ORGANISMO UNITARIO DELL AVVOCATURA ITALIANA. Rassegna stampa. 19 maggio Responsabile :Claudio Rao (tel. 06/

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1 Ufficio stampa Rassegna stampa 19 maggio 2011 Responsabile :Claudio Rao (tel. 06/

2 SOMMARIO Pag 3 CONCILIAZIONE: L OUA mette a disposizione degli avvocati atti e documenti da esibire in tutte le procedure di mediaconciliazione e nei giudizi che riguardano le materie per le quali è fissata la obbligatorietà Pag 4 CONCILIAZIONE: Sette fondate questioni di incostituzionalità del D. Lgs. n. 28/2010 Pag 9 CONCILIAZIONE: Delibera OUA di richiesta sospensione procedimento Pag 10 CONCILIAZIONE: Procedimento suggerito per ridurre i riflessi negativi della mediaconciliazione obbligatoria Pag 12 CONCILIAZIONE: Disapplicazione dell obbligatorietà della mediaconciliazione Pag 17 CONCILIAZIONE: Si cambia: il ritorno degli avvocati (il corriere della sera) Pag 18 CONCILIAZIONE: Mediazione con conto più salato (italia oggi) Pag 20 CONCILIAZIONE: Mediaconciliazione, continua il confronto tra Ministero e CNF Per l'oua serve unità (diritto e giustizia) Pag 21 CONCILIAZIONE: I mediatori: ingiusto ascoltare solo gli avvocati (il sole 24 ore) Pag 22 CONVEGNI: Avvocati e magistrati in difesa della giurisdizione Foggia, 20 e 21 maggio 2011 Pag 23 CONVEGNI: Primo rapporto sull avvocatura italiana - Roma, 20 e 21 maggio 2011 Pag 26 CONVEGNI: L avvocato: ruolo imprescindibile nella mediazione, nel processo, nella società Cosenza 24 maggio 2011 Pag 27 PARLAMENTO: Rinvio su verifica, demolizioni e biotestamento (il corriere della sera) Pag 28 PARLAMENTO: Nuovo stop al biotestamento: rinvio bipartisan al dopo-voto (il sole 24 ore) Pag 29 PREVIDENZA: Scippo alle donne sulle pensioni addio ai risparmi della riforma (la repubblica) Pag 30 PREVIDENZA: Cadiprof, guida alle prestazioni (italia oggi) Pag 32 RISARCIMENTO DANNI: Direttive, spazio ai risarcimenti (il sole 24 ore) Pag 33 RISARCIMENTO DANNI: Violazioni al diritto - Ue senza responsabilità (il sole 24 ore) Pag 34 GIUDICI DI PACE: Giudici di pace per concorso di Vincenzo Crasto - Presidente Associazione nazionale giudici di pace (italia oggi) Pag 36 GIUDICI DI PACE: Uno stralcio della proposta Angdp sul riassetto (italia oggi) Pag 38 UNIONE EUROPEA: Anche gli avvocati nelle lobby (italia oggi) Pag 39 LAVORO: Rallenta la riforma dell'apprendistato (italia oggi) Pag 40 LAVORO: Un testo unico per l'apprendistato - di Paolo Rosa Avvocato (diritto e giustizia) Pag 42 CONDOMINIO: Dall'assemblea penali ai morosi solo all'unanimità (il sole 24 ore) Pag 43 IMMIGRAZIONE: Stranieri garantiti (italia oggi) Pag 44 FRODI TELEMATICHE: Lotta al cyber-crime con norme comuni in Usa e Europa (italia oggi) 2

3 LA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA È INCOSTITUZIONALE E CONTRASTA CON L ART. 47 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL UNIONE EUROPEA L OUA mette a disposizione degli avvocati atti e documenti da esibire in tutte le procedure di mediaconciliazione e nei giudizi che riguardano le materie per le quali è fissata la obbligatorietà: 1. Ordinanza TAR Lazio del 12 aprile 2011 che ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale sollevando questioni di legittimità costituzionale degli articoli 5 e 16 del d.lgs. n. 28/2010, in relazione agli artt. 24 e 27 della Costituzione. 2. Documento OUA che solleva sette questioni di incostituzionalità del d.l. 28/ Parere rilasciato all OUA dal prof. avv. Aldo Angelo Dolmetta che estende le questioni di incostituzionalità agli artt. 3, comma 1, 25 e 102, comma 1, Cost. 4. Documento-delibera OUA che, facendo propria la delibera adottata dal Consiglio dell Ordine di Firenze, denuncia il contrasto della obbligatorietà della mediaconciliazione con l art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea. (I quattro documenti sono scaricabili dal sito Messaggio a tutti gli avvocati Sollevate questioni di incostituzionalità in tutte le cause che riguardano le materie obbligatorie della mediaconciliazione e, nel contempo, proponete davanti al giudice istanza di disapplicazione dell art. 5, comma secondo, del decreto legislativo 28/2010. Il Segretario (avv. Fiorella Ceriotti) Il Presidente (avv. Maurizio de Tilla) 3

4 SETTE FONDATE QUESTIONI DI INCOSTITUZIONALITÀ DEL D.LG. 28/10 SULLA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA 1. Violazione degli artt. 76 e 77 Cost. La obbligatorietà della mediaconciliazione viola la Costituzione, tanto più perché collegata alla mancata previsione di necessità dell assistenza dell avvocato. Anzitutto va chiarito che il legislatore delegante in conformità alla prescrizione impartita dalla Direttiva Europea aveva stabilito che dovesse essere introdotto un meccanismo di conciliazione, ma non ne aveva affatto previsto la obbligatorietà, né aveva consentito che essa potesse essere considerata condizione dì procedibilità della domanda giudiziaria. Il d.lgs. 28/10 è, quindi, viziato per eccesso di delega, in quanto appare evidente che una condizione di procedibilità di una domanda giudiziaria, ex art. 24 Cost., può essere introdotta esclusivamente dal legislatore, e quindi il Governo avrebbe potuto farlo soltanto se ne fosse stato autorizzato dalla legge di delega. Si ha così la palese violazione degli artt. 76 e 77 Cost. per contrasto tra la legge delega e il decreto legislativo. Va, in proposito, osservato che l art. 60 della legge 69/09 (legge delega) al terzo comma lett. a) prescrive che nell esercizio della delega il Governo si attenga, tra gli altri, al seguente principio e criterio direttivo... a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l accesso alla giustizia. Orbene, in aperto contrasto con la prescrizione della legge delega, l art. 5 del d.lgs. 28/10 configura il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, di fatto precludendo l immediato accesso alla giustizia. Il d.lgs. 28/10, concependo il procedimento di mediazione quale propedeutico alla domanda giudiziale, rischia di compromettere l effettività della stessa tutela giudiziale. Non può argomentarsi, in senso contrario, che la mediazione di cui all art. 5 del d.lgs. 28/10 non preclude l accesso alla giustizia, poiché attivato il procedimento di mediazione e trascorsi i quattro mesi di cui all art. 6, l accesso alla giustizia è possibile, e la condizione di procedibilità della domanda è assolta. Ed infatti, che dopo il procedimento di mediazione la parte possa adire il giudice è circostanza del tutto evidente, e certamente non v era bisogno che la legge ricordasse una ovvietà del genere, poiché nel nostro sistema è impensabile che, dopo una condizione di procedibilità, non si possa procedere, ovvero non si dia alla parte il diritto della tutela giurisdizionale. Pertanto, se l art. 60 della l. 69/09 aveva stabilito che la mediazione doveva darsi senza precludere l accesso alla giustizia, essa, evidentemente, non faceva riferimento alla possibilità della parte di adire il giudice dopo la mediazione, cosa scontata e ovvia, ma faceva riferimento alla necessità che la mediazione non condizionasse il diritto di azione, e quindi non fosse costruita come condizione di procedibilità. Né può argomentarsi che il problema non sussiste per la brevità del termine di quattro mesi, cosicché la condizione di procedibilità dell art. 5 sarebbe compensata dal termine breve fissato nell art. 6. Ciò, infatti, non può sostenersi perché il termine breve di quattro mesi era già stato fissato dalla legge delega, e precisamente nella lettera q) dell art. 60, la quale, al tempo stesso, però, voleva che il procedimento di mediazione si desse comunque senza precludere l accesso alla giustizia. Dunque, la legge delega voleva sia che il procedimento di mediazione non durasse più di quattro mesi, sia che il procedimento di mediazione non precludesse l accesso alla giustizia. L argomento della brevità del termine non può quindi essere utilizzato per escludere l eccesso di delega, poiché, al contrario, il d.lgs. 28/10, mantenendo il termine già fissato nella lettera q) dell art. 60 della l. 69/09, non ha però rispettato la medesima disposizione di legge nella parte in cui escludeva che il procedimento potesse costituire condizione di procedibilità della domanda, ovvero fosse in grado di precludere, per tutta la sua durata, l accesso al giudice. Nel rispetto dell art. 60 della legge delega 69/09, l obbligatorietà del procedimento di mediazione in tutte le ipotesi dell art. 5 del d.lgs. 28/10 non poteva dunque darsi. L art. 5 del d.lgs. 28/10, in contrasto con l art. 60 della l. 69/09, è pertanto incostituzionale per violazione degli artt. 76 e 77 Cost. 4

5 2. Violazione degli artt. 24, 76 e 77 Cost. Il d.lgs. 28/10, all art. 16 e nell intero capo terzo intitolato organismi di mediazione, disattende palesemente la previsione della delega. Non vi è, infatti, traccia, di qualsivoglia criterio o parametro volto a selezionare gli organismi deputati alla mediazione in base a criteri di professionalità ed indipendenza. L art. 16, infatti, si limita a stabilire che qualunque ente pubblico o privato che dia garanzie di serietà ed efficienza sia abilitato a costituire un organismo di mediazione. Con ciò disattendendo la previsione della delega ove circoscrive lo svolgimento dell attività di mediazione esclusivamente in capo ad organismi professionali ed indipendenti e dunque attuando, al di là delle previsioni della stessa legge delega, una sorta di liberalizzazione nella costituzione e abilitazione degli organismi di mediazione. Entrambe le previsioni del d.lgs. 28/10, tanto l art. 5 quanto l art. 16, si pongono, pertanto, in aperto contrasto con le previsioni della legge delega. Quando invece, alla stregua dell univoco orientamento della giurisprudenza costituzionale, il potere di riempimento dai legislatore delegato, per quanto ampio possa essere, non può mai assurgere a principio o a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale è, per definizione, la legislazione su delega (Corte Costituzionale 12 ottobre 2007 n. 340). Nel caso della mediaconciliazione, utilizzando i parametri di controllo della conformità della norma delegata alla norma delegante univocamente indicati dalla stessa giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 44/2008, 71/08, 98/08, 230/10) emerge, infatti, l incoerenza delle previsioni degli artt. 5 e 16 del d.lgs. 28/10 con la previsione dell art. 60 l. 69/09. Ad avviso della giurisprudenza costituzionale il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonché delle finalità che la ispirano, che costituiscono non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l interpretazione della loro portata. Orbene la previsione di cui all art. 60 della l. 69/09, in aderenza agli impulsi dell ordinamento comunitario ed in particolare alle previsioni della direttive 2008/52/CE, era orientata a garantire l introduzione di sistemi alternativi e celeri di tutela delle posizioni giuridiche integranti diritti disponibili nonché la qualità della mediazione attraverso l individuazione di organismi professionali ed indipendenti. Tutto ciò è ben lungi dall essere realizzato ove si consideri la portata ed il tenore di previsioni, qual è quella dell art. 5 del d.lgs. 28/10 volta ad appesantire il procedimento di tutela delle posizioni dei singoli, attraverso l introduzione obbligatoria di un procedimento non alternativo e facoltativo, ma obbligatorio e propedeutico all accesso alla giustizia; nonché quella dell art. 16 del medesimo decreto volta ad escludere dai criteri di selezione degli organismi di mediazione qualsivoglia parametro di professionalità ed indipendenza, quali parametri invero indicati dalla legge delega. L effetto di entrambe le previsioni è la violazione della delega e lo snaturamento della funzione che il legislatore delegante aveva attribuito al procedimento di mediazione ed agli organismi professionali ed indipendenti deputati alla mediazione. Tutto ciò in palese violazione dei principi costituzionali che sorreggono la disciplina della legislazione delegata ed ancor più, sul piano sostanziale, la violazione degli artt. 76 e 77 e del principio del diritto di difesa di cui all art. 24 della Costituzione. 3. Violazione dell art. 24 Cost. Si deve prendere atto che la mediazione di cui al d.lgs. 28/10 ha un costo, e lo ha anche nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, visto che lo stesso art. 16, 40 comma del d.m. 10 ottobre 2010 n. 180 espressamente prevede che detto costo deve essere ridotto di un terzo nelle materie di cui all art. 5, comma 1, del d.lgs.. Si eccepisce, al riguardo, che la mediazione può essere obbligatoria, oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso, è tanto obbligatoria quanto onerosa, allora è incostituzionale. Sembra evidente, infatti, che il legislatore possa prevedere la mediazione come scelta libera e cosciente della 5

6 parte, e in questi casi, quindi, anche prevedere che, chi la scelga, debba pagare il servizio; oppure il legislatore può subordinare l esercizio della funzione giurisdizionale ad un previo adempimento, se questo è razionale e funzionale ad un miglioramento del servizio giustizia, ed in questo senso, come è avvenuto con l art. 410 c.p.c., può anche prevedere un tentativo obbligatorio di conciliazione, ma senza costi. Se viceversa il tentativo obbligatorio di conciliazione ha un costo, e questo costo non è meramente simbolico, come avviene con l art. 16 d.m. 180/10, allora, nella sostanza, il sistema subordina l esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro. Il Governo, quindi, non si è limitato ad imporre una condizione di procedibilità che non era stata consentita, ma ha anche stabilito che i relativi costi dovessero cedere (quanto meno in via di anticipazione) a carico del cittadino, il quale vedrà così gravemente ostacolato quell accesso alla Giustizia che la Costituzione garantisce a tutti. Chi di noi, al cospetto di una vertenza di entità economica modesta, non sarà costretto a rinunziarvi, per evitare di dover anticipare, nell ordine: la indennità dovuta al conciliatore; il compenso all ausiliare tecnico di quest ultimo, se necessario; il contributo unificato. E poiché il nostro sistema non può subordinare l accesso al giudice al pagamento di una somma di denaro, la media-conciliazione è in contrasto con i nostri valori costituzionali, e in violazione dell art. 24 Cost. Ciò è affermato anche alla luce degli orientamenti che la Corte costituzionale ha già avuto su questi temi. Sostanzialmente, il legislatore può pretendere versamenti per la funzione giurisdizionale civile solo se questi sono riconducibili a tributi giudiziari o a cauzioni volti a garantire l adempimento dell obbligazione dedotta in giudizio. In tutti gli altri casi, e fin da Corte costituzionale 29 novembre 1960 n. 67, lo Stato non può pretendere versamento di somme per adempiere al suo primo e fondamentale dovere di rendere giustizia. E l imposizione del pagamento di una somma di denaro per l esercizio di un diritto in sede giurisdizionale, quale oggi si realizza con la media-conciliazione in forza del combinato disposto dell art. 5 d.lgs. 28/10 e art. 16 d.m. 180/10, si pone pertanto in contrasto con tutti i parametri di costituzionalità per come già definitivi in precedenti decisioni dalla Corte costituzionale, in quanto: a) si tratta di un esborso che non può essere ricondotto né al tributo giudiziario, né alla cauzione; b) si tratta di un esborso che non può considerarsi di modestissima, e nemmeno di modesta, entità; e) si tratta di un esborso che non va allo Stato, bensì ad un organismo, che potrebbe addirittura avere natura privata; d) e si tratta infine di un esborso che nemmeno può considerarsi razionalmente collegato alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione, poiché questi esborsi, di nuovo, sono da rinvenire solo nelle cauzioni e nei tributi giudiziari, non in altre cause di pagamento, e perché un esborso che non va allo Stato ma ad un organismo, anche di natura privata, non può mai avere queste caratteristiche. 4. Violazione art. 24 Cost. (Segue) Il legislatore delegante nulla aveva detto circa la necessità di una difesa tecnica nel corso del procedimento di mediazione; tuttavia, aveva avuto cura di evitare che il suo svolgimento potesse avere ripercussioni di sorta sulla decisione di merito del processo: nella legge di delega, il rifiuto della proposta formulata dal mediatore, e poi ritenuta equa dal Giudice, poteva influire sul governo delle spese, ma non mai sull esito della lite. Nel fare uso del potere delegatogli, invece, il Governo, all art. 8 del decreto legislativo 28/20 10, ha introdotto la previsione secondo cui dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell art. 116 secondo comma del codice di procedura civile. In buona sostanza, una scelta che la parte potrà fare senza l ausilio di un difensore partecipare oppure no al procedimento di conciliazione potrà condizionare in misura determinante l esito del successivo processo; è noto, infatti, che il comportamento processuale o extraprocessuale delle parti può costituire, ai sensi dell art. 116 c.p.c., non solo elemento di valutazione delle risultanze acquisite, ma anche unica e sufficiente prova idonea a sorreggere la decisione del giudice di merito (così, tra le tante, Cass. 20 giugno 2007 n ). Ne risulta evidente la violazione del diritto di difesa di cui all art. 24 della Costituzione, diritto che, come è noto, è la potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale in qualsiasi fase del processo e quindi anche in quelle fasi prodromiche dal cui svolgimento è possibile desumere argomenti di prova, nonché l eccesso di delega ex art. 6

7 76 Cost. avendo il legislatore delegato introdotto una possibilità di acquisire elementi di prova pur in assenza di difesa tecnica che il Delegante non aveva permesso mai. La mancata previsione della obbligatorietà della presenza dei difensori rileva anche sotto un diverso e forse addirittura più pregnante profilo. Quell assistenza tecnica, quale che sia il valore della controversia, non è obbligatoria, ma non è neppure vietata: è facoltativa. Il che sta a significare che, chi è in grado di pagarseli, potrà farsi rappresentare da fior di avvocati, consulenti di parte esperti, professionisti di grido, e chi è povero no: dovrà arrangiarsi da solo, perché, non essendo obbligatoria la presenza di un avvocato, non sarà possibile ricorrere al patrocinio a spese dello Stato. Una anziana pensionata ultraottantenne, e munita del diploma di licenza elementare, se non sarà in grado di anticipare (oltre a quelli per il mediatore) i compensi per un avvocato, potrà trovarsi di fronte un battaglione di agguerriti specialisti, ma dovrà discutere da sola una proposta di conciliazione in una controversia avente ad oggetto (citiamo a mò di esempio) i tango-bond, o un altro sofisticato prodotto finanziario. 5. Violazione degli artt. 24, 76 e 77 Cost. Un forte contrasto del d.lgs. 28/10 con la legge delega si ha per ciò che riguarda i riflessi del diniego all accoglimento della proposta del mediatore, sull iter del successivo giudizio e segnatamente sulla disciplina delle spese di lite. Il fatto che alla parte vincitrice del giudizio che non abbia accettato una proposta conciliativa che sia venuta a coincidere con il contenuto della decisione giudiziaria, debbano essere accollate le spese di lite proprie e della controparte, oltre al pagamento di un importo pari al contributo unificato e alle spese di mediazione, costituisce infatti un evidente deterrente forzato dal ricorrere alla tutela giudiziaria ed accettare l esito della mediazione. Ciò in quanto di fronte alla proposta del mediatore, la parte quasi sicuramente preferirà non rischiare, finendo per accettare ob torto collo la soluzione stragiudiziale segnalatagli, anche se non ne è convinta appieno ed anche se può ritenerla ingiusta, piuttosto che ricorrere alla tutela giudiziaria che avrebbe potuto offrirgli un risultato anche migliore. È questo il punto su cui si giocano ulteriori dubbi di costituzionalità per eccesso di delega con riferimento alla già riferita lett. a) dell art. 60 della l. n. 69 del 2009, che aveva posto come preciso criterio direttivo quello per cui l attuazione della mediazione non dovesse in alcun caso precludere il ricorso alla tutela giudiziaria. Preclusione che invece può aversi nel caso della proposta conciliativa, che sfacciatamente dissuada psicologicamente la parte dal ricorso al giudizio al quale ha diritto e che potrebbe garantirgli anche un migliore risultato. Si noti che la parte potrà trovarsi di fronte anche a proposte che a causa di una possibile impreparazione tecnica del mediatore potranno rivelarsi erronee o squilibrate, anche inconsapevolmente, a favore di uno dei soggetti della lite. Eppure, pur nella probabile infondatezza di tali proposte, la parte di fronte allo spettro delle pesanti conseguenze sulle spese, può precludersi il ricorso a quella che è l unica strada naturale e garantistica per la composizione delle liti, data appunto dalla tutela giurisdizionale. 6. Violazione dell art. 3 Cost. La media-conciliazione rompe altresì il trattamento paritario nel processo tra attore e convenuto. Ciò già avviene con il d.lgs. 28/10, che prevede la condizione di procedibilità ex art. 5 per la domanda principale e non per la domanda riconvenzionale, ma oggi, più gravemente, avviene con l art. 16 d.m. 180/10, concernente i criteri di determinazione delle indennità. Tale disposizione, infatti, divide le indennità del procedimento di mediazione tra spese di avvio del procedimento e spese di mediazione. Le spese di avvio del procedimento sono dovute da ciascuna parte ma sono versate dall istante al momento del deposito della domanda (2 comma). Parimenti le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento. Dunque, il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento. Cosicché, ai sensi dell art. 3 Cost.: a) o si ritiene che anche l attore possa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fui dell art. 5 del d.lgs. 28/10 con contestuale 7

8 dichiarazione di non voler avvalersi del servizio; b) oppure il sistema è in violazione del principio d eguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe ob torto collo obbligata al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto. L istituto della media-conciliazione di cui all art. 5 del d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l art. 16 d.m. 180/10, in questi termini, non viola così solo l art. 24 Cost. (per essere, al tempo stesso, obbligatoria e onerosa), ma viola anche l art. 3 Cost., perché pone su piani diversi, e tratta diversamente, la parte attrice rispetto a quella convenuta. Né, contro questo argomento, si può sostenere che la diversità di trattamento dipende dalla diversità delle pretese, perché è l attore che vuoi adire il giudice, non il convenuto. Un rilievo del genere può esser fatto solo da chi veda nell attore un rompiscatole da arginare e non la parte che ha subito un torto e chiede giustizia. Adire il giudice è un diritto costituzionale, e chi intende farlo non deve subire pregiudizi rispetto alle altre parti processuali, che possono essere proprio quelle che hanno causato l insorgere della lite per una violazione di legge. Altrimenti il sistema, oltre ad infrangere il trattamento paritario delle parti in giudizio, rischia altresì di compromettere seriamente l elementare dovere del rispetto delle obbligazioni, con gravi ripercussioni non solo sul diritto, ma anche sull economia. 7. Violazione degli artt. 24, 76 e 77 Cost. Un settimo aspetto di incostituzionalità attiene all organizzazione interna degli organismi di conciliazione, anche per come definiti con l art. 4 del d.m. 180/10. Ed infatti, nel momento in cui la procedura di mediazione è resa obbligatoria alfine di far valere in giudizio un diritto, e nel momento in cui le attività del mediatore interferiscono con l esercizio della funzione giurisdizionale, in quanto i verbali di conciliazioni costituiscono titolo esecutivo (art. 12, d.lgs. 28/10), le proposte di conciliazione hanno conseguenze sulla liquidazione delle spese del giudizio (art. 13, d.lgs. 28/10), nonché la mancata partecipazione al procedimento di mediazione può rilevare ex art. 116, 2 comma c.p.c. (art. 8, d.lgs. 28/10), va da sé che il procedimento ha funzione pubblica, e deve pertanto rispondere ai requisiti di buon andamento e di imparzialità di cui all art. 97 Cost., soprattutto quando l organismo è ente pubblico. Ora, niente di questo si trova nell art. 4 del d.m. 180/10, che usa talune espressione elastiche, e fissa blandi criteri di professionalità dei mediatori, ma niente più, senza prescrivere come doverose le condizioni minime di trasparenza, eguaglianza e imparzialità dovute all esercizio di una funzione pubblica. In particolare il decreto ministeriale doveva prevedere criteri oggettivi circa l assegnazione delle pratiche fra i vari mediatori dell organismo, nonché criteri oggettivi circa il reclutamento degli aspiranti mediatori presso gli organismi costituiti da enti pubblici. Soprattutto, sotto il primo aspetto, l assegnazione della pratica al singolo mediatore all interno dell organismo andava fissata con criteri oggettivi, analoghi, seppur in forma semplificata, a quelli che sussistono nei tribunali con il sistema c.d. tabellare, visto che, come detto, l attività del mediatore interferisce con la giurisdizione. Il dm. 180/10 è rimasto viceversa silente sul punto, lasciando così la questione alla discrezionalità dell organismo, che la regolerà in base al proprio statuto. In questo modo si potranno avere statuti che prevedranno l assegnazione delle pratiche su designazione discrezionale del presidente, oppure di un garante, singolo o collegiale, o di altro soggetto, all uopo istituito. L art. 5 d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l art. 4 del d.m. 180/10, si pone pertanto in contrasto con l art. 97 Cost., visto che l assenza di un meccanismo oggettivo e predeterminato per l assegnazione delle pratiche rischia di compromettere l indipendenza e la terzietà del mediatore, attribuendo un potere gestionale inammissibile all organismo. È la violazione dell art. 97 Cost. si evidenzia come fondata ove solo si considera che l attività del mediatore interferisce come detto con quella giurisdizionale, e quindi ha la necessità di essere esercitata alla luce di detti criteri di trasparenza, indipendenza e imparzialità. 8

9 L Assemblea dell OUA PRESO ATTO dell ordinanza emessa dal TAR Lazio del 12/4/2011, nel procedimento n /2010, promosso dall OUA, con cui vengono rimesse alla Corte Costituzionale le questioni di legittimità costituzionale della norme introdotte dal D.Lgs. 28/2010, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione; INVITA il Governo a sospendere in via d urgenza, fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, l efficacia del D.Lgs. medesimo, nella parte in cui prevede l obbligatorietà del procedimento di mediazione, al fine di evitare la paralisi della giustizia civile e i notevoli costi a danno dei cittadini; RILEVATO inoltre che, con circolare dell 11/4/2011, il Ministero ha formulato un interpretazione del D.Lgs. 28/2010, nonché del regolamento di attuazione, arbitraria e vessatoria per i cittadini, finalizzata a costringere gli stessi al pagamento degli oneri della procedura di mediazione, anche in caso di mancato espletamento della medesima, comprimendo ulteriormente il diritto costituzionalmente garantito di accesso alla Giustizia; RICHIAMATO il proprio protocollo procedimentale già divulgato, INVITA gli Organismi di mediazione istituiti ed istituendi dai COA ad adottare regolamenti aderenti alle direttive indicate dall OUA e in particolare ai principi: 1) facoltà delle parti, compreso il proponente, a non aderire al procedimento senza con ciò essere obbligate al pagamento di costi ulteriori rispetto a quello iniziale di. 40,00; 2) divieto per il mediatore di formulare la proposta senza l esplicito consenso congiunto di tutte le parti; 3) rilascio da parte della Segreteria dell Organismo del certificato di conclusione della procedura anche nel caso in cui una sola delle parti non intenda aderire alla procedura. INVITA di conseguenza gli Organismi medesimi a disattendere la circolare suddetta. Roma il 13 Aprile 2011 Il Segretario Avv. Fiorella Ceriotti Il Presidente Avv. Maurizio de Tilla 9

10 PROCEDIMENTO SUGGERITO PER RIDURRE I RIFLESSI NEGATIVI DELLA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA PER L ATTORE Trattandosi di condizione di procedibilità per l azione civile è necessario che chi intende promuovere un giudizio faccia una richiesta di mediazione presso un Organismo abilitato con il versamento di 40,00, obbligatorio ex art. 16 del D.M , n E opportuno tuttavia scegliere un organismo, preferibilmente istituito da un Consiglio dell Ordine degli Avvocati, che preveda nel regolamento il divieto del mediatore di formulare una proposta in caso di mancata adesione o partecipazione anche di una sola parte ed inoltre che preveda che il procedimento di conciliazione può ritenersi concluso nel caso di partecipazione di una sola o nessuna parte. A questo punto il proponente che non intende aderire o partecipare al procedimento di mediazione, potrà allegare alla domanda di mediazione un apposita dichiarazione con la quale comunica che, ai sensi dell art. 16 del D.M. n. 180/2010, non intende aderire al procedimento pur avendo presentato la domanda solo perché prevista come condizione di procedibilità; se vuole potrà anche dedurre l incostituzionalità dell art. 5 del D.Lgs. 28/2010 laddove prevede che l esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale ; o più semplicemente potrà allegare il documento OUA sull incostituzionalità della normativa sulla media conciliazione obbligatoria. Il procedimento quindi potrà ritenersi concluso e si potrà dare inizio all azione giudiziaria dopo il rilascio del verbale di conclusione per mancato accordo, osservando i termini dell art. 163 bis c.p.c., oppure anche subito dopo la presentazione della domanda di conciliazione, con la fissazione della prima udienza a quattro mesi e quindici giorni dalla data di presentazione (v. combinato disposto degli artt. 5 e 6 dlgs. N. 28/2010). Sul punto la Suprema Corte, Sez. Lav., si è pronunciata con sentenza del , n. 967, statuendo che: Premesso che le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga all esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall art. 24 cost., non possono essere interpretate in senso estensivo, deve 10

11 ritenersi che, ai fini dell espletamento del tentativo di conciliazione, il quale ai sensi dell art. 412 c.p.c. costituisce condizione di procedibilità della domanda, sia sufficiente, in base a quanto disposto dall art. 410 bis c.p.c., la presentazione della richiesta all organo istituito presso le Direzioni provinciali del lavoro, considerandosi comunque espletato il tentativo di conciliazione decorsi sessanta giorni dalla presentazione, a prescindere dall avvenuta comunicazione della richiesta stessa alla controparte. Seguendo questo iter, in assenza di una proposta da parte del mediatore che può provocare effetti negativi sulla decisione in ordine alle spese, l unico (eventuale) riverbero negativo sul processo sarà quello previsto dal quinto comma dell art. 8 del D.Lgs 28/2010: Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell art. 116, secondo comma, c.p.c.. PER IL CONVENUTO Il convenuto che non intenda aderire al procedimento di mediazione non dovrà fare altro che non presentarsi o dichiarare espressamente tale volontà, deducendo anche le questioni di illegittimità costituzionale della normativa e ove ne ricorra l ipotesi la mancanza di regole per individuare la competenza territoriale. Per il convenuto che non si presenta sussiste solo il rischio della proposta del mediatore, se nel regolamento dell Organismo scelto dell attore è previsto che la proposta di conciliazione possa essere formulata anche in assenza di una delle parti. *** *** *** Sia che si difenda l attore, sia che si difenda il convenuto, è opportuno che il difensore faccia sottoscrivere al proprio cliente una dichiarazione in cui lo stesso, dopo aver dichiarato di essere edotto dell obbligatorietà della formulazione della domanda di mediazione e delle conseguenze, comprese quelle previste dall art. 116 c.p.c., per il caso di mancata partecipazione al procedimento di mediazione, dichiari espressamente di non voler conciliare la controversia innanzi all Organismo di conciliazione. 11

12 DISAPPLICAZIONE DELL OBBLIGATORIETÀ DELLA MEDIA CONCILIAZIONE PER CONTRASTO DELLA CORTE DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL UNIONE EUROPEA L OUA fa propria la delibera del Consiglio dell Ordine di Firenze. Alle innumerevoli questioni di incostituzionalità da sollevare davanti ai giudici (avvalorate dalla mirabile ordinanza del TAR del Lazio di rimessione alla Corte Costituzionale) si aggiunge la istanza di disapplicazione dell art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010, proposta dal Consiglio dell Ordine di Firenze (prof. avv. Gaetano Viciconte) e fatta propria dall OUA. La disciplina che introduce l obbligatorietà della mediazione merita, infatti, di essere disapplicata per contrasto con l art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, la cui portata, ai sensi dell art. 52, terzo comma, della Carta, corrisponde a quella dell art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell uomo. Le norme introdotte dal D.Lgs. n. 28/2010, riguardante sia le liti transfrontaliere che quelle interne, pongono seri problemi di compatibilità con l articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea. Per alcuni aspetti normativi e per le difficoltà di attuazione pratica che il predetto decreto legislativo probabilmente incontrerà, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice viene limitato in modo grave e sproporzionato rispetto allo scopo fatto valere di ridurre il carico di lavoro degli uffici giudiziari. Va osservato che la Corte di giustizia UE fin dalla sentenza Johnston,C-22/84 del 15 maggio 1986 ha tratto dalla tradizione costituzionale comune e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell uomo, il principio generale del diritto al controllo giurisdizionale. La nozione di ricorso effettivo dinanzi a un giudice riconosciuto dall articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, corrisponde (articolo 52/3 della stessa Carta) a quella elaborata dalla Corte europea dei diritti dell uomo. Con giurisprudenza costante dopo la sentenza Golder c. Regno Unito del 21 febbraio 1975, la CEDU ritiene che il diritto di effettivo accesso al giudice, pur non espressamente menzionato all art. 6 della Convenzione, sia un diritto presupposto rispetto a quelli ivi elencati e costitutivi del processo equo. In numerose sentenze tale diritto è stato ritenuto particolarmente importante nel sistema della Convenzione, poiché si tratta di una condizione essenziale dello stato di diritto e della preminenza del diritto menzionata nel Preambolo della Convenzione. E si tratta di un diritto che deve essere concreto ed effettivo. A tale diritto possono legittimamente essere poste limitazioni, a condizione che però esse rispondano a uno scopo legittimo, siano proporzionate rispetto allo scopo e non colpiscano il diritto di accesso al giudice nella sua essenza. La Corte di Giustizia ha esaminato una fattispecie simile alla obbligatorietà della mediaconciliazione stabilita in Italia nella sentenza R.A. del 18 marzo 2010, C-317, 318, 319, 320/08 concernente la normativa italiana (art. 84 D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259) che prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale davanti al Co.re.com, come condizione di procedibilità dei ricorsi giurisdizionali in talune controversie civili. La Corte ha affermato che tale normativa non è tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti ai singoli dalla direttiva servizio universale (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/22/CE), in quanto: - il risultato della procedura di conciliazione non è vincolante nei confronti delle parti interessate e non incide sul loro diritto ad un ricorso giurisdizionale; - la procedura di conciliazione non comporta, di regola, un ritardo sostanziale nella proposizione di 12

13 un ricorso giurisdizionale. Infatti, il termine per chiudere la procedura di conciliazione è di trenta giorni a decorrere dalla presentazione della domanda e, alla scadenza di tale termine, le parti possono proporre un ricorso giurisdizionale, anche ove la procedura non sia stata conclusa; - la prescrizione dei diritti è sospesa per il periodo della procedura di conciliazione; - i costi derivanti dalla procedura di conciliazione dinanzi al Co.re.com sono inesistenti. Alla luce delle indicate prescrizioni non si può ritenere che vi sia compatibilità del D.Lgs. n. 28/2010 con il diritto al giudice riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell uomo. Il D.Lgs. n. 28/2010 all art. 5 comma 1, introduce l obbligo, a pena di improcedibilità della domanda, di esperire il procedimento di mediazione prima di esercitare in giudizio un azione relativa ad un vastissimo ambito di materie. Non si tratta di una qualunque procedura amministrativa prodromica alla introduzione della causa avanti al giudice, ma di procedura obbligatoria che riguarda controversie già in atto e precede immediatamente l azione giudiziale cui una parte (normalmente già assistita da un avvocato, articolo 4 comma 3) ha ormai deliberato di far ricorso. La procedura di mediazione, se ha successo, si conclude con un accordo il cui verbale costituisce titolo esecutivo (articolo 12 comma 2), assimilabile quanto agli effetti alla sentenza del giudice (a differenza del caso esaminato e ritenuto compatibile con il diritto di accesso al giudice dalla Corte di Giustizia dell Unione europea nella sentenza sopra ricordata). Sussiste, dunque, una analogia ed equivalenza evidente tra la procedura di mediazione e quella giudiziaria. La prima, tuttavia, non prevede che la parte sia assistita da avvocato, pur trattandosi di una procedura alternativa (ADR Alternative Dispute Resolution), che, se la mediazione ha successo, conduce allo stesso risultato di una decisione giudiziaria, vincolante per le parti. E perfino la dichiarata irrilevanza nel successivo giudizio di ciò che è avvenuto nella procedura di mediazione infruttuosa, è solo parzialmente vera, così come si ricava dalla disciplina delle spese di giudizio delineata all articolo 13. Le considerazioni che precedono, inducono ad assimilare la procedura di mediazione obbligatoria a quella giudiziaria,di cui rappresenta un alternativa (quanto a risultato) e una fase antecedente obbligatoria (quanto a procedura). Ma se così è, è necessario che le essenziali garanzie procedurali siano assicurate anche nel procedimento di mediazione, idoneo a definire la controversia. In particolare, occorre che alle parti sia assicurato l esercizio della facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare (articolo 47 comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione). In caso diverso il diritto di accesso al giudice dovrebbe essere reso possibile prevedendo una fase ulteriore giudiziaria (Corte europea dei diritti dell uomo, a partire dalla sentenza Le Compte,Van Leuven e De Meyere c. Belgio,del 23 giugno 1981, 44,51). Ma questa ulteriore possibilità è esclusa, mentre la procedura di omologa da parte del presidente del Tribunale (articolo 12 comma 1 del D.Lgs. n. 28/2010) non assicura l accesso al giudice, perché non corrisponde ai requisiti propri del processo equo di cui agli articoli 47 della Carta dei diritti fondamentali e 6 della Convenzione europea dei diritti dell uomo e perché, in ogni caso, i limiti del controllo effettuato escludono che si tratti della decisione di un giudice di piena giurisdizione. Né si può sostenere che la natura delle controversie assoggettate all obbligo di esperire il procedimento di mediazione non richieda particolari garanzie procedurali, in particolare quella derivante dalla difesa tecnica. Le materie che il legislatore ha indicato per definire il campo dell obbligo di esperire la procedura di mediazione, talora implicano complesse valutazioni e concernono rilevanti interessi. Della complessità delle necessarie valutazioni (per le parti e per il mediatore) è consapevole lo 13

14 stesso legislatore, che, infatti, prevede la possibilità che il mediatore ricorra ad esperti ed anche la possibilità della nomina di mediatori ausiliari quando si tratti di controversie che richiedono specifiche competenze tecniche (articolo 8). Nel corso della procedura di mediazione, le parti non assistite da avvocato non sono certo in grado di consapevolmente determinarsi nei casi complessi e specialmente in quelli in cui il mediatore ritiene necessario il contributo dell esperto (un significativo esempio può essere quello delle cause in materia di responsabilità professionale medica, in cui almeno una delle parti non è esperta della specifica materia). Merita di essere segnalato che, a differenza di ciò che è stabilito per la procedura di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28/2010, nella normale procedura civile avanti il Conciliatore, la legge comprensibilmente stabilisce stretti limiti di valore della causa (euro 516,46), perché la parte possa agire personalmente (art. 82 Codice di procedura civile). Ed anche a livello comunitario l assenza della difesa tecnica è ammessa restrittivamente. Il Reg.CE 11 luglio 2007 n. 861/2007, all articolo 10 ammette infatti che la rappresentanza da parte di un avvocato o di altro professionista del settore legale non sia obbligatoria, secondo il Procedimento europeo per le controversie di modesta entità (valore non eccedente euro 2.000), con esclusione comunque di una serie di materie, tra le quali si ritrovano alcune di quelle invece indicate all art. 5 comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010 (come quelle relative alle successioni, locazioni, diffamazione). E proprio in tema di diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità è interessante ricordare che la Corte europea dei diritti dell uomo (sentenza Steel e Morris c. Regno Unito del 15 febbraio 2005) ha ritenuto che la natura della controversia civile instaurata richiedesse, ai fini dell equità del processo, la difesa tecnica dei convenuti e che essa fosse loro assicurata mediante l ammissione al gratuito patrocinio. Nella procedura di mediazione di cui si tratta, invece, la difesa tecnica non trova alcuna menzione. Gli interessi in gioco in gran parte delle procedure di mediazione che il D.Lgs. n. 28/2010 rende obbligatorie e nel corso delle quali la parte dispone del proprio diritto, sono certo molto più gravi e sensibili di molti di quelli che la legge ritiene richiedano l assistenza dell avvocato nella procedura davanti al giudice. Senza contare che il giudice offre alle parti una garanzia maggiore rispetto al mediatore, il quale è imparziale rispetto agli interessi delle parti, ma non rispetto all esito della mediazione (nell ipotesi di successo della mediazione le indennità previste sono aumentate. (articolo 17, comma 4, lett. c). Ma anche altri aspetti della disciplina della procedura di mediazione,che il D.Lgs. n. 28 rende obbligatoria,vanno segnalati perché tali da rendere inaccettabilmente dispendioso e defatigante il percorso da compiere prima di poter accedere al giudice. La procedura non è gratuita (a differenza di quella considerata dalla Corte di giustizia UE nella sentenza sopra riportata). I costi della procedura sono rilevanti e si incrementano quando il mediatore si avvalga di esperti (articolo 8 comma 2). La possibilità di accedere al gratuito patrocinio (articolo 17) non esclude il rilievo del costo della procedura ai fini della valutazione della sua compatibilità con il diritto di accesso al giudice. Il termine stabilito per lo svolgimento del procedimento di mediazione è di 4 mesi, più lungo quindi di quello considerato accettabile nella sentenza sopra menzionata della Corte di giustizia UE. A differenza di quanto avviene nella procedura di cui all articolo 410 Codice di procedura civile, l effetto interruttivo della prescrizione e della decadenza non è legato al deposito della istanza di mediazione, ma alla comunicazione alle altre parti dell avvenuto deposito. L effetto, quindi, è condizionato dalla attività del personale addetto alla segreteria dell organismo di mediazione e dalle prevedibili disfunzioni del servizio. Vero è che la comunicazione a controparte può essere effettuata anche a cura della parte istante (articolo 8 comma 1), ma solo dopo che il responsabile 14

15 dell organismo di mediazione abbia designato il mediatore e fissato la data del primo incontro tra le parti. L introduzione della domanda di mediazione, quindi, non comporta di per sé stessa la sospensione del decorso dei termini di prescrizione e di decadenza. Si tratta di un profilo particolarmente grave perché l enorme campo di applicazione della nuova condizione di procedibilità dell azione improvvisamente definito dal legislatore senza alcuna considerazione dei costi e tempi per la messa in opera di strutture operative adeguate- rende facile prevedere che i tempi di azione degli organismi di mediazione non potranno essere brevi. In proposito, per il significato che assume rispetto al tema qui affrontato, va ricordato che la Corte europea dei diritti dell uomo, con riferimento al diritto di accesso al giudice ha ritenuto la violazione dell articolo 6 della Convenzione in casi nei quali la irricevibilità dell azione dichiarata dal giudice derivava da un vizio dipendente non dal ricorrente, ma dal personale dell amministrazione pubblica (Platakou c. Grecia dell 11 gennaio 2001; Boulougouras c. Grecia del 27 maggio 2004) ed anche nel caso in cui la procedura amministrativa da seguire obbligatoriamente si sia rivelata inefficace per mancata risposta della amministrazione nei termini di legge (Faimblat c. Romania del 13 gennaio 2009; Maria Atanasiu c. Romania del 12 ottobre 2010, non definitiva). Per effetto delle esposte considerazioni emerge evidente la sproporzione tra la soluzione adottata e lo scopo perseguito e, di nuovo, quindi, l incompatibilità con i citati articoli della Convenzione europea dei diritti dell uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell Unione. Per le ragioni indicate, l obbligatorietà della mediazione, introdotta dagli artt. 5 e ss. del D.Lgs. n. 28/2010, rappresenta un interferenza non ragionevole e non proporzionata rispetto allo scopo perseguito, tale da rendere eccessivamente difficile ed oneroso l esercizio del diritto di accesso al giudice in contrasto con il diritto fondamentale assicurato dagli artt. 24 Cost., 6 della Convenzione europea dei diritti dell uomo e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea. Di qui ne deriva che il giudice può dichiarare la disapplicazione della norma nazionale per contrasto con un principio generale fondamentale dell ordinamento europeo. La Corte di Giustizia, nella sentenza della Grande Sezione del 19 gennaio 2010, nel procedimento C-555/07, Kucukdeveci contro Sweedex GmbH & Co. KG, ha statuito che dopo l entrata in vigore del Trattato di Lisbona la Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea ha lo stesso valore giuridico dei trattati, nel senso che al singolo giudice nazionale è concesso il potere di disapplicazione della legge interna di fronte alla violazione dei principi di derivazione comunitaria, e, in particolare, non soltanto nei rapporti tra i singoli e lo Stato (efficacia diretta verticale), ma anche nei rapporti tra privati, consentendo a un singolo di invocare una norma comunitaria nei confronti di un altro (efficacia diretta orizzontale). Ciò senza alcuna necessità di sollevare né una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, né una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia UE. La sentenza richiamata, pertanto, attribuisce direttamente al giudice nazionale il potere di sindacare la norma legislativa interna in contrasto con un diritto fondamentale europeo. Tale principio era già stato affermato in precedenza dalla giurisprudenza europea. In particolare, nella sentenza della Grande sezione della Corte di Giustizia, del 22 novembre 2005, C-144/2004 Mangold, è stato affermato che è compito del giudice nazionale, investito di una controversia che metta in discussione un principio generale di derivazione comunitaria, assicurare, nell ambito di sua competenza, la tutela giuridica che il diritto comunitario attribuisce ai soggetti dell ordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale. In tal senso, si è pronunciato anche il Tar Lazio, II Sezione, con la sentenza del 18 maggio 2010, n , secondo cui: In seguito all'adesione dell'unione Europea alla Convenzione europea dei 15

16 diritti dell'uomo, disposta dall'art. 6 del trattato Ue, come novellato dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore l'1 dicembre 2009, le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli stati membri dell'unione, e quindi vengono ora ad operare nell'ordinamento italiano, in forza del diritto comunitario, ai sensi dell'art. 11 cost., con il conseguente obbligo per il giudice nazionale di interpretare le norme interne in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario, senza più dover transitare per il filtro dell'accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno. Pertanto, il rispetto del principio dell accesso alla giustizia, dopo il Trattato di Lisbona obbliga il giudice nazionale a riconoscere a tale principio efficacia immediata nel processo e per il principio di primazia del diritto comunitario, a disapplicare la norma interna difforme. Conseguentemente, è fondata la tesi che sostiene che, su richiesta di una delle parti, il Giudice dichiari la procedibilità della domanda, disapplicando l art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 28/2010, perché in contrasto con il diritto di cui all art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea, anche, qualora fosse ritenuto necessario, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ai sensi dell art. 267 TFUE. 16

17 IL CORRIERE DELLA SERA Conciliazione, si cambia: il ritorno degli avvocati MILANO Resta un cantiere aperto, ma per lo meno si intravede l edificio. Dopo mesi di scontri e contrasti, per la mediazione civile obbligatoria (che è già entrata in vigore) si profila un assetto definitivo. Dopo l apertura al dialogo da parte del ministro della Giustizia Alfano, è stata varata una piattaforma di trattativa con il Consiglio nazionale forense: il primo risonato ottenuto da Guido Alpa, presidente del Cnf, è la presenza dell avvocato durante la conciliazione. E si tratta di una conquista rilevante considerato che, nella prima versione, i cittadini che ricorrevano alla conciliazione potevano presentarsi anche da soli davanti al mediatore. Adesso, invece, sarà obbligatorio comparire con un legale e (aspetto determinante) pagano. Non a caso Alfano e Alpa hanno parlato di minimi tariffari da ritoccare al rialzo perché ancora fermi il Ma i nodi da affrontare sono ancora tanti: la competenza territoriale dei mediatori, i requisiti di imparzialità e indipendenza, il patrocinio a spese dello Stato nella mediazione. Ma soprattutto, la madre di tutte* battaglie: l obbligatorietà della mediazione. Gli avvocati continuano a chiedere l abrogazione, il ministero la ritiene indispensabile. Il perché è chiaro: tutti i tentativi di mediazione fatti in Italia su base di volontarietà sono naufragati. Con l obbligatorietà invece emerge (da stime affidabili) che nelle prime quattro settimane di entrata in vigore della ritorna siano state più di sei mila le mediazioni avviate e per un valore medio della controversia di oltre go mila euro. Numeri importanti che dimostrerebbero quanto sia indispensabile l obbligatorietà per un buon funzionamento del meccanismo. Al punto che anche in Europa qualcosa si muove. E bene ricordare infatti che l Italia è un caso unico: in tutti gli altri paesi g conciliazione è facoltativa. A Bruxelles, il 23 maggio verranno presentati ufficialmente i risultati di uno studio sui risparmi della mediazione su cui già circolano anticipazioni. Partendo dalle risultanze del «Doing Business In>> (il rapporto della Banca mondiale, nel quale la giustizia civile in Italia figura ai 157 posto), gli esperti incaricati dall Ue hanno stimato che in Italia basterebbe un tasso di successo del 4% perché la mediazione produca risparmi di tempo, e del 28% per risparmi anche sui costi. Velocizzare la giustizia civile è l obiettivo dichiarato del ministro Alfano a cui gli avvocati rispendono che per farlo esistono strade alternative. Anche la mediazione potrebbe esserlo ma senza l obbligatorietà. Su questo tema si confronterà oggi il Cnf (fautore del dialogo) e i fautori dell opposizione più intransigente: le associazioni e l Organismo unitario dell avvocatura. «Non bisogna dimenticar e osserva Maurizio de Tilla, presidente dell Oua che sulla mediazione pende ancora un torte sospetto di anticostituzionalità su cui dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale». La sensazione è che solo se Alfano riuscirà a trovare un accordo con gli irriducibili oppositori dell obbligatorietà si potrà considerare chiuso il cantiere della mediazione e passare definitivamente alle «prove di collaudo» Isidoro Trovato 17

18 ITALIA OGGI Il Cnf sta definendo il tariffario che dovrà essere applicato all'assistenza legale nella conciliazione Mediazione con conto più salato I compensi degli avvocati andranno dai 150 ai euro Tariffa extra per la mediazione obbligatoria. La necessità dell'assistenza tecnica dell'avvocato in tutti i procedimenti rientranti nel dlgs n. 28/2010, prevista dall'accordo tra il ministero della giustizia e una parte dell'avvocatura, comporterà infatti un onorario aggiuntivo per cittadini e imprese che si troveranno a conciliare: tra i e i euro per una lite media da 150 mila euro. È quanto prevede il tariffario vigente che il Consiglio nazionale forense ha preso a modello per definire i compensi dei legali che presteranno assistenza durante i procedimenti di mediazione. Le tariffe, però, risalgono al 2004 e, secondo quanto comunicato dallo stesso Cnf, dovranno essere sia attualizzate sia ridefinite verso l'alto per adattarle al nuovo istituto. Fatto sta che il compenso, per l'avvocato, potrebbe andare da circa 150 euro per i procedimenti di valore inferiore a euro, a oltre per le liti tra i 2,5 e i 5 milioni. Una strada, quella delle tariffe ad hoc per i legali, che, secondo l'accordo siglato settimana scorsa dovrebbe però escludere l'eliminazione dell'obbligatorietà della mediazione a seconda del valore della lite. Via Arenula aveva tenuto infatti a rimarcare, nella nota diffusa dopo il vertice con il Consiglio nazionale forense e alcuni ordini territoriali, che sarebbero stati introdotti «limiti per valore alla conciliazione obbligatoria o, in alternativa, la fissazione di tariffe graduate» (si veda ItaliaOggi del 12 maggio scorso). E questa seconda strada, anche alla luce dell'incontro dell'altro ieri, sembra ormai quella più praticabile, come del resto già rimarcato da fonti interne al ministero. Anche riguardo allo strumento legislativo, l'altro ieri è stato confermato il ricorso a un decreto legge, che dovrebbe essere emanato entro giugno. La trattativa però continua ad alimentare le proteste di quella parte dell'avvocatura (Oua e associazioni forensi) che è state in qualche modo esclusa dal tavolo. Basti pensare che per oggi il Cnf ha convocato per una riunione ad hoc i rappresentanti di Oua e associazioni e per sabato i Consigli dell'ordine. L'Organismo unitario dell'avvocatura, però, da parte sua ha fissato per domani un'assemblea nazionale con ordini e associazioni invitando a sua volta il presidente del Cnf, Guido Alpa, a partecipare «per dare vita a un momento unitario». Gli sviluppi dell'accordo. Nel corso dell'incontro dell'altro ieri tra il capo dell'ufficio legislativo del ministero della giustizia, Augusta Iannini, e Alpa, è stata confermata l'obbligatorietà della assistenza tecnica in tutti i procedimenti di mediazione esi sono identificati i punti essenziali che conseguono a questa previsione: e cioè la soppressione dell'obbligo di informazione del cliente e la soppressione della sanzione dell'annullamento del mandato. Quanto alle tariffe applicabili, come detto, si è ipotizzata la interpretazione estensiva delle tabelle vigenti; su questo punto, in particolare, gli ordini territoriali sono pronti a far sentire la propria voce nell'assemblea di sabato prossimo. Le proteste. Resta critica la posizione dell'oua, che continua a chiedere a gran voce l'abolizione dell'obbligatorietà «senza scendere a compromessi, anche perché la normativa è all'esame della Corte costituzionale», afferma il presidente, Maurizio de Tilla. «Questa nuova riunione», attacca, «non ha portato nessun passo avanti e permane il problema della rappresentanza. La categoria deve tornare infatti a essere unitaria e maggioritaria». «Partiamo con un gesto positivo», propone de Tilla, «questa settimana sono previsti diversi 18

19 incontri nazionali dell'avvocatura sulla mediaconciliazione obbligatoria e sullo smaltimento dei processi arretrati, sarebbe opportuno e auspicabile prevedere un momento unitario. Ho già rivolto un invito in tal senso al presidente del Cnf». Una proposta sullo smaltimento dell'arretrato civile, che è tra i punti nodali dell'accordo tra il ministero e l'avvocatura, arriva invece dai giovani avvocati dell'aiga. «Chiediamo al ministro della giustizia», spiega il presidente, Giuseppe Sileci, «di prendere in considerazione, fra le soluzioni più utili per lo smaltimento dell'arretrato civile, l'ipotesi di prevedere un tentativo di conciliazione nel processo, dopo la chiusura dell'attività istruttoria e prima della decisione, per quelle cause che risultano pendenti da almeno tre anni. Questo tentativo dovrebbe essere affidato esclusivamente agli avvocati». Gabriele Ventura 19

20 DIRITTO E GIUSTIZIA Mediaconciliazione, continua il confronto tra Ministero e CNF. Per l'oua serve unità Nel corso del primo incontro, tenutosi martedì scorso, tra il capo dell ufficio legislativo del Ministero della giustizia e il presidente del CNF, Guido Alpa, sono state esaminate le vie per poter apportare le opportune modifiche legislative e amministrative al sistema della mediazione. Confermata l obbligatorietà dell assistenza tecnica in tutti i procedimenti di mediazione. Inoltre, sono stati identificati i punti essenziali che seguono a questa previsione: la soppressione dell obbligo di informazione del cliente e la soppressione della sanzione dell annullamento del mandato. Per quel che riguarda le tariffe applicabili, si è ipotizzata la interpretazione estensiva delle tabelle vigenti, previa la loro revisione, poiché l attuale sistema di calcolo è rimasto inalterato dal 2004; si è aggiornato a breve l approfondimento delle altre questioni prospettate nell incontro con il Ministro concernenti la obbligatorietà della mediazione, la competenza territoriale dei mediatori, i requisiti di imparzialità e indipendenza, il patrocinio a spese dello Stato nella mediazione. Sul tavolo anche la rottamazione dell arretrato civile. Il CNF fa sapere che nel corso dell incontro è stata anche affrontata l annosa questione del contenimento del contenzioso civile arretrato e della procedura partecipativa di negoziazione assistita dagli avvocati. Temi, questi, che potrebbero rientrare in un decreto-legge, la cui urgenza implicherà un serrato calendario di riunioni di studio e di progettazione. Continua il confronto tra Ministero e Avvocatura. «L Avvocatura, che costituzionalmente è partecipe della funzione di amministrazione della giustizia, proseguirà il suo confronto con il Ministro della Giustizia per migliorare la normativa vigente, rafforzare il sistema di difesa dei diritti dei cittadini, apportare il suo contributo allo sviluppo economico del Paese e difendere altresì il suo ruolo insopprimibile,con progetti coerenti e praticabili, senza accenti corporativi e con atteggiamento responsabile», ha commentato Alpa. Riunioni ad hoc per condividere la strada intrapresa. Il CNF ha già invitato a una riunione ad hoc i presidenti degli Consigli dell Ordine (sabato 21) e i rappresentanti di Oua e Associazioni forensi (giovedì 19) proprio al fine di condividere con tutta l avvocatura il percorso appena iniziato. L Oua propone al CNF un momento unitario di confronto. «Sulla mediaconciliazione obbligatoria serve unità nell'avvocatura, dialogo ma anche il rispetto delle decisioni assunte democraticamente dal recente Congresso Nazionale Forense». Ed è proprio per questa ragione che l OUA, presieduta da Maurizio de Tilla, ha inviato una lettera al presidente del CNF. Convocata per venerdì un assemblea generale sulla mediaconciliazione. È necessario un gesto positivo: «questa settimana sono previsti diversi incontri nazionali dell'avvocatura sulla mediaconciliazione obbligatoria; sarebbe opportuno e auspicabile prevedere un momento unitario di confronto». 20

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