Decisione N. 385 del 18 gennaio 2016

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1 COLLEGIO DI NAPOLI composto dai signori: (NA) CARRIERO (NA) MAIMERI (NA) BLANDINI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (NA) SICA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (NA) BARENGHI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore MAIMERI FABRIZIO Nella seduta del 19/10/2015 dopo aver esaminato: - i ricorsi e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO Con ricorso protocollato in data 13 marzo 2015, il ricorrente, rappresentato da un legale di fiducia, espone di essere titolare di due carte, una di credito multifunzione (rilasciata dall intermediario A) e l altra, di debito (rilasciata dall intermediario B), entrambe emesse a valere su conti correnti, intrattenuti presso i due intermediari resistenti. In data 6 dicembre 2014, subiva il furto della borsa, custodita nell armadietto chiuso sito nel posto di lavoro, in cui era riposto il borsello che conteneva denaro e le carte di pagamento. Provvedeva immediatamente al blocco delle carte dopo aver ricevuto un sms alert relativo a una transazione a valere sul conto intrattenuto presso l intermediario A. In data 7 dicembre 2014 sporgeva regolare denuncia di furto presso il Comando di Carabinieri competente per territorio. In data 10 dicembre 2014 il ricorrente integrava la denuncia per un ulteriore addebito a fronte di un prelievo bancomat sul c/c intrattenuto presso l intermediario B, di importo pari a 250,00. Successivamente, il ricorrente veniva a conoscenza, prendendo visione della lista movimenti del c/c, che sul conto presso l intermediario A risultava un ulteriore transazione, avvenuta, sempre in data 6 dicembre 2014, per un importo pari ad 250,00 Pag. 2/7

2 per cui integrava, in data 17 dicembre 2014, la denuncia precedentemente sporta e provvedeva, altresì, al disconoscimento di tali operazioni. In data 15 dicembre 2014 presentava reclamo verso l intermediario B, ed in data 17 dicembre 2014 verso l intermediario A, chiedendo la restituzione degli importi disconosciuti, sottolineando di aver custodito la carta, di credito multifunzione e la carta di debito, nonché i codici segreti e le relative password, correttamente e con la dovuta diligenza. Entrambi i resistenti rigettavano le richieste, sicché parte attrice presenta ricorso al Collegio in cui ribadisce i fatti già affermati nei reclami, richiamando precedenti ABF, quali le decisioni del Collegio di coordinamento n. 5304/2013 nonché del Collegio di Milano n. 7592/2014, intervenuti su questioni analoghe. In sede di controdeduzioni, le parti resistenti, innanzitutto, specificano i fatti che hanno determinato la richiesta del ricorrente. L intermediario A afferma che in data 7 gennaio 2015 eccepiva a mezzo mail (in riscontro a una contestazione del ricorrente) la cattiva custodia del PIN in quanto le operazioni contestate e disconosciute venivano disposte mediante digitazione del citato codice, il quale non poteva essere acquisito illecitamente attraverso il chip della carta. Ciò posto riteneva che, presumibilmente, il codice fosse conservato in prossimità della carta di credito multifunzione e riconducibile a questa. Ciò determinava precisava la parte resistente la violazione delle disposizioni contrattuali accettate dal cliente mediante sottoscrizione del contratto in cui è pattuito che il cliente è tenuto a custodire con ogni cura la Carta ed il PIN; quest ultimo, in particolare, deve restare segreto e non deve essere riportato sulla Carta né conservato insieme ad essa. Peraltro, ai sensi dell art. 12 d.lgs n. 11/2010 il titolare dello strumento di pagamento qualora abbia agito in modo fraudolento e non abbia adempiuto ad uno o più obblighi con dolo o colpa grave [ ] sopporta tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non autorizzate [ ]. Pur riscontrando un inadempimento del cliente, attuale ricorrente, l intermediario A., in base ad un criterio di solidarietà, ha riconosciuto, in favore di costui, un importo pari ad 350,00 (vale a dire l importo delle operazioni disconosciute [ 500,00] decurtato della franchigia di 150,00). Ha inoltre provveduto ad accreditare l importo di 20,00 quali spese del ricorso. L intermediario B ha anch esso respinto la richiesta di rimborso promossa dal ricorrente. È stato infatti appurato che la transazione disconosciuta è stata eseguita con l utilizzo congiunto della carta e del relativo codice segreto PIN. Pertanto, in virtù delle regole contrattuali riferite alla custodia ed alla conservazione del PIN, la richiesta non risultava accoglibile. Sussistono nel caso di specie i requisiti di negligenza tali da addebitare interamente al ricorrente le conseguenze dell accaduto. Si è rilevata la facilità di prelevamento, per grave negligenza della custodia dei PIN agevolmente attribuiti alle carte sottratte. In particolare, conclude, gli utilizzi fraudolenti del bancomat sono stati eseguiti a distanza di brevissima distanza di tempo, mediante la digitazione del codice segreto corretto sin dalla prima volta (nessuna transazione risulta essere stata tentata per apposizione errato codice PIN). In relazione alle opposte argomentazioni, il ricorrente ha chiesto all Arbitro la restituzione delle somme di denaro disposte fraudolentemente, atteso l avvenuto disconoscimento delle operazioni effettuate. In particolare, verso l intermediario A chiede la condanna alla corresponsione della somma d 500,00, oltre spese e compensi del procuratore, per il presente giudizio. Verso l intermediario B chiede la condanna a corrispondere la somma di 250,00 oltre le spese ed i compensi a favore del procuratore sostenuti per il presente giudizio. L intermediario A chiede di accogliere le istanze proposte in sede di controdeduzioni e, con riferimento alle restituzioni effettuate ( 350,00 ed 20,00) dichiarare cessata la materia del contendere. Pag. 3/7

3 L intermediario B ha chiesto al Collegio di voler respingere il ricorso perché infondato. DIRITTO Preliminarmente il Collegio dichiara la riunione dei due ricorsi in funzione della identità del fatto generatore dell effetto contestato (furto delle carte) e della identità delle domande proposte nei riguardi dei due intermediari (la restituzione delle somme addebitate sui conti correnti del ricorrente). Le tre operazioni contestate sono state tutte eseguite in un ristrettissimo lasso di tempo, vale a dire dalle (transazione con carta bancomat dell intermediario B) alle (le due transazioni riferite alla carta rilasciata dall intermediario A, alle ore e 18.21). l ricorrente preso atto dell avvenuto furto, provvedeva immediatamente al blocco delle carte. A supporto della diligenza della condotta posta in essere, il ricorrente osserva, nel ricorso, che l armadietto era chiuso con le chiavi. Precisamente nella denuncia allegata al ricorso è scritto che aveva regolarmente appoggiato incustodita, la borsa, all interno dell armadietto, chiuso a chiavi, nei locali dello spogliatoio, del reparto ospedaliero ove prestava servizio e che quindi con notevole stupore e grande disappunto il ricorrente constatava personalmente che l armadio era stato aperto, con evidenti segni di effrazione, da ignoti a sua insaputa ed era stata asportata la borsa con i suoi effetti personali e le carte in questione nel presente procedimento. Così rammentato il compiersi della fattispecie, il profilo giuridico della questione che questo Collegio è chiamato a rispondere, l iter che occorre seguire per risolverla e le norme che vengono in gioco sono pianamente e compiutamente desumibili da quanto illustrato dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 5304/2013, che così dispone: Llart. 7 del d.lgs. n. 11/2010 enuclea gli obblighi gravanti sull utilizzatore dello strumento di pagamento; in particolare, questi è tenuto ad utilizzare detto strumento nel rigoroso rispetto delle condizioni contrattuali che ne disciplinano l emissione e l uso (lett. a). La norma tuttavia prosegue, al comma 2, con una disposizione, dal tenore più rigido rispetto a quella comunitaria, che recita Ai fini di cui al comma 1, lettera a), l utilizzatore, non appena riceve uno strumento di pagamento, adotta le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che ne consentono l utilizzo. Le due citate disposizioni devono necessariamente essere lette congiuntamente: in altri termini può affermarsi che l adozione delle misure idonee a garantire la sicurezza dei codici di accesso, costituisce un elemento necessario ed imprescindibile al fine di poter utilizzare lo strumento di pagamento in conformità alle prescrizioni contrattuali. Pertanto grava sull utilizzatore un primo obbligo di custodia relativo allo strumento di pagamento in sé, che ormai viene puntualmente regolato dalle disposizioni negoziali in uso tra i vari intermediari, nei rapporti con la clientela. Parallelamente, si configura un obbligo ex lege che impone all utilizzatore l adozione di misure idonee atte a garantire la sicurezza di quei dispositivi che consentono il regolare utilizzo dello strumento: la formula ampia, che si riferisce per l appunto all adozione di misure idonee, contempla certamente una vasta gamma di comportamenti che si distinguono sia sotto il profilo temporale, sia sotto il profilo contenutistico. Quanto al primo aspetto, infatti, detti obblighi incombono sull utilizzatore sin dal ricevimento dello strumento; al tempo stesso, però, pur nel silenzio della norma, deve ritenersi che esso permane sin tanto che l utilizzatore resti in possesso della carta, posto che detti impegni garantiscono il suo regolare utilizzo. Quanto al secondo aspetto invece, è da ritenersi che essi consistano sia in obblighi di conservazione e di custodia, sia di memorizzazione, purché rientranti nella sfera di controllo del cliente, al fine di garantirne il diligente utilizzo. Come detto, pur nella loro autonoma rilevanza, la reciproca connessione Pag. 4/7

4 tra questi costituisce la condizione che la disciplina normativa richiede al fine del corretto utilizzo degli strumenti di pagamento. Come opportunamente messo in luce dalla dottrina, ma anche dalla giurisprudenza di questo Arbitro, tali previsioni trovano la loro giustificazione nella ratio stessa sottesa alla normativa comunitaria che, se da un lato intende incentivare l utilizzo di questi strumenti di pagamento, dall altro impone che ciò avvenga nel rispetto di presidi di sicurezza che siano in grado di preservare l utilizzatore da impieghi fraudolenti, scoraggiando condotte negligenti che favoriscano pratiche illegali ad opera di terzi (considerazioni che trovano ulteriore applicazione relativamente ai regimi di responsabilità ed alla conseguente ripartizione dell onere probatorio tra utilizzatore e prestatore di uno strumento di pagamento). In relazione ai ridetti obblighi incombenti sull utilizzatore, la stessa disciplina di diritto positivo fa discendere un duplice ed alternativo regime di responsabilità: una prima responsabilità limitata, che opera rispetto alle operazioni poste in essere prima della tempestiva comunicazione al prestatore dei servizi e nei limiti della franchigia di euro 150,00; la seconda, di natura illimitata, che opera ogni qual volta la violazione di tali obblighi sia imputabile ad un comportamento (oltre che fraudolento) doloso o gravemente colposo dell utilizzatore. Pertanto, appare decisiva l indagine intorno alla sussistenza di tali elementi soggettivi che a parte le ipotesi di dolo risulta particolarmente articolata nei casi di colpa grave. Puntualmente gli arresti di questo Arbitro, in ossequio alle decisioni assunte dalla giurisprudenza di legittimità, hanno chiarito che la colpa grave consista in un comportamento consapevole dell agente che, senza volontà di arrecare danno agli altri, operi con straordinaria e inescusabile imprudenza o negligenza, omettendo di osservare non solo la diligenza media del buon padre di famiglia, ma anche quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti (cfr., per una simile prospettiva, in tema di gravità della colpa, Cass. civ., 19 novembre 2001, n ; conforme ABF, Collegio di Milano, decisioni n. 40/2012; n. 2310/2011; Collegio di Roma, decisioni n. 2157/2011; n. 712/2010). Non dunque ogni contegno imprudente può far ritenere integrato questo grado di colpa, ma solo quello che appaia abnorme ed inescusabile: una valutazione siffatta deve essere compiuta alla luce di tutte le circostanze di fatto che, di volta in volta, caratterizzano il caso di specie, tenendo in considerazione la sussistenza della stessa sia con riferimento agli obblighi di custodia dello strumento di pagamento, sia quelli di memorizzazione del codice identificativo. Conformemente alla ratio sottesa alla disciplina dei servizi di pagamento, grava sul prestatore la prova (non solo dell adozione da parte sua dei presidi di sicurezza degli strumenti di pagamento, bensì anche) della sussistenza di quell elevato e abnorme grado di negligenza in capo all utilizzatore, al ricorrere del quale possa imputarsi allo stesso la responsabilità delle conseguenze di un utilizzo fraudolento della carta rubata. Ne consegue che, come già rilevato da questo Arbitro, la prova della colpa grave indica, più specificamente, la prova dei fatti che, in connessione tra loro, possono ragionevolmente condurre a ritenere gravemente negligente la condotta del cliente. Questa prova può ovviamente essere fornita pure per mezzo di presunzioni, purché queste, com è noto, siano gravi, precise e concordanti secondo quanto dispone l art c.c. (cfr. decisione n. 1033/2012). La stessa Corte di Cassazione, a tale specifico riguardo, ritiene ammissibile la prova indiziaria della sussistenza della colpa grave (cfr. Cass. civ., Sez. II, 18 gennaio 2010, n. 654). Si tratta, in altri termini, di valorizzare le singole e specifiche circostanze relative alle fattispecie di volta in volta sottoposte all esame dell ABF, in ordine alle quali è necessario verificare se alla luce degli elementi costituitivi della fattispecie, stretti in intima connessione tra loro sia possibile desumere in capo all utilizzatore un comportamento gravemente colposo. Né rispetto a tale ricostruzione, osta il dettato dell art. 10, comma 2, d.lgs. n. 11/2010, nella parte in cui dispone che quando l utilizzatore dei servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, Pag. 5/7

5 l utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all articolo 7. Contrariamente alla chiarezza che il dato testuale sembrerebbe mostrare prima facie, nel senso di escludere automaticamente qualsiasi presunzione al riguardo, deve infatti rilevarsi che l espressa enunciazione del dettato normativo dispone che il solo compimento dell operazione fraudolenta non costituisca di per sé e necessariamente prova della colpa grave dell utilizzatore; la formulazione della norma citata, consente all interprete di ritenere che si tratti non già di una esclusione totale ed automatica. L unica presunzione che appare vietata dalla richiamata disposizione è quella relativa dell affermazione della colpa grave esclusivamente collegata all utilizzo della carta; da ciò ne discende, a contrario, che sia invece ammissibile tale presunzione, laddove sussista una serie di elementi di fatto particolarmente univoca e convergente, al punto che possa ragionevolmente ritenersi che l utilizzo fraudolento sia effettivamente riconducibile sul piano causale alla condotta dell utilizzatore. Ciò chiarito, deve ulteriormente precisarsi che detta prova presuntiva possa essere ricavata anche con riferimento alle circostanze di fatto, connesse all utilizzo della carta, subito dopo il furto: detto percorso logico-deduttivo, infatti, non è fondato su una serie di presunzioni semplici, bensì su una molteplice concatenazione univoca e convergente di fatti noti, come richiesto dall art cod. civ. Infatti, come correttamente evidenziato in dottrina, la presunzione c.d. qualificata deve consentire di pervenire ad un risultato plausibile, che indichi in modo puntuale e specifico il fatto da provare, in base a valutazioni prive di contraddizioni logiche e ragionevolmente univoche. Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, è indispensabile che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. Un., 13 novembre 1996, n. 9961; Cass. civ., Sez. I, 1 agosto 2007, n ; Cass. civ., Sez. V, 6 agosto 2009, n ). Orbene, in fattispecie come quelle sottoposte all ABF, si tratta di verificare se la sequenza temporale tra furto e utilizzi fraudolenti posti in stretta successione tra loro sia idonea a fondare la presunzione della sussistenza della colpa grave in capo all utilizzatore: nella ricostruzione di tale iter, i fatti noti consistono nel furto della carta e nel suo utilizzo immediato e fraudolento; sulla base di tali premesse in fatto deve risalirsi al fatto ignoto consistente nella conservazione del PIN unitamente alla carta e alla relativa facile associazione. Questo quindi è il punto che va risolto: da un lato si hanno prelievi effettuati in un lasso di tempo molto breve; il ricorrente se ne accorge tempestivamente e altrettanto tempestivamente provvede al blocco. Quel che tuttavia appare a questo profilo dirimente è, da un lato, che egli ha lasciato di fatto incustodite le carte, poiché l armadietto chiuso a chiave non ha una sicurezza diversa rispetto a quella (notoriamente considerata insufficiente) di una macchina lasciata in un parcheggio incustodito; dall altro, che gli intermediari da parte loro hanno dotato i servizi delle migliori caratteristiche di sicurezza offerte dal mercato, cioè il microchip che rende assai difficile, se non impossibile, ricavare dalle carte il PIN in un tempo così breve come quello che devono aver avuto a disposizione i malviventi. Alla luce di queste considerazioni nessuno addebito può essere contestato agli intermediari, mentre la condotta del ricorrente non è esente da quella colpa grave che non consente di coinvolgere l emittente le carte nelle vicende come quella qui in contestazione. Pag. 6/7

6 P.Q.M. Il Collegio non accoglie i ricorsi. firma 1 IL PRESIDENTE Pag. 7/7

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