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1 FEP Asse 3 Misura 3.4 Progetto codice n 03PRO12 nella provincia di Livorno Evento di valorizzazione dei prodotti del territorio Un percorso di collegamento tra filiere e province della regione Toscana

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3 FEP Asse 3 Misura 3.4 Progetto codice n 03PRO12 nella provincia di Livorno Evento di valorizzazione dei prodotti del territorio Un percorso di collegamento tra filiere e province della regione Toscana

4 Questo volume è stato realizzato nell ambito del progetto: EVENTO DI VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI DEL TERRITORIO un percorso di collegamento tra filiere e Province della Regione Toscana Finanziato nell ambito del FEP Asse 3, Misura 3.4 Organizzatori Provincia di Livorno Collaborazione Aplysia Soc. Coop.r.l. - Livorno COFFEE di Daniela Mugnai - Firenze Cooperativa Santa Maria Assunta - Livorno Cooperativa Peschintavola - Viareggio (LU) Cooperativa Terre dell Etruria Progetto realizzato con il contributo di Cassa di Risparmio di San Miniato Realizzazione a cura di Aplysia Soc. Coop. r.l. - Livorno Foto Aplysia Soc Coop. r.l - Livorno Disegni Andrea Vannucci Realizzazione editoriale e grafica Via A. Gherardesca Ospedaletto (Pisa) Fotolito e stampa Industrie Grafiche Pacini Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, segreteria@aidro.org e sito web

5 Indice Le origini della pesca: in Toscana e nella Provincia di Livorno pag. 5 Pesche antiche nella Provincia di Livorno» 00 La pesca delle mugginare» 00 La pesca con la menaida» 00 La pesca moderna in Toscana» 00 Gli attrezzi della pesca moderna» 00 Reti da traino di fondo» 00 Pesca artigianale» 00 Circuizione» 00 Piccola circuizione» 00 Schede biologiche» 00 Razza stellata» 00 Sugarello» 00 Potassolo o melù» 00 Sugarello maggiore» 00 Muggine» 00 Muggine ramato» 00 Pesce sciabola» 00 Acciuga» 00 Sardina» 00 Palamita» 00 Moscardino bianco» 00 Lo sfruttamento razionale delle risorse. Il problema dello scarto e l importanza delle specie ittiche poco conosciute» 00 Le proprietà organolettiche e nutrizionali del pesce povero» 00 Prepariamoci all acquisto» 00 Il mondo della cooperazione: la filiera ittica e la filiera agricola» 00 La filiera ittica» 00 La filiera agricola» 00 3

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7 Le origini della pesca: in Toscana e nella Provincia di Livorno Le origini della pesca si perdono nella notte dei tempi, quando antiche popolazioni stabilitesi lungo le coste del Mediterraneo sfruttavano con metodi ancora rudimentali le risorse del mare e delle acque dolci. Nella preistoria punte di fiocina e ami di osso, di selce e poi di metallo, dimostrano come già l uomo primitivo fosse uso alla cattura dei prodotti del mare. Con il continuo progredire dell uomo anche le tecniche ed i modi di pescare seguono un percorso che porterà questa attività a diventare un importante modo di sussistenza e di reddito, nonché un indispensabile fonte di alimenti con elevate caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Dal Medio Evo si diffonde l idea della pesca come mestiere, mentre di affare economico si iniziò a parlare dal XVII secolo, quando si istituirono concessioni e diritti di pesca. Gli Etruschi erano considerati dai loro contemporanei (greci e latini) i signori assoluti e incontrastati dei mari che bagnano la penisola italica probabilmente per via della loro propensione alle attività legate alla navigazione, tra cui spiccavano le attività commerciali di scambio delle merci e quelle militari per la difesa delle coste e dei loro porti. Anche la pesca veniva praticata frequentemente, sia per fornire nutrimento fresco durante i lunghi viaggi in mare, che come attività di approvvigionamento alle popolazioni locali. I rari reperti archeologici rinvenuti dimostrano come l attività della pesca doveva essere largamente praticata dagli etruschi, soprattutto nelle città costiere e vicino ai laghi ed ai fiumi. Esempio di affresco etrusco a Tarquinia: scene di pesca. Dagli oggetti e dagli affreschi di epoca etrusca si può risalire ad almeno quattro (forse non uniche) tecniche di pesca, non molto distanti da quelle più moderne. Vi era la pesca con la canna e lenza e la pesca con la rete: in entrambi i casi il materiale usato per la fabbricazione degli attrezzi era il lino. Per quanto riguarda la pesca con la rete (detta filum e probabilmente prodotta dalle donne in ambito domestico), veniva praticata in acque dolci ed in mare in modo sia attivo, cioè a strascico (tragum) e a lancio (iaculum), che passivo con reti da posta, di cui sono giunti a noi alcuni reperti dei pesi della lima dei piombi (anche se il materiale era più spesso terracotta) e dalla caratteristica forma a ciambella. Tra gli altri tipi di pesca vi era l uso delle nasse (ceste di vimini e vasi di coccio) e della fiocina. Sui promontori di Populonia e del Monte Argentario erano inoltre presenti i cosiddetti thynnoscopeia, cioè postazioni d avvistamento in legno dalle quali si faceva la posta ai branchi di tonni e di pescispada che poi venivano catturati con reti ed arpioni. Le immagini raffiguranti pesci su numerosi piatti etruschi dimostrano, inoltre, una diffusa conoscenza delle specie ittiche del mar Tirreno. Mentre scritti di greci antichi ci riportano informazioni sulla pesca nelle acque interne e 5

8 lagunari e delle specie raccolte, tra cui capitoni, anguille, spigole, orate, cefali, gamberi e triglie. Molto apprezzati risultavano infine numerosi molluschi come polpi e frutti di mare. Le specie di maggiore pregio e quindi di più elevato valore economico quali ad esempio il tonno, la sogliola, l orata, la triglia, la murena, l ostrica e l aragosta, arrivavano fresche nelle tavole dei più abbienti, mentre le classi sociali più basse si dovevano accontentare di prodotti di taglia più piccola e di bassa qualità e generalmente conservati sotto sale. Al grande ingegno degli Etruschi si deve anche una delle prime forme di acquacoltura. Intorno al II secolo a.c. ad Ansedonia (GR), grazie ad una grande fenditura naturale nella roccia in grado di apportare acqua di mare nella laguna retrostante, furono realizzate le prime peschiere, con le quali venivano intrappolati i pesci provenienti dal mare. Il canale naturale detto: lo Spacco della Regina, forse reso inagibile da una frana, fu sostituito all inizio del I secolo a.c. da un canale interamente scavato nella roccia detto la Tagliata, che si estendeva per 80 metri dal mare alla laguna. Piatti etruschi Le tecniche di pesca restano pressoché immutate con l arrivo dei Romani, che si distinsero particolarmente per lo sviluppo delle tecniche di allevamento di pesci (murene, orate, triglie, sogliole ecc.). Nella maggior parte delle ricche famiglie residenti lungo le coste diventa un simbolo di sfarzo e prosperità possedere le cosiddette piscine di acqua di mare dove poter mantenere più a lungo e sempre fresco il pesce pescato in grandi quantità con le peschiere. Nel Medioevo la pesca viene influenzata dalla cultura germanica con una maggiore predilezione per il pesce d acqua dolce. La libertà dell esercizio della pesca viene meno a causa dei divieti imposti dai diversi signori locali a cui il sovrano delegava il possesso di tratti di fiumi, laghi o mare e che consentivano agli stessi di sub-affittare le zone di pesca in cambio di adeguate contropartite. Solo nei corsi d acqua minori (torrenti, stagni) era consentito pescare a tutti. Nel Medioevo il pesce assume estrema importanza in quanto la chiesa imponeva alle popolazioni il rispetto dei giorni di magro, in cui vi era l obbligo di astinenza dalla carne (mediamente due o tre giorni la settimana). Nella pianura tra Livorno e Pisa, il paesaggio era caratterizzato da una rilevante presenza di risorse idriche naturali che permetteva di pescare nei numerosi torrenti (Riseccoli, Paganello, Cigna, Ugione, Bellina, Maggiore, Felciaio e Ardenza), nei canali, negli stagni, nelle paludi, nei fossi che 6

9 circondavano le città. La pesca veniva effettuata con le pescaie: specchi d acqua dove il pesce veniva convogliato verso strettoie per poi essere raccolto. Nel tardo Medioevo si affermano le tipologie di pesca che vengono utilizzate ancora oggi. In Toscana lo sviluppo crescente delle città porta ad un incremento delle attività di pesca sia in acque interne che in mare. La pesca in mare era esercitata nelle acque antistanti le isole dell Arcipelago Toscano e la Corsica e già nel XIII secolo compaiono le prime compagnie di pesca. In questo periodo si registra un intenso traffico marittimo-portuale. Livorno in particolare rappresenta un importante polo commerciale per l arrivo e la partenza di pesce. Si creano contatti con i porti della Campania, della Sicilia oltre che con il Mediterraneo occidentale, in particolare con Spagna meridionale e Provenza, ma anche con Portogallo, Tunisia e Romania. Arrivava da questi porti pesce di varia tipologia (tonno, sardine, acciughe, ecc.) sia fresco che salato. Dal Mare del Nord e dalla Bretagna arrivavano barili di aringhe affumicate. Quando i tempi di cattura non coincidevano con i consumi si tendeva a conservare vivo il prodotto ittico in vivai e vasche; se invece il pesce era destinato all esportazione si provvedeva alle procedure di salatura o all affumicatura direttamente nel porto di Livorno. In Toscana, i luoghi di smercio erano per lo più il mercato pisano e fiorentino. A partire dal 1400 una delle principali attività commerciali in Toscana, legate al mare, era rappresentata dalla pesca e dal commercio del corallo. A Livorno, lo stesso Ferdinando dei Medici con l emanazione delle Leggi Livornine (ovvero una serie di privilegi ed esenzioni destinate a tutti coloro che si fossero stabiliti a Livorno) favorì l arrivo di mercanti da tutta Europa che per il mercato del corallo erano rappresentati per lo più da Genovesi, Sardi e Marsigliesi, ovvero i più esperti nel settore che consolidarono la loro attività proprio qui. In questo periodo le flotte pescherecce erano costituite principalmente da barche liguri, catalane e provenzali attirate nell Arcipelago Toscano per la ricchezza di corallo e per la scarsa presenza di pescatori locali sul litorale tirrenico. Questa mancanza di pescatori e barche si traduceva in una carenza nell approvvigionamento di prodotti ittici nel Granducato. Ecco perché numerose furono le iniziative governative atte a promuovere ed incentivare altri tipi di pesca lungo le coste livornesi e toscane in genere. Tra queste, quella di Francesco I dei Medici che ingaggiò esperti pescatori siciliani allo scopo di realizzare alcune tonnare ad Antignano e a Portoferraio e incentivi per la coltivazione delle ostriche all interno del Fosso Reale intorno alla città di Livorno. La definitiva affermazione del porto di Livorno si ebbe nel 1600 quando, grazie alla sua posizione geografica, alla neutralità dei Medici e soprattutto alla creazione, da parte di questi, di un porto franco, si riuscì ad attirare navi e commesse tra cui vi era proprio l importazione (aringhe, salmone e baccalà) e l esportazione di pesce (pesce locale fresco e conservato) e corallo. Tra le pesche stanziali, oltre le tonnare, troviamo la pesca con le mugginare, esercitata con reti da posta per la cattura dei muggini di passaggio e posizionate in vari luoghi tra cui Castiglioncello (Punta Righini), il Romito e la punta del molo di Livorno. Tra il 1600 ed il 1700 il diritto a sfruttare queste postazioni veniva ottenuto tramite asta pubblica. Nella provincia di Livorno vigevano, in questi tempi, divieti a svolgere altre attività di pesca che si ritenevano dannose per la fauna ittica, soprattutto la pesca a strascico con le paranzelle (eseguita con due imbarcazioni operanti a coppia) e la pesca con il traboccolo, bastimento a fondo piatto in 7

10 8 grado di pescare anche lungo le rive dove erano presenti uova ed avannotti. In realtà le pesche di tipo stanziale erano, per loro natura, facilmente controllabili sia da parte dei corpi di guardia che da quelli sanitari. Le pesche che richiedevano la ricerca del pesce come quella con le paranzelle erano, invece, di più difficile controllo tanto che spesso vi erano accordi segreti tra pescatori e pescivendoli livornesi per improvvisare contrattazioni direttamente a riva e quindi senza visite di controllo sanitario. Già dal 1800 a Livorno la popolazione mariniera locale veniva completamente assorbita dal lavoro nelle imbarcazioni mercantili dove potevano trovare condizioni di lavoro e retribuzioni superiori rispetto a quelle sui pescherecci. L arrivo di intere famiglie di pescatori provenienti dal meridione, prima i napoletani (Torre del Greco, Procida), detti Pozzolani e poi da Molfetta e Trani, spinti anche dai divieti di pesca vigenti nei mesi estivi, fu favorito anche dall assenza di marinerie locali già consolidate. Dapprima si trattava di migrazioni stagionali, poi col tempo diventarono permanenti tanto che si vennero a costituire nuclei locali ben consolidati. La superba maestria nell arte della pesca in mare aperto permise a questa gente di vivere del proprio lavoro nelle nuove zone di residenza. Inoltre, nel tempo seppero trasmettere i segreti del loro mestiere ai pescatori locali.

11 Tra il 1925 ed il 1930 avvennero importanti cambiamenti nei metodi e nei territori di pesca. Per esempio mentre le paranzelle a vela pescavano in acque tra 50 e 130 metri di profondità, con l avvento dei piropescherecci (pescherecci a vapore) e dei motopescherecci fu possibile strascicare i primi fondali a metri. Cominciavano ad affluire sui mercati nuove specie, interessanti anche dal punto di vista economico. Anche la pesca a circuizione e la piccola pesca ottennero benefici dalla motorizzazione, che facilitò il raggiungimento delle zone di pesca e l aumento del numero degli attrezzi utilizzati. Veduta del porto di Livorno nei primi anni del In alto a sinistra una fila di paranzelle. Pesche antiche nella Provincia di Livorno La pesca delle mugginare Fino a qualche decennio fa in primavera pescatori di Antignano e di Castiglioncello erano soliti fare la stagione, nel periodo del passo dei muggini, quando interrompevano ogni altra pratica (spesso infatti l attività di pesca veniva alternata ad altri impieghi), per dedicarsi al lavoro della mugginara. Tali attività venivano svolte negli specchi di mare davanti a Punta Righini ed a Torre del Romito. Parte dei calamenti vi rimanevano impostati per tutto il periodo del passo, mentre le reti venivano calate giornalmente ed erano controllate da un avvistatore che sorvegliava le acque dall alto di uno scoglio e avvertiva gli altri all avvicinarsi dei branchi di pesce. La rete, a forma di sacco, veniva calata su fondali profondi con l imboccatura rivolta verso l alto e tirata su al momento del passaggio dei pesci. Dopo la stagione della mugginara, l attività si riduceva a pesche minori che spesso venivano fatte su espressa ordinazione dei clienti. Caletta di Castiglioncello. Sbarcano di reti piene di muggini. La pesca con la menaida Presente già dal 1700, questo tipo di pesca alle acciughe ed alle sardine, ha rappresentato per molti secoli fonte di reddito e di sostentamento per molti toscani. La tradizione arriva da pescatori Campani e Siciliani e veniva esercitata in parecchie zone della Toscana, come San 9

12 Le menaide stese ad asciugare. La friggera di San Vincenzo. Vincenzo, l Isola del Giglio e nel promontorio dell Argentario. In alcune zone d Italia questa pesca è ancora esercitata (Sicilia). La rete utilizzata, la menaida o menaide appunto, aveva maglie molto piccole e fitte ed era composta da vari pezzi detti spigoni. La sua altezza era di circa 14 metri con le parti terminali a forma di triangolo chiamati puntamari e con tutta una serie di galleggianti di sughero (detti panie ) lungo la lima superiore. Veniva calata diritta a formare una sorta di parete verticale dove, sardine ed acciughe, venendoci a sbattere, rimanevano infilate ed incastrate all interno delle fitte maglie, senza peraltro subire particolari danni. Mano a mano che la rete si riempiva di pesci diventava sempre più pesante ed affondava portando sott acqua anche i galleggianti: era questo il segnale che si doveva salpare la rete. La rete era issata a bordo pian piano e i pesci rimasti ammagliati venivano tolti uno ad uno e fatti cadere in grossi contenitori. Si facevano, in genere due o tre cale notturne. Una volta rientrati a terra i pesci venivano stoccati in grossi barili e salati per la loro conservazione. In alcune località, come ad esempio San Vincenzo, erano presenti piccole industrie di inscatolamento del pesce azzurro, chiamate friggere, che fornivano un importante supporto ai pescatori ed al commercio di questi prodotti. 10

13 La pesca moderna in Toscana In base al tipo di armamento e alle specie catturate, l attuale flotta da pesca toscana può essere suddivisa in tre grandi gruppi: Strascico - pescherecci armati per la pesca a strascico di fondo, mirata allo sfruttamento delle specie demersali (cioè che vivono a stretto contatto con il fondale); Circuizione - pescherecci armati per la pesca a circuizione, per lo sfruttamento dei piccoli (acciughe e sardine) e grandi (tonni e sgombriformi) pelagici; Posta - imbarcazioni da pesca armate per la pesca con reti da posta (tramagli e reti a imbrocco), palamiti e altri attrezzi usati per la pesca lungo costa (nasse); si tratta di piccola pesca artigianale mirata alla cattura di specie demersali, pelagiche e bentoniche (che vivono appoggiate o infossate sul fondo). Le imbarcazioni a strascico sono presenti solamente lungo la costa continentale e le flottiglie più importanti sono quelle di Viareggio, Livorno, Castiglione della Pescaia, Porto Santo Stefano e Porto Ercole. Per quanto riguarda le imbarcazioni dedite alla piccola pesca queste sono presenti praticamente in tutte le località, mentre le imbarcazioni della pesca a circuizione si trovano a Livorno, Portoferraio e Marina di Campo. Le imbarcazioni da pesca presenti in Toscana sono circa 650. Di queste il 68% sono di piccola pesca (natanti di lunghezza inferiore ai 12 metri che utilizzano attrezzi fissi come reti da posta, palangari e nasse), il 24% sono a strascico, il 4,5% sono polivalenti passivi (imbarcazioni di lunghezza superiore ai 12 metri che utilizzano attrezzi fissi) e il 3,5% sono imbarcazioni per la pesca a circuizione. Il grosso della marineria Toscana si trova nella provincia di Livorno (39,5%) il resto in quella di Grosseto (29,5%), di Lucca (23,5%, dove è presente la marineria più grande, cioè quella di Viareggio), di Massa Carrara (6,5%) e di Pisa (1%). Gli attrezzi della pesca moderna Reti da traino di fondo Generalmente per questa pesca vengono impiegate due tipologie di attrezzi: la volantina italiana e la rete detta rete francese. La caratteristica principale di questo secondo tipo di rete è quella di avere un apertura verticale più ampia rispetto alla rete tradizionale: 3-4 metri della rete francese contro 1 metro circa di quella tradizionale. Per questi attrezzi, con il Regolamento 1967/2006, è stata introdotta la nuova misura della maglia al sacco: 40 mm quadrata (non più romboidale) che si mantiene aperta durante il traino, o in alternativa la 50 mm romboidale. Imbarcazione armata per la pesca a strascico. 11

14 Imbarcazione armata per la pesca artigianale. Imbarcazione armata per la pesca a circuizione. In genere le imbarcazioni con potenza motrice inferiore a 300 Hpa operano su fondali compresi tra 50 e 300 m di profondità, in vicinanza del porto base. Questi pescherecci, dotati di divergenti rettangolari in legno, compiono battute di pesca della durata di un giorno perché molti sono privi di celle frigorifere o di macchinari per la produzione del ghiaccio. I pescherecci a strascico che hanno una potenza motrice superiore a 300 Hpa sono in grado di spingersi al largo e di sfruttare aree di mare più ampie, fino alle profondità di 600 m, catturando le specie tipiche della scarpata. Sono dotati di divergenti rettangolari in acciaio di grosse dimensioni e presentano a bordo le strutture necessarie per garantire una permanenza in mare superiore alla giornata e per la conservazione del pescato. Le imbarcazioni armate con rete francese presentano una potenza motrice superiore e divergenti più grandi rispetto alle altre strascicanti, dato che questa rete è molto più pesante rispetto alla tradizionale. Queste imbarcazioni operano su fondali meno profondi, non spingendosi quasi mai oltre i 200 m di profondità. Può capitare che durante la stagione invernale alcune imbarcazioni generalmente dedite alla pesca a strascico, cambino mestiere e indirizzino i loro sforzi di cattura verso i piccoli pelagici, come le acciughe, impiegando l attrezzo noto come acciugara. Questa rete è dotata di quattro divergenti che tendono a tenerla aperta come un paracadute, in modo che il banco di pesce venga circondato. Schema di traino di una rete a strascico (da 12

15 Attualmente poche imbarcazioni utilizzano il cosiddetto rapido o rampone. Si tratta di un attrezzo a bocca fissa armata con una serie di denti di ferro che funzionano come un rastrello e di una tavola che funziona da depressore. Le specie bersaglio di questo attrezzo sono sogliole, razze, rombi, seppie e cicale. Rapido o rampone (da Pesca artigianale La varietà dei fondali presenti nelle acque toscane ha permesso il diffondersi di numerosi sistemi di pesca artigianale. Quelli maggiormente utilizzati sono le reti da posta fisse (tramagli e reti a imbrocco), i palangari, la piccola circuizione (cianciolino e sciabichetta) e le reti derivanti. I tramagli e le reti da imbrocco fanno parte delle cosiddette reti da posta fisse. Con il termine tramaglio si indicano quelle reti che sono costituite da tre pezze di nylon assemblate, che vengono calate in acqua verticalmente e rimangono in contatto con il fondo grazie alla lima dei piombi. Un altro tipo di rete da posta fissa è la rete a imbrocco o barracuda. Questa è formata da un unico panno di rete con maglie di dimensioni di mm ed alto 3-4 metri. La rete a imbrocco, utilizzata per la cattura delle sogliole, ha maglia di dimensioni di mm e viene calata sia su fondali duri che sabbiosi. Se invece viene impiegata per la cattura dei naselli, di gallinelle di grosse dimensioni e di sugarelli la dimensione delle maglie varia tra 52 e 58 mm. Generalmente questa rete viene calata su fondali tra i 90 e 300 metri. Schema di una rete da posta (da Il palamito, o palangaro, è uno degli attrezzi da posta più selettivi. In Toscana non è molto diffuso, probabilmente per il costo ed il tempo necessario alla sua messa in opera. Il palamito può essere di 13

16 fondo (palamito fisso) o di superficie (palamito derivante). I palangari da fondo per la pesca del nasello sono formati da una linea madre della lunghezza compresa tra e metri (lunghezza del braccio 1,5-2,0 m; distanziati tra loro di 4/6 m), armati con ami di dimensione del 7 innescati con sardine. Vengono impiegati saltuariamente in estate, a profondità variabili tra 100 e 500 metri. I palangari impiegati per la cattura di pesce bianco hanno una lunghezza della linea madre compresa tra e metri (lunghezza del braccio 1-1,5 m; distanziati tra loro di 5-15 m), gli ami con cui sono armati hanno dimensioni tra l 8 ed il 12. Sono utilizzati saltuariamente a profondità non superiori ai 50 metri. I palamiti di superficie vengono utilizzati per la cattura del pesce spada; la linea madre ha una lunghezza compresa tra e metri (lunghezza del braccio 5-10 m; distanziati tra loro di m) con ami di dimensione 0-1 innescati con sgombri congelati. Vengono utilizzati in estate, nelle acque a sud delle isole di Giannutri e Montecristo. Alcuni pescatori della piccola pesca di Marina di Campo in alcuni periodi dell anno esercitano la pesca con il bolentino, cioè con le lenze a mano. Questo tipo di pesca viene effettuato al largo, alla profondità di metri, per la cattura del Pagello bogaraveo chiamato volgarmente manfrone od occhione. Le nasse, altro attrezzo della pesca artigianale, sono usate da pochi pescatori, in genere a livello stagionale e sono impiegate soprattutto per la pesca di polpi di scoglio, seppie, aragoste e tanute. Schema di un palangaro (da Circuizione Le reti a circuizione vengono utilizzate allo scopo di racchiudere completamente, e in forma circolare, una certa parte di mare dove è stata concentrata tramite una fonte luminosa una grossa quantità di pesce. Queste reti hanno una forma rettangolare: la base superiore viene armata con un lima munita di numerosi galleggianti per tenerla in superficie mentre la base inferiore è armata con una lima munita di piombi che mantiene la rete distesa in senso verticale. Su quest ultima sono sistemate, a intervalli regolari, delle bretelle che hanno, alla loro estremità, degli anelli in ferro. Attraverso questi anelli passa un cavo di acciaio grazie al quale si effettua la chiusura della rete trasformata in un sacco. La pesca a circuizione per la cattura del pesce azzurro si avvale dell uso della luce quale artificio 14

17 per agevolare la concentrazione del pesce. Tale pesca, detta a lampara,viene effettuata ovviamente solo di notte e in assenza di luna piena affinché la luce artificiale abbia un effetto maggiore su questi pesci che, in queste ore, si avvicinano alla superficie. Ogni peschereccio traina o trasporta a bordo generalmente 3 barche, dotate di grosse lampade che forniscono la fonte luminosa per l attrazione del pesce. Schema di una rete a circuizione (da Piccola circuizione Durante il periodo invernale alcuni equipaggi dediti alla pesca artigianale abbandonano questa attività e si dedicano ad altri lavori. Alcuni di questi si dedicano alla pesca del rossetto (Aphia minuta) un gobide di piccole dimensioni, la cui cattura è regolamentata a livello comunitario. È una pesca che si effettua prevalentemente nelle ore diurne con la sciabichella, una rete a circuizione che viene calata sul banco di pesce, individuato con l ecoscandaglio, e recuperata con una complessa procedura per mezzo del verricello meccanico dell imbarcazione. La rete che si trova a livello del sacco ha delle maglie di dimensioni da 3 a 7 mm. 15

18 Biologia delle specie RAZZA STELLATA Raja asterias Delaroche, 1809 È un pesce cartilagineo con il corpo depresso e suddiviso in disco e coda. Il disco ha la forma romboidale con contorni ondulati. La coda è molto sottile e lunga. Il dorso è ricoperto da pelle zigrinata e presenta una serie di spine nella zona centrale che si estende per tutta la lunghezza della coda, sono presenti inoltre alcune macchie gialle contornate da un bordo nero formato a sua volta da quattro piccole macchie. Il ventre è liscio e di colore bianco-grigiastro. La razza stellata si nutre principalmente di crostacei, pesci e cefalopodi. Questa specie raggiunge la lunghezza massima di 80 cm. Negli adulti sono frequenti i fenomeni di mimetismo. È una specie ovipara che produce uova racchiuse in un caratteristico guscio corneo, che presenta ai quattro angoli delle appendici cave, attraverso le quali entra l acqua necessaria per la respirazione dell embrione. Nei nostri mari la razza stellata viene pescata con reti a strascico, reti da posta, rapidi e palangari di profondità. La pesca di questa razza non è soggetta a restrizioni particolari. Di questa specie sono commestibili solo le ali. SUGARELLO Trachurus trachurus (Linnaeus, 1758) Ha il corpo fusiforme, massiccio, poco compresso lateralmente. Il peduncolo della coda è molto sottile. L occhio è grande e munito di due palpebre adipose ben evidenti. La linea laterale è coperta da scudetti ossei in numero variabile (da 69 a 79) alti come o più del diametro dell occhio e l opercolo presenta questa piccola macchia nera nel suo angolo superiore. Il colore è grigio-verde sul dorso, argenteo sui fianchi con riflessi iridescenti e bianchi sul ventre. Il sugarello può essere confuso con il cogenere sugarello maggiore, che però presenta un numero di scudetti variabile tra 78 e 85, con un altezza inferiore al diametro dell occhio. È diffuso in tutti i mari italiani, soprattutto al sud. Si ritrova frequentemente a profondità comprese tra 10 e 500 m; raggiunge dimensioni massime di 60 cm, sebbene sia più comune tra 15 e 30 cm. Il 16

19 sugarello si riproduce durante tutto l anno, ma principalmente in primavera ed estate. È una specie carnivora, si nutre per lo più di crostacei plantonici, di stadi larvali e di giovanili di altre specie e di adulti di sardine e acciughe. Spesso i giovani di questa specie si radunano in piccoli gruppi di 7-10 individui e nuotano sotto l ombrello di grosse meduse. Viene pescato con reti da posta di profondità o con reti a circuizione calate la notte con l ausilio di una barca munita di una potente fonte luminosa insieme ad acciughe e sardine. Il sugarello può essere anche pescato con lo strascico di fondo, lenze da fondo o da traina. Le specie del genere Trachurus hanno una taglia minima di catturabilità di 15 cm (Reg. CE 1967/2006). Le carni sono buone e saporite in base al mare di provenienza. Non è però ugualmente apprezzato in tutte le regioni. SUGARELLO MAGGIORE Trachurus mediterraneus (Steindachner, 1758) Caratterizzato come il congenere sugarello da corpo fusiforme, massiccio, poco compresso lateralmente, peduncolo caudale molto sottile. L occhio è grande e munito di due palpebre adipose ben evidenti. La linea laterale è coperta da scudetti ossei in numero compreso tra 75 e 89 più piccoli del diametro dell occhio. Il colore è grigio-verde sul dorso, bianco - argenteo sui fianchi e sul ventre. Il sugarello maggiore è una specie pelagica e migratoria. Nelle acque italiane è ovunque abbondante. Raggiunge i 50 cm di lunghezza totale anche se è più comune tra i 10 e i 40 cm. La stagione riproduttiva si concentra nei mesi estivi e gli individui maturano intorno ai 3 anni di vita. Si nutre di altri pesci. La pesca di questa specie avviene con le stesse modalità di quella effettuata per il sugarello. Tutte le specie del genere Trachurus hanno una taglia minima di catturabilità di 15 cm (Reg. CE 1967/2006). Le carni sono buone e saporite in base al mare di provenienza. Non è però ugualmente apprezzato in tutte le regioni. POTASSOLO O MELÙ Micromesisitus poutassou (Risso, 1826) Ha il corpo affusolato, leggermente compresso lateralmente. Possiede due pinne anali, la prima più lunga della seconda, e tre pinne dorsali. La mascella inferiore è leggermente sporgente rispetto a quella superiore. La colorazione è grigiobluastra sul dorso, argentata sui fianchi fino a divenire bianca sul ventre. È diffuso in tutti i mari italiani. Compie vasti spostamenti nella colonna d acqua, durante le ore del giorno. Il periodo riproduttivo è concentrato nei mesi invernali, da gennaio ad aprile. L alimentazione 17

20 si basa principalmente su piccoli crostacei pelagici, sebbene gli esemplari di maggiori dimensioni si nutrano anche di pesci e piccoli cefalopodi. La dimensione massima (lunghezza totale) è intorno ai 50 cm, anche se è più comune intorno ai 25 cm. Viene catturato con la pesca a strascico. Generalmente vengono sbarcati esemplari con taglie comprese tra 20 e 30 cm; quelli inferiori ai 15 cm vengono scartati, una volta catturati. Il valore commerciale è abbastanza basso, nonostante le buone qualità organolettiche e le grandi quantità catturate. È maggiormente apprezzato in Adriatico ed in alcune regioni tirreniche. MUGGINE Mugil cephalus Linnaeus, 1758 Ha il corpo slanciato ed affusolato. Il capo è allargato, le labbra sono poco carnose. L occhio è ricoperto da una membrana adiposa, che si estende davanti e dietro di esso lasciando solo una piccola fessura verticale in corrispondenza della pupilla. Le scaglie sul corpo sono di grandi dimensioni mentre quelle sul capo sono piccole. La pinna pettorale, presenta all ascella una macchia nerastra. Il colore del dorso è bluastro, quasi nero mentre i fianchi sono argentei con striature di un grigio scuro. Il riconoscimento del muggine non è semplice, visto che esistono diverse specie simili tra cui quelle del genere Liza e quelle del genere Chelon. La caratteristica della membrana adiposa sull occhio permette però dopo un analisi attenta di distinguerlo dagli altri cefali. È una specie presente in tutti i mari temperati e tropicali del mondo ed è ampiamente diffuso lungo tutte le nostre coste. Ha abitudini gregarie e vive in prossimità della costa su fondali rocciosi, fangosi o sabbiosi soprattutto in vicinanza di sbocchi di fiumi o scarichi fognari. Si adatta bene anche alle acque salmastre, lagune ed estuari con fondo soffice ed abbondante vegetazione dove migra durante la primavera. Si nutre di piccoli organismi tra cui piccoli crostacei e larve di insetti, senza disdegnare sostanze organiche varie e vermi marini. La riproduzione avviene tra luglio e settembre. Può raggiungere i 100 cm di lunghezza totale e gli 8 kg di peso, anche se è più comune intorno ai 50 cm. Questa specie si pesca con reti a strascico, sciabiche e reti da posta. Si cattura in prossimità delle foci dei fiumi con particolari reti dette mugginare e bilance. Può essere catturata anche con nasse innescate con pane raffermo. Viene pescato comunemente con le lenze e di solito la pesca è preceduta da una fase detta di brumeggio che consiste nel gettare in mare piccole dosi di pane bagnato con formaggio grattugiato e interiora di pesci. La pesca avviene soprattutto in particolari condizioni meteo marine (mare increspato, acqua torbida e vento di scirocco). Presenta carni sode e saporite che però non sono apprezzate su tutti i mercati. Infatti la bontà delle carni dipende molto dal luogo dove l individuo vive. Viene comunemente allevato nelle lagune. Le uova di questa specie vengono utilizzate per fare la bottarga. 18

21 MUGGINE RAMATO Liza ramada (Risso, 1826) Presenta una sagoma più snella di M. cephalus, ma il capo è più appiattito e ricoperto di squame fino all estremità del muso. L opercolo presenta una macchia dorata ampia ma non molto vivida mentre è presente una macchia pettorale scura all altezza della pinna pettorale. La caratteristica che permette di distinguerlo in maniera sicura dalle altre specie è che piegando in avanti le pinne pettorali queste non raggiungono mai la parte posteriore dell occhio e inoltre questa specie presenta una macchia nera all angolo superiore della pinna pettorale. È una specie comunemente diffusa in Mediterraneo ed Adriatico. È una specie gregaria e notevolmente eurialina, che si ritrova oltre che nelle zone costiere anche in lagune e corsi d acqua dolci. Può raggiungere fino a 50 cm di lunghezza o poco più, ma è più comune tra 30 e 35 cm. Rovista preferibilmente su substrati fangosi ingerendo insieme al fango sostanze organiche e vermi marini. La riproduzione ha luogo tra ottobre e gennaio. Pesca: la pesca è simile a quella del cefalo (Mugil cephalus). Le carni sono buone, sode e saporite. PESCE SCIABOLA Lepidopus caudatus (Euphrasen, 1788) Il corpo è estremamente allungato e compresso lateralmente, a mo di nastro. Il muso termina con una bocca molto grande e munita di denti aguzzi disposti in un unica fila. La mascella inferiore è più sporgente rispetto alla superiore, che risulta leggermente incurvata. Gli occhi sono grandi. Presenta un unica pinna dorsale che corre per tutta l intera lunghezza del corpo, fino alla coda. Le altre pinne sono ridotte. La colorazione del copro è argentata. È una specie cosmopolita, molto comune in mediterraneo e soprattutto nel Tirreno nei mari di Sicilia e nello Ionio. Vive nelle colonna d acqua a profondità elevate, superiori ai 100 m. Durante le ore notturne compie migrazioni verticali che lo portano a minori profondità. È un predatore molto vorace, che si nutre di altri pesci e cefalopodi. Si riproduce nei mesi estivi. Può raggiungere i 2 metri di lunghezza totale. Il principale attrezzo per la cattura di questa specie è lo strascico di fondo, anche se catture accessorie vengono registrate anche con reti da posta e palamiti di fondale. Le carni sono buone e delicate, particolarmente apprezzate nelle regioni meridionali d Italia. 19

22 ACCIUGA Egraulis encrasicolus (Euphrasen, 1788) L acciuga è un pesce di piccole dimensioni dal corpo affusolato con ventre liscio ed arrotondato. La testa è allungata con ampie aperture branchiali. La bocca, nella parte inferiore della testa, è grande ed oltrepassa il margine posteriore degli occhi, che sono di notevoli dimensioni e negli adulti presentano una membrana adiposa. La mascella inferiore, più corta della superiore, porta piccoli denti. L unica pinna dorsale è situata circa a metà del corpo in posizione avanzata rispetto alle pinne anali; queste sono di piccole dimensioni e situate in posizione mediana. Le pinne pettorali sono sottili ed allungate e in posizione ventrale. Le squame sono presenti, ma facilmente staccabili. La colorazione, tipica delle specie pelagiche, è azzurro con sfumature verdastre sul dorso, argentea sui fianchi e sul ventre. È diffusa in tutto il Mediterraneo, nel mar Nero e nel mar d Azov ed ampiamente presente lungo le nostre coste. È una specie pelagica, che vive in autunno ed inverno a profondità maggiori ( m), mentre soggiorna più vicina alla costa per il resto dell anno. È una specie eurialina (si adatta bene a differenti salinità) caratteristica che le permette di penetrare per alimentarsi in lagune, laghi salmastri o estuari. Gli individui, giovanili ed adulti vivono in branchi numerosi ed effettuano limitate migrazioni. Si nutre di plancton (piccoli crostacei, larve di molluschi, ecc.), compreso il fitoplancton (plancton vegetale). La riproduzione avviene da aprile a novembre sotto costa. La lunghezza massima degli individui mediterranei è di cm, comune cm. La vita massima è circa 4 anni. Si pesca, in particolare, nei mesi da marzo a maggio e da luglio ad ottobre con due sistemi, le reti da traino pelagico (volanti) e le reti da circuizione (lampare o cianciolo). È commercializzata fresca, congelata, salata, sott olio, in salsa ed in pasta (succo salato e concentrato). La taglia minima di commercializzazione è 9 cm di lunghezza totale. SARDINA Sardina pilchardus (Walbaum, 1792) La sardina ha il corpo allungato e cilindrico. Il muso presenta una bocca piccola con il labbro inferiore più prominente del superiore. La colorazione del dorso e verde-azzurrastra, mentre il ventre liscio, poiché sprovvisto di scaglie è argentato. Questa specie è diffusa in Atlantico orientale e in tutto il Mediterraneo dove vive nella colonna d acqua formando grandi branchi. Si avvicina alle acque costiere soprattutto nel periodo primaverile o estivo, mentre in inverno frequenta acque più profonde. Si nutre di piccoli crostacei. La riproduzione avviene nel periodo autunno-invernale. La taglia di questa specie, in mediterraneo può arrivare a 20 cm di lunghezza totale anche se è più frequente tra i 10 ei 15 cm. 20

23 La pesca di questa risorse avviene principalmente con rete a circuizione. Si pesca durante la notte con la tecnica della lampara, che attira i banchi attraverso l impiego di fonti luminose. La sardina rappresenta anche un importante cattura accessoria della pesca con reti a strascico. Questa specie ha una taglia minima di catturabilità di 11 cm (Reg. CE 1967/2006). La valenza dal punto di vista commerciale è notevole, anche se negli ultimi anni si è avuto una diminuzione del consumo e quindi un maggior scarto della risorsa. La sardina può essere consumata fresca oppure conservata sotto olio o sotto sale. PALAMITA Sarda sarda (Bloch, 1793) Ha il corpo allungato e fusiforme con coda grande e dai lobi appuntiti. La testa presenta occhi piccoli e bocca ampia con denti appuntiti e ricurvi all indietro. La colorazione del dorso è blu scura spesso tendente al nero, mentre i fianchi e il ventre sono argentati con riflessi verdastri o azzurri. È distribuita nelle acque temperate e tropicali dell Atlantico ed è molto frequente nel Mediterraneo, dove è comune lungo tutte le coste italiane. È una specie predatrice, che si muove in branco e che caccia i gruppi di acciughe, cefali, sardine e aguglie. Vive nella colonna d acqua ed effettua importanti migrazioni. La riproduzione avviene nei mesi primaverili ed estivi. Gli esemplari di questa specie possono arrivare a 80 cm di lunghezza totale e superare i 10 kg di peso. la pesca di questa specie è effettuata da pescatori professionisti e non. Può essere catturato con un apposita rete da posta detta palamitara, con lenze di superficie e di profondità innescate con esche vive o artificiali, e in quantità minore con reti a strascico. Ha carni molto buone, ma non apprezzate egualmente in tutte le regioni italiane. MOSCARDINO BIANCO Eledone cirrhosa (Lamarck, 1798) Il mantello del moscardino bianco, naturalmente di colore giallo-bruno chiaro, con una maculatura rossiccia, è ricoperto da numero piccole verruche ed appare di dimensioni e larghezza maggiori rispetto alla testa. L animale è in grado di cambiare repentinamente colore, divenendo più chiaro o più scuro a seconda dello stato d animo e dell ambiente circostante. Al di sopra dei grossi occhi sono presenti due cirri che valgono a questi animali il nome comune di polpo cornuto. 21

24 22 Il moscardino bianco è distribuito in tutto il Mediterraneo su fondali molli fino ai 700 metri di profondità. Nei mari della nostra penisola è uno tra i cefalopodi più comuni. Ha un picco riproduttivo nei mesi estivi e generalmente i maschi di questa specie maturano prima e hanno un periodo riproduttivo più esteso. Durante l accoppiamento il maschio introduce il proprio sperma all interno del mantello della femmina attraverso un braccio appositamente modificato (ectocotile). Dalle uova nascono piccoli già simili ai genitori, che si disperdono nelle acque superficiali e tornano sul fondale una volta cresciuti. Dopo l atto riproduttivo questi animali muoiono (caratteristica comune alla stragrande maggioranza dei cefalopodi). Questi animali si nutrono principalmente di crostacei (granchi, gamberetti) e molluschi (come le telline), che scovano nella sabbia o fra le rocce durante le loro cacce notturne. È una delle specie commercialmente più importante tra i cefalopodi e la sua pesca viene effettuata esclusivamente con imbarcazioni a strascico di fondo. Il suo apprezzamento sui mercati varia molto da regione a regione e soprattutto in relazione alla taglia di commercializzazione.

25 Lo sfruttamento razionale delle risorse Il problema dello scarto e l importanza delle specie ittiche poco conosciute Uno dei principali problemi che coinvolgono il mondo della pesca in tutto il pianeta è la questione dello scarto. Molte delle specie ittiche raccolte durante le fasi di pesca effettuate con la maggior parte delle tecniche in uso, non essendo commercialmente appetibili, diventano il cosiddetto scarto della pesca, e vengono rigettate direttamente in mare dopo la cattura. A ciò si aggiungono le cosiddette catture accessorie dette anche bycatch, cioè specie che non rappresentano l obiettivo principale della pesca, ma che vengono talvolta, ed a seconda delle specie, commercializzate sebbene a prezzi più bassi. Uno studio condotto nel 2005 dalla FAO ha stimato che lo scarto della pesca, a livello mondiale, rappresenta circa l 8% del totale catturato, cioè 7,3 milioni di tonnellate nel periodo Sebbene questo dato risulti sostanzialmente più basso rispetto ad una stima fatta nel 1994 dalla stessa FAO, la problematica risulta ancora di rilievo. Il fenomeno dello scarto è particolarmente rilevante in alcune zone dell Oceano Atlantico e Pacifico. La pesca in Mediterraneo influisce per il 5% circa sul totale dello scarto nel mondo ed in particolare l attività di pesca che maggiormente incide su questo dato è lo strascico, mentre molto minore è lo scarto prodotto dalla pesca artigianale, cioè quella esercitata con barche più piccole e con attrezzi da posta. Nella pesca a strascico lo scarto può oscillare tra il 20% ed il 70% mentre la pesca artigianale non supera quasi mai il 15% e spesso può essere trascurabile. Sebbene i quantitativi scartati nel Mediterraneo siano bassi rispetto a quello che avviene in altre parti del mondo si parla ancora di quantitativi consistenti e quindi la Comunità Europea sta affrontando il grave Foto del sacco pieno di pesci dopo una cala fatta con la rete a strascico. 23

26 problema dei rigetti in mare e delle catture accessorie, elaborando una nuova politica volta alla loro riduzione. Le strategie adottate prevedono sostanzialmente una riduzione degli scarti, per esempio attraverso l uso di attrezzi più selettivi e un loro maggiore e più efficiente utilizzo. La prima strategia riguarda esclusivamente il pescatore, che deve utilizzare attrezzi che permettano di ottimizzare la raccolta del prodotto ittico, la seconda invece interessa anche aspetti legati al mercato e ai suoi attori e gli stessi acquirenti, cioè venditori e consumatori. Delle circa 700 specie pescate in Mediterraneo solo un 10% riesce a raggiungere i banchi delle pescherie e quindi le nostre tavole. Ciò è dovuto in linea generale al fatto che solo una piccola parte dei prodotti ittici è realmente conosciuto ed apprezzato dal consumatore finale ed è quindi il solo prodotto che il pescatore porta al mercato. Tutto questo determina tre effetti importanti: un maggiore depauperamento delle risorse ittiche, una maggiore pressione sulle specie oggetto di attività commerciale e un aumento consistente delle importazioni (ad oggi in Italia il 69% del pesce proviene dall estero). Il rimanente 90% delle specie non viene utilizzato dalla gran parte dei consumatori, sebbene con caratteristiche organolettiche e nutrizionali analoghe se non superiori alle specie pregiate. Questa categoria di prodotto prende, ormai da tempo, il nome di pesce povero o pesce dimenticato proprio per il più basso valore commerciale o perché retaggio di una tradizione culinaria circoscritta a particolari località marittime e sempre più spesso dimenticata. I motivi che portano a questa semplificazione e conformismo della cucina domestica a base di pesce di mare deriva principalmente dalla minore attenzione nella preparazione dei piatti e soprattutto dalla difficoltà di preparazione del pesce o dall incapacità di cucinarlo. Alla base di ciò vi è spesso una scarsa o del tutto assente conoscenza di molte specie povere in genere snobbate a favore delle più comode e familiari spigole ed orate. Andando più nello specifico possiamo individuare quattro principali ragioni per cui la maggior parte del pesce pescato viene scartato o svenduto: 1. tale tipologia di pesce presenta caratteristiche morfologiche poco appetibili come piccole dimensioni, fragilità e poca consistenza delle carni; 2. molte delle specie scartate appartengono a pesci di alto valore commerciale che però essendo di taglia inferiore a quella minima consentita di cattura, non può essere sbarcata e quindi viene rigettata in mare; 3. molte specie pescate, sebbene con caratteristiche morfologiche idonee alla commercializzazione, risultano avere basso valore a causa di antiche convinzioni, per lo più infondate, su una loro presunta non commestibilità; 4. molte specie che avrebbero un discreto valore commerciale devono essere svalorizzate se vogliono competere su un mercato della pesca sempre più industriale e globalizzato. Per capire come le tradizioni e la conoscenza delle specie marine influiscano sul consumo e quindi su una loro valorizzazione, citiamo alcuni esempi: il pesce sciabola detto anche pesce bandiera (Lepidopus caudatus), lo zerro (Spicara smaris) e il pesce civetta (Dactylopterus volitans). Il primo veniva praticamente regalato nella maggior parte dei mercati italiani ad eccezione della Sicilia dove era ed è ritenuto una 24

27 specie pregiata e molto apprezzata e alla base di numerose ricette tradizionali. In questi ultimi anni anche in altre regioni, Toscana compresa, si è iniziato a conoscere e cucinare questo pesce, e adesso è possibile reperirlo nei mercati a costo competitivo. Lo zerro è invece molto apprezzato in Toscana e particolarmente a Livorno e all Isola d Elba, dove esiste anche una pesca mirata alla cattura di questo prodotto mentre è praticamente ignorato dalla maggior parte delle marinerie italiane. Il pesce civetta è infine apprezzato a Lampedusa ma ritenuto non commestibile in altre zone. Molte delle ricette a base di pesce della tradizione culinaria costiera toscana sono strettamente connesse ad altrettante pesche tradizionali specifiche per la cattura di specie particolari e per lo più appartenenti alla categoria del pesce povero. La dominanza sul mercato di prodotti di importazione e di pesci normalmente preferiti dai consumatori, ha portato alla progressiva scomparsa di questi pesci legati alla tradizione locale, alla pesca ad essi associata e quindi alla eliminazione dai menù moderni delle vecchie ricette tradizionali. Il recupero quindi di queste vecchie tradizioni insieme a nuove proposte culinarie a base di pesce povero porterebbe non solo alla riscoperta di antichi sapori ma anche ad una maggiore diversificazione di proposte ad alto livello qualitativo in termini organolettici e di freschezza. Senza contare la riscoperta di antichi tipi di pesca, affascinanti dal punto di vista culturale e della tradizione e allo stesso tempo a basso impatto sulle risorse marine e sulla loro biodiversità. Le azioni e gli sforzi che favoriscano la promozione, la conoscenza o la riscoperta dei prodotti di minore importanza commerciale possono avere importanti ricadute sull intero settore ittico. Ciò deve essere fatto ad ogni livello della filiera (pescatori, piccola e grande distribuzione, ristoratori, cuochi, operatori turistici) ed ha come obiettivo finale il consumatore. Più conoscenza e cultura del consumo dei prodotti ittici porta ad una maggiore richiesta ed interesse verso il pesce povero che si traduce in un importante stimolo per i rivenditori e la distribuzione. Ciò comporta di conseguenza una maggiore diversificazione delle specie vendute e quindi un più efficiente sfruttamento delle risorse marine da parte del pescatore, che guadagna di più a parità di ore impiegate, senza contare una riduzione degli scarti con ricadute positive anche sulla tutela della biodiversità marina. Le proprietà organolettiche e nutrizionali del pesce povero È ormai chiaro che, a dispetto del nome, le specie ittiche di categorie commerciale inferiori e generalmente accomunate sotto il nome di: pesce povero o pesce dimenticato abbiano caratteristiche organolettiche e nutrizionali pari se non superiori a quelle di prima scelta. Le caratteristiche che determinano il loro declassamento a livello commerciale sono, come già detto, legate a fattori diversi quali la taglia, le difficoltà di preparazione in cucina, la cultura culinaria, ecc. Studi recenti condotti dall Università di Siena hanno eseguito l analisi sensoriale per la valutazione della freschezza di specie ittiche di minore valore commerciale (acciuga, razza stellata, sugarello, sugarello maggiore, potassolo, muggine, muggine ramato, pesce sciabola, sardina, palamita, moscardino bianco), insieme alla composizione chimica delle loro carni. Per le 11 specie considerate sono stati prelevati dei campioni di carne, e conservati a temperature 25

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