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1 In Italia questa differenza è variabile a seconda delle stime: Cnel varia dal 10% al 18%, Istat arriva anche al 19,6%. In ogni caso l Italia è in linea o di qualche punto oltre rispetto alle differenze rilevate dal Parlamento Europeo per quanto riguarda l'unione Europea, secondo cui le donne guadagnano in media tra il 14 e il 17,4% in meno degli uomini.

2 28 febbraio "La Giornata europea per la parità retributiva, proclamata dall Europa nel Questa data coincide con il cinquantanovesimo giorno dell anno e sta ad indicare il numero dei giorni di lavoro, per l appunto cinquantanove, che una donna dovrebbe svolgere in più all anno per arrivare a guadagnare quanto un uomo

3 Il Principio di Parità Retributiva La Direttiva 2006/54/CE, del Parlamento e del Consiglio del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ha ribadito il divieto di discriminazione per quanto riguarda uno stesso lavoro o uno uguale e la parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale. La parità retributiva è, inoltre, uno dei cinque obiettivi della Strategia europea sulla parità di genere e una delle priorità della Strategia A livello nazionale il Codice per le Pari Opportunità ha regolamentato il divieto di discriminazione retributiva nelle progressioni di carriera e nell'accesso alle prestazioni previdenziali, comprese le forme pensionistiche complementari e collettive.

4 Il Principio di Parità Retributiva Il principio stabilisce che, a parità di mansioni e anzianità, a tutti i lavoratori spetta lo stesso trattamento retributivo, senza alcuna possibilità per il datore di trattamenti preferenziali. L'autonomia contrattuale delle parti consente di stabilire, nei limiti dei minimi costituzionalmente garantiti, differenze di retribuzione, cosicché possono ammettersi benefici retributivi non estesi alla generalità dei lavoratori di un certo grado o che svolgano le medesime mansioni.

5 Il motivi della mancanza della Parità Retributiva donne e uomini trovano spesso lavoro in settori diversi e svolgono mansioni differenti, con la costante che i comparti a prevalenza femminile presentano in genere salari più bassi di quelli a prevalenza maschile. Nel settore sanitario, per esempio, le donne rappresentano ben l 80 % della forza lavoro e le disparità si fanno sentire in modo significativo le worst practice le cattive pratiche invalse negli ambienti di lavoro, soprattutto per l avanzamento di carriera e le opportunità di formazione, che finiscono anch esse per incidere sulla retribuzione delle donne. Queste ultime infatti sono spesso discriminate dai sistemi di incentivazione del personale (bonus, premi di produzione o altri incentivi monetari) o dalla composizione della busta paga.

6 Una riflessione sul modello lavorativo inclusivo e non discriminatorio Comprendere le cause della bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro per capire quale modello potrebbe essere considerato inclusivo, e quindi, non discriminatorio: La carenza dei servizi volti a conciliare vita professionale e familiare continua a essere un freno alla partecipazione al mercato del lavoro nei primi anni di vita dei figli. All interno della famiglia, anche tra le coppie in cui entrambi i coniugi lavorano, i carichi domestici e di cura (bambini, anziani e disabili) gravano in misura sproporzionata sulle donne Differenze nelle attitudini tra donne e uomini, quando non riconosciute, possono indurre discriminazioni involontarie.

7 Una riflessione sul modello lavorativo inclusivo e non discriminatorio La donna lavoratrice presta la propria attività lavorativa al pari di un collega di altro sesso, ma ha, al contempo, una maggiore esigenza di conciliare il lavoro con la vita privata perché, laddove impegnata nei lavori di cura, e pertanto si trova spesso davanti alla lacerante scelta di cosa rendere prioritario: lavoro o cura? Ma perché costringere ad una scelta? E' possibile ipotizzare un modello di lavoro UMANO che tenga dentro entrambe le esigenze, soprattutto perché tenendo dentro anche i lavori di cura si compie un attività sociale che crea benessere sociale misurabile in termini di PIL?

8 Evidenze internazionali mostrano i possibili benefici di una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, nelle posizioni di vertice, nelle amministrazioni. A una più elevata presenza di donne tra gli amministratori pubblici corrispondono livelli di corruzione più bassi e un allocazione delle risorse orientata alla spesa sanitaria e ai servizi di cura e di istruzione. Una maggiore occupazione femminile si associa all acquisto di beni e servizi, specie quelli di cura, altrimenti prodotti all interno della famiglia, stimolando l espansione di un mercato in Italia poco sviluppato; può determinare un aumento del numero di famiglie con redditi da lavoro e una riduzione del rischio di povertà, con una crescita complessiva del PIL. Nel segmento più giovane della forza lavoro la maggiore partecipazione femminile non avviene a scapito di quella maschile.

9 La segregazione orizzontale e verticale delle donne nel MdL Il termine segregazione sta ad indicare aree e settori lavorativi e professionali minori, in cui le donne vanno a confluire sulla base di meccanismi indotti e spesso eterodiretti di natura sociale e culturale. Segregazione orizzontale quando alcuni settori produttivi e di servizi sono altamente femminilizzati (es. servizi sociali, scuola, industria tessile, commercio, settori amministrativi) sulla base di stereotipi e pregiudizi di genere, che ritengono le donne più idonee ad alcuni mansioni (es. cura, esecutività) degli uomini. Segregazione verticale quando nell'ambito di organizzazioni di natura pubblica o privata, le donne sono presenti massicciamente nei livelli bassi e medi dell'inquadramento, salvo diradarsi per poi sparire nei livelli più alti e nei ruoli dirigenti. Il fenomeno è strettamente connesso a quello definito "tetto o soffitto di cristallo", per cui una barriera invisibile impedisce alle donne di fare carriera.

10 La segregazione orizzontale e verticale delle donne nel MdL Questi due fenomeni danno inevitabilmente vita ad una terza condizione che è quella della segregazione economica, per cui le donne finiscono col percepire quasi sempre un reddito inferiore a quello degli uomini. Pertanto laddove i dati aziendali, quelli biennali forniti obbligatoriamente alle OO.SS.* in virtù dell art.9 della L.125/91, ci mostrino questa rappresentazione si ha la conferma della discriminazione in atto. *alla consigliera regionale di parità presso la Direzione Regionale del lavoro: sia della regione ove è ubicata la sede legale, sia della regione ove insistono le unità produttive con oltre 100 dipendenti

11 La segregazione orizzontale e verticale delle donne nel MdL Ma qual è il modello di riferimento aziendale? I capi quale modello trasmettono? Quali sono i criteri delle premialità che poi fanno la differenza sulle RAL? Non sempre il modello di riferimento aziendale dichiarato e' coerente con quello praticato e non sempre "i capi" offrono un modello coerente con i valori aziendali. Il sistema della premialità, poi, rappresenta lo strumento per mettere in atto meccanismi virtuosi modificando quelli che non lo sono.

12 Un modello lavorativo inclusivo I fattori che dovrebbero determinare differenze retributive dovrebbero essere: differenze nelle capacità, nell'esperienza e nelle responsabilità proprie del singolo lavoratore. Chiaramente una maggiore qualificazione professionale del lavoratore, una sua maggiore esperienza o l'assunzione di particolari mansioni direttive comportano un più elevato riconoscimento a livello retributivo; differenze nella produttività dei lavoratori. Le imprese in cui la produttività degli occupati è superiore alla media delle altre imprese del settore saranno più disponibili ad accordare salari più alti; differenze geografiche. Aree particolarmente sviluppate dal punto di vista industriale ed in cui il reddito pro-capite è elevato garantiscono, in genere, ai lavoratori, una retribuzione più alta rispetto ad aree depresse. I differenziali salariali costituiscono un forte incentivo alla mobilità del lavoro contribuendo anche all'ottima allocazione della forza lavoro disponibile.

13 Un modello lavorativo inclusivo Pertanto bisogna immettere dei cambiamenti e verificare a posteriori se questi cambiamenti hanno prodotto dei risultati apprezzabili. Costruire delle culture organizzative che siano rispettose dei significati della femminilità e della mascolinità senza creare disuguaglianze basate sul genere «La costruzione partecipata di significati condivisi intorno al maschile e femminile nelle organizzazioni per costruire culture organizzative ove ognuno si senta a casa, deve diventare un obiettivo comune La ricerca di strumenti operativi, di percorsi e strategie consone al raggiungimento di questo risultato deve essere tenuto sempre presente nelle scelte aziendali.

14 Un modello lavorativo inclusivo La rigidità del lavoro non è un terreno favorevole all'innovazione, e ciò costringe talvolta le donne a mascolinizzarsi, a diventare donne in carriera azzerando il loro contributo originale al cambiamento del modo di lavorare. La flessibilità che e sempre stata una caratteristica del lavoro femminile: da un lato lo rende meno minaccioso e più accettabile rispetto a una condizione di rigidità, dall altro le donne trovano in questa modalità più ampie opportunità di inserimento.

15 Un modello lavorativo inclusivo: il Time Management in ottica di conciliazione come best practice La rigidità del lavoro non è un terreno favorevole all'innovazione, e ciò costringe talvolta le donne a mascolinizzarsi, a diventare donne in carriera azzerando il loro contributo originale al cambiamento del modo di lavorare. Abbiamo sperimentato recentemente e su questo territorio un modello di Time Management in ottica di Conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro rivolto a delegati sindacali con l obiettivo di creare un modello inclusivo e che modificasse, migliorandola, la qualità di vita dei destinatari. La strada passa attraverso la flessibilità, l innovazione, il cambiamento organizzativo e le richieste che vanno portate ai tavoli istituzionali.

16 L articolo 26 della legge Regionale del 2009 PROMOZIONE DELLA PARITÀ NELL ACCESSO AL LAVORO per il Sostegno dell occupazione femminile e del lavoro degli immigrati extracomunitari Art. 26 Promozione del lavoro femminile e conciliazione dei tempi di lavoro, di vita e di cura 1. La Regione promuove l occupazione e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso azioni di sostegno e di diffusione di buone pratiche e lo sviluppo delle pari opportunità. 2. La Regione promuove programmi e accordi finalizzati alla valorizzazione delle produzioni delle donne che concorrono allo sviluppo del territorio con le modalità previste dal Regolamento di attuazione. 3. La Regione garantisce che gli interventi di orientamento, educativi e formativi siano rivolti all ampliamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro con le modalità previste dal Regolamento di attuazione. 4. La Regione, in base ai principi di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.53), e successive modificazioni, e nel rispetto delle competenze dei comuni, persegue l'obiettivo di conciliare i tempi di lavoro, di vita e di cura, facilitando l accesso ai servizi ed agli interventi formativi e sostenendo la flessibilizzazione dell'organizzazione del lavoro. La Regione promuove ogni iniziativa tesa ad eliminare ogni differenza retributiva, a parità di lavoro, tra uomini e donne. 5. Per le finalità di cui al comma 1, gli interventi complessivamente programmati nell ambito delle disposizioni di cui al Titolo V, Capo I, al Titolo VI e al Titolo VII, devono essere rivolti annualmente a favore delle donne nella misura di almeno il cinquanta per cento. Se i medesimi interventi comportano assunzioni a tempo determinato o indeterminato, tale percentuale è rispettata solo se sussistono parità di condizioni tra i partecipanti, secondo modalità attuative definite dalle amministrazioni competenti.

17 Chiediamo alla Regione Campania - che deve promuovere la parità retributiva, in virtù dell art 26 comma 4 della Legge Regionale N.14/2009* - di convocare le parti sindacali e datoriali per aprire un tavolo operativo finalizzato al riequilibrio retributivo tra i due generi nelle aziende presenti nel nostro territorio e che il finanziamento di queste best practice avvenga attraverso la bilateralità. La Proposta concreta della CISL Campania

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