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1 INSEGNAMENTO DI STORIA DELLA FILOSOFIA LEZIONE X L IRRAZIONALE IN OPPOSIZIONE AD HEGEL PROF.SSA CATERINA VALENTINO

2 Indice 1 Introduzione Arthur Schopenauer ( ) Le filosofie dell Ottocento L illusione del mondo apparente Il mondo vero: la volontà di vivere I caratteri della volontà Il pessimismo Dolore piacere noia L illusione dell amore La salvezza dal dolore Il rifiuto del suicidio Dalla voluntas alla noluntas L arte L etica della pietà L ascesi Soren Aabye Kierkegaard (Copenaghen ) Kierkegaard, padre dell Esistenzialismo La categoria del singolo Gli stadi dell Esistenza Aut-aut e timore e tremore Lo stadio estetico Lo stadio etico Lo stadio religioso Bibliografia di 15

3 1 Introduzione Nella prima metà dell Ottocento la filosofia si va articolando in un ventaglio di posizioni unite certamente dalla polemica contro il sistema hegeliano; in particolare, Schopenauer gli contrappone un radicale pessimismo irrazionalistico, Kierkegaard un alternativa esistenzialistica e, verso la fine del secolo, vedremo nel prossimo modulo, Nietzsche presenterà la crisi di tutte le illusioni metafisiche dell Occidente. 3 di 15

4 2 Arthur Schopenauer ( ) 2.1 Le filosofie dell Ottocento A.Schopenauer vive lo stesso periodo degli idealisti, di Marx e dei primi positivisti, e ciò ci rende consapevoli della varietà di posizioni in cui si articola la filosofia del primo Ottocento, quando si assiste quasi ad una guerra di pensiero di tutti contro tutti. Schopenauer rifiuta la funzione creatrice della ragione hegeliana (per lui Hegel è un ciarlatano pesante e stucchevole e sicario della verità) ed è convinto che l alternativa all Idealismo, in particolare la via per conoscere la realtà, sia un ritorno a Kant, considerato il filosofo più grande e da cui ricava una gnoseologia soggettivistica. Il punto di partenza della sua filosofia può essere colto nelle parole con cui inizia la sua opera più importante: Il mondo come volontà e rappresentazione: Il mondo è una mia rappresentazione, qualcosa che noi costruiamo dentro di noi, attraverso le forme a priori della conoscenza (spazio-tempo-causa). Ciò che conosciamo attraverso queste forme a priori è mutevole, non ha valore assoluto, è sogno, è il velo di Maja afferma S. riprendendo un immagine della filosofia orientale. Come nel tempo ciascun attimo esiste solo in quanto ha cancellato l attimo precedente suo padre per venire anch esso con la medesima rapidità a sua volta cancellato; come passato e avvenire (facendo astrazione dalle conseguenze del loro contenuto) sono illusori a modo di sogni, e il presente non è che un limite tra quelli, privo di estensione e durata: proprio così riconosceremo la nostra nullità anche in tutte le altre forme del principio di ragione. E comprenderemo che come il tempo, così anche lo spazio, e come questo, così tutto ciò che è insieme nello spazio e nel tempo, tutto, insomma, ciò che proviene da cause o motivi, ha un esistenza solo relativa, esiste solo mediante e per un altra cosa che ha la stessa natura, ossia esiste anch essa soltanto a quel modo. La sostanza di questa opinione è antica: Eraclito lamentava con essa l eterno fluire delle cose; Platone ne disdegnò l oggetto come un perenne divenire, che non è mai essere; Spinoza chiamò le cose pure accidenti dell unica sostanza, che sola esiste e permane; Kant contrappose ciò che conosciamo in tal modo, come pura apparenza, alla cosa in sé; e infine l antichissima sapienza indiana dice: E maja, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del Sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche somiglia alla corda gettata a terra, che egli prende per un serpente 4 di 15

5 (questi paragoni si trovano ripetuti in luoghi innumerevoli dei Veda e dei Purana). Ma cià che tutti costoro pensavano, e di cui parlano, non è altro se non quel che noi ora, appunto, consideriamo: il mondo come rappresentazione, sottomesso al principio della ragione L illusione del mondo apparente Il velo ingannatore è il mondo apparente di Platone, è il fenomeno (che per Kant è l unica realtà conoscibile rispetto al noumeno, l apparenza kantiana); al di là del sogno esiste la vera realtà (il noumeno). Spetta al filosofo presente in ogni uomo lacerare il velo di Maja e cogliere la profondità dell essere. L uomo, a differenza degli altri esseri viventi cerca delle risposte sui significati delle cose, sul senso della vita e il fatto stesso che la morte la delimita, rende più intensa questa sua ricerca. 2.3 Il mondo vero: la volontà di vivere Ma dove possiamo trovare il filo d Arianna per giungere alla cosa in sé? Bisogna andare dietro il velo, dietro la rappresentazione afferma Schopenauer -, dobbiamo cercare dentro di noi. Cerchiamo dentro di noi egli suggerisce noi non ci vediamo solo dal di fuori, ma ci viviamo anche dal di dentro. Vivendo nel nostro essere ci cogliamo non solo come intelletto, ma come vita e volontà di vivere. La volontà è l intimo essere, il nocciolo di ogni singolo, ed egualmente del tutto. È un energia o impulso primordiale che è presente dappertutto ed informa di sé anche l universo materiale. La volontà di vivere (essenza segreta del mondo) è: inconscia (impulso inconsapevole), unica (al di là del principio di individuazione); eterna (al di là del tempo); incausata (al di là della causalità), senza scopo (forza cieca senza meta). I gradi di oggettivazione della volontà sono: le idee (eterne), gli archetipi, e le realtà individuali (spaziotemporali). L individuo (il finito) è manifestazione transeunte della volontà (l infinito) Il pessimismo La volontà si manifesta in ogni essere. La vita di ognuno è dolore per essenza. Infatti volere significa desiderare e il desiderare significa trovarsi in un perenne stato di tensione per la mancanza di qualcosa che si vuole avere. Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, da sofferenza. A questa dà fine l appagamento. Tuttavia per un desiderio che venga appagato, ne rimangono almeno dieci 1 A.Schopenauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 3, cit., pag Abagnano Fornero: Le tracce del pensiero, vol. 3, Paravia, pag di 15

6 insoddisfatti. Il desiderio appagato dà subito luogo ad un desiderio nuovo. Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole bensì rassomiglia soltanto all elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento 3. Ciò che gli uomini intendono per gioia o appagamento non è altro che la cessazione di una preesistente tensione fisica o psichica. Il piacere deriva dal dolore e quando viene a cadere lo stato di tensione del desiderio, viene meno anche la gioia e l effimero appagamento. Che ogni felicità sia di natura negativa soltanto, e non positiva [ ] ne abbiamo una prova anche in quello specchio fedele dell essenza del mondo e della vita che è l arte, soprattutto nella poesia. Ogni poesia epica o drammatica può in ogni caso rappresentare soltanto uno sforzo, un aspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicità, e non mai la felicità stessa durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe attraverso mille difficoltà e pericoli sino alla meta: non appena questa è raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Null altro, infatti, resterebbe se non mostrare la luminosa meta, nella quale l eroe sognava di trovare la felicità, ha beffato anche lui, di modo che, quando l ha raggiunta, egli non si trova meglio di prima Dolore piacere noia La vita umana è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia afferma Schopenauer passando solo per un attimo nell illusione del piacere. L uomo desidera e rincorre, vuole, una volta ottenuto o l amore o un qualsiasi oggetto di desiderio, svanita la tensione, è la malinconia e la noia che si trova poi a sentire e ad affrontare. La doglia universale del Leopardi la ritroviamo identica nella filosofia di Schopenauer. E niente meglio delle parole dello stesso può descrivere la sua visione pessimistica del mondo: Se finalmente a ciascuno si volessero porre sotto occhio gli orrendi dolori e strazi, a cui è la sua vita perennemente esposta, lo coglierebbe raccapriccio: e se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, per campi di battaglia e i tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, ove ci si appiatta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo facendogli ficcar l occhio nella torre della fame di 3 Il mondo come volontà e rappresentazione, par Il mondo come volontà e rappresentazione, par di 15

7 Ugolino, finalmente finirebbe anch egli con l intendere di qual sorte sia questo meilleur des mondes possibile. Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se non da questo nostro mondo reale? E nondimeno n è venuto un inferno bell e buono. Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò davanti a una difficoltà insuperabile: appunto perché il nostro mondo non offre materiale per un impresa siffatta. Perciò non gli rimase se non trasmetterci, in luogo delle gioie paradisiache, gli ammaestramenti,, che a lui furono colà impartiti dal suo antenato, dalla sua Beatrice, e da differenti santi. Da ciò apparisce abbastanza chiaro, di qual natura sia questo mondo. 5 Il nostro mondo è un inferno, il peggiore dei mondi possibili. Tutto soffre, dal fiore che muore per mancanza d acqua all animale ferito, dal bimbo che nasce al vecchio che muore. E tanto più si ha consapevolezza e intelligenza tanto più viene moltiplicato il dolore. Al di là delle celebrate meraviglie del creato si nasconde lotta e sofferenza in ogni cosa. C è conflitto e ostilità in ogni spazio e in ogni tempo, anche nello stesso essere. Schopenauer descrive, ad esempio, la lotta della formica gigante d Australia che, se divisa in due parti, continua a lottare; il capo afferra la coda che colpisce col suo pungiglione: entrambe le parti soccombono e sono trascinate via da altre formiche; ogni animale carnivoro diviene il sepolcro di mille altri. L unico fine della natura è perpetuare la specie per perpetuare la vita e quindi sofferenza e dolore. 2.7 L illusione dell amore Il singolo individuo è lo strumento della specie, anche qui come in Hegel c è l astuzia di una forza infinita che inganna con lusinghe ed illusioni. L amore è una di queste illusioni, infatti ogni innamoramento affonda sempre le sue radici nell istinto sessuale, uno strumento per perpetuare la vita della specie Il rifiuto del suicidio Si potrebbe pensare che il sistema di S. metta capo ad una filosofia del suicidio universale. Invece S. rifiuta e condanna il suicidio perché il suicidio, lungi dall essere negazione della volontà, è invece un atto di forte affermazione della volontà stessa. 5 op. cit. pag di 15

8 Infatti il suicidio sopprime unicamente l individuo, ossia una manifestazione fenomenica della Volontà, lasciando intatta la Volontà che, pur morendo in un individuo, rinasce in mille altri. Simile al sole, che, appena tramontato da un lato, risorge dall altro Dalla voluntas alla noluntas La vera risposta al dolore del mondo non consiste nell eliminazione, tramite il suicidio, di una o più vite, ma nella liberazione della stessa Volontà di vivere. Ciò è avvenuto solo in individui eccezionali (i geni dell arte, i santi, gli eremiti, i mistici) che, in tutti i tempi, hanno intrapreso e sperimentato il cammino della catarsi o liberazione dalla tirannia dei bisogni e dell egoismo. Rinnegando la voluntas attraverso la noluntas, essi sono pervenuti alla pace interiore. S. articola l iter salvifico dell uomo in tre momenti essenziali: l arte, l etica della pietà, l ascesi L arte Per S., l arte risulta catartica per essenza, in quanto l uomo, grazie ad essa, più che vivere, contempla la vita, si eleva al di sopra della volontà e del dolore, sottraendosi alla catena infinita dei bisogni e dei desideri quotidiani. L individuo che contempla la realtà perviene alle idee, cioè agli archetipi ideali della realtà stessa. Si libera dalla realtà fenomenica e diventa il soggetto del conoscere, il puro occhio del mondo. Le arti sono tanto più perfette quanto più immateriali, cioè svincolate dalla tirannia della Volontà. - Esse vanno dall architettura, che corrisponde al grado più basso, più vicino alla materia organica, sino alla scultura, alla pittura e alla poesia. - Un posto speciale spetta alla tragedia che è l autorappresentazione del dramma della vita, cioè dell intimo contrasto tra le volontà e la Volontà. - La musica, nella sua immaterialità, rappresenta l arte suprema, vera e propria metafisica dei suoni che ci mette in contatto diretto con le radici stesse dell essere; ci rappresenta slanci, impulsi e movimenti della volontà. La funzione catartica dell arte risulta tuttavia temporanea e parziale. Essa è come un breve incantesimo: rappresenta più un conforto che un evasione vera e propria dalla vita. 8 di 15

9 2.8.4 L etica della pietà Attraverso il sentimento di pietà verso il prossimo noi com-patiamo il prossimo, cioè c immedesimiamo, soffriamo con lui. Compatire equivale a conoscere. S. cita il Parsifal di Wagner: Attraverso la compassione conosciamo. Come la malvagità verso il nostro simile non è altro che il disconoscimento dell unità primordiale degli esseri, così ogni atto di pietà è un riconoscimento di questa unità, è un riconoscersi nell altro. Il principium individuationis che fa dei vari individui degli esseri distinti, viene lacerato come velo di Maja, per prendere coscienza della comune appartenenza alla Volontà universale. Ciò corrisponde alla liberazione dalla tirannia dei bisogni individuali. La pietà si concretizza in due virtù cardinali. - La giustizia, virtù negativa che consiste nel non fare il male che non vorremmo per noi, - e la carità, o agàpe, virtù positiva che corrisponde ad un amore disinteressato e non egoistico. Ma l egoismo rimane sempre interno alla vita che presuppone un qualche attaccamento ad essa. S. procede allora verso il traguardo di una liberazione totale, non solo dall egoismo, ma dalla stessa volontà di vivere: l ascesi L ascesi L ascesi è la rinuncia totale al desiderio di esistere, godere, volere: Con la parola ascesi io intendo, nel senso più stretto, il deliberato infrangimento della volontà, mediante l astensione dal piacevole e la ricerca dello spiacevole, l espiazione e la macerazione spontaneamente scelta, per la continua mortificazione della volontà. Il primo passo dell ascesi è la castità perfetta che ci libera dalla prima e fondamentale manifestazione della volontà di vivere: l impulso alla generazione e alla propagazione della specie. La rinuncia ai piaceri, l umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio e l automacerazione sono le altre manifestazioni. 9 di 15

10 Scopo dell ascesi è di sciogliere l individuo dalle catene della volontà di vivere. Siccome la Volontà è unica, sostiene S., se un solo individuo ( il redentore cosmico ) riuscisse a liberarsene, tutti ne sarebbero liberati. Come l ascesi cristiana si conclude con l estasi, cioè con l unione perfetta dell anima con Dio, nel misticismo ateo di S., l ascesi, nella sua forma compiuta, conduce al Nirvana buddista cioè all esperienza del nulla, da non intendere come niente ma come negazione del mondo con tutte le sue illusioni e sofferenze, come un perdersi in una totalità in cui si dissolve la nozione stessa di io e di soggetto. 10 di 15

11 3 Soren Aabye Kierkegaard (Copenaghen ) Riceve una severa educazione religiosa, permeata da un profondo senso del peccato; svolto dalle tragiche vicende familiari. Conduce una vita solitaria. In generale si oppone al formalismo della fede che conduce a dare ed ascoltare bellissime prediche domenicali e a comportarsi poi, nei restanti giorni della settimana, secondo una morale mondana e non cristiana. Fra i suoi scritti (pubblicati sotto diversi pseudonimi, che hanno un significato che va oltre quello biografico) sono personaggi ideali, che esprimono le diverse possibilità dell esistenza, le diverse facce della libertà, ma anche le sue distorsioni e delineano il percorso dell uomo verso la sua realizzazione possibile. Essi pongono un problema: quello della comunicazione. Come quando la ricerca della verità riguarda l individuo, che nell interrogarsi intorno a sé viene coinvolto in tale ricerca. Questa verità non è oggettivabile in una comunicazione diretta ed esplicita, è necessaria una comunicazione indiretta, che passa attraverso personaggi, maschere, figure che esprimono idealità, dimensioni della sua personalità (quello che egli è o potrebbe essere). Sono da ricordare: Aut Aut, Timore e tremore, Il concetto di angoscia, La malattia mortale, Briciole di filosofia e il Diario. Kierkegaard sarà riscoperto all inizio del 900 dalla teologia protestante e dopo la Prima Guerra Mondiale, soprattutto da quella filosofia della crisi: l Esistenzialismo, che vedrà nell analisi kierkegaardiana dell esistenza l espressione di uno smarrimento e di una perdita di certezze analoghi a quelli affrontati nella coscienza europea a seguito del conflitto mondiale. Per l intera cultura filosofica, Kierkegaard sarà il teorico dell esistenza umana come possibilità che oscilla tra angoscia e disperazione, angoscia come percezione dell indeterminato sentimento del possibile dinnanzi alle infinite possibilità di scelta negative che incombono sulla vita e disperazione nell espressione del sentimento della propria finitudine o insufficienza esistenziale. io sono un individualità infelice. Dico del mio dolore come l inglese della sua casa: il mio dolore is my castle. Tutta l esistenza mi angustia, dal più piccolo moscerino ai misteri dell Incarnazione; tutto mi riesce inspiegabile, me stesso soprattutto; tutta la vita è una peste, me soprattutto. 11 di 15

12 3.1 Kierkegaard, padre dell Esistenzialismo Considerato il padre dell Esistenzialismo, come colui che ha saputo indagare l esistenza umana nella sua drammaticità e problematicità. La sua è una filosofia dell esistenza, del Singolo che si inserisce in una prospettiva religiosa e per la quale l unica via d uscita dall angoscia e dalla disperazione è la scelta di Dio. Egli muove dalla polemica contro l Hegelismo. Respinge ogni identificazione di reale e razionale. Per lui vi è qualcosa di non razionalizzabile, non riducibile a concetto: è l esistenza, l esistenza di quel singolo che ogni uomo può essere, la soggettività, luogo della decisione. Nel campo dell esistenza umana opera la dialettica, ma non si tratta dell hegeliana dialettica della sintesi, della conciliazione, di esseri particolari che passano da una forma di esistenza ad un altra, avendo possibilità di scelte tra infinite alternative, ma di una dialettica della libertà, fondata su alternative radicali (aut-aut) tra le quali l individuo è chiamato a decidere, mettendo in gioco se stesso. Contro lo Spirito Assoluto di Hegel, Kierkegaard parla della categoria del singolo: l io, il tu, il lui, che è l unica realtà effettiva, aperta ad infinite possibilità di scelta. La conseguenza di tale diversa impostazione è che, secondo Kierkegard, nell universo esistono forme diverse e irriducibili l una dall altra, esseri singoli eterogenei tra loro, nei quali sono presenti il male accanto al bene, la morte unita alla vita e si conservano i contrari e gli opposti nello stesso individuo. Diversamente da Hegel, secondo il quale, invece, la realtà è tutta razionale, in quanto manifestazione della Ragione, e quindi esente dal male, e dalla morte, tutto è bene, è razionalità. La libertà descritta da Kierkegaard produce perennemente il suo negativo, cioè uno stato di angoscia e disperazione che è aspetto caratterizzante della condizione umana. Da questo stato si può uscire solo con la fede, cioè con il riconoscimento che l uomo si realizza unicamente nel rapporto con Dio. Kierkegaard è essenzialmente un pensatore religioso. il Cristianesimo e il divenir cristiano è stato il compito della mia vita. Nei tempi antichi il Cristianesimo era un imitazione, implicava esercizi di abnegazione, di ascesi, poi, secondo Kierkegaard, è stato trasformato in una dottrina, si è trascurata l imitazione e sono venuti i dubbi. A suscitarli sono state le scienze come lo studio e la critica applicate alla Bibbia. La disgrazia più grande della cristianità è dunque aver ridotto il Cristianesimo a dottrina. Ma ridurre la religione a qualcosa di razionale, significa negarla. In rapporto a questa intenzione vanno collocate le polemiche che 12 di 15

13 rappresentano questa tendenza ad un falso Cristianesimo, da Hegel, al vescovo protestante danese Mynster. 3.2 La categoria del singolo Il Singolo è il concetto portante del pensiero di Ki. La verità è tale solo quando è una verità per me. Essa è il processo con cui un soggetto si appropria della verità. L individuo diventa Singolo solo in rapporto con Dio. Più vicino alla verità è chi si sforza di rapportarsi a Dio con la passione infinita del suo bisogno di superare la disperazione. E questo è possibile solo se l uomo accetta la propria insufficienza esistenziale, riconoscendo la sua dipendenza da Colui che lo ha posto e che può garantire la sua realizzazione Aut-aut e timore e tremore Tre sono le possibilità fondamentali che si offrono alla scelta dell uomo: i modi fondamentali di vivere: estetico, etico, religioso. Questi stadi non possono hegelianamente addizionarsi (et-et) pervenendo ad una finale sintesi conciliatrice ma si escludono reciprocamente (aut-aut). Il passaggio dall uno all altro comporta sempre un salto, una rottura, un cambiamento di mentalità Lo stadio estetico Fuori della normalità, una vita libera da leggi e da ruoli. È una forma di vita basata sull attimo fuggente ("carpe diem ), sulla libera creatività (vita come opera d arte ed ironia romantica), sull avventura e la novità. L esteta evita rigorosamente due cose: il determinarsi in una scelta, in una forma stabile, socialmente codificata (es. matrimonio) ed inoltre la ripetizione e la noia. Simbolo di questo stadio è il seduttore, il Don Giovanni di Mozart, per il quale ogni donna è uno spunto poetico messo al servizio della propria raffinata ricerca di piacere. Sbocco finale di questo stadio è la disperazione: vivendo attimo per attimo l esteta finisce per rinunciare ad una propria identità e per avvertire il vuoto della propria esistenza senza centro e senza senso. La disperazione, se accettata consapevolmente, ha una funzione positiva: rappresenta l ansia di una vita diversa e spinge a compiere un salto di stadio Lo stadio etico Dentro la normalità, accettazione delle leggi morali e dei ruoli sociali. L individuo sceglie di scegliere, s impegna in un compito, si sottopone ad un forma o modello universale di comportamento, ad un mondo di norme uguali per tutti che rafforzano il senso 13 di 15

14 della intersoggettività (si sente normale, inserito nell umanità). L uomo si colloca in un mondo di valori che danno senso alla sua vita: la famiglia, la fedeltà coniugale, l amicizia, la professione, la patria. Simbolo dello stadio etico è il marito che si sottopone alla forma etica del matrimonio, determinandosi nella fedeltà alla famiglia ed al lavoro. Sbocco finale di questo stadio è l insoddisfazione: l uomo è in bilico tra la sensualità dello stadio estetico e l aspirazione all infinito dello stadio religioso, tra l istante effimero e l istante eterno. Il suo dilemma è: peccato (ora lo riconosce, a differenza dello stadio estetico) o scelta definitiva dell assoluto? Lo stadio religioso Al di là della normalità, oltre la norma morale e la razionalità, soli di fronte all Assoluto. La fede è il regno del rischio e della solitudine esistenziale. In esso l uomo è tragicamente solo perché sente l esigenza di andare oltre i criteri della morale e della razionalità comune, ponendosi in rapporto diretto con l Assoluto, al di fuori della rassicurante normalità dello stadio etico. La scelta dell assoluto è un salto abissale che comporta la perdita della moralità (Dio ti può chiedere qualunque cosa, anche di rinunciare ad effetti naturali e legittimi: autorealizzazione, matrimonio, figli, lavoro ) e la perdita della razionalità (la logica di Dio è spesso incomprensibile, paradossale, assurda, antirazionale). Simbolo dello stadio religioso è Abramo. Proprio a lui, uomo rispettoso delle leggi morali, Dio chiede di uccidere il figlio Isacco, infrangendo così la legge per la quale è vissuto. La richiesta del sacrificio di Isacco è qualcosa di assolutamente irrazionale ed immorale: irrazionale perché Dio aveva promesso ad Abramo di dargli una numerosa discendenza attraverso Isacco che ora chiede di sopprimere; immorale perché in contrasto con la legge naturale, divina ed umana e come tale inaccettabile sia per Abramo che per i suoi famigliari. Cosa scegliere? Il principio morale (amore per il figlio) o il principio religioso (il comando assurdo dell uccisione del figlio)? Abramo opta per il principio religioso a costo di una rottura totale con la generalità degli uomini e con la norma morale. Alla grande rinuncia segue la ricompensa: il Signore ridona il figlio ad Abramo ma solo dopo il sacrificio. 14 di 15

15 Bibliografia Abbagnano N.- Fornero G. Itinerari di filosofia,protagonisti, testi,temi e laboratori, Vol. III; Ed. Paravia Abbagnano N. Fornero G. Le tracce del pensiero. Vol.III; Ed. Paravia De Bartolomeo M. Magni V., Filosofia, Vol. III, Ed. Atlas S. Kierkegaard: Postilla conclusiva non scientifica in Opere, a cura di C. Fabro, Sansoni, Fi 1993 Schopenhauer: Il mondo come volontà e rappresentazione Vol. I 15 di 15

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