RELAZIONE SU ESPERIENZA DI INSEGNAMENTO CON SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP: METODOLOGIE APPLICATIVE

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1 RELAZIONE SU ESPERIENZA DI INSEGNAMENTO CON SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP: METODOLOGIE APPLICATIVE Lo sport occupa una posizione fondamentale nello sviluppo fisico e sociale della persona. Permette, infatti, di approfondire la conoscenza del proprio corpo, delle sue risorse e potenzialità, dei limiti, oltre che di sviluppare una maggiore capacità di orientamento nello spazio. Praticare un attività fisica permette inoltre di acquisire in maniera spontanea le regole che stanno alla base non solo dello sport, ma anche della società più estesa; regole che permettono di entrare in relazione con l altro emotivamente e affettivamente e di gestire i conflitti che ne possono conseguire. Tutto questo vale in modo particolare per lo sport per le persone con disabilità. Per le persone con disabilità lo sport è molto importante, in quanto porta diversi vantaggi: viene svolta una riabilitazione, che porta a una maggiore conoscenza del proprio corpo, dei suoi limiti e delle potenzialità da sfruttare. Lo sport quindi aiuta la persona con disabilità ad acquisire una maggiore sicurezza nei movimenti; i muscoli si rinforzano, consentendo una maggiore autonomia in tutte le attività della vita quotidiana; è strumento di integrazione e di conoscenza del mondo: facilita un maggiore contatto e confronto con altre persone che presentano la stessa disabilità e con persone normodotate, agevolando così la socializzazione e la costruzione di rapporti di amicizia. In questo modo, le persone con disabilità riescono anche ad affermarsi e a spingere la società a considerarli non solo per i loro limiti, ma anche per le potenzialità. 1

2 Insegnare a persone disabili presuppone un' adeguata analisi della persona e delle attività che si vogliono svolgere. In questa analisi vanno considerati tutti gli elementi che possono rendere un compito più o meno complesso, così da valutare il livello adeguato di obiettivi da porre all' allievo: fattori motori (posizione iniziale, livello di capacità condizionali e coordinative); fattori sociali (numero di partecipanti, grado di competizione e contatti fisici richiesti); fattori cognitivi (complessità delle regole, livello di concentrazione, abilità verbali, concetti spaziali e memoria richiesta); fattori organizzativi (tempo richiesto, tipo di conduzione dell' attività e fattori di sicurezza). Bisogna prima di tutto capire con quale tipo di disabilità dovremmo rapportarci. Possiamo suddividerle in 5 gruppi: disabilità fisiche L inabilità può essere temporanea o permanente, a seconda delle cause all origine e del maggiore o minore livello di gravità. - persone che sono in grado di camminare (lentamente o con difficoltà) - persone su sedia a ruote (utilizzo parziale o totale, notevole o assenza di forza negli arti superiori) disabilità sensoriali - limitazioni visive - limitazioni uditive - sordociecità disabilità psichiche - problemi psichici e relazionali - problemi psicologici (nevrosi gravi e invalidanti) 2

3 disabilità intellettive - problematiche del Q.I. (rapporto tra età cronologica ed età mentale del soggetto) - insufficienze mentali - disturbi dell' apprendimento (come ad esempio la dislessia e la disgrafia) si parla di pluridisabilità quando sono presenti più disabilità. Per insegnare karate ai portatori di handicap si possono scegliere due diverse via: la prima prevede lezioni a loro riservate, la seconda invece prevede l' integrazione tra disabili e normodotati. Il karate integrato non ha nulla di specifico o particolare, si tratta essenzialmente di una normale lezione, con l' apporto di alcune modifiche sopratutto nel caso in cui sia presente un disabile fisico in carrozzina. Questo metodo è sicuramente migliore del primo in quanto il karate non si basa esclusivamente sul migliorare e migliorarsi, altrimenti si tratterebbe di un arte marziale svolta da un singolo individuo senza che abbia contatti con le altre persone. Un allenamento di karate viene svolto con tutti gli allievi, senza fare distinzioni tra etnie, lingua, società e quindi anche integrità fisica o mentale, al fine di poter migliorare, supportarsi insieme e raggiungere uno scopo comune, che si il risultato agonistico o il miglioramento di se stessi. Ovviamente risulta più semplice attuare una differente allenamento tra normodotati e disabili, cosi creando due classi distinte di allievi e due tipi diversi di allenamento, sopratutto se gli allievi portatori di handicap sono numerosi. Questo perchè la maggior parte delle palestre mira al risultato piuttosto che alla crescita cognitiva e fisica dell allievo, perdendo di vista il concetto fondamentale di crescita tramite il confronto con gli altri, che è un elemento fondamentale nel karate stesso. 3

4 Per utilizzare il metodo di karate integrato serve solo un po' di organizzazione e di voglia di crescere e imparare, anche da parte di chi insegna. Nel caso di allievi di piccola età, è bene creare degli espedienti di allenamento al karate traducibili col gioco, ogni forma di kihon o kata può essere rivisitata, e magari tradotta come una sorta di gara a chi è più veloce nell eseguire la tecnica, o chi riesca passare più velocemente da una posizione all altra in forma corretta ed equilibrata. Nel caso degli allievi di maggiore età, magari anche con una certa esperienza marziale, il discorso sarà più complesso. Chi insegna deve guidare l allievo verso un miglioramento delle tecniche apprese in precedenza e spingere l allievo a dare il massimo in allenamento, esattamente quello che si fa un qualsiasi altro allievo. Se c è da rimproverare la mancanza di dedizione o impegno nell allenamento, non bisogna crearsi problemi se l allievo è disabile o normodotato. Non si tratta di invogliare l allievo a essere il migliore, ma si tratta di portarlo a dare il massimo, con qualsiasi tipo di input positivo. L importante è che l allievo si senta una parte integrante di un gruppo che dà il massimo, che voglia migliorare insieme. Cercare di creare o adattare un sport in modo che possano parteciparvi sia disabili che normodotati insieme non è facile, bisogna tener conto delle caratteristiche anatomicopsicologiche di ognuno dei partecipanti. Riuscire a creare un tipo di allenamento che sia eseguibile per i disabili ma che allo stesso tempo sia efficace anche per i normodotati non è affatto semplice, da un lato si rischia di introdurre esercizi troppo approssimativi a discapito del miglioramento dell atleta normodotato, dall altro lato se gli esercizi sono troppo complessi nella loro esecuzione rischiano di avvilire il disabile qualora non riesca a eseguirlo portandolo a sentirsi estraniato e in qualche modo diverso. Il karate integrato deve avere come punto fondamentale quello di riuscire a far emergere il potenziale del soggetto disabile, riuscire a trovare i suoi punti di forza e renderlo competitivo persino contro i soggetti normodotati. 4

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