamenti climatici. Nel prossimo decennio saranno necessari, nel nuovo quadro del mercato dell energia (apertura alla concorrenza del settore e preoccupazioni ambientali), investimenti energetici, per sostituire le infrastrutture obsolete e per rispondere alla crescita della domanda. È quindi un occasione da cogliere per promuovere una politica energetica coerente su scala comunitaria. Fino ad ora non c è mai stato un vero dibattito comunitario sulle linee di forza di una politica dell energia e la problematica energetica è sempre stata trattata attraverso il mercato interno o dal punto di vista dell armonizzazione, dell ambiente o della fiscalità. Oggi gli Stati membri sono interdipendenti a livello di lotta contro il cambiamento climatico e di realizzazione del mercato interno dell energia. Ogni decisione di politica energetica presa da uno Stato membro avrà inevitabilmente ripercussioni sul funzionamento del mercato negli altri Stati membri. La politica energetica ha assunto una dimensione comunitaria nuova. In questo contesto occorre interrogarsi sul senso delle decisioni nazionali di politica energetica non coordinate. L analisi svolta nel libro verde mostra che i margini di manovra dell Unione europea sull offerta di energia sono ridotti e che gli sforzi importanti da consacrare a favore delle fonti rinnovabili resteranno tutto sommato limitati di fronte alla crescita della domanda. Il ruolo delle energie convenzionali resterà per lungo tempo inevitabile. Lo sforzo dovrà vertere sull orientamento di una domanda energetica rispettosa degli impegni di Kyoto e intesa a tutelare la sicurezza dell approvvigionamento. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 12 di 120

14 3.1.4 Impegni nazionali Delibera CIPE del 19/11/98 n 137. L Italia ha recepito il Protocollo di Kyoto impegnandosi ad una riduzione del 6,5% rispetto al 1990, tra il 2008 e il Questo implicherà, stando alle stime di crescita economica e consumi energetici previste, una riduzione reale, variabile tra il 20 e il 35% equivalente a circa 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalenti rispetto allo scenario tendenziale. Le linee guida individuano sei azioni prioritarie che porteranno a raggiungere l obiettivo finale previsto per il , e gli obiettivi intermedi previsti per il 2003 e il Obiettivi Azioni Obiettivo di riduzione (a) 1)Aumento di efficienza Gli impianti a bassa efficienza potranno essere riautorizzati del sistema elettrico solo se adotteranno tecnologie a basso impatto ambientale. Un apporto significativo in termini di efficienza verrà conferito dal processo di liberalizzazione del mercato elettrico. 2)Riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti 3)Produzione di energia da fonti rinnovabili 4)Riduzione dei consumi energetici nei settori industriale/ abitativo/ terziario Biocarburanti Controllo del traffico urbano Dotazione di autoveicoli elettrici per la Pubblica Amministrazione e le aziende di trasporto pubblico Sostituzione del parco automobilistico Aumento del trasporto di massa e merci su vie ferrate Molto importante in termini ambientali e occupazionali, il campo delle energie rinnovabili dovrà puntare soprattutto sull eolico, le biomasse e il solare termico. Aumento della penetrazione di gas naturale negli usi civili e industriali Promozione di accordi volontari per l efficienza energetica nelle produzioni industriali Risparmio energetico (da consumi elettrici e termici) )Riduzione delle Miglioramento tecnologico e risparmio energetico emissioni nei settori non nell industria chimica, la zootecnia e la gestione dei energetici rifiuti 6)Assorbimento delle Recupero boschivo di vaste aree degradate o - 0,7 emissioni di carbonio abbandonate, soprattutto nella dorsale appenninica dalle foreste TOTALE Linee guida per la riduzione dei gas serra. (a) Dati in milioni di tonnellate di anidride carbonica SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 13 di 120

15 Legge 120, Giugno Con tale legge il Governo italiano ha ratificato il Protocollo di Kyoto dando ad esso piena ed intera esecuzione attraverso un Piano d Azione Nazionale, approvato dal CIPE. La legge stanzia un fondo di 75 milioni di Euro per i primi 3 anni, destinato a progetti pilota per la riduzione e l assorbimento delle emissioni ed autorizza, inoltre, la spesa annua di 68 milioni di euro a decorrere dal 2003 per aiuti ai paesi in via di sviluppo in materia di emissioni di gas di serra. Sulla base del nuovo Piano d Azione Nazionale, verranno aggiornati gli aspetti operativi (azioni, strumenti, target settoriali e monitoraggio) della Strategia d Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile. Delibera CIPE del 19/12/02 n 123. Con la ratifica da parte dell Italia, il primo di giugno del 2002, del protocollo di Kyoto, le misure di riduzione delle emissioni dei gas di serra definite nella delibera CIPE del 19/11/98 n 137 vengono riviste con una nuova delibera CIPE ( Revisione delle linee guida per le politiche e misure nazionali per la riduzione delle emissioni dei gas serra ). Le indicazioni predisposte nella delibera sono riprese nella Terza Comunicazione Nazionale nell ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici. In base ai dati riportati in tale delibera, a partire da un valore complessivo di emissioni di gas di serra del 1990 pari a 521 Mt e del 2000 pari a 546,8 Mt, si prevede un incremento tendenziale al 2010 pari a 579,7 Mt. Tale scenario tendenziale, definito anche scenario a legislazione vigente, viene costruito considerando un incremento medio del PIL pari al 2% e tenendo conto delle misure già avviate o, comunque, decise. L obiettivo di riduzione delle emissioni per il periodo , pari ad un valore del 6,5% inferiore al valore del 1990, comporta una quantità di emissioni pari a 487,1 Mt. La riduzione delle emissioni risulta, quindi, di circa 93 Mt. Si deve però sottolineare che, rispetto alle ipotesi del 1998, lo scenario tendenziale calcolato nell ultima delibera già contiene delle azioni che, nel caso precedente, venivano ancora inserite nello scenario obiettivo (nel settore energetico, ad esempio, si riportano azioni di riduzione pari ad oltre 43 Mt). Per raggiungere il nuovo obiettivo viene quindi data enfasi a nuove azioni, tra cui quelle derivanti dai meccanismi flessibili previsti dal protocollo di Kyoto (Emission Trading e Clean Development Mechanism), come pure quelle collegate alle pratiche forestali Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile In Italia, con il provvedimento CIPE del 28/12/93 è stato presentato il Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile, in attuazione dell'agenda 21. Esso recepisce al proprio interno la risoluzione di Lussemburgo (ottobre 1990) e costituisce il primo documento del Governo italiano ispirato al concetto di sviluppo sostenibile. Le caratteristiche individuate dal Piano per realizzare una politica che coniughi sviluppo e ambiente sono in sintonia con le indicazioni proposte dal V Piano d azione ambientale europeo e possono essere riassunte nei seguenti punti: integrazione delle considerazioni ambientali in tutte le strutture dei governi centrali e in tutti i livelli di governo per assicurare coerenza tra le politiche settoriali; predisposizione di un sistema di pianificazione, di controllo e di gestione per sostenere tale integrazione; incoraggiamento della partecipazione pubblica e dei soggetti coinvolti, che richiede una piena possibilità di accesso alle informazioni. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 14 di 120

16 Il documento del 1993 assume la veste di una dichiarazione di intenti sul progressivo perseguimento di uno sviluppo sostenibile, senza però indicare le modalità operative, finanziarie e programmatiche attraverso le quali raggiungere gli obiettivi preposti. Nella premessa si fa inoltre specifico riferimento all immaturità del nostro Paese ad avviare immediatamente una politica di sviluppo volta alla gestione sostenibile dell ambiente, relegando questo tipo di politica a una posizione subalterna rispetto alle tradizionali politiche command and control. Con provvedimento CIPE del 4 maggio 1994 è stato istituito un Comitato interministeriale per la verifica dell'attuazione del Piano, la raccolta coordinata delle informazioni sulle iniziative avviate e la predisposizione di una relazione annuale sulla realizzazione degli obiettivi dell'agenda XXI. Il settore dell energia è incluso tra i settori chiave del V Piano d Azione ambientale europeo ed il Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile, nel Capitolo I, identifica il quadro di riferimento e gli obiettivi per l Italia. Per entrambi gli aspetti si fa riferimento alla normativa esistente ed agli orientamenti espressi nella Agenda 21. Gli obiettivi finali sono rappresentati da: risparmio energetico; contenimento delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti e gas ad effetto serra. Per garantire il duplice obiettivo di razionalizzazione dell uso dell energia e riduzione del relativo impatto sull ambiente, il Piano propone delle linee guida per la politica energetica italiana volte a: promuovere l efficienza energetica e la conservazione di energia nell uso del calore, dell elettricità e dei mezzi di trasporto; promuovere l efficienza energetica nella produzione di energia, attraverso l adozione di tecnologie ad elevato rendimento per la generazione di energia elettrica, la diffusione di impianti a cogenerazione elettricità - calore, il recupero di energia dagli impianti di termodistruzione dei rifiuti e il recupero del calore di scarto; sostituire i combustibili più inquinanti (ad alto tenore di zolfo e carbonio) con combustibili a minor impatto ambientale; favorire l introduzione delle migliori tecnologie disponibili, compatibilmente alla convenienza economica dell attività produttiva, e l adozione di tecnologie a basso impatto ambientale per le produzioni industriali, al fine di ridurre le emissioni da sorgenti fisse; rinnovare il parco auto; promuovere il trasporto passeggeri e merci collettivo su mare e ferro a discapito del trasporto individuale su gomma; sostenere le fonti energetiche rinnovabili; promuovere attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione nel campo delle energie meno impattanti. In relazione a queste scelte strategiche, il Piano Nazionale per lo sviluppo sostenibile individua gli strumenti idonei a implementarle. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 15 di 120

17 3.2 Norme e decreti sulle fonti energetiche rinnovabili e sul risparmio energetico Inquadramento programmatico le FER a livello UE Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili - Libro Bianco per una strategia e un piano d azione della Comunità 1 La Commissione propone, un obiettivo indicativo globale del 12% per il contributo delle fonti energetiche rinnovabili al consumo interno lordo di energia dell Unione Europea nel 2010 equivalenti a 182 Mtep su un totale previsto Mtep (pre-kyoto); attualmente la quota relativa alle fonti rinnovabili è inferiore al 6% equivalente a 74,3 Mtep su un consumo interno lordo di Mtep. In termini assoluti significa moltiplicare per 2,5 l attuale produzione da FER. Il documento della Commissione Europea sottolinea i positivi risvolti economici ed ambientali che ne deriverebbero 2, soprattutto in termini occupazionali. Al fine di promuovere il decollo delle fonti rinnovabili di energia la Commissione propone una campagna d azione basata su quattro azioni chiave. Azione Campagna di sistemi PV MW centrali eoliche MW th impianti biomassa Integrazione in 100 comunità Nuova capacità installata proposta Stima del costo di investimento (Mld-ECU) Finanziamento pubblico proposto (Mld-ECU) Totale costi di combustibile evitati (Mld-ECU) Riduzioni di CO 2 in (Mt/Anno) MW p 3 1 0, MW 10 1,5 2, MW th MW 2,5 0,5 0,43 3 Totale 20,5 4 3, COM (97) 599 def. del E stata fatta una valutazione preliminare di alcuni costi e benefici: - L investimento netto (calcolato sottraendo all investimento totale l investimento che sarebbe stato necessario se l energia ricavata dalle rinnovabili fosse fornita da tecnologie di combustibili fossili) è stimato a 95 miliardi di ECU. - La riduzione delle emissioni di anidride carbonica è stimata a 402 milioni di tonnellate l anno rispetto al L aumento occupazionale legato al settore delle fonti rinnovabili e del relativo indotto è stimato, al netto delle perdite occupazionali in settori concorrenti, in unità per il La crescita potenziale dell industria europea dell energia rinnovabile sui mercati internazionali può portare nella Bilancia Commerciale europea circa 17 miliardi di ECU annui per attività di esportazione. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 16 di 120

18 Il Libro Bianco stima il contributo delle FER per settore secondo la tabella seguente TIPO DI ENERGIA QUOTA UE 1995 QUOTA PREVISTA Energia eolica 2,5 GW 40GW 2.Energia idroelettrica 92 GW 105 GW 2.1 Grandi dimensioni (82,5 GW) (91 GW) 2.2 Piccole dimensioni (9,5 GW) (14 GW) 3. Energia fotovoltaica 0.03 GWp 3 GWp 4. Biomassa 44,8 Mtep 135 Mtep 5 Energia geotermica 5.a Elettricità 0,5 GW 1 GW 5.b Calore (comprese pompe di calore) 1,3 GWth 5 GWth 6. Collettori solari termici 6,5 milioni m2 100 milioni m2 7. Energia solare passiva 35 Mtep 8. Altri 1 GW Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n 77 (settembre 2001): promozione dell energia elettrica da fonti rinnovabili nel mercato interno dell elettricità. Obiettivo della direttiva è quello di promuovere un maggior utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili nella produzione di energia elettrica nell ambito del mercato europeo e creare le basi per un futuro quadro legislativo in materia. Tale obiettivo ha il duplice scopo di ridurre l impatto sull ambiente del sistema energetico e, contemporaneamente, di limitare l incertezza derivante dalla dipendenza energetica europea. Secondo quanto specificato nella direttiva, per fonti energetiche rinnovabili si intendono fonti energetiche rinnovabili non fossili, ovvero l'energia eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, o ancora quella proveniente dalla biomassa, dai gas di discarica e dai gas residuati dai processi di depurazione e biogas. La Comunità europea aveva già sottolineato nel Libro bianco sulle fonti energetiche rinnovabili la necessità di promuovere l'utilizzo di tali fonti di energia, in quanto queste contribuiscono alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile, possono creare occupazione, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto. In base alla direttiva, gli Stati membri dovranno adottare misure adeguate per aumentare il consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, nel rispetto degli obiettivi nazionali di consumo che saranno indicati ogni cinque anni. La Commissione europea dovrà poi valutare in che misura gli obiettivi indicativi nazionali siano compatibili con l'obiettivo globale che prevede una quota indicativa del 22,1% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010 (contro l attuale 14%). Con tale obiettivo la quota rinnovabile dovrebbe passare dall attuale 6% al 12% del fabbisogno energetico complessivo. La Commissione, inoltre, dovrà presentare la proposta per un quadro comunitario per i regimi di sostegno dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, il cui obiettivo sarà quello di promuovere un uso più efficace di tali fonti di energia. Gli Stati membri dovranno istituire un sistema di garanzie che consenta ai produttori di elettricità di dimostrare che l'elettricità da essi venduta sia effettivamente prodotta da fonti energetiche rinnovabili e SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 17 di 120

19 impegnarsi a costituire un quadro legislativo unico a livello europeo allo scopo di ridurre gli ostacoli normativi o di altro tipo all'aumento della produzione di elettricità derivante da fonti energetiche rinnovabili. Gli Stati membri dovranno adottare le disposizioni legislative necessarie per l'applicazione della direttiva entro il 27 ottobre Per quanto riguarda l Italia, la direttiva prevede un incremento dell energia elettrica da fonte rinnovabile al 25%, contro l attuale 16%. L Italia ha dichiarato che il 22% potrebbe essere una cifra realistica nell ipotesi che nel 2010 il consumo interno lordo di elettricità ammonti a 340 TWh. Tale percentuale deriva dall ipotesi che la produzione interna lorda di elettricità a partire da fonti energetiche rinnovabili rappresenterà, nel 2010, fino a 76 TWh (come previsto nel Libro Bianco per la valorizzazione delle fonti rinnovabili in Italia), cifra che comprende anche l apporto della parte non biodegradabile dei rifiuti urbani e industriali utilizzati in conformità della normativa comunitaria sulla gestione dei rifiuti. Al riguardo è evidente che la capacità di conseguire l obiettivo indicativo enunciato nella direttiva dipende, tra l altro, dal livello effettivo della domanda interna di energia elettrica nel Direttiva 2004/8/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004: sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE La Direttiva interviene sulla promozione della cogenerazione ad alto rendimento basata su una domanda di calore utile intendendola una priorità comunitaria, considerati i potenziali benefici della cogenerazione, in termini di risparmio di energia primaria, di prevenzione delle perdite di rete e di riduzione delle emissioni, in particolare quelle dei gas a effetto serra, e che il potenziale per l'uso della cogenerazione come mezzo per risparmiare energia è attualmente sotto-utilizzato nella Comunità; Considerato, inoltre, che l'uso efficiente dell'energia di cogenerazione può contribuire alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico e alla competitività dell'unione europea e dei suoi Stati membri la Direttiva ritiene pertanto necessario adottare misure che consentano di sfruttare meglio questo potenziale nel quadro del mercato interno dell'energia. L'obiettivo generale della direttiva consiste, pertanto, nell adottare un metodo armonizzato per il calcolo di elettricità da cogenerazione e le linee guida necessarie per la sua applicazione, tenuto conto di metodologie come quelle attualmente in via di sviluppo nell'ambito delle organizzazioni europee di normazione. Tale metodo sarà adattabile per tener conto del progresso tecnico. Inoltre, ai fini di trasparenza, si ritiene importante adottare una definizione di base armonizzata della cogenerazione. L'applicazione dei calcoli, di cui agli allegati calcolo dell'elettricità da cogenerazione, metodo di determinazione del rendimento del processo di cogenerazione e criteri per l'analisi dei potenziali nazionali di cogenerazione ad alto rendimento, alle unità di microcogenerazione è basata, conformemente al principio di proporzionalità, su valori risultanti da una serie di prove di conformità, certificate da un organismo competente indipendente. Molto interessanti e da non trascurare, ai fini dell ottimizzazione del processo di recepimento da parte dell Italia, entro il 21 febbraio 2006, sono i riferimenti a tutte le disposizioni connesse ed integrabili a quelle oggetto della Direttiva stessa, quale in particolare la direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul rendimento energetico nell'edilizia che richiede agli Stati membri di provvedere affinché per gli edifici nuovi, la cui metratura utile totale supera i m 2, sia valutata la fattibilità tecnica, ambientale ed economica dell'installazione di sistemi alternativi quali la cogenerazione di calore ed energia prima dell'inizio dei lavori di costruzione. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 18 di 120

20 Nella Direttiva la cogenerazione ad alto rendimento è definita in base al risparmio energetico offerto dalla produzione combinata rispetto alla produzione separata di calore e di elettricità. Il risparmio energetico superiore al 10 % rientra nella «cogenerazione ad alto rendimento». Per massimizzare il risparmio energetico ed evitare che tale risparmio vada perduto si mette in evidenza come sia necessario prestare la massima attenzione alle condizioni di esercizio delle unità di cogenerazione. La dovuta rilevanza tecnica dell atto è confermata dalle indicazioni inerenti, ad esempio, il rapporto energia/calore (una caratteristica tecnica che deve essere definita per calcolare la quantità di elettricità da cogenerazione), il rendimento e la sostenibilità complessivi della cogenerazione, che dipendono da molti fattori quali la tecnologia utilizzata, i tipi di combustibile, le curve di carico, la dimensione delle unità e le proprietà del calore. Infatti per ragioni pratiche e considerando che l'uso della produzione termica per finalità differenti richiede differenti livelli di temperatura del calore, e che questa e altre differenze influiscono sui livelli di rendimento della cogenerazione, quest ultima viene distinta in tre classi: «cogenerazione industriale», «cogenerazione per riscaldamento» e «cogenerazione in agricoltura». Per garantire che il sostegno, che gli Stati membri dovranno applicare alla cogenerazione a livello nazionale, fra cui gli aiuti agli investimenti, le esenzioni o le riduzioni fiscali, i certificati «verdi» e regimi di sostegno diretto ai prezzi, sia basato sulla domanda di calore utile e sul risparmio di energia primaria, anche alla luce delle opportunità disponibili per ridurre la domanda energetica tramite altre misure economicamente realizzabili o vantaggiose dal punto di vista ambientale, come altre misure relative all'efficienza energetica, è necessario fissare criteri per determinare e valutare l'efficienza energetica della cogenerazione identificata sulla base della definizione comune. Un importante mezzo per conseguire l'obiettivo della Direttiva viene individuato nel garantire il buon funzionamento di questi meccanismi di incentivazione fino all'introduzione di un quadro comunitario armonizzato allo scopo di mantenere la fiducia degli investitori. La Direttiva introduce, ancora, il concetto di garanzia di origine dell'elettricità da cogenerazione ad alto rendimento, gli Stati membri assicurano che: - detta garanzia di origine dell'elettricità consenta ai produttori di dimostrare che l'elettricità da essi venduta è prodotta mediante cogenerazione ad alto rendimento (è rilasciata a tal fine su richiesta del produttore); - le garanzie di origine siano accurate ed affidabili e nella relazione alla Commissione, illustrano i provvedimenti adottati per garantire l'affidabilità del sistema di garanzia. Una garanzia di origine specifica: - il potere calorifico inferiore della fonte di combustibile da cui è stata prodotta l'elettricità, l'uso del calore generato insieme all'elettricità e infine le date e i luoghi di produzione; - la quantità di elettricità da cogenerazione ad alto rendimento che la garanzia rappresenta; - il risparmio di energia primaria, basato sui valori di rendimento di riferimento armonizzati stabiliti dalla Commissione; Gli Stati membri dovranno predisporre la citata relazione alla Commissione a seguito di un analisi propedeutica. SETTORE TUTELA AMBIENTALE 21/12/2004 Pagina 19 di 120

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