Università Commerciale Luigi Bocconi Econpubblica Centre for Research on the Public Sector SHORT NOTES SERIES
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1 Università Commerciale Luigi Bocconi Econpubblica Centre for Research on the Public Sector SHORT NOTES SERIES Sull uso e l abuso del concetto aliquota di equilibrio di un sistema previdenziale Giampaolo Arachi, Roberto Artoni Short note n. 17 May
2 SULL USO E L ABUSO DEL CONCETTO ALIQUOTA DI EQUILIBRIO DI UN SISTEMA PREVIDENZIALE Giampaolo Arachi Roberto Artoni L indeterminatezza teorica del concetto di sostenibilità di un sistema pensionistico e la difficoltà di tradurlo in indicatori sintetici dovrebbe suggerire una grande cautela sia nella valutazione delle prospettive di evoluzione del nostro sistema pensionistico sia nei confronti fra il nostro e altri paesi industrializzati. Il pericolo è di fornire descrizioni fuorvianti sui costi, attuali e previsti, del nostro sistema pensionistico e sulla necessità e la direzione di ulteriori riforme. Un esempio chiaro di questi rischi è fornito dal dibattito sull equilibrio finanziario del sistema pensionistico italiano che si è ravvivato dopo la pubblicazione del Rapporto del Nucleo di Valutazione della Spesa Pensionistica (NVSP). In questo Rapporto appaiono frequenti riferimenti ad un diverso indicatore sintetico dell onere delle pensioni, la cosiddetta aliquota di equilibrio. Il NVSP definisce l aliquota di equilibrio come la percentuale di reddito prodotto o guadagnato nell anno dai contribuenti necessaria a finanziare la spesa pensionistica indicata al numeratore del rapporto. Si distingue poi fra aliquota d equilibrio teorica che considera dal lato delle prestazioni tutte le erogazioni pensionistiche, comprese quelle che ex lege sono finanziate attraverso il ricorso alla fiscalità generale, e aliquota di equilibrio contabile, che sottrae dal lato delle prestazioni quelle di natura assistenziale a carico dello Stato o i trasferimenti ad altre gestioni. E utile richiamare alcuni dei principali dati forniti dal Rapporto per il Il NVSP calcola per il FPLD un aliquota di equilibrio contabile pari al 33,2% ed un aliquota di equilibrio teorica pari a circa il 42%. La differenza nasce dal fatto che al numeratore dell aliquota teorica si considerano anche delle prestazioni che la legge prevede siano a carico della Gestione Interventi Assistenziali dell INPS (GIAS) che ammontavano nel 2005 a mld (circa 1,46% del Pil). Per il totale dei lavoratori dipendenti l aliquota contabile è pari al 36,6%, quella teorica al 44% mentre per i dipendenti pubblici entrambe le aliquote sono pari a circa il 43%. Valori così elevati delle aliquote di equilibrio suggeriscono l immagine di un sistema estremamente costoso tanto che alcuni commentatori sono giunti ad interrogarsi se sia accettabile chiedere a un giovane di trasferire quasi la metà del proprio salario a chi va in pensione. Tuttavia per valutare correttamente il significato delle aliquote di equilibrio occorre rispondere a due domande fondamentali. E corretto calcolare l aliquota di equilibrio seguendo il metodo del Nucleo di Valutazione? Quali informazioni aggiuntive offre questo indicatore rispetto al più tradizionale rapporto fra spesa pensionistica e Pil? Per rispondere alla prima domanda è utile ricordare che nel 2005 l aliquota contributiva complessiva per IVS era pari al 32,7% di cui 23,8% a carico dei datori di lavoro e 8,9% a carico dei lavoratori. La base su cui è calcolata l aliquota è data dalle retribuzioni lorde. Questo significa che fatta pari a 100 la retribuzione lorda, il costo del lavoro per il datore è pari a 123,8 (al netto di altri oneri non previdenziali) mentre la retribuzione al netto dei contributi previdenziali per il lavoratore è uguale a 91,1. E tuttavia evidente che la ripartizione formale dei contributi fra datori di lavoro e lavoratori, e quindi il riferimento alla retribuzione lorda per il calcolo delle aliquote, è irrilevante dal punto di vista sostanziale (come infatti si insegna in tutti i corsi universitari). Il semplice spostamento dell onere formale di contribuzione dal datore di lavoro al lavoratore con
3 un aliquota del 26,4% lascerebbe invariato il costo del lavoro per il datore e la retribuzione netta per il lavoratore (i contributi complessivi, pari al 26,4% di 123,8, risulterebbero sempre uguali a 32,7). Ne deriva che se si prende come riferimento la retribuzione l aliquota contributiva, a parità di contributi e di costo del lavoro, è tanto più alta tanto più alta è la quota di contributi a carico dei datori di lavoro. Questo problema è stato da tempo riconosciuto dalle organizzazioni internazionali, come ad esempio l Ocse, che per ottenere dati comparabili fra paesi calcolano le aliquote fiscali e contributive sulla base del costo del lavoro (ottenendo il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo). L Italia nel contesto dei paesi sviluppati, si caratterizza per il fatto che la quota di contributi sociali a carico dei datori di lavoro è relativamente elevata. Di conseguenza le aliquote contributive formali, calcolate sulla retribuzione lorda, appaiono particolarmente onerose. Tuttavia, come già evidenziato da Arachi e D Antoni nella Short note n. 6, se si passa a considerare più correttamente il cuneo contributivo complessivo (per la previdenza e per gli altri interventi di protezione sociale quali la disoccupazione) si scopre come l aliquota italiana, pari nel 2005 al 31,8% del costo del lavoro, è perfettamente in linea con i valori registrati negli altri paesi europei. I limiti delle aliquote di equilibrio calcolate dal NVSP sono immediatamente evidenti alla luce delle precedenti osservazioni. Infatti il reddito prodotto o guadagnato nell anno dai contribuenti che il NVSP utilizza come base per il calcolo delle aliquote, per i dipendenti privati, è rappresentato proprio dalle retribuzioni lorde. In particolare per il FPLD il NVSP stima per il 2005, a partire dai contributi versati, delle retribuzioni lorde pari a circa mld. La spesa strettamente previdenziale al netto dei trasferimenti dallo Stato o altre gestioni è pari a mld.. Il rapporto fra queste due cifre fornisce l aliquota di equilibrio contabile, già richiamata, pari al 33,2%. Più correttamente occorrerebbe rapportare i contributi sul costo del lavoro. In prima approssimazione è possibile stimare il costo del lavoro (al netto degli oneri non previdenziali a carico del datore di lavoro) aumentando le retribuzione lorde dell aliquota formale del 23,8% a carico del datore di lavoro. Il rapporto fra spesa previdenziale e costo del lavoro, l aliquota contabile correttamente misurata, è pari al 26,8%. Seguendo lo stesso metodo l aliquota teorica di equilibrio per il FPLD scende dal 42% al 33.8%. Ovviamente entrambe le aliquote risulterebbero ancora più basse se il costo del lavoro fosse correttamente misurato aggiungendo anche gli oneri non previdenziali a carico dei datori di lavoro. E opportuno a questo punto evidenziare un ulteriore elemento di arbitrarietà insito nel calcolo delle aliquote di equilibrio. Il cuneo contributivo è calcolato partendo da dati effettivamente osservati: il costo del lavoro e le retribuzioni nette vigenti sul mercato del lavoro per date aliquote contributive. Ma per calcolare le aliquote di equilibrio occorre formulare delle ipotesi sul costo del lavoro e sulle retribuzioni che si osserverebbero con le nuove aliquote contributive. In altri termini occorre formulare delle ipotesi sull incidenza dei contributi. Si osservi che quando le aliquote contributive di equilibrio sono calcolate sulle retribuzioni nette si ipotizza implicitamente che la ripartizione dell onere effettivo dei contributi segua esattamente le aliquote legali. Se l aumento dell aliquota contributiva per raggiungere l equilibrio è posto a carico dei datori di lavoro, si avrà un aumento del costo del lavoro mentre le retribuzioni nette resteranno invariate. Al contrario se l aumento dell aliquota è posta a carico dei lavoratori, le retribuzioni nette diminuiranno mentre il costo del lavoro resterà invariato. Si tratta ovviamente di uno scenario irrealistico. La indagini empiriche suggeriscono
4 invece che nel lungo periodo l onere dei contributi gravi sui lavoratori lasciando invariato il costo del lavoro. Questo scenario è ovviamente coerente con il calcolo delle aliquote prendendo come base il costo del lavoro. Resta a questo punto aperta la seconda domanda: quale informazioni possiamo trarre dall aliquota di equilibrio che non sia già presente nel rapporto fra spesa pensionistica e PIL? Anche questo rapporto rappresenta un aliquota: la quota del prodotto interno lordo necessaria a finanziare le pensioni. La differenza sta nel fatto che nel calcolo delle aliquote di equilibrio si assume che il finanziamento delle pensioni debba gravare esclusivamente sui redditi da lavoro. L ipotesi è a sua volta derivata dalla concezione secondo cui il sistema pensionistico pubblico dovrebbe svolgere una funzione puramente assicurativa simile a quella svolta da piani pensionistici aziendali a contributo definito. Di conseguenza l aliquota di equilibrio misurerebbe in maniera più precisa il costo del finanziamento del sistema pensionistico in quanto rapporterebbe le esigenze di finanziamento alla corretta base imponibile. Questa impostazione è errata per un motivo fondamentale: i sistemi pensionistici pubblici comprendono al loro interno componenti assistenziali finalizzate a garantire un reddito dignitoso o ad evitare la povertà degli anziani (come i trattamenti pensionistici minimi). Infatti solo in sei paesi dell Europa dei 25 le pensioni sono finanziate quasi interamente con contributi: Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo (ma si deve ricordare la Francia applica contributi sociali, in particolare la Contribution Sociale Généralisée, anche sui redditi delle proprietà immobiliari e sui redditi finanziari.). In Germania, Austria e Svezia, circa un terzo della spesa è finanziata con imposte. La Danimarca si presenta poi come il caso estremo in cui la quasi totalità della spesa pensionistica è finanziata dalla fiscalità generale. Rapportare la spesa pensionistica ai redditi di lavoro dipendente è di conseguenza un operazione arbitraria che inevitabilmente conduce ad enfatizzare la dimensione della spesa pensionistica attraverso aliquote elevate per costruzione, data la limitata base di riferimento. Queste considerazioni ci permettono di tornare alla distinzione fra l aliquota di equilibrio contabile e quella teorica, che si differenziano, come abbiamo già osservato, sull inserimento fra le prestazioni delle componenti assistenziali. Sull aliquota teorica si è soffermata di recente l attenzione di alcuni commentatori. A questo riguardo si deve ricordare che già una legge del 1965 prevedeva che una quota parte delle erogazioni previdenziali fosse finanziata con la fiscalità generale. In tempi più recenti è stato riconosciuto che nelle spese pensionistiche sono state inserite delle componenti di natura strettamente assistenziale (e lontane da una logica previdenziale), quali le integrazioni al minimo o i prepensionamenti, che si ritiene debbano essere finanziate dalla fiscalità generale. È opinione ampiamente diffusa che la valutazione delle componenti assistenziali, quale espressa nei dati ricordati, sia molto cauta e non esprima l entità degli interventi non previdenziali che sono stati scaricati sul sistema pensionistico. Due conseguenze possono essere tratte. In primo luogo, quando si voglia ricorrere al concetto di aliquota di equilibrio per stimare l onere sui lavoratori delle contribuzioni si deve considerare l aliquota contabile (peraltro rapportata al costo del lavoro e non alle retribuzioni lorde). Quando si voglia poi stimare la dimensione in un certo momento e nel corso del tempo del sistema di protezione sociale, il rapporto fra spesa e Pil costituisce l indicatore meno problematico. Le aliquote contributive di equilibrio forniscono invece delle indicazioni potenzialmente fuorvianti sia perché la distinzione
5 fra contributi e fiscalità generale è il portato dell evoluzione storica dei sistemi pensionistici e differisce da paese a paese sia perché prende per acquisto un risultato che è tutto da dimostrare: ossia che il modo più efficiente di finanziare la spesa pensionistica sia il prelievo sui redditi di lavoro. Nei confronti internazionali, da effettuarsi comunque con molta cautela, si deve inoltre tener conto delle specificità istituzionali, che possono portare ad interpretazioni distorte se non sono opportunamente inquadrate.
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