NOVA JURIS INTERPRETATIO IN HODIERNA GENTIUM COMMUNIONE

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1 NOVA JURIS INTERPRETATIO IN HODIERNA GENTIUM COMMUNIONE 25

2 Direttori Augusto CERRI Sapienza Università di Roma Marco D ALBERTI Sapienza Università di Roma Otto PFERSMANN Université Paris 1 Panthéon Sorbonne Pasquale POLICASTRO Università di Szczecin, Polonia Renato ROLLI Università della Calabria Comitato scientifico Antonio Stefano AGRÒ Presidente di Sezione di Cassazione Carlo AMIRANTE Università degli Studi di Napoli Federico II Giovanni BIANCO Università di Sassari Andrea BIXIO Sapienza Università di Roma Ermanno BOCCHINI Università degli Studi di Napoli Federico II Angelo Antonio CERVATI Sapienza Università di Roma Achille DE NITTO Università di Lecce Gian Paolo DOLSO Università di Trieste Loris IANNUCCILLI Funzionario della Corte costituzionale Ib Martin JARVAD Università di Roskilde, Danimarca Vincenzo MARINELLI Sostituto Procuratore Generale Corte di Cassazione Francesca MIGLIARESE Università di Padova Roberto NANIA Sapienza Università di Roma Joakim NERGELIUS Università di Örebro, Svezia Nicola OLIVA Direttore ufficio ruolo Corte costituzionale Cesare PINELLI Sapienza Università di Roma Salvatore PRISCO Università degli Studi di Napoli Federico II Paolo RIDOLA Sapienza Università di Roma Marek Zirk SADOWSKI Vicepresidente dell IVR, Università di Łódź, Polonia Djan SCHEFOLD Università di Brema, Germania Friedrich-Christian SCHROEDER Università di Regensburg, Germania Massimo SICLARI Università degli Studi Roma Tre Sergio STAMMATI Università degli Studi di Napoli Federico II Paolo STANCATI Università della Calabria Luc J. WINTGENS Università di Brussels, Belgio Rapporti con l estero: Irene SIGISMONDI Comitato di redazione: Ernesto APA, Giancarlo CAPORALI, Linda CERASO, Ornella CORAZZA, Alessandro CORI, Tatiana GALLOZZI, Giuseppina INCALZA, Juan Carlos MEDINA Coordinamento: Irene SIGISMONDI

3 NOVA JURIS INTERPRETATIO IN HODIERNA GENTIUM COMMUNIONE Il compito del giurista è legato per ogni verso all interpretazione: conoscenza del materiale normativo formulato in vario modo, giurisprudenza, soft law, percezione della coscienza sociale. Ogni decisione possibile va scelta e giustificata e queste complesse operazioni racchiudono l oggetto di Nova Juris Interpretatio : il suo ambito si estende dall epistemologia del linguaggio alla teoria delle norme, alle teorie del ragionamento, nei vari campi del diritto ove i problemi dell interpretazione aprono nuove prospettive. È una nuova riflessione sulle discipline giuridiche, ormai policentriche, che richiedono un approccio oltre i confini del diritto, ma senza prescinderne: un esame comune di problemi di metodo e sostanza generali e differenziati per aree storiche e culturali. La collana ospita contributi sui temi più disparati e variegati, offrendo il terreno per confronti critici e spunti stimolanti nell odierna società della globalizzazione (la hodierna gentium communio, appunto). In Nova Juris Interpretatio in hodierna gentium communione sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche in lingua straniera per facilitarne la diffusione internazionale. I direttori approvano le opere e le sottopongono a referaggio con il sistema del «doppio cieco» («double blind peer review process») nel rispetto dell anonimato sia dell autore, sia dei due revisori che scelgono: l uno da un elenco deliberato dal comitato di direzione, l altro dallo stesso comitato in funzione di revisore interno. I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di prima fascia nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere. Ciascun revisore formulerà una delle seguenti valutazioni: a) pubblicabile senza modifiche; b) pubblicabile previo apporto di modifiche; c) da rivedere in maniera sostanziale; d) da rigettare; tenendo conto della: a) significatività del tema nell ambito disciplinare prescelto e originalità dell opera; b) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; c) attenzione adeguata alla dottrina e all apparato critico; d) adeguato aggiornamento normativo e giurisprudenziale; e) rigore metodologico; f ) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; g) uniformità dei criteri redazionali. Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta da uno dei direttori, salvo casi particolari in cui i direttori provvederanno a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell elaborato. Il termine per la valutazione non deve superare i venti giorni, decorsi i quali i direttori della collana, in assenza di osservazioni negative, ritengono approvata la proposta. Sono escluse dalla valutazione gli atti di convegno, le opere dei membri del comitato e le opere collettive di provenienza accademica. I direttori, su loro responsabilità, possono decidere di non assoggettare a revisione scritti pubblicati su invito o comunque di autori di particolare prestigio.

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5 Codice dei beni culturali e del paesaggio a cura di Renato Rolli, Domenico Siclari

6 Copyright MMXVI Aracne editrice int.le S.r.l. via Quarto Negroni, Ariccia (RM) (06) ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: aprile 2016

7 Indice 9 Introduzione 19 Parte I - Disposizioni generali 31 Parte II - Beni culturali 163 Parte III - Beni paesaggistici 209 Parte IV - Sanzioni 231 Parte V - Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore 7

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9 Introduzione 1. Il codice dei beni culturali L organizzazione legislativa dei beni culturali è attualmente il risultato di una complessa evoluzione normativa, che ha trovato il suo culmine nel Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, approvato con D.lgs n. 42/2004. Lo spirito innovatore del codice cavalcava l onda di un momento storico cruciale: la riforma del titolo V della Costituzione; a seguito della quale la materia dei beni culturali, per quanto riguarda la potestà legislativa, veniva scissa in due submaterie: tutela e valorizzazione, appartenenti l una alla legislazione esclusiva dello Stato (1) e l altra alla legislazione concorrente. La nuova formulazione dell articolo 117 seguiva esattamente questa impostazione, ed ebbe come diretta conseguenza una struttura codicistica costruita a immagine e somiglianza, basti notare che l intera parte prima del codice (articoli 1-9) è dedicata all articolazione delle competenze tra Stato e Regioni in merito a tutela e valorizzazione. Mentre la parte seconda è, a sua volta, distinta nel titolo I in cui si tratta la disciplina della tutela, e nel titolo II in cui si tratta la disciplina della valorizzazione. Ai fini di una puntuale chiarezza espositiva, prima di spiegare in cosa consistono nello specifico i concetti di Tutela e Valorizzazione, appare opportuno ricordare che cosa si intenda con la locuzione patrimonio culturale, ovvero il complesso strutturale dei beni cultu- 1 Art. 9 Cost. 9

10 Renato Rolli e Domenico Siclari 10 rali (le cui categorie sono espressamente individuate negli artt 10 e 11 del codice) e dei beni paesaggistici (2). 2. La tutela dei beni culturali Chiarito ciò, possiamo addentrarci sul terreno delle differenze e delle relative competenze. Iniziando dalla disciplina della tutela dei beni culturali, si sottolinea anzitutto che l attività di tutela del patrimonio coincide con l esercizio delle funzioni e la disciplina delle attività dirette a garantire l individuazione, la conoscenza, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale. A presentare tale definizione è l art. 3 del codice, la scelta verbale è piuttosto esplicativa, il concetto di tutela si esprime infatti mediante un quadrilatero di sostantivi di cui i primi due sono individuazione e conoscenza, il loro significato è di ampissima portata perché i beni da tutelare sono innanzi tutto quelli che lo Stato individua e quindi riconosce come culturali, a fronte di un ruolo fondamentale assegnatogli dalla Costituzione, ammezzo dell art. 9, ovvero quello di promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, e al tempo stesso tutelare il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione. Secondo l impostazione codicistica, dal punto di vista attutivo, l oggetto della tutela si esprime su tre livelli: il primo è rappresentato da tutti i beni appartenenti a soggetti pubblici la cui culturalità è in re ipsa. Si tratta, ad esempio di raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, archivi, raccolte librarie (3). Questi beni sono già individuati come culturali, a differenza di quanto accade nel secondo grado di tutela, disciplinato dall art. 12 del codice. Tale norma prevede infatti un meccanismo particolare: le cose mobili e immobili, appartenenti ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza scopo di lucro, che rivestono interesse artistico, storico, 2 L art.134 del Codice dei beni culturali e del paesaggio individua i beni paesaggistici. 3 Art. 10 c. 2 Codice dei beni culturali e del paesaggio.

11 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio 11 archeologico o etnoantropologico ( 4 ), devono essere sottoposte ad un procedimento specifico di verifica ( 5 ) poiché la loro culturalità è messa in discussione. Il terzo livello di tutela è, infine, rappresentato dai beni appartenenti ai privati, indicati nell art. 10 comma 3 del Codice, per questi beni si prevede la possibilità di una sottoposizione a vincolo soltanto in conseguenza del rilascio, da parte del Ministero, della dichiarazione di interesse culturale. Ritornando al già citato articolo 3 del codice dei beni culturali, oltre ai sostantivi individuazione e conoscenza che abbiamo appena analizzato, al suo interno incontriamo, a conclusione del quadrilatero, ulteriori due concetti: protezione e conservazione, ambedue sviluppati nel Capo III del codice (articoli da 20 a 52). In particolare, con riguardo alle misure di protezione si riconoscono due tipi di interventi: quelli assolutamente vietati, che implicano una distruzione e/o danneggiamento del bene, o ancora una sua possibile deviazione dalla naturale artistica destinazione d uso; e quelli eventualmente possibili a seguito del rilascio di apposita autorizzazione (parliamo per esempio di smembramento di collezioni o spostamento dei beni). Come la protezione anche la conservazione è un dovere per lo Stato e per i privati proprietari dei beni culturali, questi ultimi infatti, nel caso in cui volessero avviare un intervento conservativo avranno l obbligo di rivolgersi previamente al Sopraintendente, che valuterà l ammissibilità e il grado di urgenza dell intervento stesso. Inoltre, il Ministero dei Beni Culturali, ai sensi dell art. 32 e qualora lo ritenga necessario, detiene il potere di imporre degli interventi conservativi anche di propria iniziativa; viene così delineandosi la distinzione fra interventi conservativi volontari e imposti. 4 Merita essere segnalato il d.lgs. 156/2006 che ha introdotto una specificazione relativa alle cose di interesse numismatico ; nel senso che quest ultimo sia da rinvenire nel carattere di rarità o di pregio, in rapporto all epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione. 5 Il testo dell art. 12 del Codice, come modificato dal d.lgs.156/2006, non prevede più il meccanismo del silenzio assenso ed indica in 120 giorni dalla richiesta il termine per la conclusione del procedimento di verifica.

12 12 Renato Rolli e Domenico Siclari Dal punto di vista contenutistico l idea di conservazione viene trattata dal codice all articolo 29, come un attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Ogni intervento deve essere affidato in via esclusiva a soggetti altamente qualificati ovvero i restauratori di beni culturali. A fronte del d.lgs 156/2006 il titolo di restauratore è ormai equiparato ad un diploma universitario di secondo livello. Si sono oltretutto stabilite con tale decreto le modalità per la sua acquisizione. Inoltre si è sottolineato che per tutti coloro i quali si fossero iscritti/diplomati prima di maggio 2004, ovvero dell entrata in vigore del codice, presso una scuola di restauro, tale qualifica viene riconosciuta automaticamente. Per tutti i diplomati presso altre scuole, invece, nel rispetto del medesimo criterio temporale, occorre superare una prova di idoneità. 3. La circolazione dei beni culturali Al fine di approfondire le modalità di circolazione dei beni culturali nel nostro paese è necessario partire dall analisi dell articolo 53 del codice, al cui primo comma incontriamo un concetto di fondamentale importanza: quello di demanio culturale. Nello specifico è il codice civile che all art. 822 normativizza tale nozione. Sinteticamente rientrano nel demanio culturale i beni appartenenti allo Stato, alle Regioni e agli altri enti pubblici territoriali. Data l importanza che tali beni rivestono, si determina per questi ultimi la totale incapacità di essere oggetto di negozi di diritto privato, costitutivi di diritti a favore di terzi. Essi sono dunque inalienabili. L inalienabilità però non è sempre assoluta, bensì si struttura su 3 differenti livelli d azione: il primo è costituito dai beni sui quali vige un divieto definitivo di trasferibilità, essi quindi, avendo un valore culturale preponderante, in nessun caso possono essere alienati. (Inalienabilità assoluta). Il secondo riguarda sempre beni afferenti il demanio culturale, tuttavia si prevede qui la possibilità di un loro trasferimento, previa autorizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e nel rispetto di una tutela compatibile con il carattere artistico del bene. Infine, il terzo livello riguarda tutte le cose al di fuori della categoria demanio, la cui circola-

13 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio 13 zione è possibile a condizione anche qui di previa apposita autorizzazione ministeriale. L obbligo di rendere edotto il Ministero in merito al trasferimento dei beni assolve ad una funzione di controllo sulla circolazione, in perfetta armonia con il disposto dell art. 9 Cost.; lo Stato può infatti agire intromettendosi sul suo naturale andamento circolatorio, per esempio esercitando, a norma dell art. 60, il diritto di prelazione. L istituto della prelazione conferisce alla parte pubblica il potere di essere scelto dall alienante, a parità di condizioni, in luogo di qualsiasi altro contraente. A seguito del suo esercizio il bene confluisce dalla proprietà privata direttamente al demanio di cui all art. 822 C.C. Ulteriore facoltà, di cui lo Stato è titolare, coincide con la possibilità di espropriare i beni culturali. Ciò tuttavia può succedere solo alla ricorrenza di una condizione ben precisa, ai sensi dell art. 95, ovvero il fine pubblico inteso come un interesse al miglioramento della tutela e fruizione del patrimonio. Dunque, il Ministero può autorizzare le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, nonché ogni altro istituto che sia pubblico, ad effettuare l espropriazione purché l atto sia volto ad un miglioramento produttivo di benefici per la collettività. Il Capo V del codice, articoli da 65 a 87, è invece dedicato alla circolazione dei beni culturali fuori dai confini nazionali. La regola cardine (6), alla base della disciplina internazionale, è il divieto di uscita dalla Repubblica di qualsiasi oggetto afferente al patrimonio storico artistico del paese. Questo divieto può però temperarsi in due casi: l uscita definitiva, possibile solo per i beni culturali di cui al comma 3 dell art. 65, e l uscita temporanea per ragioni espositive, mostre o manifestazioni. 4. La valorizzazione dei beni culturali La valorizzazione dei beni culturali (7) è, insieme alla tutela, l altra funzione cardine che Stato e apparati territoriali devono tendere 6 Espressa nell art. 65 del Codice dei beni culturali.

14 Renato Rolli e Domenico Siclari 14 a realizzare. Il codice la descrive come l attività volta a promuovere la conoscenza e la fruizione pubblica del patrimonio culturale. É possibile distinguere tra valorizzazione ad iniziativa pubblica (art. 112 COD) e valorizzazione ad iniziativa privata (art.113 COD). Relativamente alla prima le regioni oltre ad avere potestà legislativa, possono esercitare le loro funzioni sulla base di specifici accordi di programma da realizzarsi tanto con lo Stato quanto con enti territoriali minoritari, cui possono delegarsi alcune funzioni sulla base del principio di sussidiarietà. L art. 112 del codice, riformulato dal d.lgs.156/2006 oltre a confermare la possibilità del ricorso a questo tipo di intese, consente anche la costituzione di appositi soggetti giuridici. Si sottolinea che entrambi questi strumenti mirano all elaborazione di piani strategici di valorizzazione e sviluppo culturale. Il medesimo decreto di cui sopra, ha novellato un altro articolo relativo alla valorizzazione ad iniziativa pubblica, stiamo parlando del 115, a norma del quale si intravedono due forme di gestione delle attività di valorizzazione: quella diretta, svolta attraverso strutture organizzative interne alle amministrazioni, autonome, ben organizzate e dotate di personale tecnico; e quella indiretta che si esercita mediante l istituto dell affidamento in concessione a terzi (8). Infine, relativamente alla valorizzazione ad iniziativa privata, volendo schematizzare, si potrebbe dire che per i beni culturali privati in via ordinaria spetta al proprietario definire il se ed il come di eventuali iniziative di valorizzazione, potendosi in ogni caso sempre avere un intervento da parte dei soggetti pubblici, secondo quanto dispone il primo comma dell art Ai sensi degli articoli 6 e 7 Codice dei beni culturali. 8 Prima del d.lgs 156/2006 sussisteva anche l alternativa dell affidamento diretto a istituzioni fondazioni ed enti.

15 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio I beni paesaggistici Le funzioni di tutela e valorizzazione che lo Stato e le regioni esercitano nell esercizio delle loro competenze e nel rispetto del principio di sussidiarietà, sancito dall art. 118, sono dirette oltre che alla protezione dei beni culturali, anche alla salvaguardia dei valori paesaggistici. Le principali disposizioni in questo ambito sono contenute nella parte terza del codice (esse riprendono, pur con delle modifiche, le norme del titolo II del T.U. di cui al d.lgs. n. 490 del 1999). La prima norma di riferimento è l art. 131 che chiarisce la definizione di paesaggio, individuandolo nella porzione di territorio in cui è fortemente percepibile tanto la manifestazione della natura, quanto la presenza della storia umana, e le reciproche interrelazioni. L elenco specifico dei beni paesaggistici lo rintracciamo, invece, all art La disciplina dei beni culturali presenta dei forti punti di contatto con quella dei beni paesaggistici, anche questi ultimi infatti per fruire di una tutela adeguata hanno bisogno di essere riconosciuti nella loro unicità e infungibilità. Per tale ragione sussiste uno specifico meccanismo, disciplinato dagli articoli , volto ad ottenere il rilascio di una dichiarazione di notevole interesse pubblico da parte della Regione. Essa contiene una specifica disciplina di tutela, nonché l eventuale previsione di interventi di valorizzazione da operarsi sugli immobili di riferimento. Queste indicazioni andranno a costituire parte integrante del c.d. piano paesaggistico. Più dettagliatamente vediamo infatti che la Regione è tenuta, una volta individuate le aree da salvaguardare, ad elaborare dei piani strategici ad hoc, in collaborazione con lo Stato, secondo quanto dispone l art. 135 del codice (9). 9 La collaborazione Stato/regioni a norma dell art. 135 viene realizzata nelle forme previste dall art. 143 che, ai commi 3 e 4, è stato innovato ad opera del d.lgs. n. 157/2006. Il comma 3 come modificato prevede ora che le regioni possano elaborare i piani paesaggistici congiuntamente con i due Ministeri: beni culturali ed ambiente; previa stipula di specifiche intese. Il comma 4 prevede invece il parere obbligatorio ma non vincolante del sopraintendente, qualora venga approvato il detto piano paesaggistico.

16 16 Renato Rolli e Domenico Siclari É bene ricordare che si sancisce a carico dei proprietari, possessori o detentori di aree di interesse paesaggistico, un generale divieto di distruzione e/o introduzione di elementi che rechino pregiudizio ai valori territoriali oggetto di protezione. Dunque, qualsiasi opera da eseguire (fuori dai casi di cui all art. 149 COD 10 ) necessita di un apposita autorizzazione che ne comprovi la compatibilità con l ambiente circostante. In particolare si prevedono due tipi di autorizzazione: una ordinaria, disciplinata dall art. 146, ed una relativa ad opere da eseguirsi da parte di amministrazioni dello Stato, regolata dall art Relativamente al primo tipo di autorizzazione, si segnala la necessità del parere obbligatorio di speciali Commissioni locali per il paesaggio istituite dall art Peculiare è il caso regolamentato dal codice in cui l opera è già stata eseguita, scavalcando a piè pari il regime obbligatorio delle autorizzazioni. Fattispecie come questa sono governate dal principio generale secondo il quale l autorizzazione non può mai essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, di interventi. Sussiste tuttavia un eccezione: si tratta dei c.d. piccoli abusi, di cui ai commi 4 e 5 dell art. 167 (introdotti dal d.lgs. n. 157/2006). Un abuso si definisce minimo quando non comporta aggiunte di superfici o di volumi, perciò l impatto ambientale che ne deriva risulta scarsamente rilevante. In questo peculiare caso è possibile il rilascio di un autorizzazione in sanatoria successiva alla realizzazione. Al di là dell eccezionale situazione del piccolo abuso, la disciplina codicistica vuole, nella generalità dei casi, che per tutte le opere 10 L art. 149 Codice dei beni culturali e del paesaggio, elenca gli interventi per i quali non è richiesto il rilascio dell autorizzazione paesaggistica: a) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l aspetto esteriore degli edifici; b) interventi inerenti l esercizio dell attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l assetto idrogeologico del territorio; c) il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall articolo 142, c. 1, lett. g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

17 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio 17 realizzate in assenza o in difformità dall autorizzazione paesaggistica siano irrogate delle sanzioni amministrative: a spese del trasgressore è stabilito un obbligo di rimessione in pristino. Il procedimento sanzionatorio spesso prende avvio da una segnalazione di presunto abuso ambientale, presentata o dalle autorità cui spetta la vigilanza sul territorio, ovvero da singoli privati o, ancora, da associazioni; può però essere avviato anche d ufficio, a seguito di sopralluoghi oppure a seguito di istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica secondo l art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n Disposizioni transitorie e norme speciali La V e ultima parte del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rubricata disposizioni transitorie, si compone di 3 articoli: 182, 183 e 184. Si segnala che il decreto legislativo n. 157/2006 ha introdotto tre nuovi commi all art. 182; il comma 3-bis è finalizzato a disciplinare la conclusione dei procedimenti di autorizzazione in sanatoria, a condizione che la domanda sia stata presentata entro il 30 aprile 2004 e non ancora definita alla data di entrata in vigore del detto comma, oppure sia stata rigettata senza una pronuncia nel merito, mediante determinazione di improcedibilità (11). Il successivo comma 3-ter, invece, mira a chiarire l efficacia amministrativa delle domande di condono paesaggistico presentate entro il 30 gennaio Infine l art.182 comma 3-quater conferma l applicabilità delle sanzioni di cui all articolo 167 comma 5, per tutti gli accertamenti di compatibilità paesaggistica effettuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione. A proposito di norme speciali segnaliamo che nello stesso anno di entrata in vigore del codice dei beni culturali, è Stato emanato anche il d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 30, recante modifiche alla disciplina degli appalti di lavori pubblici su beni culturali. In parti- 11 In tale ultimo caso l autorità competente è obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge (Art. 182 c.3-bis).

18 18 Renato Rolli e Domenico Siclari colar modo si deroga alla normale disciplina degli appalti essendo pregnante l esigenza di salvaguardia del patrimonio storico artistico su cui tali lavori dovrebbero eseguirsi. Le modifiche in oggetto intervengono: sulle procedure di individuazione del contraente, sui criteri per l aggiudicazione e sui limiti previsti per l ammissibilità di varianti in corso d opera. I contenuti del d.lgs. sono recentemente confluiti nel Codice dei contratti pubblici, adottato con d. lgs. n. 163 del 2006.

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