INTERESSE ASSOCIAZIONE ESTERI

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1 RASSEGNA STAMPA giovedì 23 aprile 2015 L ARCI SUI MEDIA INTERESSE ASSOCIAZIONE ESTERI INTERNI LEGALITA DEMOCRATICA RAZZISMO E IMMIGRAZIONE DIRITTI CIVILI E LAICITA BENI COMUNI/AMBIENTE CULTURA E SPETTACOLO ECONOMIA E LAVORO CORRIERE DELLA SERA LA REPUBBLICA LA STAMPA IL SOLE 24 ORE IL MESSAGGERO IL MANIFESTO AVVENIRE IL FATTO PANORAMA L ESPRESSO VITA LEFT IL SALVAGENTE INTERNAZIONALE

2 L ARCI SUI MEDIA Da Repubblica.it del 21/04/15 Migranti, sit in a Montecitorio: fermare stragi. Camusso: "No a intervento militare" A pochi giorni dalla tragedia avvenuta nel canale di Sicilia, nella quale hanno perso la vita centinaia di migranti, associazioni, ong, sindacati e studenti si sono dati appuntamento a Roma, davanti a Montecitorio per chiedere di fermare subito le stragi nel Mediterraneo. Il leader della Cgil, Susanna Camusso: "Sento idee belligeranti di alcuni commissari Ue, ma il problema è umanitario" (video di Angela Nittoli) All interno del video Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci, e Claudio Graziano, responsabile immigrazione Arci Roma del 22/02/15, pag. 10 Appello di ong e intellettuali Apriamo le frontiere per rilanciare l economia Dalla Francia all Italia c è un fronte pro-liberalizzazione Nessun blocco fermerà chi è pronto anche a morire ANAIS GINORI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI. Tra le tante soluzioni per evitare nuovi naufragi di migranti ce n è una di cui si parla poco: aprire le frontiere. Secondo alcuni ricercatori universitari è il rimedio più ovvio (ma anche impopolare) per rendere meno caotico e drammatico l afflusso dei migranti. «Liberalizzare gli ingressi in Europa permetterebbe di eliminare altre tragedie in mare» spiega François Gemenne, ricercatore che partecipa al progetto MobGlob che da anni lavora sulla gestione dei flussi migratori. La «guerra contro i trafficanti di uomini», come ha detto ieri Matteo Renzi, sarebbe così vinta senza troppi sforzi. Il collettivo francese ha studiato vari casi, dalla frontiera tra Stati Uniti e Marocco a quella tra Cina e Giappone, arrivando a una conclusione: niente e nessuno può davvero fermare chi è determinato a partire. «Le migrazioni hanno cause strutturali. Inoltre, i migranti sono persone pronte a rischiare la vita, come abbiamo visto negli ultimi anni» continua Gemenne che con altri colleghi ha stilato un rapporto denso di cifre ed esempi, tra cui l apertura del confine tra India e Nepal. «Contrariamente a quel che si pensa spiega l esperienza insegna che non c è un aumento dei flussi, ma solo una migliore circolazione dei migranti tra paesi». L ipotesi di MobGlob non verrà neppure evocata nel vertice europeo di oggi a Bruxelles. Eppure c è ormai un vasto dibattito, tra università e ong, che promuove l idea di 2

3 abbandonare la difesa di una fortezza che si rivela inefficace (solo nel 2014 l afflusso di migranti è aumentato del 153%) oltre che fatale per migliaia di migranti. L urgenza è fare qualcosa. In un appello congiunto molte ong, tra cui Oxfam Italia, Save the Children, Arci e Focsiv, hanno ribadito la richiesta di una nuova missione di salvataggio Mare Nostrum europea, la sospensione del regolamento di Dublino (che prevede la domanda d asilo nel paese d ingresso) e il reinsediamento dei migranti beneficiari di protezione internazionale. La federazione delle Chiese evangeliche e la Comunità di Sant Egidio propongo invece di autofinanziare, attraverso l 8 per mille, un corridoio umanitario tra Marocco e Italia. Ma secondo alcuni specialisti è inutile inseguire aggiustamenti di un sistema che ha dimostrato di non funzionare. L apertura dei confini dell Ue può sembrare una provocazione o una bella utopia. «Sarebbe invece il discorso economicamente e tecnicamente più saggio e lungimirante», dice Gemenne. Il Vecchio Continente ha una demografia in declino, molte imprese sono alla ricerca di lavoratori che non trovano e gli Stati non sanno come sarà finanziato tra qualche decennio l equilibrio previdenziale. Inoltre, fanno notare sempre i promotori della libera circolazione dei migranti, il dispiegamento di mezzi e uomini per fermare i migranti ha un costo pubblico elevato, che potrebbe aumentare ancora con le prossime decisioni dell Ue. Tra gli studiosi dell immigrazione c è anche chi propone di aprire le frontiere ma organizzando dei visti a pagamento. E quello che hanno concluso in un rapporto Emmanuelle Auriol dell Ecole d économie di Tolosa e Alice Mesnard della City University di Londra. I visti pagati dai migranti sarebbero una nuova fonte di entrata nelle casse degli Stati europei, da reinvestire in sussidi e aiuti ai cittadini europei. Un modo di rendere, forse, più accettabile il progetto di liberalizzazione. «Purtroppo l agenda politica dei nostri governi è ostaggio delle forze xenofobe e populiste, senza un minimo ragionamento concreto e fattuale» conclude il responsabile del collettivo MobGlob. A Bruxelles oggi si parlerà invece di blocchi navali, aumento di pattugliamenti in mare, droni per neutralizzare i barconi prima che possano salpare. Una guerra che nessuno sa quando e se sarà mai vinta. Da la Stampa.it del 23/04/15 70 anni fa la Liberazione tutti liberi di festeggiare I migliori eventi in città per celebrare il 25 Aprile Francesco Garozzo Un città medaglia d oro della Resistenza non può festeggiare il 70 anniversario della Liberazione in tono minore. Ed ecco che Milano torna a festeggiare. Confortata dalla presenza di Sergio Mattarella il presidente della Repubblica parlerà sabato 25 (ore 12) al Piccolo Teatro di via Rovello la città si prepara a un fine settimana pieno di appuntamenti. Si comincia ballando. Al Castello Sforzesco, dalla tarda serata di domani, la festa Liberi anche di cantare e ballare organizzano Radio Popolare, Anpi, Arci e Insmli - rievoca quello che successe a Milano nel luglio del 45: il sindaco socialista Antonio Greppi incaricò Paolo Grassi (ecco tornare il Piccolo Teatro) di fare il possibile per organizzare una notte di musica e di balli. Fu una serata di gioia spontanea, con musicisti come Natalino Otto e Gorni Kramer a suonare. 3

4 Domani si inaugura anche un nuovo museo. In zona Isola (via Confalonieri 14, ore 11) la città scoprirà di avere un Museo della Resistenza, dove dal pomeriggio del 25 si festeggerà con letture, musiche ed esibizioni dal vivo. La Cineteca Italiana ha pensato la cosa giusta. Visto che molto del nostro miglior cinema parla della Resistenza, ecco una tre giorni al Mic (viale F. Testi 121, 5.50 euro) con alcuni titoli da collezione. Stasera alle 21 tocca all esordio di Francesco Maselli Gli sbandati ( 55), storia di un gruppo di ragazzi milanesi indecisi, dopo l 8 settembre 43, se partecipare alla Resistenza o fuggire in Svizzera. Domani (ore 21) è la volta di Roberto Rossellini e del suo Era notte a Roma ( 60), con un ottima Giovanni Ralli. Gran finale sabato 25, con triplo appuntamento: alle 16 Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy ( 62); alle La notte di San Lorenzo ( 82) dei fratelli Taviani; alle 21 Il terrorista ( 63) di G. De Bosio, con un Gian Maria Volonté partigiano e ispiratissimo. In parallelo, la mostra gratuita allo Spazio Oberdan, fino a giovedì 30: 70 scatti da una Milano città aperta. Da Ansa del 22/02/15 25 aprile a Pescara, 'festa' in Comune Balli e canti in Municipio, poi Treno Libertà e spettacoli (ANSA) - PESCARA, 22 APR - Progetti con le scuole, momenti istituzionali, spettacoli tetrali, un 'Treno della Liberazione' nei luoghi della Resistenza abruzzese e, soprattutto, un 'Omaggio corale alla Resistenza' all'interno della sala consiliare del Comune, in cui i cittadini, venerdì sera, saranno "Liberi di cantare e di ballare": sono solo alcune delle iniziative con cui Pescara, a ridosso del 25 aprile, celebrerà il 70esimo anniversario della Liberazione. Ha preso il via lunedì, al liceo classico 'D'Annunzio' di Pescara, il progetto "Dall'Abruzzo ad Auschwitz", vero e proprio 'viaggio nella memoria per non dimenticare', promosso dall'anpi, dallo Spi-Cgil e dalla stessa scuola. Il progetto si concluderà nella primavera 2016 con un viaggio ad Auschwitz. Venerdì sera, alle 21, al teatro Florian Espace, verrà messo in scena lo spettacolo "Settembre 1943: Roma che resiste". Grande attesa, poi, per l'evento "Liberi anche di cantare e ballare. Omaggio corale alla Resistenza", promosso a livello nazionale dall'associazione partigiani, dall'arci, dall'insmli e da Radio Popolare. Alle 23 la sala consiliare del Comune di Pescara si aprirà ai cittadini per attendere l'arrivo del simbolico 25 aprile. Sarà un vero e proprio 'happening' collettivo, con musiche dei DisCanto, teatro di Deposito dei Segni, letture di Mario Massari, interventi di Blasioli, Alessandrini e dei rappresentanti dell'anpi. Nel corso dell'iniziativa l'anpi Pescara - Ettore Troilo consegnerà a Emergency e al suo fondatore Gino Strada il "Premio 25 aprile". Non è escluso che, per l'occasione, interverrà in videoconferenza il fondatore di Emergency, Gino Strada. L'iniziativa di venerdì, che si svolgerà contemporaneamente in molti Comuni italiani, è ispirata all'idea di Antonio Greppi, sindaco della Liberazione di Milano, il quale invitò i suoi concittadini a ringraziare i partigiani e a salutare la Liberazione nel modo più naturale e spontaneo: facendo festa, cantando, ballando. Sabato, alle 9.30, inoltre, dalla stazione di Pescara partirà il "Treno della Liberazione", promosso da Associazione culturale amatori ferrovie (Acaf), Museo del treno di Montesilvano, Associazione culturale amici della ferrovia Le Rotaie Molise, Fondazione Fs e Anpi Pescara. Il convoglio viaggerà sulla 'Transiberiana d'italia' nei luoghi della guerra e della Resistenza in Abruzzo. A Roccaraso, dove farà tappa il treno, ci sarà lo spettacolo "Banditen. I partigiani che salvarono l'italia", della compagnia dei Guasconi. Non mancheranno momenti più istituzionali: sabato mattina ci sarà la consueta cerimonia in piazza Garibaldi e a seguire l'omaggio davanti al cippo che ricorda i nove partigiani fucilati 4

5 dai tedeschi su delazione dei fascisti, nella scuola '11 febbraio 1944'. "Il programma è un più denso del solito, perché il 25 aprile, quest'anno - ha sottolineato Fimiani in conferenza stampa - è qualcosa in più degli altri anni. Purtroppo, però, c'è uno scarto molto forte tra i principi per i quali si combattè la guerra e i valori attuali. C'è una distanza tra i principi su cui si fonda la democrazia e la realtà; questa distanza è tale che non dobbiamo stupirci se, ad esempio, il senso della legalità è ormai quello che è". "Quest'anno - ha detto Blasioli - ricorre un anniversario molto importante, i 70 anni della Liberazione. Noi come Comune abbiamo aderito ad una di queste iniziative e la sala consiliare si aprirà a tutti i cittadini che vorranno ballare e cantare con noi". "Ci piace che il comune sia la casa di tutti i pescaresi - ha detto Alessandrini - ci piace copiare un sindaco come Greppi". Da Adn Kronos del 22/04/15 LIBERAZIONE 2015 "Liberi anche di cantare e ballare" Nella mattinata odierna si è svolta la conferenza stampa del programma relativo alla celebrazione del 25 aprile, ovvero LIBERAZIONE 2015 Liberi anche di cantare e ballare, Omaggio corale alla Resistenza, una proposta di Anpi, Arci, Insmli, con la Presidenza del Consiglio Comunale e dell Amministrazione di Pescara. Alla conferenza stampa hanno partecipato il presidente del Consiglio Comunale Antonio Blasioli, il sindaco Marco Alessandrini, il presidente dell ANPI di Pescara Enzo Fimiani e i rappresentanti di Arci, del Florian, l associazione Il museo del Treno e gli artisti coinvolti. In occasione del 70esimo della Liberazione abbiamo voluto mutuare dalla storia un gesto simbolico e significativo per la memoria spiega il presidente Antonio Blasioli Quello del primo sindaco di Milano dopo la Resistenza, Antonio Greppi, che aprì le porte del Municipio dopo la Liberazione per festeggiare con la cittadinanza fra canti e balli la libertà appena affermata. Noi la sera del 24 lo rifaremo nella Sala Consiliare dove invitiamo famiglie e pescaresi grandi e piccoli per dare a un momento storico speciale, qual è quello della rinascita dopo il periodo del nazifascismo, il significato di celebrazione, di festa. E necessario farlo aggiunge il presidente provinciale ANPI Enzo Fimiani perché esiste uno scatto fra i principi per cui si combatté all'epoca, che mossero sia coloro che morirono sia coloro che rischiarono la pelle e la memoria conservata da chi è venuto dopo. Questa forbice va stretta, la memoria deve essere coltivata perché quei valori e i principi che ne sono scaturiti restino sempre attuali. Per questo l ANPI sarà su più eventi: il 25 aprile festeggia i suoi 70 anni a Milano, come da tradizione, ma che in loco avrà l anteprima serale in Sala Consiliare per la prima volta, poi vedrà una celebrazione ufficiale in piazza Garibaldi, una celebrazione simbolica, di cuore, al cippo di Colle Pineta dove vennero trucidati 9 partigiani nel giardino della scuola 11 febbraio e, in contemporanea, rivivrà i luoghi della resistenza grazie al treno organizzato per ripercorrere le tappe più significative della Liberazione abruzzese e che partirà da Pescara sabato 25 aprile alle 9,30. Facciamo tutto questo perché la Resistenza è un valore e in passato c è stata un po' di ambiguità sul come celebrarla aggiunge il sindaco Marco Alessandrini - Ma il 25 aprile è di tutti e oggi ci approssimiamo a festeggiare i 70 anni dal momento in cui abbiamo cominciato a respirare la libertà, che è un bene sempre prezioso, è quel valore di cui ti accorgi quando ti manca, per dirla con le parole di Calamandrei. Ci piace l'idea che il Comune sia la casa dei pescaresi e ci piace emulare un grande sindaco qual è stato Greppi che accolse la gente con canti e balli per festeggiare nel luogo comune la libertà che è un diritto di tutti. La Liberazione su treni 5

6 degli anni 30 e 40 partirà da Pescara alle 9,30 e attraverserà la Majella toccando alcune tappe particolari illustra Claudio Colaizzo dell associazione Le Rotaie che con il museo del Treno di Montesilvano è fra i soggetti partner della giornata Tre fermate storiche, la prima a Palena per la commemorazione, poi a Roccaraso, a un passo da Pietransieri dove ci fu un eccidio forse fra i più efferati della nostra storia e a Campo di Giove, lungo le tappe del freedom trail, quel sentiero della libertà che vide anche il Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi fra i partigiani che lo percorsero. Sui treni ci saranno più di 500 persone fra cui molte scolaresche, ragazzi fra gli 8 e i 12 anni, in età giusta per far conoscere la tragicità e il valore eroico dell Abruzzo della resistenza. L'anniversario. Quest anno ricorre un anniversario fondamentale per la nascita della democrazia nell Italia uscita dalle tragedie della dittatura e della seconda guerra mondiale. Sono infatti trascorsi settant anni dal 25 aprile del 1945, Festa nazionale e giorno che simbolicamente ricorda e rappresenta la fine del conflitto, la sconfitta definitiva del nazifascismo grazie anche al contributo fondante della Resistenza, l avvio del percorso democratico che avrebbe condotto alla Repubblica e alla Costituzione delle quali siamo figli. Se da 70 anni viviamo nella democrazia e in libertà lo dobbiamo agli uomini e alle donne che nel 1945 ci hanno affrancato dal nazifascismo. Ricordarlo non è solo un dovere civile, ma può diventare anche un piacere e, appunto, una Festa. Programma delle iniziative di ANPI Pescara: Lunedì 20 aprile, ore 11.15: Liceo classico di Pescara, La seconda guerra mondiale e i campi di concentramento, primo incontro con gli studenti per il progetto: Dall Abruzzo ad Auschwitz. Un viaggio nella memoria per non dimenticare, a cura di ANPI Pescara (referente: Oscar Buonamano), dello SPI-CGIL e del Liceo classico di Pescara. Il progetto, dopo una serie di incontri e iniziative con i ragazzi, si concluderà nella primavera 2016 con un viaggio ad Auschwitz. Mercoledì 22 aprile, ore 11.00: Sala Giunta del Palazzo municipale di Pescara, conferenza stampa di presentazione dell iniziativa con la Presidenza del Consiglio comunale di Pescara e di tutto il programma di ANPI Pescara per la Festa di Liberazione Venerdì 24 aprile, ore 21.00: Florian espace, in collaborazione con il Florian, Teatro stabile d innovazione, spettacolo teatrale: Settembre 1943: Roma che resiste. La compagnia Racconti teatrali di Roma presenta una serata con l autore e attore Pierpaolo Palladino, da La battaglia di Roma e L assalto al treno. A seguire, riflessione storica con Enzo Fimiani, presidente ANPI Pescara. Biglietto ridotto (6 euro) per gli iscritti ANPI con tessera. Venerdì 24 aprile, ore 23.00: Sala del Consiglio Comunale di Pescara, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio comunale di Pescara, una proposta nazionale di ANPI, Arci, Insmli, Radio Popolare: Liberi anche di cantare e ballare. Omaggio corale alla Resistenza. In contemporanea in tutta Italia, la sera del 24 aprile, a partire dalle ore 23.00, si attenderà la mezzanotte e l arrivo del simbolico 25 aprile stando insieme, cittadini, associazioni, istituzioni. A Pescara, il Palazzo Municipale si aprirà alla Città e nella Sala del Consiglio Comunale ospiterà un happening collettivo, con musiche dei DisCanto, teatro di Deposito dei Segni, letture di Mario Massari, interventi del Presidente del consiglio Comunale Antonio Blasioli, del Sindaco della città Marco Alessandrini, dei rappresentanti di ANPI e Arci, consegna a Emergency e al suo fondatore Gino Strada del Premio 25 aprile di ANPI Pescara, III edizione, anno L iniziativa pubblica è ispirata all'idea semplice e geniale avuta da Antonio Greppi, il sindaco della Liberazione di Milano, il quale invitò i suoi concittadini a ringraziare i partigiani e a salutare la Liberazione nel modo più naturale e spontaneo: facendo festa, cantando, ballando. Le cronache di allora ci raccontano di musiche e canti che salivano dalle macerie, di orchestrine improvvisate nei cortili, di migliaia di persone che segnalavano il loro desiderio di tornare alla pienezza della vita dopo anni di guerre e lutti. Non era spensieratezza, ma energia che riprendeva a fluire nelle vene della democrazia appena riconquistata. Facciamolo anche noi, 70 anni dopo. Sabato 25 aprile, ore 9.30: 6

7 Stazione ferroviaria di Pescara centrale, partenza del Treno della Liberazione, promosso da Acaf Associazione culturale amatori ferrovie, Museo del treno di Montesilvano, Associazione culturale amici della ferrovia Le Rotaie Molise, Fondazione FS, ANPI Pescara. Tragitto: Pescara, Palena, Roccaraso, Campo di Giove e ritorno, sulla Transiberiana d Italia nei luoghi della guerra e della Resistenza in Abruzzo. A Roccaraso ci sarà lo spettacolo Banditen. I partigiani che salvarono l Italia, della compagnia dei Guasconi. Per info e costi: prenotazioni@lerotaie.com Sabato 25 aprile, ore 12.00: Scuola 11 febbraio 1944, via Colle Pineta in Pescara, omaggio e interventi davanti al cippo che ricorda i nove partigiani fucilati dai tedeschi su delazione dei fascisti. 7

8 ESTERI del 23/04/15, pag. 9 Ryiadh ci ripensa: ripartono i bombardamenti contro Sana a Chiara Cruciati Yemen. I ribelli Houthi controllano ancora Sana'a e Aden e pongono la precondizione al dialogo: il cessate il fuoco. Riyadh annuncia la fine delle operazioni e poi prosegue con i raid «Mission accomplished». Le bombe che sono piovute ieri sullo Yemen ricordano l infausta espressione usata dall ex presidente Usa Bush quando dichiarò la fine della guerra in Iraq. Era il maggio 2003, sarebbero seguiti altri 8 anni di occupazione del paese. Martedì sera Riyadh ha annunciato la vittoria sul movimento sciita degli Houthi, la distruzione dell arsenale in suo possesso e quindi la fine delle operazioni militari: lo stop a Tempesta decisiva e l inizio di una fase, Ripristino della Speranza, in cui la famiglia reale si sarebbe presa cura dei civili bombardati per tre settimane. E, visto l ottenimento di tutti gli obiettivi militari, un funzionario saudita ha detto alla Cnn che gli Houthi avevano accettato «tutte le condizioni» poste dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, ovvero abbandono delle armi e delle zone occupate. Inoltre, ha aggiunto l ambasciata saudita a Washington, si sarebbe aperta una nuova fase durante la quale sarebbero stati garantiti aiuti umanitari ai civili e sarebbe stata creata una coalizione internazionale a protezione della costa. Soldati di Riyadh sarebbero rimasti al confine per evitare nuove crisi. Ieri la speranza è stata vanificata: a poche ore dalla dichiarazione del cessate il fuoco, l aviazione saudita ha colpito di nuovo il paese. A Taez è stata centrata una base militare del governo ufficiale, occupata dai ribelli sciiti durante la presa di Aden, a Sana a il quartiere di Faj Attan, a Saada le aree di Manarzaleh e al-malahiz. Colpite anche le città di Lahij e al-waht, secondo quanto riportato dall agenzia stampa iraniana Fars News. Dieci i morti ieri. «Una catastrofe umanitaria», l ha definita ieri Robert Mardini, capo della Croce Rossa in Medio Oriente: manca il cibo, mancano medicinali vitali, gli ospedali non funzionano più soprattutto nella capitale Sana a, rimasta senza elettricità per 9 giorni. Da parte sua il movimento Houthi ha negato di aver perso nei raid sauditi gran parte del proprio arsenale: Habib Zuhair al-muslim, uno dei leader del gruppo, ha fatto sapere che veicoli blindati, missili e armi sono custoditi in depositi sicuri, introvabili. Eppure ieri pomeriggio, ha riportato l Ap, il portavoce Houthi Mohammed Abdul-Salam ha chiesto la fine completa degli attacchi da parte saudita e l avvio di negoziati sponsorizzati dall Onu: «Chiediamo, dopo la totale interruzione dell aggressione contro lo Yemen e la fine dell embargo, di riprendere il dialogo politico sotto la supervisione delle Nazioni Unite». Una fonte vicina ai negoziatori ha poi annunciato il rilascio da parte Houthi del ministro della Difesa, Mahmud al-subaihi, il generale Faisal Rajab e il fratello del presidente Hadi, il generale Nasser Hadi, rapiti a fine marzo. Abdel Malek al-ijri, membro del politburo sciita, si è spinto oltre: un accordo politico sarebbe stato quasi raggiunto. Un cedimento da parte Houthi? No, perché la precondizione al dialogo lo stop delle operazioni militari resta. E, nonostante la violenza dei raid che hanno distrutto case, infrastrutture, aeroporti, stadi, è difficile credere alla missione compiuta sbandierata da Riyadh: gli sciiti controllano 8

9 ancora Sana a, Aden e il suo porto, una buona fetta del centro del paese, dopo la marcia dalla capitale a sud. Il potere contrattuale Houthi non è intaccato. E nonostante le vittorie diplomatiche dei Saud dal voto del Consiglio di Sicurezza Onu alla risoluzione sull embargo anti-houthi alle dimissioni dell inviato delle Nazioni Unite in Yemen, Jamal Ben Omar a sventolare ancora la bandiera del negoziato è l Iran che da settimane si fa promotore di un accordo politico di cui ha discusso anche con Ban Kimoon. Un ruolo solo apparentemente dietro le quinte che non convince affatto gli Stati uniti che martedì hanno dispiegato navi da guerra nel golfo di Aden in chiave anti-teheran. Obama è tornato a lanciare appelli alla Repubblica Islamica, ma soprattutto accuse: in un intervista alla Msnbc, martedì sera, ha accusato Teheran di armare i ribelli e aver quindi direttamente contribuito allo scoppio della guerra civile. «Abbiamo detto agli iraniani che c è bisogno che siano parte della soluzione e non del problema». del 23/04/15, pag. 9 Un papa Francesco a Cuba Roberto Livi L'AVANA Cuba. Il pontefice del dialogo sosterrà il «disgelo» anche nel suo discorso al Congresso Usa, mettendo in difficoltà i cattolici repubblicani È ufficiale: Papa Francesco farà una tappa a Cuba prima di iniziare la sua visita pastorale negli Stati Uniti il prossimo settembre. E non sarà certo uno scalo tecnico, ma un importante visita carica di significati simbolici del pontefice che ha avuto un ruolo importante nel processo che sta abbattendo l ultimo muro della guerra fredda, quello tra l Avana e Washington. Francesco infatti inviò una lettera a Raúl Castro e Barak Obama per invitarli a iniziare il disgelo e offrì il Vaticano come sede dei negoziati finali per giungere alla storica dichiarazione del 17 dicembre dell anno scorso sulla volontà di ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due paesi. Proprio per questa ragione, si avverte già nell isola una grande aspettativa per l arrivo del primo papa latinoamericano: «Perché quasi certamente nel discorso che primo pontefice farà di fronte al Congresso degli Stati uniti, Francesco farà riferimento all importanza del processo di ristabilimento delle piene relazioni tra Cuba e Usa», sostiene Enrique Lopez Oliva, analista e professore di Storia delle religioni dell Università dell Avana. «Il reiterato appoggio del papa a tale processo continua sarà prezioso per Obama e creerà difficoltà ai leader repubblicani cattolici, il cubanoamericano Marco Rubio e il potenziale candidato alla presidenza Jebb Bush, che sparano a zero contro la politica del presidente». Il vertice della Chiesa cattolica, unica organizzazione oltre al partito comunista a essere capillarmente presente in tutto il territorio dell isola, è da tempo impegnato a sostenere la politica del presidente Raúl Castro per un disgelo con gli Usa. In una recente intervista alla rivista dell Arcivescovato dell Avana, Palabra Nueva, il cardinale Jaime Ortega ha affermato che per la Chiesa «dialogo è una parola chiave. Il dialogo è alla base delle relazioni tra Chiesa e Stato cubano ( ). Quella del dialogo è l unica diplomazia del Vaticano». E tale «diplomazia del dialogo» in corso ormai da più di cinque anni nell isola ha profondi riflessi nel rafforzamento della società civile, uno degli obiettivi richiesti sia dagli Usa, sia dall Ue per il pieno ristabilimento delle relazioni reciproche. «Per questa ragione vi è una grande aspettativa per la prossima visita del papa non solo tra i cattolici ma anche da parte di tutti i cubani», sostiene Lopez Oliva. Le relazioni tra 9

10 Stato e Chiesa «stanno entrando in una nuova fase storica». Lo indicano una serie di fatti, come l incremento della partecipazione della popolazione alle funzioni religiose (a Pasqua le chiese erano stracolme), il fatto che il tema religioso non sia più un tabù, anzi che a livello accademico siano iniziati corsi di studio che trattano, in una forma o nell altra, il ruolo della religione nella società e l attenzione che la stampa (controllata dal governo) riserva alla religione, come dimostra anche l intera pagina dedicata due giorni fa dal quotidiano del Pc, Granma, a un intervista con Frei Betto, autore del libro (1985) Fidel y la religión. Il frate brasiliano ha definito Fidel «uno dei pochi leader socialisti che hanno assunto la propria formazione religiosa come un valore». «Non escludo, continua Lopez Oliva, che vi sarà un incontro tra Francesco e Fidel, entrambi si sono formati in un collegio di gesuiti e entrambi potranno commentare come questa formazione ha contato nella loro vita». La visita di Francesco è vista come sviluppo della linea indicata nel 1998 durante la sua visita a Cuba da papa Giovanni Paolo II, il quale chiese che «Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba». «La missione del pontefice a Cuba e negli Usa non può che essere inquadrata in questa ottica politica afferma Lopez Oliva -: rafforzare il dialogo in corso con Washington e appoggiare il processo per la firma di un Trattato di dialogo politico e cooperazione con l Unione europea. Proprio in questi giorni il ministro degli Esteri Bruno Rodriguez è in missione in vari paesi europei». La visita, nel marzo del 2012, di Benedetto XVI rafforzò questa linea, soprattuto per quanto riguarda l apertura del governo cubano alla Chiesa. Come da richiesta del papa tedesco, il governo proclamò giorno festivo il venerdì santo (misura attuata quest anno per la prima volta). Le conseguenze di tale apertura sono valutate positivamente dalla popolazione, specie in un periodo complesso come quello in corso, caratterizzato da una grande aspettativa, ma anche da un evidente inquietudine, riguardo ai cambiamenti in corso e al futuro immediato, specie a causa della pesante crisi economica. L appoggio della Chiesa alla linea del dialogo e delle riforme è dunque importante, come pure il suo ruolo di mediazione su alcune richieste di base, come una maggiore presenza della società civile in settori come la formazione e l informazione. Settori questi dove la Chiesa chiede più spazio, con qualche successo. del 23/04/15, pag. 17 Esame Merkel per Atene Tsipras guadagna tempo e arresta gli oligarchi greci ETTORE LIVINI MILANO. Si allungano i tempi per il salvataggio della Grecia. E solo un colpo di acceleratore nell incontro di oggi tra Angela Merkel e Alexis Tsipras potrebbe spianare la strada per un accordo entro l Eurogruppo del prossimo 11 maggio. Le trattative hanno fatto qualche passo avanti confermano alcuni dei partecipanti alla conference call tra gli sherpa delle finanze Ue di ieri ma le distanze su alcuni punti restano ampie. Sul tavolo del vertice di Riga domani a meno di improbabili colpi di scena non ci sarà l attesissimo piano di riforme del governo ellenico. «E se vogliamo farcela per l 11 bisogna che ci si metta a correre», spiega uno dei negoziatori di Atene. Il blitz sulla liquidità degli 10

11 enti locali sembra aver regalato al governo ellenico un po d ossigeno, malgrado il vice ministro alle finanze Dimitris Mardas abbia dichiarato ieri (smentendosi poi in serata) che mancano ancora 400 milioni per pagare stipendi e pensioni di aprile. I 2,5 miliardi di contanti di Comuni, ospedali e province sommati alla cassa messa a disposizione da qualche fondo pensione di buona volontà potrebbero consentire alla Grecia di arrivare almeno fino a fine maggio senza troppi patemi d animo. Tempo che vale oro e che sarà dedicato a cercare un accordo a 360 gradi con i creditori. Non solo sul pacchetto di riforme e sugli obiettivi di crescita ma pure se possibile su una ristrutturazione di scadenze e profilo del debito. In attesa di trovare la quadra con l ex Troika sui temi ancora aperti privatizzazioni, Iva, mercato del lavoro e pensioni su tutti Tsipras ha lanciato ieri un segnale importante a concittadini e creditori concretizzando uno dei punti qualificanti del suo programma elettorale: la lotta agli oligarchi. Un tribunale di Atene ha fermato ieri per qualche ora Leonidas Bobolas, rampollo di una delle dinastie più potenti di Grecia e ad del colosso delle costruzioni Ellaktor. Il nome del tycoon era apparso nella famigerata Lista Lagarde dei greci che hanno parcheggiato i loro sudati risparmi nei caveau della Hsbc in Svizzera. L agenzia delle entrate ellenica, dopo una approfondita indagine, gli ha notificato una cartella da 1,8 milioni e davanti ai distinguo del manager ha dato la pratica al Tribunale che è andato per le spicce. Bobolas, davanti allo spettro delle manette, ha deciso di pagare subito la somma riguadagnandosi la libertà. «Non sono stato arrestato ha sostenuto lui -. Mi sono presentato per chiarire un malinteso e saldato il conto». Il colpo di ieri non è il primo rifilato dal governo ai Paperoni nazionato li, usciti finora quasi indenni dalla crisi. Nelle scorse settimane ha presentato ai grandi editori tv (che da anni trasmettono su frequenze occupate illegalmente) un arretra- di tasse da 41 milioni. Gli stessi Bobolas controllano Mega, la maggiore televisione nazionale e i quotidiano Ethnos. La timida schiarita sul fronte dei negoziati con i creditori ha regalato intanto una giornata di respiro ai mercati ellenici. La Borsa ha riguadagnato ieri il 2%, recuperando parte del terreno perso alla vigilia, mentre il rendimento sui titoli triennali, il termometro più fedele dell andamento delle trattative, ha chiuso con i rendimenti in calo dal 30% al 27%. A rasserenare il clima è arrivata anche la decisione della Bce di aumentare di 1,6 miliardi la liquidità a disposizione delle banche nazionali attraverso le linee d emergenza. «Continueremo a finanziare il Paese fino a quando resterà solvente», ha garantito Benoit Coeure, membro del board di Eurotower. Un altro filo di liquidità che dovrebbe garantire alla Grecia di sopravvivere fino a giugno. del 23/04/15, pag. 8 Legge bavaglio in Spagna, la tesi autoritaria della governabilità Massimo Serafini, Marina Turi Nel 1985 José M. Fernández Casado, redattore grafico della agenzia spagnola Efe, vinse il primo premio del concorso «Fotopres», con una fotografia in cui è ritratto un poliziotto, perfettamente riconoscibile, pistola in mano, durante una vivace manifestazione a Bilbao. Oggi, per quella stessa foto, José riceverebbe una multa di 30mila euro. Non è l inflazione, è la banale conseguenza dell applicazione della legge di sicurezza cittadina voluta e votata dal Partito Popolare di Rajoy, senza l appoggio di nessuna delle altre forze politiche. È stata subito rinominata ley mordaza, «legge bavaglio», perché il suo fine non è 11

12 altro che rendere illegali tutte le proteste cittadine contro il governo e limitare ogni libera espressione. Il ricco menù prevede multe per la partecipazione a una manifestazione non autorizzata di 600 euro, sanzioni anche se la manifestazione è autorizzata, ma poi uno spezzone del corteo cambia percorso. Scendere in piazza incappucciati e col passamontagna, anche d inverno, prevede una sanzione dai ai euro, disobbedire alla polizia antisommossa o tentare di impedire uno sfratto può costare fino a 30mila euro, organizzare una protesta in una centrale nucleare prevede fino a 600mila euro di multa, il livello di gravità sarà a discrezione delle istituzioni interessate. Riforme che aumentano le pene in materia di ordine pubblico e caratterizzano come reati gravi le occupazioni pacifiche delle banche o la resistenza agli sfratti e tentano di ostacolare le forme di protesta proprie delle associazioni ecologiste come esporre striscioni giganti sulle facciate o manifestare all entrata di centrali termiche o nucleari. È assoluta l ossessione governativa contro il diritto a riunirsi, si criminalizza la disobbedienza civile, si limita il diritto alla libertà di espressione e alla raccolta di prove contro gli eccessi della polizia. Tutto si può dire del governo Rajoy, meno che non abbia capito che la sua crisi di consensi e al contrario la straordinaria crescita di quelli per Podemos o in misura minore per Ciudadanos, nascono entrambe dalla ribellione di larga parte della cittadinanza spagnola alle politiche recessive e al drastico taglio delle prestazioni fondamentali dello stato sociale e dei servizi pubblici, che questo esecutivo ha prodotto in nome e per conto dell Europa liberista. Una diffusa insoddisfazione aggravata da una corruzione dilagante del sistema politico e di potere. Per recuperare consensi e soprattutto ridurre quelli di una possibile alternativa politica si ricorre alla strada di sempre: la repressione e l attacco ai diritti. Per questo sono state approvate nelle scorse settimane le nome liberticide sull ordine pubblico, ma anche quelle di revisione della legge sull aborto con la relativa aggressione al diritto all autodeterminazione delle donne. Non ci si dovrebbe sorprendere perché queste decisioni sono da tempo parte organica del modo di governare e di concepire la politica delle destre e purtroppo di non poche sinistre. È ormai evidente che in questi anni ha preso piede in numerosi paesi, una idea di partito come insieme di centri di potere, più o meno occulti, dove cresce una classe dirigente arrogante ed aggressiva che sostituisce alla politica il comando e il controllo. È il tentativo insidioso di far diventare senso comune di larghi strati della società la tesi autoritaria della governabilità, secondo cui la partecipazione e il conflitto sociale sono, in una società in crisi, un sovrappiù di domande rispetto alle risposte che il sistema può dare e, di conseguenza, si propone di superare questa contraddizione con un secco ridimensionamento della democrazia. Indebolire la mobilitazione sociale, ormai alimentata dall interazione tra azioni di strada e cyber-attivismo, per colpire a fondo il carattere di massa che ha assunto la protesta. Mettere paura alle persone per spingerle a chiudersi in casa, pressando la parte più radicale dei movimenti sociali ad accettare la sfida e a ridurre il conflitto nel noto e sempre perdente binomio repressione, risposta alla repressione. Fino a oggi i movimenti hanno saputo rispondere con un livello di creatività sempre più alto e irriverente. Dallo scendere in piazza imbavagliati si è passati alla manifestazione di ologrammi, non perseguibili legalmente, o all utilizzo di oltre 200 contenitori di pollo arrosto, carta cellophane colorata e led intermittenti per trasformare le macchine parcheggiate in una strada di Madrid, vicina al parlamento, in minacciosi veicoli di polizia e raffigurare così una polizia onnipresente che ormai controlla ogni comportamento in uno spazio pubblico completamente presidiato. 12

13 INTERNI del 23/04/15, pag. 12 Italicum, sì in commissione lunedì va in aula scontro sul voto segreto Renzi: non temo le urne Il via libera con l opposizione sull Aventino Il ministro Boschi: abbiamo i numeri per approvarlo SILVIO BUZZANCA ROMA. L Italicum fa un altro passo verso l approvazione finale. Ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo nella versione uscita dal Senato e l ha trasmessa all aula dove approderà lunedì prossimo. Passo facile e previsto, visto che le opposizioni non hanno partecipato al voto. Ma annunciano battaglia in aula dove tutto può accadere. Anche una sconfitta per Matteo Renzi che però avverte gli avversari: «Non ho paura delle elezioni». Maria Elena Boschi vorrebbe però evitare lo scontro. «Mi auguro che da lunedì, in aula le opposizioni partecipino, anche perché uno dei relatori, il presidente della commissione Sisto, è proprio di Forza Italia», dice il ministro per le Riforme. Aleggiano nell aria la minaccia del voto segreto accarezzato dalle opposizione e quella della fiducia prospettata dal governo. «Mi auguro che tutti i gruppi parlamentari auspica la Boschi decidano di discutere senza ricorrere al voto segreto, che è una possibilità e non un obbligo, e che la battaglia avvenga a viso aperto». La Boschi comunque assicura che «la maggioranza è stata compatta in commissione e lo sarà anche in aula». Il vicecapogruppo del Pd Ettore Rosato aggiunge un altro mattoncino alle certezze governative: «Sono sicuro che nessuno nel Pd chiederà il voto segreto in aula», assicura. Sul piede di guerra, invece, Renato Brunetta. «Evidentemente il governo ha paura del voto segreto sull Italicum, e per questo noi lo chiediamo. Noi pensiamo che i parlamentari debbano esprimersi su un provvedimento così delicato nella pienezza delle loro coscienze», dice il capogruppo forzista, commentando l appello della Boschi. Commento concluso da una minaccia: «Se Renzi metterà la fiducia peggio per lui, ci saranno delle reazioni, di regolamento e non di regolamento, all altezza della violenza che il premier sta realizzando sul Parlamento». L appello del ministro è respinto al mittente anche dai grillini: «Ci vediamo in aula», twitta Danilo Toninelli. del 23/04/15, pag. 12 Il premier: Tra 10 giorni la legge elettorale poi toccherà ai diritti civili FRANCESCO BEI ROMA. Matteo Renzi guarda avanti, come se la battaglia sull Italicum fosse già alle sue spalle. Forse per scaramanzia, forse per esorcizzare i timori in vista di un passaggio 13

14 parlamentare comunque pieno di incognite, il premier con i suoi ostenta sicurezza: «Sull Italicum la questione è chiusa, tra dieci giorni sarà legge». E dunque la mente corre alle prossime mosse. Come se il pendolo, dopo lo strappo con la minoranza del partito, dovesse puntare di nuovo a sinistra per recuperare l unità interna. Non a caso il nuovo tema all ordine del giorno sarà la questione dei diritti civili. «Apriremo subito la stagione dei diritti civili annuncia con lo ius soli e le unioni tra coppie dello stesso sesso. E noi queste cose le faremo davvero, a differenza di quelli che c erano prima». Ma certo quanto accaduto in questi ultimi giorni la direzione, l assemblea del gruppo, la minaccia della fiducia, le dimissioni di Speranza e le sostituzioni dei ribelli in commissione sono cicatrici che resteranno. Il premier lo sa ma è anche convinto che «una volta incassato l Italicum si tratterà di ricucire. E ricuciremo». Intanto però c è da raccontare le cose come sono andate davvero, per ristabilire alcuni punti fermi e rigettare l accusa di autoritarismo, di «democratura», di voler procedere con i cingoli infischiandosene delle proposte di modifica. «Nella discussione sulla legge elettorale ricostruisce Renzi nei suoi colloqui privati la minoranza ci aveva fatto quattro proposte e noi ne abbiamo accolte tre e mezza. Poi si è votato in tutti gli organismi del partito, dalla direzione ai gruppi. Ora sono loro a essere tenuti a rispettare la disciplina della Ditta». Il segretario si rammarica per le dimissioni di Roberto Speranza, ma non concede l onore delle armi al giovane (ex) capogruppo: «Ha commesso un grave errore. Altro che Bersani, ha voluto seguire D Alema. Pensavano che montando tutto quel casino io mi sarei fermato. Si sbagliavano». Già, perché in questi ultimi giorni il premier si è persuaso che la battaglia della minoranza esulasse completamente dal merito della legge elettorale: «L unico loro obiettivo era fermarmi. Io non avrei voluto assumere un atteggiamento muscolare ma nemmeno mi aspettavo un attacco di questo tipo sull Italicum. Onestamente confesso che non l avevo previsto». Parole che fanno supporre una decisione ormai scontata sulla questione di fiducia. «E se io vado sotto sulla legge elettorale, e non su un provvedimento simbolico come il Jobs Act, voglio proprio vedere come lo spiegano alla nostra gente. Sono stato a Marzabotto e ho incontrato partigiani di novant anni che mi dicevano vai avanti!. Ecco, glielo spieghino a loro che hanno mandato a casa un governo del Pd». Oltretutto in un momento in cui l opposizione di centrodestra, nonostante il caos di Forza Italia, sembra tornata pericolosa: «Ma non lo vedono che Berlusconi sta tornando? Si sono presi Spacca nelle Marche, provano a vincere in Liguria e Veneto. E con Berlusconi stavolta c è Salvini. Se lo facessero spiegare dai partigiani di Marzabotto chi sono davvero i nostri avversari». Renzi è un fiume in piena, lo riempie di rabbia essere dipinto dalla sinistra del suo partito come il campione della destra, il traditore dei valori della Costituzione, quando ritiene di essere proprio lui l unico argine al dilagare dei populismi estremisti. In ogni caso, al di là delle battute sulfuree di questi giorni e del fatto che «Bersani sembra aver perso la testa», il premier si mostra sicuro del fatto suo: «La minoranza è divisa, saranno al massimo una trentina quelli che si metteranno di traverso. Noi l Italicum l approveremo e poi, una volta portato a casa, sono a disposizione per discutere di tutto». Renzi offre un ramoscello d ulivo. Pur senza arretrare sul merito: «Io voglio ricucire ma senza fermarmi, loro invece volevano fermarmi e basta». La prova? «Come è possibile che nessuno di loro abbia valutato positivamente il fatto che nella nuova legge abbiamo ottenuto il ballottaggio, una nostra richiesta storica? Come è possibile che nessuno si sia rallegrato della fine della proporzionale, degli inciuci, dei governi con la destra?». Resta aperta la questione della riforma costituzionale, dopo la disponibilità a modifiche per venire incontro alla minoranza. Quello che preme a Renzi è rendere chiaro che non esiste un legame diretto, uno «scambio», tra Italicum e riforma del bicameralismo. «Io non uso la Costituzione per fare una mediazione con loro». 14

15 Dunque lunedì inizia la corrida in aula, con probabile uso della questione di fiducia per evitare i voti segreti. Anche se è opinione diffusa che persino con il voto segreto l Italicum passerebbe ugualmente. «Fossi in Renzi ammette il bersaniano Alfredo D Attorre non avrei paura del voto segreto, perché conterà il sentiment del parlamentare medio, la voglia di non andare a casa». Intanto martedì ci sarà la riunione del gruppo per votare il successore di Roberto Speranza. Il nuovo capogruppo sarà Ettore Rosato. del 23/04/15, pag. 8 IL PAPÀ DELL ITALICUM CONFESSA: ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER IL PROF D ALIMONTE: SFIDUCIA PIÙ DIFFICILE CON L INVESTITURA POPOLARE Paola Zanca La differenza, dice il professor Roberto D Alimonte, sta nelle virgolette: l Italicum determina l elezione diretta del premier, sì. Ma solo se diretta lo scrivi così. Questione di grafica, banalità, insiste il politologo che ha contribuito alla scrittura della legge elettorale voluta da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Ma è chiaro che per chi avverte i rischi autoritari (tra virgolette, ovvio) dell Italicum, la questione ha tutto un altro peso. La scommessa del prof in lite con D Attorre L aveva già spiegato, la settimana scorsa in commissione Affari Costituzionali, D Alimonte. Di fronte alle rimostranze del bersaniano Alfredo D Attorre sull ipotesi che il vincitore delle elezioni esca da un ballottaggio con bassissima affluenza, il professore era sbottato: A D Atttore dico che è una scommessa. Caro D Attore, lei ha la sua opinione, io la mia. Io ho studiato una vita dati elettorali, lei ha fatto altro nella vita, credo. Gli italiani non sono stupidi: se la posta in gioco è rilevante, vanno a votare eccome. Guardate la Francia: al secondo turno presidenziale va a votare più gente del primo. Io dico a D Attorre: in realtà questo sistema elettorale introduce l elezione diretta del capo del governo, cosa che lei un giorno critica e il giorno dopo nega. La variabile virgolette e la lezione ai sostituti Era finita piuttosto male, con il presidente della commissione Francesco Paolo Sisto costretto a chiedere a D Alimonte di fare osservazioni più asettiche. Dev essere per quello che ieri, in un seminario convocato alla Camera per spiegare l Italicum ai deputati del Pd, il professore ha introdotto la variabile delle virgolette. Al seminario di ieri, D Attorre non c era: Nessuno mi ha invitato, sarei andato volentieri. Ad ascoltare la lezione di D Alimonte (e dei suoi colleghi Pasquale Pasquino e Stefano Ceccanti) c erano una trentina di onorevoli democratici. Tra i sostituiti della commissione, solo Enzo Lattuca. In compenso, subito dopo il voto che ieri - opposizioni assenti - ha approvato l Italicum in commissione Affari Costituzionali, sono arrivati i dieci sostituti, ovvero la pattuglia di fede renziana che il premier ha chiamato a votare al posto dei colleghi critici sulla riforma. Meccanismi politici e riflessi costituzionali Nella sala Berlinguer, D Alimonte ha ribadito il concetto. Al Fatto lo articola così: Si tratta di un meccanismo politico, non costituzionale. La forma di governo resta parlamentare. Certo, il sistema dovrà essere gestito, dei riflessi costituzionali ci sono: per un partito sarà molto più complesso sfiduciare un premier che ha ricevuto un investitura popolare. Il 15

16 professore, dicevamo, sostiene sia una banalità e rievoca le elezioni degli ultimi quindici anni. Nel 2001 la gente non ha votato Berlusconi? Nel 2006 non ha scelto Prodi?, e via dicendo. Il punto è il contesto che cambia con l Italicum: dal premio di lista al ballottaggio, fino allo sbarramento al 3 per cento. Lo sostiene lo stesso D Alimonte: Questa è una legge elettorale molto potente ma, aggiunge, la favola del Gigante e dei Cespugli (un vincitore piglia tutto e una opposizione frammentata, ndr) l ha inventata Panebianco, e poi i politi, gli ainis, in via Solferino a Milano (sede del Corriere della Sera, ndr). Matteo, Denis e Marina Ballottaggio da sogno Il politologo ricorda che fu chiamato - erano ancora i tempi del Nazareno - a convincere Forza Italia a dire sì al doppio turno. Per far breccia nell immaginario di Denis Verdini, allora ambasciatore ufficiale del Patto, usò una metafora irresistibile: Se ad un ballottaggio ci saranno Renzi e Marina Berlusconi, a votare andrebbe il 90% degli elettori. Ora il leader di Forza Italia ha perso la poesia: Noi avevamo proposto l elezione diretta - ha detto ieri Berlusconi - almeno chi vince è legittimato dal popolo e ci sarebbero solo due partiti. Urge telefonata chiarificatrice sulle virgolette. del 23/04/15, pag. 5 Il dovere di fermare la corsa delle riforme Gianni Ferrara Una enorme responsabilità grava sulla minoranza dei deputati del Pd alla Camera. È quella di impedire o consentire, con le altre minoranze, la transizione dell Italia dalla Repubblica democratica ad un regime autoritario, quello del governo del primo ministro. Fu questa la denominazione che identificò la forma di governo vigente in Italia dal 3 gennaio 1925 al settembre Va ricordata non perché si profili una qualche possibilità di restaurazione del fascismo in Italia. (Ipotizzarla anche come la più remota delle evenienze è da idioti). Ma per far rilevare che l irripetibilità di quella forma specifica di autoritarismo non autorizza affatto a ritenere che non se ne possano realizzare altre versioni, sceglierne altri modelli, i più disparati, avvolti magari nelle vesti più seducenti. Anche con procedimenti normativi non formalmente illegali si può infatti instaurare un regime autoritario. Si può addirittura ritenere che l uso illegale di poteri legali sia lo strumento più adeguato per la contorsione delle istituzioni, per il capovolgimento di una forma di governo. Lo dimostra la congiuntura istituzionale che stiamo vivendo. Infatti. È attraverso procedimenti legislativi forzati sì, anche troppo, anche con atti non coperti dalla insindacabilità degli interna corporis, ma sicuramente rientranti tra quelli previsti in Costituzione, che le riforme di Matteo Renzi, se saranno approvate, travolgeranno la stessa Costituzione usata per approvarle. Vanno fermate ora, nel corso del procedimento di formazione. Delle due è quella elettorale che contiene il dispositivo distruttivo della democrazia. Renzi dice la verità quando afferma che l italicum definisce governo, maggioranza, il suo Pd, se stesso, la sua riforma dello stato, lo stato renziano che vuole fondare. È infatti lo strumento che accumula il potere statale in una persona sola ed esclude ogni contropotere. Lo abbiamo dimostrato più volte ed in molti su questo giornale, trincea inespugnabile della democrazia costituzionale. Ce lo conferma lo stesso testo dell italicum come modificato dal Senato (nuovo art. 14-bis) ed ora all esame della Camera che reintroduce la figura di «capo della forza politica» per i 16

17 partiti «che si candidano a governare». Con il che, surrettiziamente, con un solo colpo, prima si trasforma l elezione della rappresentanza parlamentare in elezione del governo, poi si riduce il governo da organo collegiale con un primus inter pares in organo sottoposto ad un capo, al «capo del governo», qualificazione che completava quella di «primo ministro» nel regime che vigeva in Italia negli anni venti e trenta del secolo scorso. Come se non bastasse, il suddetto testo dell italicum degrada la posizione e il ruolo del Presidente della Repubblica. Perché muta la struttura del suo potere di nomina del Presidente del consiglio, che, da potere condizionato che è, secondo Costituzione, dai rapporti di forza in Parlamento, diverrebbe potere vincolato. Il capo del governo eletto con l italicum al Presidente della Repubblica, garante della Costituzione, potrebbe così opporre sempre la derivazione diretta che egli solo ha ottenuto dal corpo elettorale. Si tratterebbe, in ogni caso, di derivazione espressa dal voto di una minoranza, quella che, col «premio» accrocco esclusivamente italico sottrae seggi alla somma delle minoranze, proprio a quella somma che esattamente corrisponde alla maggioranza reale dei votanti. Ma sono scrupoli inconcepibili per Renzi che coerente con se stesso non vuole alcun contrappeso, vuole tutto il potere. Non indietreggia a fronte della straordinaria opposizione dell italicum ai principi della democrazia. Diventa perciò dovere inderogabile sbarrare la strada all approvazione dell italicum. E l approvazione anche di uno solo degli emendamenti che i deputati di Sel, Cinque Stelle e minoranza del Pd hanno presentato o intendono presentare, può preservare, per ora, la democrazia italiana del 23/04/15, pag. 5 Difesa, il libro bianco è pronto. E il taglio agli F35? Giulio Marcon Il Libro bianco per la difesa presentato martedì scorso conferma i tagli al personale e gli investimenti nei sistemi d arma per un ruolo delle forze armate sempre più interventista. Nel Libro bianco (un documento comunque in gran parte vacuo e inutile, di cui però non è possibile ancora visionare la versione definitiva) avrebbe dovuto esserci tutti la davano per scontata la risposta sul destino degli F35, come d altronde aveva chiesto la camera dei deputati con un ordine del giorno approvato durante l ultima legge di stabilità e come aveva affermato la stessa ministra Pinotti nell audizione al Senato del 2 ottobre del L ordine del giorno impegnava il governo «a presentare in occasione della stesura del Libro bianco della difesa, o nel prossimo Def, il piano per l attuazione di quanto è previsto dalla mozione del 24 settembre del 2014, a prima firma on. Scanu, per il dimezzamento delle risorse programmate per il Jsf». Questo piano non c è nel Def ma sembra non ci sia nemmeno nel Libro bianco. In questo documento pare che gli F35 non siano nemmeno citati. Speriamo di essere smentiti. Ma se fosse così, sarebbe gravissimo. Il momento buono per decidere sugli F35 è sempre quello che viene dopo. Nel giugno del 2013 la camera approva una mozione in cui decide di rinviare la decisione ai risultati di una indagine conoscitiva, che si conclude nel maggio L indagine, che pure auspica la riduzione della spesa, non prende alcuna decisione definitiva. La ministra Pinotti dice che il momento buono arriverà con il Libro bianco. Ma nel Libro bianco sembra non ci sia nulla (quando potremo vedere la versione definitiva?) e bisognerà aspettare ora il Documento di programmazione pluriennale della difesa (che ancora non è 17

18 stato diffuso) e poi una serie di documenti di Revisione e implementazione strategica (da fare entro i prossimi 6 mesi) che forse ci diranno se continuare e come con gli F35. Una cortina fumogena e un continuo rinvio (sono già trascorsi due anni!) che servono solo a ingannare il parlamento: la produzione degli F35 continua senza che le camere abbiano potuto visionare da un anno alcun documento da cui evincere il costo totale del programma. Se nel Libro bianco ci fosse questa gravissima omissione sarebbe un ulteriore conferma di quello che è successo in questi mesi quando in più di un occasione il governo non ha tenuto conto delle deliberazioni delle camere, puntualmente disattese, aggirate o ignorate. Nel marzo 2014, la ministra Pinotti «in piena inosservanza delle prescrizioni parlamentari», come denuncia la Rete Disarmo firma un nuovo contratto relativo al lotto 9 degli F35. La stessa ministra annuncia poi nell audizione al Senato del 2 ottobre 2014 la produzione di due nuovi F35 con la motivazione di non vanificare gli investimenti avviati e di mantenere la stabilità al programma. Però solo due settimane prima, nel question time del 18 settembre sempre al Senato la ministra aveva «categoricamente smentito nuovi acquisti». Nel giro di due settimane la «categorica smentita» è diventata una solenne conferma dell acquisto dei due F35. Tutto ciò è una girandola di omissioni politiche, contraddizioni formali, opacità degli atti, «inosservanza delle prescrizioni parlamentari» e impegni disattesi su una vicenda cruciale per tanta parte dell opinione pubblica. Miliardi di euro buttati al vento. Si grida al miracolo per un Def che conterrebbe un tesoretto di 1,6 miliardi da spendere contro la povertà. Basterebbe attuare la mozione per il dimezzamento della spesa degli F35 per quadruplicare questo tesoretto che potrebbe essere speso per il lavoro e il welfare. Se nel Libro bianco non ci fosse alcun cenno al piano per il dimezzamento della spesa per gli F35, la misura sarebbe colma. E la richiesta di dimissioni della ministra Pinotti sarebbe ineludibile. del 23/04/15, pag. 14 Farò come Bush, un partito modello Usa Silvio Berlusconi torna in campo. Incontra i parlamentari e annuncia che cambierà tutto: Ma non mollerò nessuno Attacco a Renzi: È un piccolo dittatore. E denuncia: La mia vita è a rischio, sono uno degli obiettivi dell Is CARMELO LOPAPA ROMA. Sogna il Partito repubblicano americano, lui come Bush alla guida dell elefante dei moderati, e intanto definisce piccola dittatura quella di Renzi artefice dell Italicum che Forza Italia boccerà alla Camera, dopo averlo scritto e approvato al Senato. Avverte i suoi che farà pochi comizi in campagna elettorale e tutti al chiuso perché la sua vita è «a rischio», il suo nome è «tra gli obiettivi dell Isis», ma promette che non li abbandonerà, anche se per un ritorno «al cento per cento» aspetterà la sentenza di Strasburgo che gli restituisca «piena dignità politica». Prova a tenere insieme una squadra ormai spaccata, delusa, in cui si aggira lo spettro della doppia scissione (Fitto-Verdini) e della disfatta alle regionali. E conferma che il rinnovamento di Forza Italia ci sarà, subito dopo il voto, ma niente rottamazione, perché «io non getto a mare nessuno, non è il mio modo di agire». Lui, il capo, sarà riconoscente con «gli amici». 18

19 Tra questi, non annovera certo Raffaele Fitto e la sua trentina di parlamentari. Nell ora e passa di assemblea di gruppo alla Camera e in quella serale di due ore coi senatori le prime dopo l estinzione della pena Silvio Berlusconi non fa nemmeno cenno all ormai acerrimo avversario pugliese. Che a metà giornata aveva già annunciato la diserzione dei suoi parlamentari. «Non ci sono le condizioni per un dibattito di verità: incontro inutile, Fi fa nomine e decide commissariamenti senza confronto, gestione fuori dalle regole». In serata, a riunioni concluse, il leader dei rottamatori infierisce: «Partito repubblicano? Peccato che negli Usa ci sono le primarie e la leadership è contendibile». Al Senato, il capogruppo Paolo Romani e Augusto Minzolini sono tra i promotori di una lettera con annessa raccolta firme (Verdini compreso) che contiene un appello all unità rivolto al «caro presidente», anche sulle riforme. Ma in cui viene anche sottolineata la necessità di «maggiori occasioni per confrontarci» e di una accurata «selezione delle classe dirigente», senza frettolose rottamazioni, è il sottinteso. Ma il testo circola tra i fittiani che si rifiutano di firmarlo e l iniziativa si arena. Denis Verdini col quale i rapporti sono ormai al lumicino invece si presenta all assemblea del tardo pomeriggio coi senatori (e manda i suoi uomini a quella della Camera). L ex Cavaliere si rivolge proprio al silente Denis, a inizio riunione a Palazzo Madama: «Verdini sa bene che il patto del Nazareno era ben diverso da come è diventato adesso e comprendeva anche l impegno sul nuovo presidente della Repubblica, che è una figura importantissima. Poi Renzi ha rotto il patto». Parla tita chiusa, ora, di sicuro sull Italicum, come aveva già ribadito nell aula Lucio Colletti della Camera: «Non possiamo permettere a Renzi di prendersi il potere totale con il 30 per cento dei voti, grazie a una legge elettorale che di fatto, con lo sbarramento al 3, annulla e polverizza le opposizioni». E di nuovo, «siamo in un Paese a democrazia sospesa», Renzi «al quale abbiamo concesso ben 17 modifiche della norma elettorale», è «malato di bulimia di potere». Il suo governo, dice, «ha fallito su tutto: Libia, immigrazione, Russia». E Matteo Renzi «non è stato eletto dagli italiani, alle Europee ha preso il 40 per cento del 20 dei votanti, al massimo è stato eletto alla provincia di Firenze. Conosco gli uomini: gli stavamo dando un aiuto per consentirgli un regime». Nessun cenno però alla riforma costituzionale che tornerà al Senato dopo le regionali. Lì, in tanti prevedono una riapertura del dossier. Gianfranco Rotondi nel pieno della riunione si aggira in Transatlantico. «Berlusconi? Lo voglio incontrare a quattr occhi, devo sapere se ha deciso di fare a meno dei democristiani. In questo caso, saluto e vado, non in un altro partito ma mi ritiro alla Enrico Letta. Per andare con lui? gli viene chiesto A questa domanda non rispondo» sorride il deputato dc. 19

20 LEGALITA DEMOCRATICA del 23/04/15, pag. 23 Manganellate al corteo denuncia shock del medico Minacciata dalla Digos Mi hanno fatto cambiare il referto. La rivelazione al processo contro l agente Paradiso accusato di aver colpito un giovane nel 2012 GIUSEPPE SCARPA ROMA. «Mi dissero: se non firmi non ti facciamo uscire dalla stanza. Se non firmi ti troviamo per strada e non sappiamo quello che ti potremmo fare». Si blocca Claudia Siciliano, non è una esitazione, è solo il pianto che le si strozza in gola mentre racconta in aula, in qualità di testimone, quello che le accadde negli uffici della Digos a Roma il 17 novembre del 2012: «Io l ho firmato (il verbale, ndr) contro la mia volontà e quindi oggi vi dico che lo disconosco». Un macigno lanciato nel processo contro Alfio Paradiso, l agente di polizia imputato di lesioni personali aggravate, accusato di aver pestato a colpi di manganello, durante una manifestazione per le politiche del governo Monti, Giacomo Capriotti. Chi parla a dibattimento è il medico del 118 Claudia Siciliano, che soccorse il ragazzo il 14 novembre del 2012 dopo gli scontri tra forze dell ordine e manifestanti vicino a Ponte Sisto. Il poliziotto Alfio Paradiso venne immortalato da un video mentre col suo sfollagente colpiva alla nuca Capriotti. Eccessiva violenza del poliziotto che scatenò indignazione nell opinione pubblica e l immediata indagine della procura. Ad intervenire per medicare i feriti degli scontri c era appunto Claudia Siciliano. Medico che, il giorno stesso della manifestazione, stilò un referto in cui dava atto che Capriotti aveva riportato delle lesioni e delle escoriazioni multiple. Una diagnosi che pochi giorni dopo, sentita dagli agenti della Digos, sconfessò: Rossori cutanei senza lacerazioni e perdite ematiche, disse a verbale la donna. Ed è su questa contraddizione che la Siciliano ieri in aula, davanti al sostituto procuratore Luca Tescaroli, fornisce la sua versione dei fatti. Il medico sostiene che il 17 novembre, tre giorni dopo gli scontri, quando venne sentita a Roma da due uomini in divisa negli uffici della Digos, fu costretta a firmare un verbale senza nemmeno leggerlo. Mi opposi ma loro mi dissero che non sarei uscita dalla stanza e che mi avrebbero trovato per strada. Una minaccia, spiega la donna visibilmente scossa a processo, di fronte alla quale decise di firmare pur di andare via. Tuttavia il primo a rendersi conto della differenza tra i traumi indicati nel referto e il successivo verbale della Digos, fu lo stesso pubblico ministero Luca Tescaroli. Magistrato che indagava sul poliziotto Alfio Paradiso e che il 14 dicembre del 2012 decise di sentire il medico nel suo ufficio. Un secondo verbale in cui la donna, nonostante le domande del pm Tescaroli, confermò quanto contenuto nel primo resoconto redatto dalla Digos: Preciso spiegò il medico al pm - che con la dicitura escoriazioni, che è quella riportata nel referto, devono intendersi rossori cutanei senza lacerazioni e perdite ematiche. L ennesima versione dei fatti dunque volta ad attenuare la gravità delle lesioni riportate da Capriotti, che confermava quanto già riportato dalla Digos. Verbale che la donna ieri a processo ha invece completamente disconosciuto, «non l ho letto e non me lo hanno letto», e che potrebbe a questo punto portare il pubblico ministero Luca Tescaroli ad aprire una nuova indagine sul caso. 20

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