LIBRO IN ASSAGGIO STORIA DELLA BIBBIA ORIGINI E TRADIZIONI DEL LIBRO SCRITTO DA DIO
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- Matteo Natale
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1 LIBRO IN ASSAGGIO STORIA DELLA BIBBIA ORIGINI E TRADIZIONI DEL LIBRO SCRITTO DA DIO
2 I. COME È NATO L ANTICO TESTAMENTO Tanâk (la Bibbia secondo gli ebrei) La prima cosa da sapere, per chiunque affronti la conoscenza del testo biblico e si interroghi sulle sue origini, è che per gli Ebrei non esistono due Testamenti ; anzi, non esiste neppure il concetto di Testamento : è invece questo il modo con cui la tradizione cristiana ha definito il canone dei libri considerati ispirati. Né per gli Ebrei si parla di Bibbia. La definizione è quella di Tanâk. Questa parola è una sigla, composta dalla prima lettera di tre parole: Torah, Neviim e Ketuvim: T N K, rese leggibili con l aggiunta di una doppia «a»: TaNaK La Torah. La Torah è l insieme dei primi cinque libri della Bibbia (nella terminologia cattolica corrisponde al Pentateuco) e comprende: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; sono, in qualche modo, i libri che fondano la religione stessa dell ebraismo, i cinque libri di riferimento. Tradizionalmente si pensava che fossero stati opera dello stesso Mosè, sotto ispirazione divina. Sono i libri più sacri del canone ebraico. Torah, in ebraico, significa «Legge», ma più nell accezione di ammaestramento, di istruzione, che di obbigo. Nella Torah gli Ebrei trovano anche narrata la storia delle
3 loro origini: dalla fondazione del mondo alla chiamata di Abramo, alla liberazione dall Egitto, l epopea che ha originato il popolo è racchiusa nelle grandiose pagine della Torah. Legge e storia insieme, dunque: anzi, legge che nasce dalla e con la storia della relazione meravigliosa e complessa tra JHWH e il popolo. Qualcuno ha felicemente definito la Torah come la carta d identità dell ebreo religioso, la cartina di tornasole della sua fede e della sua speranza. Nella Torah Dio si è rivelato prossimo all uomo e lo ha fatto in modo definitivo. Perciò, nell ebraismo, nulla può superare la Torah: essa è la Parola prima e ultima per il credente. I Neviim. La traduzione di Neviim è, normalmente Profeti. Si tratta, qui, della seconda grande sezione da cui la Bibbia ebraica è composta. Può sorprendere trovare in questa sezione anche una serie di libri storici: la vicenda della conquista della terra promessa, il regno del re Davide, la figura di Samuele, la deportazione in Babilonia, tutto questo fa parte del gruppo dei libri profetici. Il motivo è profondo: tutta la storia di Israele è storia profetica, è una storia significativa, in cui nulla accade senza che la Parola di Dio sia protagonista. La profezia, per Israele, non è conoscenza del futuro, ma rivelazione del presente: i profeti sono le voci di Dio nella storia del suo popolo; perciò tutta la vicenda di Israele è profezia e profeti sono coloro che hanno interpretato e operato per le promesse di Dio: Giosuè, i giudici, Samuele, Isaia, Ezechiele, Geremia... Tanâk chiama profeti anteriori testi e figure che hanno operato fino al consolidamento della monarchia, e profeti
4 posteriori i libri che raccolgono la predicazione dei profeti nell epoca della monarchia consolidata, fino all esilio. Così commenta uno dei maggiori biblisti italiani, il prof. P. Rota Scalabrini: «[I Neviim] si presentano nella forma canonica della Bibbia ebraica come commento alla Legge, come il suo giudizio sul presente. Si noti che, all inizio dei profeti anteriori, Giosuè è presentato come profeta che medita la Torah e vi trova la forza per compiere la missione ricevuta da Dio: «Solo sii forte e molto coraggioso, cercando di agire secondo tutta la legge che ti ha prescritta Mosè, mio servo. Non deviare da essa né a destra né a sinistra, perché tu abbia successo in qualunque tua impresa. Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto; poiché allora tu porterai a buon fine le tue imprese e avrai successo» (Gs 1,7-8). Se il blocco della collezione dei profeti inizia con la consegna della Legge, allo stesso modo la conclusione del corpo profetico rimanda alla sua osservanza, come scrive la chiusura di Malachia: «Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull Oreb, statuti e norme per tutto Israele». [...] [...] In sintesi i profeti attualizzano la Tôrah denunciando le deviazioni da essa e mostrando le promesse che sono connesse alla sua osservanza fedele».
5 I Ketuvim. Infine, i Ketuvim: traducibile semplicemente come scritti ; questa parola indica testi di diversa natura: poetici, sapienziali, storici, apocalittici. IL CANONE DELLA BIBBIA EBRAICA (II sec. a.c.. tra parentesi i titoli secondo la formulazione ebraica) LEGGE (TORAH) Genesi (All inizio); Esodo (Questi sono i nomi), Levitico (JHWH chiamò Mosè), Numeri (Nel deserto), Deuteronomio (Queste sono le parole). PROFETI (NEVIIM) Profeti anteriori: Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re Profeti posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele, I dodici profeti (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia). SCRITTI (KETUVIM) Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, Cantico dei Cantici, Qoèlet, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra-Neemia (uniti), 1 e 2 Cronache.
6 Differenze tra Tanâk e Primo Testamento. Chi apre la Bibbia cattolica e cerca un confronto tra i libri lì presenti come Primo Testamento e quelli qui sopra citati come Bibbia ebraica, nota subito una non indifferente diversità: in Tanâk infatti non si trovano ben sette libri che la tradizione cattolica considera importanti e ispirati: Tobia, Giuditta, 1e2 Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc. La tradizione ebraica non considera ispirati questi libri e quindi non li annovera nella Tanâk. Perché i cristiani fanno questa differenza? L elenco riconosciuto dalla Chiesa cattolica è diverso da quello ebraico poiché si rifà a una tradizione del testo biblico più tarda (III secolo dopo Cristo) approntata in ambiente ebraico ellenistico, ad Alessandria d Egitto. In questa tradizione, il testo di riferimento è la versione greca della Bibbia, cosiddetta dei Settanta, che comprende anche i libri appena citati e alcune parti dei libri di Ester e Daniele non presenti in Tanâk. La Bibbia ebraica e quella cristiana non coincidono, dunque, perfettamente anche quando si parli di Primo Testamento. La formazione del canone ebraico. In realtà, anticamente e almeno fino al I secolo dopo Cristo, vi erano gruppi del giudaismo che restringevano ancora ulterioremente il campo e riconoscevano come
7 canonici soltanto i primi cinque libri, quelli della Torah; si tratta per esempio dei samaritani, e (ma non se ne è certi) dei sadducei; forse anche il gruppo giudaico-cristiano degli ebioniti aveva questa concezione. Fu però alla fine del II secolo avanti Cristo che il canone ebraico, come l abbiamo descritto, prese la sua forma pressoché definitiva, sancita, come vorrebbe la tradizione, dal Concilio di Jabneh. Il Concilio rabbinico di Jabneh o Jamnia (fine I secolo). La gran parte degli studiosi fa risalire la definizione del canone ebraico nella sua forma definitiva a un concilio, tenutosi nella città di Jabneh (piccolo centro a sud dell odierna Tel Aviv) fra il 90 e il 110 d.c.. La tradizione vuole che i discepoli di Hillel, il famoso rabbino, avessero ottenuto da Tito, dopo la distruzione di Gerusalemme, di poter aprire una scuola rabbinica: fondata da Rabbi Johanan ben Zakkai, dopo il 70 d.c., vide alla sua guida negli anni seguenti figure di grande spicco, quali Gamaliel II e Eleazar ben Azariah. La convocazione del concilio era inizialmente legata a un conflitto di autorità tra rabbini e alla definizione della possibilità di inserire tra i libri di Tanâk anche due testi che, tradizionalmente, creavano problemi: il Cantico dei Cantici e il libro di Qoelet; soprattutto questo secondo presentava posizioni religiosamente estreme. È di questo periodo anche l affermazione dello storico ebreo Flavio Giuseppe che, nel suo Contra Apionem, afferma: «Presso di noi non ci sono miriadi di libri [...], ma solo ventidue. Cinque contengono la Legge e la tra-
8 dizione dalla creazione dell uomo fino alla fine della vita di Mosè. Questo lasso di tempo comprende 3000 anni. Dalla fine di Mosè fino ad Artaserse [...] i profeti dopo Mosè hanno scritto gli eventi in tredici libri [...]. Gli ultimi quattro contengono inni a Dio e precetti morali per gli uomini. Da Artaserse fino al nostro tempo, tutto è stato scritto, ma questo non è degno della stessa fiducia accordata ai libri precedenti, perché non c è più stata una precisa successione profetica». Per cui, dal concilio e dallo scritto di Giuseppe Flavio, sembrerebbe proprio che alla fine del I secolo il canone di Tanâk non fosse ancora così ben precisato e che alcuni libri creassero problemi: se la Torah e i libri storici non sollevavano alcun dubbio, ben diversa era la posizione dei rabbini nei confronti dei libri che noi chiamiamo sapienziali : il Cantico e il Qoelet, ma anche la sequenza dei Salmi e altre parti (in particolare la letteratura apocalittica, che poi non confluì nel canone ma che a quell epoca di eventi così tragici era fortemente diffusa). Uno dei maggiori studiosi della formazione del canone, J. M. Sánchez Caro, scrive: «Nel cap. 14 [del cosiddetto Quarto libro di Esdra, un testo apocrifo del tardo giudaismo] si narra come Esdra, ispirato dalla divina sapienza, detti a cinque scribi 94 libri in 40 giorni. Secondo le direttive divine essi devono pubblicare i primi 24 affinché siano letti da tutti, e conservare gli altri 70, per consegnarli alla lettura soltanto dei sapienti. In questa narrazione troviamo vari punti interessanti. Si parla innanzitutto di un canone di 24 libri biblici, probabilmen-
9 te gli stessi di Giuseppe Flavio, ma con un computo separato di Rut e Lamentazioni; troviamo inoltre una difesa dei libri apocalittici, il cui numero qui è settanta. Questa apologia consiste nel farne risalire l origine allo stesso Esdra e allo Spirito di sapienza presente in lui. Scopriamo così, di nuovo, il criterio che la corrente del giudaismo farisaico aveva imposto per l accoglimento nella lista canonica di determinati libri, e precisamente che fossero stati composti sotto ispirazione profetica e tramandati senza soluzione di continuità fino ad Esdra. Tutto perfettamente comprensibile, se teniamo presente che queste pagine sono scritte proprio al tempo di Jabneh, quando i rabbini si mostrano chiaramente ostili a gran parte della letteratura apocalittica esistente, distinguendola con precisione dai libri canonici» 1. Il mondo ebraico, che aveva appena patito la dispersione del popolo, a Jabneh trovò, probabilmente, un modo per conservare la propria distinzione: non c era più un Tempio; non c era più una città; non c era più una nazione: che cosa restava? I libri. I libri, dovettero pensare i rabbini riuniti in concilio, potevano essere il vero collante della religione per il tempo dell esilio: occorreva sceglierli bene, garantire al popolo disperso che Tanâk sarebbe stata espressione di una storia di popolo assolutamente insuperabile, nonostante il dramma dei tempi presenti. Probabilmente questo fu anche il motivo per cui i settanta libri apocalittici vennero esclusi dal canone: 1 A.M. Artola J.M. Sánchez Caro, Bibbia e parola di Dio, Brescia 1994, pag. 76.
10 Israele, la propria apocalisse la stava vivendo; non aveva bisogno di promesse tragiche, ma di memorie e speranza. E ne avrebbero avuto bisogno per diciannove secoli. I libri che sporcano le mani. I rabbini facevano distinzione, secondo il loro linguaggio, tra i libri che sporcano le mani e quelli che non le sporcano. Con una mentalità completamente diversa dalla nostra, i libri che sporcano sono quelli ispirati da Dio: essi, infatti, pretendono, dopo essere stati toccati, che si eseguano le abluzioni di rito. Il sacro contamina! Il concilio di Jabneh, dunque, concluse che tutti i libri composti dal giudaismo alessandrino e presenti solo nella traduzione dei LXX venissero esclusi dal canone; qualcuno sostiene che a questa decisione, dovette contribuire anche il fatto che la Bibbia dei LXX era stata adottata dal cristianesimo nascente (il quale, rivolgendosi ai pagani, trovava perfetto quel testo scritto in greco). I libri che non sporcano le mani. Erano, al contrario, i testi presenti nella LXX e non nel Canone ebraico: Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Baruc, Siracide e Sapienza; oltre a questi, anche alcune parti greche dei libri di Daniele e di Ester godevano della medesima caratteristica. LA RIVELAZIONE DI ISRAELE, UNA STORIA COMPLESSA Per quanto non si possa qui approfondire quanto meriterebbe la tradizione biblica di Israele, una cosa ancora va
11 accennata: il valore, accanto alla Bibbia scritta, di una rivelazione orale. Non tutto infatti è stato scritto: per la fede di Israele, la tradizione orale (i commenti, le discussioni, la fede viva) entrano a comporre la rivelazione come una fonte parallela, in fieri. A fianco della Torah scritta, esiste una Torah orale. I Sifre (commentari) a Deuteronomio, una delle raccolte più antiche di commentari rabbinici (III sec. a.c.) riferendosi al passo di Deuteronomio in cui si parla di Torot (plurale di Torah) scrivevano: «Questo insegna che due Torah sono state date a Israele, una scritta e una orale. Un governatore domandò a Rabbi Gamaliele: Quante Torah sono state date a Israele? Egli rispose: Due, una scritta e una orale». Nel medesimo testo troviamo anche queste altre parole: «Rabbi Chaggai [...] diceva: Sono state dette parole per bocca e sono state dette parole per scrittura. Noi non sappiamo quali siano, delle due, le più preziose. Ma poiché sta scritto: Perché per bocca di queste parole ho contratto un alleanza con te e con Israele (Esodo 34,27), si deve dire che le più preziose sono quelle orali». E l inizio di Avot (padri), trattato della Mishnah in cui sono elencate catene di maestri che hanno trasmesso la Torah orale, così conferma : «Mosè ricevette la Torah dal Sinai e la trasmise a Giosuè, e Giosuè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti,
12 e i Profeti agli Uomini della Grande Assemblea. Questi dicevano tre cose: Siate cauti nel giudizio; educate molti discepoli; fate una siepe intorno alla Torah» Fare una siepe intorno alla Torah. L espressione «fare una siepe intorno alla Torah» esprime la grande e intensa comprensione del fenomeno scrittura sacra nell ebraismo: costruire una siepe significa proteggere, difendere dagli sguardi di chi non conosce e non può comprendere il mistero. La siepe sono i precetti che salvaguardano i corretti criteri di interpretazione, che permettono una conoscenza nella tradizione e non quello che potrebbe essere considerato una violenza alla Parola. In questo modo, la molteplicità delle interpretazioni si coniuga con la continuità, la novità si permea di tradizione, le intuizioni arricchiscono il passato ma non nascono orgogliosamente senza di esso. La conoscenza della Scrittura di Dio pretende un avvicinamento a una terra santa e richiede di non esporre a occhi curiosi ciò che non possono comprendere. È ciò che anche Gesù ribadirà nel Vangelo: «Non si danno le perle ai porci». La siepe: Mishnah e Talmud. L antica tradizione orale d interpretazione del testo sacro è raccolta nei due caposaldi della fede ebraica: la Mishnah e il Talmud. Mishnah. La Mishnah (letteralmente: ripetizione, dal verbo shanah = ripetere) raccoglie i detti dei tannaim (dall aramaico tene = studiare). Questi sono gli studiosi che vissero dal-
13 l inizio dell epoca talmudica (contemporanei di Cristo, per esempio, furono Hillel e Shammai) fino al 200 d.c.. Il redattore finale della Mishnah fu Giuda ha-nasì. Talmud. Il Talmud (letteralmente: studio) è un commento alla Mishnah e raccoglie il pensiero dei maestri dal 200 al 600 d.c.. Esistono due grandi recensioni del Talmud: quella palestinese o gerosolimitana (Talmud Jerushalmi) e quella babilonese (Talmud Babli) della fine del sec. VI. Il messaggio del Talmud si presenta in due forme: la Halakhah (ossia: Via da seguire), che riguarda le prescrizioni legali; e la Haggadah (ossia: Racconto), che è un vero e proprio insegnamento narrativo. CREAZIONE DEL CIELO E DELLE LETTERE (un esempio di commento midrashico) «Se esaminano il primo verso della Torah ci rendiamo conto che esso dice Bereshit Barà Elokim ET.... Potremmo leggere: In principio D-o creò ET.. L articolo ET (il), generalmente riferito al cielo, è formato dalla prima e dall ultima lettera dell alfabeto ebraico. Da qui i Maestri imparano che la prima creazione di D-o sono state le lettere, attraverso le quali ha poi creato cielo e la terra. La lingua sacra quindi, come parte integrante della Creazione, come strumento della Creazione. Dire che tutto il mondo la parlava vuol dire che tutti si trovavano in condizione di partecipare alla Creazione del mondo attraverso l ottemperanza al volere Divino espresso dalle lettere dell alfabeto ebraico». (
14 INDICE INTRODUZIONE...pag. 7 PRIMA PARTE ORIGINI E TRADIZIONE I. Come è nato l Antico Testamento...pag. 11 II. Autori e tempi della Bibbia ebraica...pag. 23 III. Il contenuto dei libri dell Antico Testamento (secondo il canone cattolico)...pag. 48 IV. Come è nato il Nuovo Testamento...pag. 65 V. Con che criterio i testi venivano considerati canonici?...pag. 90 VI. Chi sono gli autori del Nuovo Testamento? E quando hanno scritto?...pag. 95 VII. Il contenuto dei libri del Nuovo Testamento...pag. 132 VIII. La complessa questione degli scritti apocrifi...pag. 148 IX. Gli scritti dei Padri apostolici...pag. 154 X. La questione dell ispirazione: lo Spirito santo come autore della Bibbia...pag. 160 XI. La questione delle traduzioni della Bibbia...pag. 166 SECONDA PARTE ANTOLOGIA...pag. 172 BIBLIOGRAFIA...pag. 189
15 Aggiornata il martedì 5 agosto 2008 Edizione Mondolibri S.p.A., Milano MONDOLIBRI S.P.A. PIVA: PAG. 2
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