OTTIMIZZAZIONE DEL RAPPORTO RISCHIO-BENEFICIO NEI PROTOCOLLI CLINICI IN RADIODIAGNOSTICA
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- Timoteo Parente
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1 AZIENDA OSPEDALIERA S.GIOVANNI-ADDOLORATA FISICA SANITARIA CORSO DI AGGIORNAMENTO 2012 OTTIMIZZAZIONE DEL RAPPORTO RISCHIO-BENEFICIO NEI PROTOCOLLI CLINICI IN RADIODIAGNOSTICA DESTINATARI: Fisici, Medici Radiologi, Tecnici Sanitari di Radiologia PROGRAMMA 1. Diversi approcci alla radioprotezione:paziente, operatori, pubblico Rapporto rischio-beneficio nelle attività radiodiagnostiche dose individuale e dose collettiva I principi della radioprotezione del paziente nella legislazione italiana vigente Controlli di qualità e ottimizzazione Accorgimenti per la riduzione della dose al paziente. Livelli Diagnostici di Riferimento e protocolli clinici Diversi approcci alla radioprotezione:paziente, operatori, pubblico Le attività umane, soprattutto con l avvento delle nuove tecnologie sempre più complesse, qualche volta introducono, accanto a nuovi benefici, anche nuove problematiche riguardanti la sicurezza per gli individui coinvolti. Spesso non è possibile eliminare del tutto la componente rischio, perciò occorre valutarne volta per volta l accettabilità, concetto molto complesso da gestire, in quanto la sua stima comporta l analisi di molti parametri, non tutti facilmente quantificabili. Nell analisi del rischio conseguente all impiego per scopi sanitari delle radiazioni ionizzanti occorre conoscere in dettaglio: Le caratteristiche fisiche della/e sorgente/i di radiazioni ionizzanti e dei luoghi dove le stesse sono detenute ed impiegate Le modalità d uso Gli operatori addetti alla loro utilizzazione (categoria, numero, competenze, addestramento, ecc.) I pazienti sottoposti ad esami diagnostici e/o terapie radianti (numero, tipologia di malattia, ecc.) L impatto sugli individui della popolazione inevitabilmente coinvolti. Il contributo alla valutazione del rischio delle prime due categorie, essendo determinando dalle dosi in gioco nei diversi esami e cure mediche, è facilmente quantificabile. La dose al paziente può oggi essere monitorata con diversi mezzi, spesso integrati nello stesso apparecchio e questo ha migliorato l efficienza delle procedure. Nel campo della radiodiagnostica l impiego di rivelatori più sensibili e più veloci ha permesso di eseguire gli esami tradizionali con una minore emissione di radiazioni, e anche in medicina nucleare sono stati introdotti nuovi radioisotopi a vita breve e a basso dosaggio. Sono state introdotte apparecchiature e procedure di nuova generazione che, se da un lato in molti casi hanno aumentato le dosi in gioco, dall altro lato hanno migliorato e allargato le possibilità diagnostiche e terapeutiche. Il notevole bagaglio di conoscenze nel campo dei danni da radiazioni ha avuto come risultato lo sviluppo di tecniche più sicure: per esempio, l introduzione dell after-loading nella brachiterapia, dove le sorgenti radioattive sono immesse nella sede individuata nel paziente solo dopo aver predisposto e verificato l impianto. Notevole è stata anche l evoluzione nel settore dei dispositivi di protezione individuali per i lavoratori: oggi sono prodotti camici, grembiuli, guanti con caratteristiche di comfort e maneggevolezza impensabili solo qualche decina di anni fa. 1
2 Mediamente è anche aumentato il livello di preparazione del personale, sia per aver elevato le scuole per la formazione degli operatori sanitari al rango di corsi universitari, sia per la presenza ormai obbligatoria di programmi di formazione per la sicurezza all interno delle Aziende Sanitarie. Quando si incominciano ad esaminare le categorie che coinvolgono gli individui, la valutazione del rischio si complica, perché il rapporto rischio-beneficio assume significati diversi per il paziente, il lavoratore, la popolazione e la valutazione si basa prevalentemente su elementi, non facilmente quantificabili, che riguardano la salute degli individui. Per il paziente il rapporto rischio-beneficio è da determinare su base individuale, ed è ovvio che dovrebbe essere tutto a vantaggio del beneficio, o, quantomeno, alla pari. Si valuta, come per la somministrazione di un farmaco, la dose necessaria per ottenere una risposta adeguata ad un quesito diagnostico, oppure una risposta in termini di riduzione o controllo tumorale nel caso della radioterapia, e, nel contempo, si valutano gli effetti collaterali dannosi: la migliore scelta della dose da somministrare sarà sempre il risultato di un compromesso. Poiché l evoluzione scientifica e tecnologica ha introdotto esami e cure alternative a quelle radianti, oggi è possibile e doveroso valutare se sia indispensabile sottoporre il paziente a dosi da radiazioni ionizzanti. Per il lavoratore, invece, poiché il beneficio è nullo, occorre semplicemente limitare il rischio, dopo averne definito il limite accettabile. Allo stato attuale, la maggior parte delle operazioni svolte dai lavoratori esposti in ambito sanitario non dovrebbe comportare dosi così elevate da causare danni deterministici, pertanto l esposizione lavorativa rientra nel campo delle basse dosi, che sono causa di effetti stocastici. Tuttavia, poiché, allo stato attuale delle conoscenze, non sembra esserci una dose soglia per gli effetti stocastici, il rischio non può mai essere considerato nullo, perciò il criterio generale della protezione è quello di limitare l esposizione al livello più basso compatibile con le operazioni da svolgere. Particolare attenzione va riservata alla preparazione e all aggiornamento del personale. Se è vero, come sopra accennato, che il livello di preparazione degli operatori è mediamente aumentato, è anche vero che le apparecchiature di ultima generazione comportano un continuo aggiornamento delle conoscenze individuali per poterle usare al meglio. Per motivazioni quasi mai dipendenti dai lavoratori, non sempre questo aggiornamento viene attivato, trascurando il fatto che essi hanno la responsabilità, più o meno grande a seconda del ruolo, dell impiego delle sorgenti e, quindi, delle dosi in gioco per se stessi, per gli altri lavoratori, per i pazienti, per la popolazione. Anche per gli individui della popolazione (non lavoratori e non pazienti) il beneficio è nullo e in questo caso la limitazione delle dosi avrà valori massimi ancora più stringenti, in quanto si tratta per lo più di persone ignare di un eventuale rischio, dal quale evidentemente non possono difendersi con i propri mezzi. Nelle valutazioni dei rischi derivanti da attività umane vengono spesso prese in considerazione due categorie di rischio: quello individuale e quello collettivo. Non fa eccezione il rischio radiologico. Sia per i lavoratori che per la popolazione la stima del rischio deve essere fatta sia su base individuale che su base collettiva, introducendo nell elenco dei danni possibili anche quelli genetici, che, oltre che al crescere della dose, aumentano all aumentare del numero di persone irradiate. 2. Rapporto rischio-beneficio nelle attività radiodiagnostiche dose individuale e dose collettiva E già stato osservato come sia evidente il beneficio individuale per un paziente e, come, invece, sia nullo per un lavoratore. Considerando invece la popolazione nel suo insieme, è possibile valutare un beneficio collettivo di ogni singola attività sanitaria, quantificandolo in termini di successi diagnostici o terapeutici. La tendenza all aumento progressivo dei benefici è estremamente evidente: basti semplicemente pensare alla risoluzione molto spinta delle nuove tecniche diagnostiche che ha permesso diagnosi sempre più accurate e precoci e alla precisione delle nuove tecniche terapeutiche che hanno aperto possibilità di cura di lesioni sempre più piccole e in posizioni critiche. Vediamo ora come sia possibile quantificare i rischi individuali e collettivi. 2
3 Il D.Lgs. 187/2000 definisce il detrimento individuale per la salute come gli effetti negativi clinicamente osservabili che si manifestano nelle persone o nei loro discendenti e la cui comparsa è immediata o tardiva e, in quest ultimo caso, probabile ma non certa (art.2, 1e). L indicatore impiegato per quantificare il detrimento individuale è la probabilità che un certo effetto si verifichi. Tale probabilità è legata alla dose efficace, che tiene conto sia del tipo ed energia delle radiazioni sia delle modalità con cui la dose è stata assorbita dall individuo. Il concetto di detrimento si può allargare alla collettività comprendendo tutti gli effetti dannosi subiti da una certa popolazione, includendo sia quelli oggettivi (le conseguenze sanitarie, clinicamente osservabili) sia quelli più soggettivi, di natura non sanitaria, collegabili per esempio ad uno stato di malessere psicologico. Ovviamente, gli unici effetti quantificabili sono quelli soggettivi. Se consideriamo solo eventi come i tumori letali e gli effetti ereditari gravi, il detrimento (G) si può esprimere come G = NΣ i p i Dove N è il numero di individui della popolazione considerata e p i è la probabilità che il singolo individuo sia colpito dall effetto i. La relazione tra detrimento collettivo e grandezze dosimetriche non è semplice, per questo è stato introdotto il concetto di Equivalente di dose efficace collettivo, che rappresenta la somma delle dosi efficaci ricevute da tutti gli individui della popolazione e si esprime in Sv-persona. Uno studio americano (NCRP (National Council on Radiation Protection and Measurements) Report 160: Ionizing Radiation Exposure of the Population of the USA, March 3, 2009) ha evidenziato una crescita delle esposizioni annuali della popolazione, dovuta alla notevole crescita della dose per scopi medici, che in 25 anni è passata dal 15% al 55% (percentuale calcolata sul totale di esposizioni alle radiazioni, comprese le cause naturali). Non a caso l anno di partenza dello studio è il 1980, poiché segna l inizio dell impiego diffuso della Tomografia Computerizzata in radiodiagnostica. Infatti, a partire dal 1980, si è riscontrato un aumento abbastanza costante di circa 8-10%/anno degli esami CT, che in USA costituiscono attualmente circa il 50% di tutte le indagini radiologiche. L esposizione pro-capite per scopi medici è passata da 0.54 msv/anno nel 1980 a 3 msv/anno nel 2006, quindi, poiché la frazione dovuta alle esposizioni naturali si è mantenuta pressoché costante, l esposizione totale è aumentata da 3.6 a 5.4 msv/anno. Dosi assorbite dalla popolazione per esposizione medica (NCRP Report 160: Ionizing Radiation Exposure of the Population of the USA, March 3, 2009) Studi portati avanti in Europa e in Italia hanno mostrato analoga tendenza, ma con valori di dose efficace un po più bassi. Basandosi su dati UNSCEAR e sul censimento ISTAT 2000 S.Vigorito et al. (2002) hanno valutato il contributo della tomografia computerizzata alla dose efficace collettiva in Italia nell attività di radiodiagnostica, dopo aver eseguito il censimento delle apparecchiature TC. 3
4 La dose efficace media pro-capite per esami TC nel 2000 è stata stimata in 0.29 msv, circa il 30% della dose efficace dovuta a tutte le attività di radiodiagnostica. Il risultato è stato inaspettatamente più alto rispetto ai dati europei riportati in letteratura: pur essendo presumibilmente giustificato dal grande numero di apparecchi TC presenti in Italia (25,6 per milione di abitanti nel 2000, contro una media europea di 6-13), si ravvisa la necessità di ulteriori approfondimenti. Lo sforzo di tenere bassa la dose collettiva è doveroso per evitare l incidenza annuale di malattie gravi nella popolazione (per esempio, nei circa 60 milioni di cittadini italiani). Su una scala così ampia la riduzione della dose produce effetti evidenti, mentre sul singolo individuo si ha solamente una riduzione della probabilità di ammalarsi, per esempio di sviluppare un tumore. Ma l entità di questa riduzione è talmente piccola da non essere percepibile: rispetto alla probabilità naturale di ammalarsi, la riduzione può essere dell ordine di 1 su I principi della radioprotezione del paziente nella legislazione italiana vigente Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187 "Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 157 del 7 luglio Supplemento Ordinario n. 105 La protezione del paziente compare per la prima volta in Italia nel D.Lgs. 230/1995, abrogato e sostituito con il Il D.Lgs.187/2000, che rappresenta la prima legge italiana a trattare l argomento in modo organico. Fino a quel momento, poiché si supponeva che le esposizioni per scopi medici avessero una giustificazione intrinseca per il fatto di essere una conseguenza di un attività volta al beneficio del paziente, ci si affidava a norme di buona tecnica, non vincolanti per gli operatori. I principi generali della radioprotezione, la giustificazione, l ottimizzazione e la limitazione delle dosi, si possono applicare anche alla protezione del paziente, in modo che il bilancio rischiobeneficio si mantenga favorevole. Nell art.3 viene preso in esame il Principio di giustificazione: In esso viene vietata l esposizione non giustificata, obbligando di fatto il medico prescrivente a fare una valutazione dell efficacia delle esposizioni mediche mediante la valutazione dei potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici complessivi da esse prodotti, inclusi i benefici diretti per la salute della persona e della collettività, rispetto al danno alla persona che l esposizione potrebbe causare, tenendo conto dell efficacia, dei vantaggi e dei rischi di tecniche alternative disponibili, che si propongono lo stesso obiettivo, ma che non comportano un esposizione, ovvero comportano una minore esposizione alle radiazioni ionizzanti.. E importante osservare che, più avanti, lo stesso articolo recita: i tipi di pratiche esistenti che comportano esposizioni mediche possono essere riveduti ogniqualvolta vengano acquisite prove nuove e rilevanti circa la loro efficacia o le loro conseguenze; e il processo di giustificazione preliminare e di revisione delle pratiche deve svolgersi nell ambito dell attività professionale specialistica tenendo conto dei risultati della ricerca scientifica. Quanto sopra ha come conseguenza che la valutazione non può essere fatta una tantum per una determinata pratica, individuando categorie di esami o terapie giustificate e altre che non lo sono, ma per ogni radiografia o strategia terapeutica è necessario fare una valutazione. Poiché questa valutazione deve essere fatta da un medico specialista e deve tenere conto dei risultati della ricerca scientifica, in questo articolo è implicito l obbligo dell aggiornamento professionale. 4
5 Infatti Tutte le esposizioni mediche individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli obiettivi specifici dell esposizione e delle caratteristiche della persona interessata. Se un tipo di pratica che comporta un esposizione medica non è giustificata in generale, può essere giustificata invece per il singolo individuo in circostanze da valutare caso per caso. Inoltre: Il prescrivente e lo specialista, per evitare esposizioni non necessarie, si avvalgono delle informazioni acquisite o si assicurano di non essere in grado di procurarsi precedenti informazioni diagnostiche o documentazione medica pertinenti alla prevista esposizione. Nell art.4 viene preso in esame il Principio di ottimizzazione. In particolare, per la radiodiagnostica: Tutte le dosi dovute a esposizioni mediche per scopi radiologici di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione delle procedure radioterapeutiche, devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell informazione diagnostica richiesta, tenendo conto di fattori economici e sociali; il principio di ottimizzazione riguarda la scelta delle attrezzature, la produzione adeguata di un informazione diagnostica appropriata o del risultato terapeutico, la delega degli aspetti pratici, nonché i programmi per la garanzia di qualità, inclusi il controllo della qualità, l esame e la valutazione delle dosi o delle attività somministrate al paziente. 4. Controlli di qualità e ottimizzazione L applicazione del principio di ottimizzazione comporta il coinvolgimento di diverse figure professionali, in particolare il fisico medico e il responsabile dell impianto radiologico. Questi dovranno mettere a punto un programma di garanzia della qualità i cui elementi fondamentali sono: programma di controlli sulle apparecchiature e accessori programma di controlli sulle procedure programma di valutazione delle dosi e confronto con livelli di riferimento documentazione I programmi ed i protocolli devono rispettare la normativa nazionale e basarsi su linee guida di organismi nazionali ed internazionali. Con esplicito riferimento, la legge delega alcuni aspetti della garanzia di qualità anche al medico specialista e al tecnico sanitario di radiologia medica. I controlli di qualità non sono controlli di funzionamento delle macchine. In pratica, se una macchina non funziona non ha senso sottoporla a controllo di qualità. La serie di test da eseguire in un corretto protocollo di controllo di qualità deve accertare che alcuni parametri, ritenuti fondamentali per l ottimizzazione della prestazione, rientrino nei limiti previsti. Il termine ottimizzazione si applica ad una procedura, sia essa un esame diagnostico o una terapia e si potrebbe anche tradurre con adeguatezza, in termini di bilancio tra dose rilasciata e risultato atteso. Nel caso della radiodiagnostica, come già accennato si tratta di analizzare il quesito diagnostico e, dopo aver giustificato l impiego di una tecnica radiante, scegliere quella che fornisca il miglior risultato con il minimo rilascio di dose. Nella terapia, invece, ovviamente non è possibile impiegare dosi troppo basse, poiché c è il rischio non solo di non produrre risultati terapeutici ma addirittura di selezionare ceppi di cellule resistenti. In questo caso, proprio perché sono in gioco dosi molto elevate, l ottimizzazione consisterà nell ottenere la massima accuratezza nella somministrazione della dose, sia in termini geometrici che dosimetrici. L ottimizzazione parte già all atto dell installazione della macchina, quando vengono eseguite le prove di accettazione. Le macchine, infatti, devono soddisfare dei requisiti minimi, che devono essere verificati all interno della struttura che le userà, anche quando le ditte costruttrici forniscono i loro dati. Oltre al fatto che non sempre i protocolli usati dalle Ditte sono compatibili con quelli delle strutture sanitarie (soprattutto nel caso che le Ditte siano straniere, quindi soggette a differenti normative), la legislazione italiana attribuisce al responsabile dell impianto radiologico la 5
6 responsabilità dell accettazione e dei successivi controlli periodici, quindi è bene eseguire le prove secondo il protocollo locale. Il responsabile dell impianto radiologico ha il compito di dare un giudizio clinico sull adeguatezza della macchina all impiego che se ne intende fare. Pertanto, il risultato dei test, riportato su apposito verbale e sottoscritto dall Esperto in Fisica Medica, essendo solamente un report tecnico, non è sufficiente a stabilire l idoneità o meno dell apparecchiatura all impiego clinico. In sintesi, la garanzia di qualità assicura la protezione del paziente da eventuali dosi indebite generate da carenze delle apparecchiature e garantisce che l entità della dose sia adeguata al tipo di esame a cui è sottoposto. 5. Accorgimenti per la riduzione della dose al paziente. Livelli Diagnostici di Riferimento e protocolli clinici Nel momento in cui nuovi dispositivi e nuovi software sempre più complessi e sofisticati stanno cambiando in modo radicale l impiego delle radiazioni in campo medico, occorre porre molta attenzione alle conseguenze di ciò sulla sicurezza del paziente. Spesso le nuove tecnologie introducono nuovi rischi, creando nuove possibilità di errore e, soprattutto, la complessità può rendere più difficile una pronta rilevazione di questi errori. E tuttavia vero che molti errori possono essere identificati e gestiti seguendo adeguati protocolli operativi di ricognizione, ed è certamente utile che i relativi report vengano resi noti, ma chi lavora quotidianamente con le nuove tecnologie sa che alcune procedure di sicurezza sono sorpassate. Le cause sono molteplici: le società scientifiche non sempre riescono a tenere il passo del rapido progresso tecnologico; le strutture sanitarie troppo spesso non hanno sufficienti risorse finanziarie per dotarsi di tutti i presidi di controllo per la qualità e la sicurezza e di un numero adeguato di personale competente (in primis, fisici medici); le ditte fornitrici delle apparecchiature, nella corsa all appalto, qualche volta vendono macchine sofisticate prima che tutti i difetti siano stati identificati e rimossi. E significativo, come esempio, il caso accaduto negli USA in quattro ospedali e reso noto recentemente (New York Times, 26 gennaio 2010), riguardante circa 300 pazienti colpiti da ictus, che hanno ricevuto una dose significativamente superiore a quella necessaria durante gli esami CT di routine. La CT è la modalità di imaging più utilizzata per la diagnosi dell'ictus e ogni paziente può essere sottoposto anche a 4 esami CT in breve tempo. Il primo centro ad accorgersi del problema è stato il Cedars-Sinai Medical Center, uno dei più importanti ospedali di Los Angeles, dove 260 pazienti hanno ricevuto una dose circa 8 volte superiore a quella prevista. Ci si è accorti dell errore solamente dopo 18 mesi, quando i pazienti hanno incominciato a perdere i capelli. Sebbene le alte dosi fossero riportate sui monitor degli apparecchi, come ormai accade per tutte le macchine CT, i tecnici che eseguivano gli esami non le avevano notate. Mentre da una parte la FDA (Food and Drug Administration) sta analizzando i protocolli difettosi (poiché sembra accertato che non si trattò di malfunzionamento della macchina), allertando nel frattempo gli ospedali a porre particolare attenzione nell eseguire esami CT per la diagnosi dell ictus, d altra parte si sta riflettendo sulla necessità di preparare adeguatamente gli operatori per individuare tempestivamente condizioni anomale. La situazione degli USA da questo punto di vista è preoccupante, perché in molti stati non sono richiesti titoli di studio specifici per esercitare la professione di fisico medico o di tecnico di radiologia, mentre in Italia ciò non è possibile. Tuttavia, nonostante la preparazione specifica, se non c è una perfetta conoscenza delle macchine e dei protocolli alla base del loro funzionamento è sempre possibile non accorgersi di eventi anomali. Un altro aspetto del problema merita attenzione: in molti casi, maggiore è la dose, migliore è l immagine. Se non si pone sufficiente attenzione ai parametri impiegati per una determinata indagine si rischia di somministrare al paziente dosi troppo alte, ingiustificate e dannose. L obiettivo della riduzione della dose può essere raggiunto con due strade principali. 6
7 Il primo percorso riguarda la definizione della qualità dell immagine appropriata per ogni esame diagnostico, per evitare di richiedere una maggiore risoluzione o un minor rumore di quelli ritenuti necessari. Per esempio, rimanendo nell ambito della CT, una colongrafia, che deve riconoscere strutture di tessuto molle come i polipi su un fondo di aria, ha una situazione di alto contrasto che non richiede un livello di rumore troppo basso, quindi si può tenere bassa la dose. Una situazione di basso contrasto, invece, come un esame dell encefalo o dell addome superiore, richiede un basso livello di rumore, quindi la dose dovrà necessariamente essere più elevata. Espresso in questo modo il problema sembra di semplice soluzione, in realtà la qualità dell immagine dipende dalla complessa combinazione di molti fattori, come corrente e tensione al tubo RX, tempo di scansione, pitch e, nel caso di CT multislice, la combinazione dei banchi di rivelatori scelta per produrre l immagine e le loro dimensioni. Non sono da trascurare i fattori soggettivi, ovvero le preferenze degli osservatori (i medici refertanti). Un metodo per definire la qualità dell immagine a partire dalla dose è valutare un indicatore dosimetrico, tipico di un determinato esame: il livello diagnostico. Il D.Lgs. 187, Art.2, comma 1, lettera p introduce la definizione di livelli diagnostici di riferimento: livelli di dose nelle pratiche radiodiagnostiche mediche o, nel caso della medicina nucleare diagnostica, livelli di attività, per esami tipici per gruppi di pazienti di corporatura standard o fantocci standard per tipi di attrezzatura ampiamente definiti. Tali livelli non dovrebbero essere superati per procedimenti standard, in condizioni di applicazione corrette e normali riguardo all intervento diagnostico e tecnico. I livelli diagnostici di riferimento, quindi, non sono dei limiti di dose insuperabili e vincolanti, ma costituiscono dei livelli di guardia: nel caso in cui i propri livelli superino quelli di riferimento occorre indagarne il motivo e valutare se questo sia giustificato o se, invece, non si possano applicare misure correttive. In pratica, è un metodo di autovalutazione per capire se si stanno utilizzando protocolli diagnostici adeguati. La legge prevede che questa valutazione venga fatta ogni due anni, poiché è necessario aggiornare il proprio modo di lavorare al variare delle apparecchiature e dei software di ricostruzione delle immagini. Tutti ci accorgiamo come non sia opportuno, oggi, lavorare come si faceva appena qualche decina di anni fa, quando, vicino alle console di comando, erano appese tabelle scritte a mano dai tecnici di radiologia con i parametri di esposizione nelle diverse tipologie di esami e di pazienti. Allora, per la semplicità delle apparecchiature e poiché i rivelatori erano pellicole radiografiche, queste annotazioni erano sufficienti ad assicurare che gli esami fossero eseguiti nel modo più corretto e le tabelle venivano tramandate ai colleghi più giovani perché diventassero patrimonio di tutti. Tutto ciò costituiva, di fatto, il primo, rudimentale esempio di protocolli clinici. 7
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