Caratterizzazione minero-petrografica e geochimica di materiali lapidei

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1 Caratterizzazione minero-petrografica e geochimica di materiali lapidei RIUNIONE TECNICA PER LA DEFINIZIONE DEI PROTOCOLLI Firenze 30 MARZO 2005 Relatore: Alessandro Borghi Dip. Scienze Mineralogiche e Petrologiche Università di Torino

2 Caratterizzazione minero-petrografica e geochimica di materiali lapidei Il diffuso utilizzo fin dai tempi antichi di materiali lapidei in architettura, ma anche come strumenti di vita quotidiana si manifestano ora come un immenso patrimonio di beni culturali da valorizzare e salvaguardare In alcuni casi le rocce utilizzate sono facilmente riconoscibili e attribuibili a siti di estrazione prossimi al bene culturale in cui sono stati impiegati. In altri casi, si pone invece il problema della loro natura e provenienza. In questi casi l applicazione di metodologie scientifiche può dare informazioni essenziali per la loro caratterizzazione, problema eminentemente petrografico, anche se integrato da metodi di tipo fisico e chimico.

3 Caratterizzazione dei materiali lapidei - Identificazione delle fasi mineralogiche in essi contenute - Determinazione dei rapporti quantitativi e spaziali che legano tra loro i vari minerali (tessitura, forma, grana, orientazione) - Determinazione della composizione chimica della intera roccia o dei singoli minerali Classificazione del materiale lapideo Valutazione del suo stato di conservazione Determinazione della provenienza del materiale lapideo

4 Principali tecniche analitiche - Tecniche non distruttive Osservazione macroscopica Fluorescenza Rx in aria (XRF) Microanalisi protonica in aria (PIXE) - Tecniche distruttive Microscopia ottica Microscopia elettronica Microanalisi elettronica Catodoluminescenza - Diffrattometria Rx - Analisi isotopica Analisi mineralogica Analisi chimica Analisi minerochimica Tempi di conteggio Programmi di elaborazione

5 Condizioni del campione - Dimensioni -Grana - Stato di conservazione - Possibilità di lucidatura, - taglio, metallizzazione

6 Certificazione Petrografica La caratterizzazione petrografica è considerata dagli addetti ai lavori come il test fondamentale per il riconoscimento e la classificazione dei materiali lapidei impiegati nei campo dei Beni Culturali 24

7 Osservazione macroscopica Chiesa di San Carlo La facciata ottocentesca è stata realizzata in Granito rosa di Baveno, con alla base marmo bianco Granito rosa di Baveno Granito a grana medio grossolana costituito da quarzo, K- feldspato rosa per la presenza di inclusioni di ematite, plagioclasio e biotite

8 (Fiora et al., 2002) 1: Depositi quaternari BACINO TERZIARIO LIGURE PIEM. 2: Depositi oligo-miocenici del Monferrato 3: depositi Oligo- miocenici delle Langhe, Collina di Torino e Gonfolite APPENNINO SETTENTRIONALE 4: Liguridi Esterne 5: Liguridi Interne DOMINIO SUDALPINO 6: Bacino Lombardo 7: Depositi clastici post-ercinici 8: Vulcaniti permiane 9: Graniti dei Laghi 10: Serie dei Laghi 11: Zona Ivrea Verbano 12: Zona del Canavese DOMINIO AUSTROALPINO 13: Plutoni Periadriatici (Biella e Vico) 14: II Zona Diorito Kinzigitica 15: Zona Sesia Lanzo DOMINIO PENNIDICO 16: Falda Piemontese Esterna 17: Falda Piemontese Interna 18: Massicci Cristallini Interni (UPS) 19: Zona Brianzonese Interna 20: Zona Brianzonese Esterna 21: Zona Sub-Brianzonese e Flysh a Hel. 22: Unità Pennidiche Inferiori (UPI) DOMINIO ELVETICO 23: Coperture Meso-Cenozoiche 24: Massicci Cristallini esterni

9 Certificazione Petrografica occorrono: un microscopio ottico a luce polarizzata una sezione sottile 25

10 Certificazione Petrografica occhio oculare diaframma Il microscopio ottico lente di Amici analizzatore obiettivo piattaforma girevole lente convergente diaframma del condensatore polarizzatore diaframma di apertura lampada 26

11 Certificazione Petrografica cos è Sezione sottile una fettina di roccia dello spessore di 30 mm a cosa serve a studiare le manifestazioni dell interazione tra luce polarizzata e struttura cristallografica dei materiali costutuenti le rocce (minerali e vetro) 27

12 LUCE POLARS Certificazione Petrografica OSSERVAZIONI TERMINOLOGIA // // FORMA sviluppo facce euedrale/subedrale/anedrale forma 3D equidimesionale/subequidimensionale/inequidimensionale // // COLORE assorbimento opaco vs trasparente --> colore assorbimento pleocroismo schema pleocroismo zonatura conv // RIFRANGENZA rilievo basso/medio/alto linea di Becke I.R. > vs < fasi adiacenti // // VARIE sfaldature orientazione cristallografica inclusioni dimensioni, natura, abbondanza // X BIRIFRANGENZA colori scala Newton colore + ordine = birifrangeza (max) // X ESTINZIONE angolo estinzione retta vs estinzione obliqua posizione indici // X VARIE zonatura geminazioni smescolamenti estinzione retta --> allungamento positivo vs negativo estinzione retta --> angolo indici-direzioni cristallografiche conv X FIGURA INTERFER. 2V 0 (= uniassico) vs 0 (=biassico) --> angolo assi ottici segno ottico + vs - 28

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14 Lazzarini (2004)

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16 Granulometria Nel caso di materiali difficili da Lazzarini, 2004 distinguere tra di loro come i marmi bianchi la caratterizzazione petrografica può contribuire alla loro identificazione mediante la descrizione della struttura, della forma dei cristalli e, soprattutto, della granulometria. In particolare, un parametro importante è la dimensione massima del cristallo più grande (MGS), misurato mediante l osservazione al microscopio ottico. Questo parametro permette di discriminare tra loro marmi di differente provenienza

17 Generalmente l analisi petrografca è sufficiente per la caratterizzazione del materiale lapideo oggetto di studio. Il riconoscimento dei marmi, per la loro ben nota somiglianza macro e microscopica, risulta invece molto difficile e nella maggioranza dei casi risulta utile ricorrere alla combinazione di più metodologie analitiche

18 Il microscopio elettronico a scansione Il SEM permette osservazioni morfologiche e composizionali di campioni massivi a forte ingrandimento (> 1000 X). Il campione necessita di lucidatura e metallizzazione Il SEM consiste in un filamento che emette un fascio di Rx che, dopo aver attraversato la colonna elettronica in cui viene collimato, focalizzato e scansionato, colpisce la superficie del campione. A sua volta il campione emette una serie di segnali, che vengono raccolti da una serie di rivelatori,

19 (Oxford Instruments, 2000)

20 (Oxford Instruments, 2000)

21 Decoesionamento granulare nella Pietra di Malanaggio nella facciata Nord della Porta Reale (Forte di Fenestrelle) Cristalli di calcite di neoformazione costituenti la crosta bianca cresciuta sui conci di calcescisti del Forte di Fenestrelle

22 (Oxford Instruments, 2000)

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24 Borghi & Spiess (2004)

25 La microsonda elettronica La microsonda elettronica viene comunemente considerata lo strumento ideale per determinare la composizione dei singoli minerali (silicati e non) che compongono le rocce della superficie terrestre. Essa, infatti, permette di ottenere analisi chimiche puntuali di aree estremamente limitate (pochi micron di raggio) della superficie di campioni preventivamente lucidati e metallizzati. Consiste di un rivelatore EDS che permette di analizzare con un errore di circa 0.1 % e risoluzione spaziale di 2-5 micron. Si può misurare dal B al U.

26 (Oxford Instruments, 2000)

27 grs pyr sps alm Ca Mg Mn Fe Al VI Al IV Si Total ****** ****** ****** CaO MgO MnO FeO Al2O SiO2

28 Esempio di profilo quantitativo su un cristallo di granato zonato (Vaggelli et al., 2003)

29 Qualitative X-ray maps The qualitative maps (generally performed by EDS microprobe) are collected by means of a MDI board which controls the remote scanning of the electron beam, using an appropriate routine of the beam positioning. In this case, each value of the matrix represents 1 pixel of information and has a discrete value representing the concentration of the respective element for that spot but also contain X-ray counts of the background below the peak and with matrix correction applied, produces only qualitative maps

30 Esempio di mappe composizionali di un cristallo di granato zonato (Vaggelli et al., 2003) granato (Fe, Mg, Mn, Ca) 3 Al 2 Si 3 O 8

31 Esempio di calcolo della distribuzione modale di un arenaria

32 La catodoluminescenza La catodoluminescenza consiste nel bombardamento elettronico di un campione massivo di roccia mediante una sorgente costituita da un filamento (catodo). Il campione di roccia emetterà un'emissione luminosa sottoforma di quanti. La luminescenza di materia cristallina è il risultato di piccole concentrazioni di elementi (generalmente Mn, P, e Terre Rare) dispersi nel reticolo cristallino. In alcuni casi dipende anche da difetti reticolari e da impurità atomiche. La CD può lavorare in modalità pan- e monocromatica

33 Il sistema può funzionare in due modi diversi: pancromatico e monocromatico. monocromatico: la luce viene riflessa dallo specchio A in un reticolo che seleziona una lunghezza d'onda da noi impostata tramite computer. La luce selezionata va quindi sullo specchio B, viene focalizzata sulla lente 2 che porta i fotoni su un fotomoltiplicatore e poi un amplificatore. pancromatico: in questa modalità lo specchio A viene ruotato di 90 in senso antiorario, portando quindi tutta la luce in ingresso sul fotomoltiplicatore senza alcuna selezione delle lunghezze d'onda. Il rivelatore è un paraboloide di alluminio montato su braccio retraibile. Come già accennato parlando del rivelatore BSE, una volta inserito il paraboloide occupa la stessa posizione di quest ultimo impedendone quindi l'utilizzo in contemporanea. Al centro del paraboloide un foro di 2 mm permette al fascio elettronico di colpire il campione. I fotoni prodotti dall interazione colpiscono lo specchio paraboloide nel suo punto focale. Da qui vengono così incanalati su una guida di luce

34 In modalità pancromatica la catodoluminescenza permette di osservare microstrutture altrimenti impossibili da individuare al solo microscopio ottico. E' utilizzata in petrografia del sedimentario per evidenziare zonature di crescita in minerali diagenetici. L immagine della catodoluminescenza viene visualizzata sullo stesso schermo su cui vediamo le immagini in elettroni secondari, in bianco e nero. I contrasti di luminescenza appaiono come contrasti tra gradazioni di grigio, permettendoci di visualizzare situazioni spesso invisibili ai soli SE.

35 613 nm 635 nm (Borghi et al., 2005) In modalità monocromatica, la CD permette di discriminare, sulla base del contenuto degli elementi in tracce, rocce altrimenti difficilmente distinguibili con tecniche non distruttive, come ad esempio i marmi bianchi. Si tratta di una tecnica semi-quantitativa, priva di standard, in cui l ampiezza dei picchi è proporzionale al contenuto dell elemento in traccia, che occorre tuttavia analizzare quantitativamente con un altra metodologia(pixe). E una tecnica estremamente sensibile (< ppm) e con una buona risoluzione spaziale (micron). Permette di discriminare tra materiali estremamente zonati Lo spettro presenta in ascissa le lunghezze d'onda e in ordinata i conteggi per le singole energie. Le lunghezze d onda registrate vanno dai 300 agli 800 nm

36 La microsonda protonica (PIXE) Acceleratore Tandetron (a 3 MV) dell INFN installato presso il Campus Universitario di Sesto Fiorentino Il PIXE rappresenta una tecnica di analisi multielementale non distruttiva che sfrutta, al pari della microsonda elettronica, l emissione X di un campione sottoposto a ionizzazione degli orbitali elettronici interni; l energia ionizzante, che nel caso della microsonda è un fascio di elettroni di kev di energia, nel PIXE è, invece, un fascio di ioni accelerati ad alta energia (tipicamente 2-3 MeV).

37 Madonna dei Fusi, Leonardo da Vinci (Grassi et al., 2004) Non distruttivo Alta sensibilità Buona risoluzione spaziale La tecnica PIXE può venir applicata sia in vuoto sia in aria. In quest ultimo caso sono evidenti i vantaggi di questa tecnica che permette l analisi microanalitica non distruttiva di qualsiasi reperto trasportabile in laboratorio. Si tratta di una metodologia estremamente sensibile (detection limit ca. <10 ppm) con buona risoluzione spaziale nella modalità micro- PIXE, in cui il fascio di protoni può venir collimato fino a pochi micron. Inoltre il PIXE è utilizzabile anche in modalità scansionata. In questo modo è possibile effettuare analisi puntuali, profili e mappe

38 Al Si Elem. Conc. [ppm] MDL [ppm] Oxides Conc [ppm] Sr 1170 ± 3% 25 SrO 1390 ± 3% Y 3570 ± 2% 90 Y 2 O ± 2% P Ca Ce La ± 5% 9000 La 2 O ± 5% Ce ± 2% 8000 Ce 2 O ± 2% Pr ± 10% 1500 Pr 2 O ± 10% Nd ± 2% 4500 Nd 2 O ± 2% Pb 160 ± 20% 60 PbO 170 ± 20% Th U Pb Th ± 1% 80 ThO ± 1% Max U 1115 ± 6% 100 UO ± 6% Vaggelli et al., (2005) Sr Y Min.

39 Max Th Th Th Min. Th U Conc. (ppm) Max Conc. (ppm) U Pb Pb Min. Conc. (ppm) Sr Y Vaggelli et al., (2005) Ma Age

40 La fluorescenza Rx (XRF) Questa metodologia permette di ottenere un analisi chimica totale del nostro campione espressa in ossidi e comprendente el. maggiori, minori, tracce. Molto sensibile, analisi distruttiva, risoluzione spaziale scarsa microfluorescenza risoluzione spaziale ca. 20 micron. Lo strumento consiste di un generatore di Rx che colpisce il campione. Questo, a sua volta, emette una radiazione di fluorescenza secondaria, caratteristica per ogni elemento eccitato, che viene raccolta da un apposito rivelatore. Confrontando lo spettro ottenuto con standard di riferimento si ottiene un analisi quantitativa completa.

41 Esempio di spettro prodotto con un sistema XRF

42 La fluorescenza Rx è una tecnica analitica molto sensibile (ppm), ma con bassa risoluzione spaziale ed implica la distruzione del campione Esiste anche una versione portatile che permette analisi non distruttive ed in situ. La sensibilità resta elevata, la risoluzione spaziale 1 mm, analizza gli elementi a partire dal Si

43 Il diffrattrometro Rx Questa tecnica consente una analisi semi-quantitativa di qualsiasi sostanza cristallina. E necessaria una piccola quantità di materiale (0.5 g), che deve venir ridotto in polvere ed inserito nella camera porta campione dove viene bombardato dal fascio Rx. Il metodo ha una bassa sensibilità (< 5% peso). Lo strumento è costituito da un generatore di Rx, un collimatore per ottenere un fascio di Rx paralleli, una camera portacampione, un rivelatore dei raggi diffratti diffrattogramma

44 Porta Reale - campione Lin (Counts) Theta - Scale PR4 - File: PR4.raw - Type: 2Th/Th locked - Start: End: Step: Step time: 1.4 s - Temp.: 25 C (Room) - Time St (*) - Calcite, syn - CaCO3 - Y: % - d x by: 1. - WL: Rhombohedral - I/Ic PDF 2. - Il metodo sfrutta gli effetti dell interferenza di una radiazione X con il reticolo cristallino dei minerali. Quest ultimo, venendo colpito da una radiazione avente una lunghezza d onda λ dello stesso ordine delle distanze dei piani reticolari, diffrange la radiazione secondo un determinato angolo Θ. La diffrazione dei Rx da parte dei vari piani reticolari fornisce una serie di riflessi (picchi) variabili per posizione ed intensità, che costituiscono lo spettro caratteristico della sostanza cristallina analizzata.

45 PR Lin (Counts) Theta - Scale PR18 - File: Porta Reale - PR18.raw - Type: 2Th/Th locked - Star (I) - Albite, calcian, ordered - (Na,Ca)Al(Si,Al)3O8 - Y: (D) - Chlorite - (Mg,Fe)5(Al,Si)5O10(OH)8 - Y: (I) - Muscovite, vanadian barian - (K,Ba,Na)0.75(Al,Mg, (*) - Quartz, syn - SiO2 - Y: % - d x by: 1. - WL: La diffrattometria Rx fornisce indicazioni semi-quantitative circa i contenuti dei vari componenti. Infatti l area dei picchi caratteristici è proporzionale all abbondanza di un certo minerale. Questa metodologia è utile per distinguere marmi puri da marmi dolomitici ed è il principale metodo per lo studio dei minerali argillosi e delle argille. Viene utilizzato negli altri casi quando il campione è molto ridotto

46 Lo spettrometro di massa (Lazzarini, 2004) L analisi isotopica è una tecnica largamente utilizzata per l identificazione e la determinazione dei marmi. Lo spettrometro di massa è in grado di frammentare mediante bombardamento elettronico le molecole del composto da analizzare e, successivamente, di separare gli isotopi in base al loro rapporto massa/carica elettrica. I campioni, preventivamente ridotti in polvere,vengono fatti reagire con acido fosforico. La reazione libera CO 2 che, tramite un apposita linea di condensazione in vetro, viene raccolta in una trappola ad azoto liquido, purificata ed iniettata all interno dello spettrometro dove viene ionizzata. Lo spettrometro opera quindi la separazione dei diversi isotopi di C (C 13 /C 12 ) e O 16 /O 18)

47 (Lazzarini, 2004) Questo metodo, praticamente non distruttivo (10 microgrammi), ebbe un grande successo. Negli anni pertanto si ampliò enormemente la banca dati, fino ad arrivare ad una sovrapposizione dei campi caratteristici dei vari marmi più utilizzati in antichità. Questo ha portato ad una parziale depotenziamento del potere discriminante di questo metodo I risultati vengono espressi come la deviazione dei rapporti isotopici misurati per il campione incognito rispetto agli stessi rapporti calcolati per uno standard internazionale (PDB). Si può ritenere che rocce formatesi in una stessa regione o periodo siano caratterizzate da una composizione isotopica comune. Nei primi anni 70 venne creata una banca dati relativa ad alcuni marmi di origine greca a fini archeometrici. Confrontando la composizione isotopica di reperti marmorei con quelle ottenute per i campioni di cava è possibile stabilire la provenienza geologica- geografica del tipo di marmo impiegato.

48 (Lazzarini, 2004) Porosimetro La porosità di un materiale lapideo rappresenta la caratteristica fisica da cui dipende la circolazione di fluidi all interno della roccia. Essa rappresenta pertanto il parametro più importante per valutare lo stato di conservazione e per prevederne la sua evoluzione futura. E stato anche osservato che la durabilità di un materiale è soprattutto funzione delle dimensioni dei pori. La loro misura diventa pertanto un parametro molto utile. La misura può venire seguita mediante varie metodiche. Una delle tecniche più precise è rappresentata dal porosimetro a mercurio, grazie alla quale è possibile valutare la distribuzione volumetrica dei pori in funzione delle loro dimensioni

49 (Lazzarini, 2004) Il campione, preventivamente essiccato, viene inserito nel porosimetro e portato in vuoto. A questo punto viene iniettato a pressione il mercurio imponendo il riempimento forzato di tutti i pori. Sfruttando una relazione inversa tra P di riempimento e dimensione dei pori è possibile calcolare la porosità apparente. I dati ottenuti vengono utilizzati per elaborare diagrammi di distribuzione percentuale del volume dei pori

50 Determinazione della provenienza Il problema della provenienza risulta senza dubbio il problema archeometrico principale legato alle rocce utilizzate nei beni culturali. Conoscere il sito di origine di un materiale lapideo utilizzato anticamente riveste una notevole importanza: - Approvvigionamento di materiali utili per il restauro - Individuazione di rotte commerciali - Ricostruzione delle attività svolte da antiche popolazioni La determinazione della provenienza di un reperto lapideo risulta generalmente difficoltosa soprattutto nel caso di reperti antichi di cui si hanno poche informazioni.

51 UNIVERSITA DELGLI STUDI DI TORINO FACOLTA DI SCIENZE M. F. N. Corso di Laurea in Scienza e Tecnologia per i Beni Culturali Studio di Reperti Lapidei del Museo Civico d Arte Antica di Torino Relatore Prof. Alessandro Borghi Candidato Cristina Marcon

52 La collezione di materiali lapidei La collezione è costituita da un centinaio di opere. Sono stati individuati diciannove reperti dichiarati campionabili dal Museo. Camp. 159/PM Lastra con torre. La campionatura è stata eseguita sul retro delle opere e comunque sulle superfici grezze.

53 Metodologie analitiche I campioni, in forma di sezioni sottili sono stati esaminati con: Microscopio ottico a luce polarizzata. Microscopio elettronico a scansione con annessa microsonda elettronica a dispersione di energia (SEM-EDS).

54 Studio petrografico Sulla base delle osservazioni al microscopio ottico e al SEM, i campioni sono stati suddivisi in quattro categorie: Calcari Arenarie Marmi Altre rocce metamorfiche Per ogni campione è stata redatta una scheda.

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56 Le Arenarie Sono dette arenarie le rocce di natura sedimentaria terrigena costituite per oltre il 50% da granuli le cui dimensioni vanno da 0,0625 a 2 mm. I granuli sono cementati da una matrice carbonatica. Campione161/PM Lastra raffigurante il martirio di S.Genesio.

57 Le Arenarie Mica bianca Epidoto Serpentino Glaucofane Frammenti litici

58 Composizione delle fasi Diagramma di correlazione tra Si e Al IV+Al VI.

59 Composizione delle fasi Diagramma indicante la nomenclatura degli anfiboli sodici in base alle variazioni dei rapporti tra F +2, Mg, F +3 e Al VI nella composizione chimica.

60 Carta Geologica del Piemonte Le Arenarie La presenza di: glaucofane mica bianca fengitica serpentino Indicano che queste rocce provengono dal Bacino Terziario Piemontese

61 Altre rocce metamorfiche Il primo campione è un oficalce: una roccia dall aspetto brecciato, costituita da serpentinite con vene bianche carbonatiche. Campione 186/PM Misura di capacità.

62 Altre rocce metamorfiche Calcite Serpentino

63 Carta Geologica del Piemonte Altre rocce metamorfiche (Oficalce) Quasi sicuramente la roccia proviene da Cesana, nella valle di Susa, situata nella Zona Piemontese Interna.

64 Vaggelli G., Borghi A., Cossio R., Giuntini L., Lombardo B., Marino M., Massi M. & Olmi F. (2005): Micro -PIXE analysis of monazite from Dora Maira massif (italy): a petrologic and dating approach. Mikrochimica Acta, submitted. Bibliografia Borghi A. & Spiess R. (2004): New methodologies applied to microstructural analysis. Period. Mineral., 73, Borghi A., Cossio R., Fiora L., Pianea E. & Sandrone R. (2005): Catodoluminiscenza pan e monocromatica di marmi bianchi piemontesi. Atti III convegno nazionale AiAR, (in stampa). Fiora L., Alciati L., Borghi A., Callegari G. & Derossi A. (2002): Pietre piemontesi storiche e contemporanee. L Informatore del marmista, 489, 50-59; 490, 26-35; 491, Grassi N., Migliori A., Mandò P.A., Calvo del Castillo H. (2004): Differential PIXE measurements for stratigraphic analysis of the Madonna dei Fusi by Leonardo da Vinci. 10 international Conference on PIXE and its analytical applications. Conference Proceedings, n Lazzarini L.(2004): Pietre e Marmi Antichi. 194 pp. Cedam, Padova Oxford Instruments (2000): The principles and practice of X-raymicroanalysis Vaggelli G., Borghi A., Cossio R., Mazzoli C. & Olmi F. (2003): Comparison between major and trace element concentrations in garnet performed by EPMA and micro-pixe techniques. Spectrochimica Acta, B, 58,

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